AFFRESCO PARTE 6 – LA MALTA
La reazione fondamentale che consente alla calce, una volta applicata su un muro, di fare presa indurendosi è chiamata carbonatazione. Si tratta dell’ultimo passaggio del ciclo di vita della calce.
L’idrato di calcio o calce spenta (grassello di calce, Ca(OH)2) agisce a contatto con l’anidride carbonica (CO2) presente nell’aria dando origine al carbonato di calce (CaCo3) che indurendo a partire dalla superficie, si ricristallizza riacquistando le originarie proprietà della pietra calcarea.
L’idrato di calcio o calce spenta (grassello di calce, Ca(OH)2) agisce a contatto con l’anidride carbonica (CO2) presente nell’aria dando origine al carbonato di calce (CaCo3) che indurendo a partire dalla superficie, si ricristallizza riacquistando le originarie proprietà della pietra calcarea.
La reazione schematica della carbonatazione è la seguente:
Ca(OH)2 + CO2 -> CaCO3 + H2O
Ma un impasto formato con sola calce non garantisce alcuna resistenza; si fessura facilmente e tende a spolverizzarsi e questo perché l’acqua che contiene, evaporando, provoca il distacco fra i cristalli del carbonato. Inoltre la sua compattezza rallenta, se non impedisce, la penetrazione dell’anidride carbonica al suo interno inibendo il prosieguo del processo di indurimento negli strati più profondi dei manufatti.
Per evitare questo fenomeno si miscela alla calce una quantità di inerte (sabbia) che serve a far aderire i cristalli permettendo una corretta areazione anche all’interno di essa favorendone la carbonatazione per l’intero suo spessore.
Le caratteristiche tecniche dell’impasto dipendono da diversi fattori (come abbiamo visto negli articoli precedenti è indispensabile un ottimo calcare, una corretta cottura e un altrettanto adeguata spegnitura). Ma, in ultima analisi è la qualità e la granulometria della sabbia che determina l’aspetto dell’impasto indurito così come le sue resistenze meccaniche.
“…la sabbia è costituita da frammenti minutissimi derivati dal frazionamento di pietre più grosse e può essere di tre tipi: di cava, di fiume, di mare. La sabbia marina si secca con difficoltà, è solubile a cagione della salsedine, sicché si inumidisce molto facilmente e scorre via; quindi male sopporta i pesi e non da affidamento alcuno …Sarà ottima nel suo genere quella sabbia che, strofinata o stretta nel pugno stride: e quella che, raccolta in una veste candida non la macchia ne vi lascia residui di terra. Invece non sarà buona una sabbia morbida a non ruvida al tatto e simile al terreno fangoso per odore e colore; o quella che abbandonata nel terreno presto si copre d’erba. Del pari non sarà buona una sabbia che sia rimasta a lungo ammucchiata all’aperto esposta al sole, alla luna o alle brinate; giacché si riempie di terra e si scompone, diventando bensì adattissima a produrre arbusti e fichi selvatici, ma non certo a farne costruzioni.”
Leon Battista Alberti De re aedificatoria Libro II – I Materiali – cap. XII, Firenze, Niccolò di Lorenzo Alemanno, 1485
Per evitare questo fenomeno si miscela alla calce una quantità di inerte (sabbia) che serve a far aderire i cristalli permettendo una corretta areazione anche all’interno di essa favorendone la carbonatazione per l’intero suo spessore.
Le caratteristiche tecniche dell’impasto dipendono da diversi fattori (come abbiamo visto negli articoli precedenti è indispensabile un ottimo calcare, una corretta cottura e un altrettanto adeguata spegnitura). Ma, in ultima analisi è la qualità e la granulometria della sabbia che determina l’aspetto dell’impasto indurito così come le sue resistenze meccaniche.
“…la sabbia è costituita da frammenti minutissimi derivati dal frazionamento di pietre più grosse e può essere di tre tipi: di cava, di fiume, di mare. La sabbia marina si secca con difficoltà, è solubile a cagione della salsedine, sicché si inumidisce molto facilmente e scorre via; quindi male sopporta i pesi e non da affidamento alcuno …Sarà ottima nel suo genere quella sabbia che, strofinata o stretta nel pugno stride: e quella che, raccolta in una veste candida non la macchia ne vi lascia residui di terra. Invece non sarà buona una sabbia morbida a non ruvida al tatto e simile al terreno fangoso per odore e colore; o quella che abbandonata nel terreno presto si copre d’erba. Del pari non sarà buona una sabbia che sia rimasta a lungo ammucchiata all’aperto esposta al sole, alla luna o alle brinate; giacché si riempie di terra e si scompone, diventando bensì adattissima a produrre arbusti e fichi selvatici, ma non certo a farne costruzioni.”
Leon Battista Alberti De re aedificatoria Libro II – I Materiali – cap. XII, Firenze, Niccolò di Lorenzo Alemanno, 1485
In edilizia s’impiegano malte di diversi tipi a secondo dell’uso a cui sono destinate. La sabbia più usata, soprattutto per gli intonaci, è quella del letto dei fiumi, di qualità siliceo cristallina, purché setacciata e lavata (ma è meglio che poi sia asciutta quando la si amalgama alla calce) per impedire alle impurità presenti di influire in senso negativo sulla resistenza della malta.
A secondo della granulometria la sabbia si divide in:
1) sabbia fine che serve per intonaci lisci con granuli da 0 a 0.5 mm.
2) sabbia media che serve per intonaci grezzi e per murature con granuli da 0.5 a 5.2 mm.
3) sabbia grossa che serve per intonaci grezzi e per murature con granuli da 2 a 5 mm.
A secondo della granulometria la sabbia si divide in:
1) sabbia fine che serve per intonaci lisci con granuli da 0 a 0.5 mm.
2) sabbia media che serve per intonaci grezzi e per murature con granuli da 0.5 a 5.2 mm.
3) sabbia grossa che serve per intonaci grezzi e per murature con granuli da 2 a 5 mm.
Preparare una malta con sabbia fine non è la stessa cosa che prepararla con sabbia grossa. Una malta con sabbia fine richiede più calce e più acqua e quindi sarà più difficile lavorarla di quanto non risulti una malta preparata con sabbia grossa a meno che non vi si aggiunga ancora acqua il che la renderebbe però troppo porosa e di conseguenza più debole. E’ buona norma scegliere la grossezza della sabbia in ragione dell’opera da farsi. Grande importanza ha anche la proporzione tra legante e aggregato che deve essere rispettata in ragione del volume delle materie e non del loro peso. Comunemente la malta si prepara con rapporto di 1:3 che significa mescolare assieme un volume di calcina a tre volumi di sabbia asciutta che possono essere facilmente misurati con qualsiasi recipiente. Ma anche queste proporzioni possono variare in base all’opera da realizzare.
Anche l’acqua che viene aggiunta all’impasto è di grande importanza influendo sulla sua fluidità e lavorabilità perché attiva i processi chimici che portano alla solidificazione della malta (l’anidride carbonica agisce con l’idrato di calcio quando questo si trova in soluzione satura di acqua). E’ quindi fondamentale utilizzarne la quantità e qualità corretta.
Nel rapporto di 1:3 sopra descritto è necessario aggiungere una parte d’acqua che deve essere potabile e non di mare o salata e lo stesso vale per le acque torbide o stagnanti.
Infatti le sostanze organiche in esse contenute non permettono una corretta reazione all’interno degli impasti e quindi non garantiscono le caratteristiche meccaniche necessarie per l’utilizzo in edilizia.
Infine è necessario tener presente che le murature di supporto su cui viene posata la malta devono essere precedentemente bagnate abbondantemente e questo perché diversamente sottrarrebbero acqua all’impasto applicato arrestando il fenomeno di carbonatazione.
Sulla malta usata in edilizia e in restauro si potrebbe dire ancora moltissimo ma non dimentichiamoci che lo scopo e fine di questo nostro viaggio nel mondo della calce è l’affresco per cui mi pare a questo punto necessario nei prossimi capitoli ristringere il campo al tema principale del nostro divagare.
Paola Mangano
Anche l’acqua che viene aggiunta all’impasto è di grande importanza influendo sulla sua fluidità e lavorabilità perché attiva i processi chimici che portano alla solidificazione della malta (l’anidride carbonica agisce con l’idrato di calcio quando questo si trova in soluzione satura di acqua). E’ quindi fondamentale utilizzarne la quantità e qualità corretta.
Nel rapporto di 1:3 sopra descritto è necessario aggiungere una parte d’acqua che deve essere potabile e non di mare o salata e lo stesso vale per le acque torbide o stagnanti.
Infatti le sostanze organiche in esse contenute non permettono una corretta reazione all’interno degli impasti e quindi non garantiscono le caratteristiche meccaniche necessarie per l’utilizzo in edilizia.
Infine è necessario tener presente che le murature di supporto su cui viene posata la malta devono essere precedentemente bagnate abbondantemente e questo perché diversamente sottrarrebbero acqua all’impasto applicato arrestando il fenomeno di carbonatazione.
Sulla malta usata in edilizia e in restauro si potrebbe dire ancora moltissimo ma non dimentichiamoci che lo scopo e fine di questo nostro viaggio nel mondo della calce è l’affresco per cui mi pare a questo punto necessario nei prossimi capitoli ristringere il campo al tema principale del nostro divagare.
Paola Mangano
fonte: passionarte.wordpress.com
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