19/05/19

i luoghi e i nomi della rosa


Prima di iniziare a scrivere il suo monumentale romanzo, che sarebbe poi diventato uno dei più importanti capisaldi della letteratura del Novecento (parliamo naturalmente de “il Nome della Rosa”), Umberto Eco fece per un anno intero il viaggiatore. Viaggiò per tutta Europa fra abbazie e luoghi similari per studiare, assorbire, elaborare veri luoghi storici e costruire grazie ad essi l’universo fittizio nel quale avrebbe poi fatto muovere i suoi personaggi. Allo stesso modo, con la sua già sterminata conoscenza della storia medievale e delle sue figure più significative e interessanti, costruì gli straordinari “attori” del suo dramma mescolando riferimenti letterari e storici come solo lui sapeva fare. Per nostra fortuna, oltre agli innumerevoli studi effettuati poi sul suo testo, molte ispirazioni ci furono tramandate dallo stesso autore, sempre pronto a “svelare” i suoi giochi e a stimolarne sempre di nuovi, nella inimitabile e inestricabile miscellanea di realtà e fantasia che è sempre stata la sua principale cifra stilistica.  Ci piace quindi provare a riassumere, per quanto si possa fare in un breve articolo, i principali riferimenti utilizzati dallo scrittore per la costruzione del suo capolavoro. 

L’abbazia 

E’ abbastanza noto che come principale fonte di ispirazione per la grande abbazia entro le cui mura si svolge l’intera vicenda, Eco prese anzitutto la Sacra di San Michele, monumento simbolo del suo Piemonte. Arroccata in cima ad una montagna, gigantesca e inquietante, domina la Val di Susa e possedeva già da sola molte delle caratteristiche ideali per fare da sfondo ai fatti immaginati da Eco. 


Tuttavia l’abbazia del romanzo prese vita anche grazie a diversi altri luoghi visitati e studiati dall’autore. Ad esempio, lo scriptorium, luogo simbolico dove si svolgono anche diverse scene capitali, prende ispirazione da quello dell’abbazia di San Colombano di Bobbio, in provincia di Piacenza. E sempre lo scriptorium e l’intera biblioteca (fulcro fisico e narrativo del romanzo) sono anche debitori di quelli reali della abbazia di San Gallo in Svizzera. La biblioteca dell’abbazia Svizzera, in particolare, ebbe storicamente un ruolo assai simile a quello descritto nella finzione romanzesca, avendo attirato da tutta l’Europa medievale un gran numero di monaci miniaturisti addetti alla copia e all’illustrazione dei libri in essa contenuta, e fu per un lunghissimo periodo una delle biblioteche più ricche e impressionanti di tutto il medioevo. 


In questa straordinaria biblioteca inoltre è conservato un documento unico al mondo che Eco studiò e utilizzò proprio come un vero e proprio manuale. Si tratta della famosa Pianta di San Gallo, una pianta medievale di una abbazia risalente agli inizi del IX secolo. Di inestimabile valore storico, in questo progetto (mai realizzato) riportato su cinque fogli di pergamena cuciti assieme, sono riportati con la massima accuratezza tutti gli edifici previsti per l’abbazia. Chiese, abitazioni, stalle, cucine, locali addetti alle cure mediche, laboratori. Ed una dettagliata legenda descrive caratteristiche e funzioni di ciascun locale. Una fonte preziosissima di informazioni che lo studioso utilizzò a piene mani per ricostruire ambienti verosimili e credibili rispettando la realtà storica di quei luoghi.


Frate Guglielmo 

Per i personaggi, Umberto Eco mise mano a tutte le sue conoscenze storiche e filosofiche dell’epoca, estraendo da veri personaggi storici le caratteristiche principali per poi costruirne la storia personale e la psicologia mescolandole ed arricchendole con i riferimenti più disparati e a volte fantasiosi. Evidente le caratteristiche che accomunano il protagonista frate Gugliemo da Baskerville al più famoso detective della storia della letteratura,Sherlock Holmes. A partire dal nome, che utilizzando come provenienza una immaginaria contea inglese non fa altro che evocare uno dei più famosi romanzi di Conan Doyle con protagonista l’investigatore di Baker Street, lo straordinario “il Mastino dei Baskerville”. MA il gusto di Eco per le citazioni e i riferimenti culturali da quelli più aulici a quelli più “pop” era talmente sconfinato che anche solo di questo aspetto “sherlockiano” si possono trovare tonnellate di cenni e ammiccamenti per l’intero scritto. Ci basti qui citare che l’esordio di frate Gugliemo (“dove si arriva ai piedi dell'abbazia e Guglielmo dà prova di grande acume”), nel quale il francescano deduce molte cose esatte sul cavallo appena fuggito dall’abbazia senza averlo visto e senza ancora saperne (quasi) nulla, altro non è che un’altra citazione sherlockiana, stavolta dal racconto “Silver Blaze”, dove per l’appunto Holmes e Watson sono sulle tracce di un puledro scomparso nella brughiera inglese.


Ma il gigantesco personaggio di Guglielmo, oltre al gioco letterario che lo lega alla creatura di Conan Doyle, trae l’ispirazione più profonda e densa da un vero personaggio storico, Guglielmo di Ockham (Ockham, 1285 – Monaco di Baviera, 1347) . Le analogie in questo caso sono evidenti e di fondamentale importanza anche per l’intero significato della storia inventata da Eco: Guglielmo di Ockham fu, appunto, un frate francescano inglese, filosofo, teologo, teorico del metodo deduttivo e più volte incorso nelle maglie dell’inquisizione per sospetti di eresia, dato il suo pensiero libero e spesso in contrasto con le rigide dottrine della chiesa dell’epoca. I riferimenti al suo pensiero e alle sue dispute con la dottrina papale sarebbero tanti e tali da riempire un altro libro, ma altrettanti sono gli aspetti delle sue elucubrazioni filosofiche che permeano il racconto e potremmo dire l’intero impianto narrativo del romanzo. Basti citare il cosidetto “rasoio di Occam”, procedimento logico deduttivo elaborato proprio dal francescano inglese. Ridotto alla sua essenza anche un po’ brutale, il principio del rasoio di Occam dice che, per risolvere un problema di una qualsiasi natura, è buona cosa scegliere, fra le ipotesi più possibili, quella più semplice. Detta così sembra quasi una banalità, ma si tratta di principio filosofico fondamentale per la formulazione del quale Guglielmo elaborò innumerevoli teorie e prove anche molto complesse (da ricordare sempre che per “Ipotesi più semplice” non si intende mai la più banale o la più ingenua ma la più “Logica”) e che non a caso viene considerato uno dei principi alla base del pensiero scientifico moderno. Si capisce allora come la figura del grande frate pensatore del XIV secolo sia davvero il perno centrale di tutta la costruzione filosofica e narrativa del romanzo di Eco. Impossibile poi non confrontare alcuni suoi enunciati relativi a questo pensiero, come ad esempio «A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire» con quella altrettanto famosa dell’altro illustre ispiratore del personaggio, l’enunciato Sherlockiano che recita «Una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità.» 
Fra le tante assonanze fra personaggio e reale figura storica, ricordiamo infine che il vero Guglielmo morì a Monaco di Baviera a causa della peste, e che anche nel romanzo il suo novizio ipotizza, non avendolo più rivisto dopo i fatti narrati, che anch’egli abbia perso la vita nella grande epidemia che colpì in quel periodo l’europa centrale.

Adso da Melk

Non meno intriganti le origini del personaggio del novizio che segue frate Guglielmo e ne narra in prima persona le gesta. Essendo il narratore inevitabile la conseguente associazione al dottor John Watson, del quale il nome “Adso” richiama foneticamente il cognome del medico scrittore che segue le imprese del detective londinese (e conoscendo il gusto di Eco per i calembour e i giochi di parole anche irriverenti, vi suggeriamo di cercare anche altre sonorità ancor più provocatorie, magari combinando nome e cognome in modo più ardito). Come narratore poi, lo stesso Eco suggerisce di aver pensato a Snoopy quando decise di far iniziare il suo racconto con la frase “Era una bella mattina di fine novembre”, citando l’eterno incipit del bracchetto di Schulz che mai si traduce in romanzo “Era una notte buia e tempestosa”. Per la precisione Eco attribuisce proprio a questo la stessa idea di utilizzare l’espediente del “narratore” per la forma scelta per il suo capolavoro (cito a memoria: “Come si fa a scrivere ‘era una bella mattina di fine novembre’ senza sentirsi Snoopy? Ed ecco l’idea: e se lo avessi fatto scrivere proprio a Snoopy?”).


Ma anche il novizio benedettino inventato da Eco ha il suo corrispettivo storico per nulla secondario. E’ Adso da Montier-en-Der, monaco e poi Abate benedettino francese, non a caso letterato e scrittore, famoso come autore di uno scritto sull’Anticristo (De ortu et tempore Antichristi), che infatti spesso viene evocato proprio dal fittizio narratore del nome della Rosa. Altrettanto significativo che l’autore del libro, in questo infinito gioco di scatole cinesi nel quale si muove con la massima naturalezza, lo assegni per il resto della sua vita all’abbazia benedettina di Melk, in Austria.


Si tratta infatti di uno dei più importanti complessi monastici del mondo, e all’epoca narrata uno dei principali centri di cultura religiosa e teologica d’Europa. Soprattutto, l’abbazia è dotata ancora oggi di una biblioteca monumentale e di uno scriptorium dove Umberto Eco colloca proprio il suo personaggio a scrivere tutta la vicenda. Si può ben dire quindi che lo Scriptorium dell’abbazia di Melk sia la vera location dell’intero romanzo, giacché tutta la costruzione narrativa gioca proprio sulla finzione del ritrovamento e ricostruzione del manoscritto medievale. La celeberrima e magnifica frase che chiude le oltre cinquecento pagine: « Fa freddo nello scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus. »
Ci riporta quindi proprio nel locale del monastero di Melk, ricordandoci che non ci siamo mai mossi da lì per tutto il tempo, noi ad ascoltare e Adso a narrare.



PS: gli innumerevoli altri personaggi del romanzo sono il frutto di altrettante e complesse ispirazioni sempre fra la realtà storica (Bernardo Gui, Fra Dolcino, Ubertino da Casale) e la mescolanza di fantasia e ricostruzione intellettuale (Frate Remigio, L’Abate, Adelmo da Otranto e così via) che rappresentano sempre l’aspetto più stimolante ed entusiasmante delle creazioni del grande scrittore piemontese, tanto numerose e complesse che in questo poco spazio non ci azzardiamo neanche ad accennarle, e, alla fra’ Guglielmo, le rimandiamo ad altre e prossime investigazioni. 

Alessandro Borgogno

Umberto Eco (Alessandria5 gennaio 1932 – Milano19 febbraio 2016

Il nome della rosa (prima edizione 1908, Bompiani)

https://it.wikipedia.org/wiki/Sherlock_Holmes

ALESSANDRO BORGOGNO
Vivo e lavoro a Roma, dove sono nato il 5 dicembre del 1965. Il mio percorso formativo è alquanto tortuoso: ho frequentato il liceo artistico e poi la facoltà di scienze biologiche, ho conseguito poi attestati professionali come programmatore e come fotoreporter. Lavoro in un’azienda di informatica e consulenza come Project Manager. Dal padre veneto ho ereditato la riservatezza e la sincerità delle genti dolomitiche e dalla madre lo spirito partigiano della resistenza e la cultura millenaria e il cosmopolitismo della città eterna. Ho molte passioni: l’arte, la natura, i viaggi, la storia, la musica, il cinema, la fotografia, la scrittura. Ho pubblicato molti racconti e alcuni libri, fra i quali “Il Genio e L’Architetto” (dedicato a Bernini e Borromini) e “Mi fai Specie” (dialoghi evoluzionistici su quanto gli uomini avrebbero da imparare dagli animali) con L’Erudita Editrice e Manifesto Libri. Collaboro con diversi blog di viaggi, fotografia e argomenti vari. Le mie foto hanno vinto più di un concorso e sono state pubblicate su testate e network nazionali ed anche esposte al MACRO di Roma. Anche alcuni miei cortometraggi sono stati selezionati e proiettati in festival cinematografici e concorsi. Cerco spesso di mettere tutte queste cose insieme, e magari qualche volta esagero.

10/05/19

l'ultima cena di Fadil, del cavaliere e dell'orso...

Dopo l'avvocato di Ruby RubaCuori, Egidio Verzini, ed un giornalista di inchiesta, ci lascia anche la modella Imane Fadil, testimone delle "Ultime Cene" di Silvio, dove viene raccontato di una "Setta Satanica" (definizione approssimativa, forse di un rito magico sessuale) guidata da una vestale, poco vestita, composta di sole donne che interagiscono con i potenti di turno e non solo con Berlusconi.
Tre persone muoiono in circostanze a dir poco curiose, l'avvocato decide improvvisamente di sottoporsi all'eutanasia in Svizzera, dopo aver saputo di avere un male incurabile, e non prima di gettare ulteriori sospetti sui ricatti e le pressioni che Berlusconi e il suo entourage avrebbero fatto ai vari testimoni di quelle feste.
Il giornalista che si occupava dell'inchiesta muore anche lui all'improvviso per un male incurabile non meglio identificato, lasciando un vuoto incolmabile, ed infine, dopo un mese di lunga agonia, muore Imane Fadil, testimone chiave che, fin da subito, aveva detto ai suoi avvocati ed ai suoi parenti di essere stata avvelenata.
La modella marocchina, forse ingenuamente, aveva più volte rilasciato alla stampa, dichiarazioni molto pesanti e gravi, fatti che voleva pubblicare in un libro verità sulla vicenda, contenuti di intercettazioni telefoniche, documentazione che proverebbe il coinvolgimento di Berlusconi nel pagamento di milioni di euro per comprare il silenzio delle varie olgiettine ed ospiti annessi.
Questo però è solo il primo livello di accuse imputate al padrone di casa di Arco-Re.
Sia Imane Fadil che gli altri due "ammalati", hanno sempre fatto intendere che c'era qualcosa di ben più grosso in ballo e che la questione non si limitava a descrivere una squallida orgia per ricchi annoiati, ma che erano coinvolti personaggi potenti ed importanti che orbitavano come ospiti graditi a queste tristi sciarade.
La modella era venuta a conoscenza di fatti che riguardavano proprio alcuni ospiti stranieri (potenti uomini d'affari e politici stranieri cari al nostro Presidente) che avrebbero messo in cattiva luce la loro reputazione ed avrebbero creato problemi diplomatici.
Quindi, oltre al discorso della compravendita del silenzio di tutte le ragazze dei festini, è trapelato il discorso che riguardava più da vicino alcuni personaggi che non sarebbero dovuti risultare presenti e che forse si sono lasciati scappare qualche parola di troppo riguardo a fatti gravi successi in quelle serate ed altrove.
Tralasciando l'aspetto della celebrazione della Setta Satanica che ritengo per adesso marginale, in quanto, come scrivevo all'inizio, sia stato più una messinscena in stile Eyes Wide Shut che altro, proprio riagganciandomi al capolavoro di Kubrick, volevo far notare come nel film, la prostituta che decide di parlare, salvando Tom Cruise da un impasse imbarazzante e pericoloso, fa una brutta fine e viene trovata morta per overdose il giorno dopo.
Nella scena successiva un grande Sydney Pollack, nella parte del ricco massone amico del medico Cruise, spiega come funzionano certi mondi, certe serate a tema e come vengono puntualmente puniti chi tradisce l'Entità, perché è obbligo dare l'esempio del "memento mori" a chiunque cerchi di denunciare certi potenti.
Kubrick mette in scena magistralmente come funziona il potere e come esso si comporta in certi casi.
Le analogie ci sono, anche nella nostra storia abbiamo una ragazza che decide di non piegarsi al ricatto e decide addirittura di sputtanare quel potere che inizialmente l'aveva sedotta, ma che ben presto ha capito essere molto pericoloso e malvagio.


Ritengo, quindi, che Imane Fadil sia stata uccisa, probabilmente avvelenata, come esempio da dare a tutti quanti, per far capire chi è che comanda a chiunque osi mettere il bastone tra le ruote di certi personaggi.
La morte di Fadil ristabilisce i ruoli sociali in campo ed anche i loro destini annessi, non può passare l'idea che una povera straniera disperata possa permettersi di svergognare i potenti di turno, è un fatto che non può essere assolutamente accettato e contemplato.
Ci sono delle convergenze parallele, parafrasando un vecchio politico famoso, su questi morti.
Faceva comodo a tutti che loro morissero in circostanze particolari, faceva comodo all'ambiente di Berlusconi, come faceva comodo a certi ambienti legati a politici stranieri, bisognava dare una lezione a questa ragazza che parlava troppo.
Ed è proprio la modalità dell'avvelenamento della modella che ci riporta all'amico Putin, grande frequentatore delle sciarade a tema, ed a come solitamente LORO uccidono i testimoni scomodi, gli esempi di giornalisti e persone non gradite avvelenate in Russia, e un po' ovunque, si sprecano.
La ragazza non si drogava, non aveva alcuna malattia rara e prima del ricovero era in perfetta salute, intenta a pubblicare quel famoso libro-documento dove avrebbe messo alla berlina diversi potenti di turno, probabilmente anche personaggi legati al doppio filo con la mafia russa.
L'avvocato di Ruby RubaCuori, ammalatosi anche lui in circostanze poco chiare, ed il giornalista che indagava sulle intercettazioni di personaggi politici legati a certe vicende criminali, avevano parlato di fatti gravi venuti fuori proprio in quelle serate, con nomi e cognomi.
Muore proprio Fadil, che in arabo significa fedele, degno, un bel contrappasso per chi ha tradito ed è stato poco FEDELE.

L’ex consulente della Commissione Mitrokhin ha parlato così della misteriosa morte di Imane Fadil:
 «All’impronta direi che potrebbe trattarsi di l’utilizzo di cosiddetti BRV cioè sostanze radiologiche da combattimento, per una possibile eliminazione fisica, ma ripeto è roba da agenzie statali o di gruppi specializzati del livello di Al Qaida o di Mohylevyč (ritenuto il capo della mafia russa nel mondo) per intenderci». «Un veleno è fatto per non essere individuato e questi sono veleni di Stato o della cosiddetta State sponsored Mafia. Difficile per gli inquirenti farsi una idea in tempi brevi sui fatti di Milano, credo in Italia non ci siano le competenze tecnico-militari necessarie, solo i pochi governi che possiedono arsenali nucleari o che gestiscono questo livello di operazioni di intelligence hanno quel che serve per orientarsi, l’ideale sarebbe richiedere la collaborazione del Regno Unito in questa indagine».


Vittima di convergenze parallele. Non è Putin in prima persona che ordina: "UCCIDETELAAA...", diciamo che, la sua uscita di scena, è stata CONDIVISA. Fatti puntualmente avvenuti, ed il modus operandi è stato piuttosto chiaro. 
Quando la mafia nostrana incapretta delle sue vittime designate, usa determinate modalità rituali per uccidere, altri ne usano solitamente diverse, più consone alle loro usanze.
L'omicidio in questi casi, ed oggi dovremmo averlo capito tutti, viene firmato...
Perché quello che è emerso era solo una piccola, piccola parte dell'inchiesta.
Alla fine risulta una storia penosa e squallida, mi riferisco al fatto che a 80 anni suonati, un uomo pubblico debba ancora mentire su una ragazza, dicendo che non l'ha mai conosciuta alle sue feste, nonostante le prove oggettive delle intercettazioni e delle sue 8 presenze alle serate, e non parliamo di un cristiano qualunque, ma di un ex Presidente del Consiglio che ha pesanti responsabilità politiche.
Poi la morte, avvenuta chissà, forse per caso....
Tanto a breve la gente si scorderà di tutto, a chi può interessare la sorte di una straniera considerata dalla maggioranza silenziosa solo una prostituta, meglio un imbarazzo iniziale e poi il LIMBO ETERNO, domani è un altro giorno e già siamo alle elezioni europee.  
Il punto è che sono morte più persone intorno a questa vicenda, e non credo siano morte per sincronicità.
Cui prodest?

Leggiamo sul sito dell' ANSA e sul Fatto Quotidiano:
La procura di Milano ha aperto un’indagine per omicidio volontario e sono stati gli esiti degli esami tossicologici disposti lo scorso 26 febbraio dai medici dell’Humanitas di Rozzano, dove era ricoverata, ed effettuati in un centro specializzato di Pavia a evidenziare che la donna è deceduta a causa di un “mix di sostanze radioattive”. Gli esiti, scrive l’Ansa, sono arrivati il 6 marzo e trasmessi immediatamente dallo stesso ospedale alla Procura di Milano.
Disposta autopsia: “Sintomatologia da avvelenamento”.
La notizia, infatti, è stata diffusa direttamente dal procuratore capo di Milano, Francesco Greco.
È lo stesso capo dell’ufficio inquirente lombardo a spiegare che la giovane aveva detto ai suoi familiari e avvocati che temeva di essere stata avvelenata. 
Nella cartella clinica di Fadil, spiega Greco, ci sono “più anomalie” e per capire la causa esatta della morte “è stata disposta l’autopsia, che dovrebbe essere seguita a breve”. Ma visto il risultato degli esami tossicologici, i tempi per effettuarla sono tutti da verificare, visto che le sostanze rilevate potrebbero mettere in pericolo i medici stessi.
La procura ha riferito di essere stata informata del decesso solo la settimana scorsa, quando l’avvocato di Fadil si è rivolto alla magistratura. 
“I medici della clinica non hanno avvisato la procura del decesso”, ha detto il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, titolare dell’inchiesta. 
Il primo marzo la giovane è morta e, da quanto si è saputo, quello stesso giorno sono state sequestrate le cartelle cliniche. Il 6 marzo è arrivato il referto tossicologico che parlava di sostanze radioattive, immediatamente trasmesso dall’ospedale all’autorità giudiziaria. La ragazza era risultata anche negativa agli esami che le erano stati effettuati per capire se facesse uso di sostanze stupefacenti.

Secondo le indagini, la modella era stata ricoverata prima in terapia intensiva e poi rianimazione: è stata vigile fino all’ultimo, nonostante i forti dolori e il “cedimento progressivo degli organi”. “Non c’è una diagnosi precisa sulla morte – ha detto l’aggiunto Siciliano – ma dalle analisi emerge una sintomatologia da avvelenamento“. 
“Ha detto di essere stata avvelenata” – “Sono in corso gli accertamenti sui campioni di sangue prelevati durante il ricovero – spiega Greco – non si può escludere nessuna pista visto che dalla cartella clinica non emerge nessuna malattia specifica“.
La giovane riferiva di gonfiori e dolori al ventre. “Fadil – ha detto il procuratore di Milano – durante il ricovero ha telefonato ad alcune persone, il fratello e l’avvocato, sostenendo di essere stata avvelenata. 
“Che sostanza poteva essere ad averla avvelenata? 
Ci sono diverse ipotesi che sono al vaglio della Procura”, ha spiegato il legale. 
Che poi ha aggiunto: “Ho letto il libro che aveva scritto Imane sul caso Ruby ma non so se avesse trovato un editore. Di sicuro l’aveva terminato diversi mesi fa. Conoscendo la situazione e conoscendo bene Imane, io una mia idea me la sono fatta, ma ci sono delle indagini in corso e di più non posso dire”.

L’intervista al Fatto: “Ad Arcore setta che adora il demonio” – Di quel libro aveva parlato anche in un’intervista al Fatto Quotidiano dell’aprile scorso. “Voglio raccontare tutto. La cosa non si limita a un uomo potente che aveva delle ragazze. C’è molto di più in questa storia, cose molto più gravi”
La modella sosteneva di avere lasciato Arcore dopo aver ricevuto una proposta indecente. Dopo poco tempo era diventata una testimone dell’accusa. 
Al Fatto, però, Fadil aveva raccontato anche dettagli mai resi in tribunale. “Questo signore fa parte di una setta che invoca il demonio. Sì lo so che sto dicendo una cosa forte, ma è così. E non lo so solo io, lo sanno tanti altri, che in quella casa accadevano oscenità continue. Una sorta di setta, fatta di sole donne, decine e decine di femmine complici”.
“Non manca molto, devo solo finire questo libro. E poi il mondo saprà”.
Il caso dell’ex avvocato di Ruby – Recentemente, tra l’altro, il caso Ruby era tornato al centro della cronaca quando il procuratore aggiunto Siciliano e il sostituto Luca Gaglio avevano ascoltato come persona informata sui fatti la socia di studio dell’avvocato Egidio Verzini, morto col suicidio assistito in Svizzera il 5 dicembre, dopo che il giorno precedente aveva raccontato, in un comunicato affidato all’Ansa, che Berlusconi avrebbe versato 5 milioni di euro a Karima El Mahroug, con i soldi transitati da Antigua in Messico. Verzini fu legale di Ruby nel 2011. 
La sua socia di studio ha confermato che il legale decise di fare quelle rivelazioni per una “esigenza di giustizia” e per un “dovere etico“, come da lui stesso scritto nel comunicato, ma che lei non sapeva altro su questa sua scelta. Verzini era già stato sentito quattro volte nel corso delle indagini, avvalendosi più volte del segreto professionale: era anche un teste dell’accusa nel processo in corso. Nel comunicato diffuso un giorno prima di morire parlò di “un pagamento di 5 milioni di euro eseguito tramite la banca Antigua Commercial Bank su un conto presso una banca in Messico”, sostenendo che la “operazione Ruby” sarebbe stata “interamente diretta dall’avvocato Ghedini con la collaborazione di Luca Risso”, ex compagno di Karima. Lo storico legale di Berlusconi aveva annunciato querela. Nell’ultima riga del comunicato Verzini aveva scritto di essere “in possesso di ulteriori elementi ed informazioni documentate“. 
Ed è proprio su questo aspetto, ossia sulla ricerca di carte e documenti per trovare riscontri alle sue dichiarazioni, che si stanno concentrando le indagini in corso dei pm, i quali poi depositeranno gli atti dei nuovi accertamenti nel dibattimento in corso. Il processo ha al centro i milioni di euro che l’ex premier avrebbe versato a Ruby e alle ‘Olgettine’ per ottenere il silenzio o la reticenza sulle serate ad Arcore. A quel processo Imane Fadil voleva costituirsi parte civile.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/15/caso-ruby-morta-la-testimone-imane-fadil-decesso-dovuto-a-mix-di-sostanze-radioattive-la-procura-di-milano-indaga-per-omicidio/5040409/?fbclid=IwAR0WJDWJw5qabJqe64ctSSeLRj6NqqmWPHWnrOb6M4rw57F1wvMCby6zN40

fonte: MAESTRO DI DIETROLOGIA

05/05/19

la diga di Panperduto


Sul finire del XIX secolo furono presentati e discussi diversi progetti per trovare un’adeguata soluzione per irrigare i campi coltivati a Nord di Milano. Il 30 Gennaio 1868 l’allora ministro delle finanze approvò un decreto di concessione della durata di 90 anni a favore di due illustri ingegneri, Eugenio Villoresi e suo nipote Luigi Meraviglia, per la realizzazione del progetto di costruzione di due canali, irrigui e navigabili, di derivazione d’acqua dal lago di Lugano e dal Lago Maggiore tramite gli emissari Tresa e Ticino. 


A questo progetto, per i tempi sicuramente di un certo spessore, non mancarono sostenitori, finanziatori privati ma anche ferme opposizioni, soprattutto da parte di alcuni proprietari terrieri nel timore che l’opera potesse rovinare le colture di viti e gelsi. Nonostante ostilità, diffidenze e difficoltà iniziali, nonché un ridimensionamento del progetto originale ben più ardito e di ampia portata, alla fine l’obiettivo fu raggiunto. Purtroppo, l’ing. Villoresi non poté ammirare la sua opera in quanto si spense nel 1879, cinque anni prima all’inaugurazione della diga del Panperduto avvenuta il 28 aprile 1884. 


Per l’intero compimento del progetto fu necessario attendere ancora qualche anno: nel 1886 fu aperto il primo tronco di canale realizzato sino al torrente Bozzente in Lainate. Il tratto successivo sino a Cassano d'Adda fu completato nel 1891. Il progetto del canale dal lago di Lugano a Parabiago fu invece abbandonato. 


Tra il 1897 e il 1899 fu poi costruito, a fianco del canale Villoresi, il Canale industriale noto anche come canale Vittorio Emanuele III che intercettò, tra le altre, le acque del Naviglio Grande modificandone il percorso per servire la centrale idroelettrica della società Vizzola Ticino inaugurata nel 1901. 


La regolazione del Lago Maggiore, sempre ideata dall'ingegner Villoresi, fu realizzata nella sua parte essenziale durante la seconda guerra mondiale costruendo la diga della Miorina che si trova 8 km più a monte. La diga del Panperduto, nell’area del parco del Ticino, è oggi meta di visite libere e guidate. Il luogo si trova un po’ fuori le rotte tradizionali quasi a volersi nascondere da una folla troppo distratta, per poi però mostrarsi in tutta la sua bellezza, colori e silenzi al visitatore capace di trovarla ed apprezzarla. Il percorso si snoda su strade più o meno sterrate che costeggiano i bordi dei canali attraverso un bosco dalla variegata vegetazione. L’ambiente favorisce l’insediamento di diverse specie animali, soprattutto uccelli legati a zone ricche d’acqua come il germano reale, la folaga, la gazzetta, l’airone cinerino e il cavaliere d’Italia. Alcuni studi relativamente alle origini del Panperduto fa risalire il canale al periodo della penetrazione dei longobardi in Italia circa 14 secoli fa, dunque ben prima delle origini medievali dei Navigli. In alcuni scritti si riporta che: “fu fatto un letto molto diretto da i re dei longobardo, per il quale scende esso Tesino, qual prima scendeva molto tortuosamente, come narrano le croniche“. 


Relativamente al nome di Panperduto, invece, le leggende sono molteplici. Le più note raccontano - ad esempio - che la località fu così chiamata a causa di insidiose rapide unite a bassi fondali, quelle che i marinai d’acqua dolce classificavano come “rabbie”, che costringevano i timonieri ad audaci manovre per passare questo tratto di fiume provocandone talvolta il rovesciamento e la perdita dei loro preziosi carichi. Ad esempio, a favore di corrente, veniva trasportato il celebre marmo che servì per la costruzione del Duomo di Milano. 
Un’altra accreditata spiegazione si riferisce alla perdita dei carichi che però arrivavano da Milano, preziose merci come granaglie e sale. A quest’ultimo è appunto legata la località Salzera nei pressi di un fiume che, in una carta del 1749 si descrive come un “alveo della roggia dei milini della Salzera detto del Pan Perdù”». 
Abbiamo tesori nelle nostre vicinanze e spesso nemmeno lo sappiamo oppure le snobbiamo nella falsa convinzione che una diga, un paio di canali e un po’ di bosco non siano all’altezza di una visita. 


La valle del Ticino fa parte, designata dall’ Unesco a partire dal 2002, della rete mondiale delle riserve della biosfera. Le riserve della biosfera sono aree in cui è possibile una relazione sostenibile tra popolazione, sviluppo e ambiente. 
Con questo breve e semplice articolo mi auguro di aver suscitato un po’ di curiosità in qualche lettore e lo spinga a visitare questa altrettanto semplice oasi di silenzio ricca, non solo di bellezze naturali, ma anche di presenze umane e testimonianze storiche e artistiche. 
Lo scrittore e poeta italiano Bonvesin de la Riva che abitò nel 1200 a Porta Ticinese così descriveva le acque del fiume azzurro: «Acque vive, naturali, mirabilmente adatte a essere bevute dall’uomo, limpide, salubri, a portata di mano, tanto abbondanti che in ogni casa appena decorosa vi è quasi sempre una fonte di acqua viva».

Marco Boldini

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

MARCO BOLDINI
Nato nel 1969 sposato, 3 figli e il gatto Balthazar, 47 anni ma in realtà ventisettenne con vent’anni di esperienza, cittadino del mondo e milanese di nascita ma miazzinese e, più recentemente, tainese di adozione. Volubile e curioso cerco quando posso di fuggire dalla noia e dalla routine, ho potenzialmente sempre la valigia aperta, pronto a passare da un aeroporto all'altro, a conoscere lingue, persone, culture e paesi diversi che ritraggo in maniera dilettantistica con la macchina fotografica. Amo in uguale maniera la montagna, che ti parla con i suoi silenzi e ti regala indimenticabili albe e romantici tramonti; da qui forse l’interesse per questo blog.

01/05/19

la profezia di Orwell

Sono passati settant’anni da quando George Orwell pubblicò il suo romanzo profetico, 1984, e alla luce degli eventi odierni non c’è momento migliore per ricordare a noi stessi che ci stiamo rapidamente dirigendo verso l’incubo così magistralmente descritto nel suo libro. Se qualcuno volesse avere un’idea più precisa del mondo che le élite impongono, allora non dovrebbe far altro che leggere 1984.

1984, scritto nel 1948, viene descritto come una satira politica, ma è una profezia politica e non è possibile che Orwell sia stato in grado di fare una descrizione così accurata senza avere in prima persona una profonda comprensione (o addirittura la precisa conoscenza) di come stava andando il mondo o di quanto era stato già “architettato”.

Orwell aveva molti contatti nei circoli politici e frequentava l’élite dell’epoca presso l’esclusivo college di Eton, dove vengono educati i membri delle famiglie reali. E’ molto probabile che da lì egli abbia messo insieme le varie informazioni di come stavano andando le cose.
Orwell lavorò, inoltre, per la BBC quando questa era sotto il controllo del Ministero dell’Informazione, già di per sé un meraviglioso titolo orwelliano da affibbiare ad una organizzazione creata allo scopo di comunicare dis-informazione ..

Orwell descrisse una società globale di totale controllo in cui alle persone non è nemmeno consentito avere pensieri che siano in disaccordo con le autorità. Nel libro la gente è sottomessa alla “Psicopolizia”, che ha a che fare con chiunque si sia macchiato del crimine del pensiero.
Nel mondo orwelliano alle persone non è permesso avere una vita propria e tutto ciò che esse fanno, o pensano, viene controllato. Il governo o “Partito”, è capeggiato dal “GF”, o “Grande Fratello”, che appare ovunque su manifesti che recano scritta la frase: “Il Grande Fratello vi guarda”...


Nella società descritta da Orwell, lo stesso Grande Fratello potrebbe benissimo essere un’invenzione per nascondere i veri controllori (vedi governanti e i loro successori, controllati da forze di cui il pubblico non sospetta minimamente l’esistenza). Il Grande Fratello di Orwell può anche non esistere, ma alla gente viene propinata la storia della sua lotta per salvarle dal terrorista Emanuel Goldstein, la presunta e primaria minaccia al mondo “libero”.

Goldstein è stato alleato al Grande Fratello durante la rivoluzione, narra la storia, ma si dice che sia diventato una parte integrante della confraternita, la “Resistenza” (vedi al-Qaeda, Osama Bin Laden e chiunque le autorità incolperanno per i prossimi atti terroristici di cui invece sono in prima persona responsabili). Orwell lascia intuire che anche Goldstein non esiste, o che è stato eliminato, ma fintanto che la popolazione crede nella sua esistenza e nella sua complicità negli atti terroristici, sosterrà le azioni intraprese dal governo per proteggere la gente da lui e dai suoi attacchi. 

Orwell descrive così la sequenza degli eventi che hanno portato alla creazione dello stato del Grande Fratello. Una rivoluzione scoppiata nel Regno Unito si trasforma in guerra civile, e allo stesso tempo, l’Unione Sovietica invade tutto il continente europeo. A quel punto scoppia una Terza Guerra Mondiale fra i tre poteri emergenti di Oceania (che comprende la Gran Bretagna ed è governata da quelli che precedentemente erano gli Stati Uniti); Estasia (sotto il controllo di una Cina rivitalizzata); ed Eurasia (derivata dall’espansione dell’Unione Sovietica).
Durante la lotta per il potere totale, centinaia di bombe atomiche vengono sganciate sull’Europa, sulla Russia occidentale e il Nord America.

Già dagli anni ’90 si parla di un possibile conflitto con la Cina, pianificato per dare il via all’imposizione di un governo mondiale. Nel corso degli anni questa informazione giunge da qualsiasi fonte, e tuttora arrivano molte notizie dai media che parlano di una Cina “rivitalizzata” e delle sue enormi potenzialità militari ed economiche.

La divisione del mondo in giganteschi super stati sta avvenendo oggi con l’Unione Europea, l’Unione Africana e con il progetto di una Unione Americana e del Pacifico. I tre super stati di cui si parla in 1984 alla fine si rendono conto che una situazione di stallo in cui la guerra sia continuamente presente (vedi lotta, o guerra al terrorismo) è ben più efficace della vittoria. 

Una guerra costante mantiene le persone ben concentrate e occupate alla fabbricazione di armi e altri articoli da utilizzare nel conflitto.

Il tenore di vita è spaventoso, perché si è giunti a capire che una popolazione povera e bisognosa è più facile da controllare rispetto a una che vive nell’abbondanza. 

Le tre superpotenze prendono il sopravvento su gran parte del mondo, ma lasciano ufficialmente “libera” una zona, in modo da avere qualcosa per cui combattere. Questa zona “contesa” include metà dell’area del Nord America, il Medio Oriente, il sud dell’India e, più giù, l’Indonesia e l’Australia settentrionale. Le fazioni belligeranti raramente combattono sul loro territorio. La “Pista Uno” (Airstrip One, il nome ufficiale della Gran Bretagna) apparentemente è l’obbiettivo dei “missili razzo” euroasiatici, ma viene insinuato che sia il governo dell’Oceania a sferrare questi attacchi sul proprio territorio per convincere la popolazione cittadina della Pista Uno di trovarsi sotto assedio costante (ecco di nuovo la lotta al terrorismo, l’11 settembre e gli attentati dinamitardi di Londra ecc.).

Giunti nell’anno 1984, la Pista Uno diventa uno stato in mano alla polizia e null’altro che una provincia dell’enorme Oceania (vedi Unione Europea). Il popolo è segregato in tre classi: il Partito Interno, il Partito Esterno e i Prolet, i “proletari”- controllati dai quattro ministeri all’interno di potenti strutture a piramide. I nomi dei ministeri sono in linea con la manipolazione orwelliana basata sulla legge del linguaggio, che lui chiama Neolingua.

La Neolingua impone di chiamare ogni cosa con un nome che sia esattamente l’opposto della sua reale funzione. 

I ministeri orwelliani sono:
  • Il Ministero della Pace: il suo compito è quello di assicurare guerre continue.
  • Il Ministero dell’Abbondanza: è responsabile del controllo del cibo e di altri beni di consumo attraverso il razionamento.
  • Il Ministero della Verità: ha il controllo della propaganda per impedire alle persone di conoscere la verità.
  • Il Ministero dell’Amore: il suo ruolo consiste nella sorveglianza, nell’identificazione di “dissidenti”, nel loro arresto e nelle torture inflitte nell’ignominiosa Stanza 101. Tutto questo è stato ideato per far sì che essi amino il governo che li controlla.
Il protagonista del romanzo di Orwell è un personaggio chiamato Winston Smith, membro del Partito Esterno, che vive tra le rovine di Londra, la città principale di Airstrip One (la Gran Bretagna). I suoi genitori sono morti durante la guerra civile e lui viene reclutato dal movimento SocIng (Socialismo Inglese).

Gli viene assegnato un incarico al Ministero della Verità, che controlla tutti i mezzi di comunicazione nel super stato dell’Oceania. Uno dei suoi compiti è quello di riscrivere i documenti storici per conformarli alla versione dei fatti voluta dal Partito.

Il concetto è quello di fare in modo che il “passato” corrisponda all’espediente politico necessario a giustificare le azioni in corso. 

Winston, invece, vuole conoscere la storia vera e cerca di svelare la verità proibita (vedi Julian Assange!). Tiene anche illegalmente un diario di ciò che accade (vedi Wikileaks!).

Mentre lavora al Ministero della Verità incontra Julia, una ragazza-meccanico addetta alle “macchine scrivi-romanzi” con la quale inizia una relazione clandestina. Non esistono libertà personali e questo vale anche per le relazioni amorose. Il sesso praticato per piacere viene scoraggiato e impiegato soltanto al fine di procreare nuovi membri del Partito. L’inseminazione artificiale è il metodo preferito. 

La vita sessuale viene regolata da due parole in Neolingua, “sessoreato” (immoralità sessuale) e buonsesso (castità). La parola sessoreato copre tutti i misfatti sessuali, tra cui la fornicazione, l’adulterio, l’omosessualità e i rapporti eterosessuali fini a se stessi. Tutti sono puniti con la morte. Ai giorni nostri l’espressione “ reato sessuale” (sessoreato) è più che mai in uso.

Winston e Julia sono costretti a incontrarsi in campagna, lontani dalle telecamere di sorveglianza, in una stanza sopra un negozio di antichità. Winston inizia a mettere in discussione le bugie del SocIng e la struttura del Partito, e la coppia viene presa di mira dalla Psicopolizia e da un membro del Partito Interno di nome O’Brien, che finge di far parte della Resistenza. O’Brein dà a Smith una copia del “libro” che propaganda il SocIng, presumibilmente scritto dal “terrorista” Emanuel Goldstein.

Winston e Julia vengono arrestati dalla Psicopolizia e portati al Ministero dell’Amore (luogo in cui i dissidenti vengono torturati e giustiziati) per essere interrogati. Durante la tortura, O’Brein dice a Winston che lo scopo non è quello di riuscire a ottenere da lui una falsa confessione. Al contrario, l’idea è quella di servirsi della tortura e della “terapia” dell’elettroshock per cambiare il suo modo di pensare e per “curare” il suo odio verso il Partito.
La riprogrammazione ha successo, e lo si capisce dalla frase con cui Orwell termina il libro: “Ora amava il Grande Fratello”. Winston scrive anche “2+2=5”, a conferma del fatto di aver perso il controllo della propria mente.

La cosa interessante è che per distruggere i sentimenti di Winston nei confronti di Julia, i “torturatori” si servono della sua paura dei topi, una delle principali tecniche impiegate su bambini e adulti nei progetti di controllo mentale da parte del governo per ottenere milioni di schiavi della mente a servizio del Programma globale. Prima si scopre cosa terrorizza maggiormente la vittima, spesso un bambino piccolo, e poi gli si fa provare l’esperienza. Potrebbe essere la paura dei ragni, dei serpenti o, nel caso di Winston, dei topi. Questo stato di puro terrore viene manipolato per “rifare” i circuiti della mente e la sua percezione della realtà.

Programmare il linguaggio

Il tema centrale di 1984 è il controllo mentale sul singolo e sulle masse attraverso la paura, il trauma e la manipolazione del linguaggio. Ai giorni nostri quest’ultimo viene espresso in maniera molto più evidente attraverso la cosiddetta “political corretness”(correttezza politica) e i “discorsi di incitamento all’odio” o il “crimine di odio”. Sono termini che potrebbe aver inventato Orwell, il quale spiegò come il linguaggio sia fondamentale per la percezione.
Orwell coniò il termine “Neolingua”(ovvero la lingua ufficiale dell’Oceania), e nel suo romanzo il numero di parole disponibili viene ridotto di anno in anno (vedi il linguaggio che si usa per mandare messaggini con i cellulari, che oggigiorno adempiono precisamente a quel compito).

La Neolingua si basa sulla premessa che meno parole sono disponibili e meno efficacemente è possibile esprimere il proprio punto di vista. Ma la cosa va ben oltre. In questa realtà noi pensiamo con le parole e limitare il linguaggio disponibile fa diminuire persino la capacità di pensare liberamente.

Come riportava un articolo in Internet: “Siamo in grado di comunicare il bisogno di libertà, o di organizzare una sommossa, se non abbiamo le parole né per l’una né per l’altra?”.

La Neolingua è stata ideata per eliminare ogni significato dal linguaggio, lasciando solo una inespressività che non dice nulla (vedi i discorsi della maggior parte dei politici), e sostituisce la lingua preesistente, ricca di sfumature, l’Archipensiero. Questo è ciò che sta accadendo oggi. Nella Neolingua la parola “libero” esiste ancora, ma può essere utilizzata soltanto in frasi tipo “il cane è libero dalle pulci” oppure “questo campo è libero dalle erbacce”.

Non può essere usata nel suo vecchio significato di “politicamente libero” o “intellettualmente libero”, dato che la libertà politica e la libertà intellettuale non esistono più, neppure come concetti e, di conseguenza, non hanno nome. “Cambiamento” è un’altra parola promossa dagli orwelliani. Generalmente viene utilizzata per suggerire che un’idea è più valida solo perché è “più nuova”; ma “più nuova” non sempre significa migliore. Nazismo e Comunismo erano “cambiamenti”.

Coloro che si oppongono alla “globalizzazione“ (la centralizzazione del potere globale e l’abuso criminale nei confronti dei popoli o dei Paesi più poveri), vengono chiamati “anarchici” o “dimostranti anti-capitalisti”, quando ciò a cui in realtà si oppongono è il “cartellismo”.

A chi la pensa diversamente, o mette in dubbio le fondamentali insensatezze su cui si basa la gestione del mondo, viene etichettato con il nome di “estremista”. Se vi opponete all’ingiustizia siete un “militante”. Un “tutore della pace” è qualcuno che occupa un’altra nazione, e il “processo di pace” è un mezzo per rabbonire un popolo oppresso nel tentativo di impedirgli di opporsi all’oppressione. E’ una “mappa stradale” senza destinazione, perché si vuole arrivare dove si è già. I cosiddetti “valori occidentali” sono quelli che vanno imposti al resto del mondo, quando invece si tratta di “valori” che non vengono applicati neppure in “occidente”(vedi “libertà” e “democrazia”).



1984 è già qui

Lo stato orwelliano del Grande Fratello è tra noi, ora, con un Programma volto a imporre soppressione e controllo in dosi sempre più massicce, fino all’instaurazione delle tecniche più estreme descritte da Orwell. Nel mondo di1984 per indottrinare la gente venivano affissi tre slogan:

La guerra è pace
La libertà è schiavitù
L'ignoranza è forza 

Non è affatto una coincidenza che oggi ci vengano dette queste stesse cose, e di continuo. Sono tutte espressioni del bipensiero di Orwell, in cui due pensieri apparentemente in contraddizione sono invece considerati entrambi validi. Esistono molti esempi moderni in proposito.

Quante volte avete sentito parlare da governanti e media di “combattere per la pace”, di scendere in guerra per il “desiderio di pace” o di intraprendere una “missione di pace”. Qualsiasi dichiarazione che contenga un appoggio al “combattimento” o alla “guerra” non può riguardare la pace, ma riguarda il combattimento e la guerra.

Nella società da incubo pensata da Orwell non esiste un dibattito, perché si parte dal presupposto che il Partito non ha mai torto (proprio come Berlusconi non ha mai avuto torto, non importa quanto consistenti siano le prove a suo carico).

Come scrive Orwell: “Perfino quando si usa la parola bipensiero è necessario ricorrere al bipensiero. Nel farne uso, infatti, si ammette di manipolare la realtà, ma con un novello colpo di bipensiero si cancella questa consapevolezza, e così via, all’infinito, con la menzogna in costante posizione di vantaggio rispetto alla verità”.

Impiegando il bipensiero il Partito è in grado non solo di bombardare il suo stesso popolo dicendogli che si tratta di un attacco nemico; i membri del Partito (inclusi gli stessi addetti alle armi) vengono indottrinati a credere che sono i nemici a sganciare le bombe. Un’altra parola usata nel libro di Orwell facente parte della Neolingua è “voltoreato”, cioè l’indicazione che una persona è colpevole di psicoreato in base alla sua espressione facciale. Lo stesso succede da noi; attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e sistemi di sorveglianza, è possibile studiare il linguaggio del corpo e le espressioni facciali per individuare presunti “terroristi”.

Nel libro di Orwell c’è anche lo “stopreato”, ovvero sbarazzarsi di pensieri indesiderati allo scopo di prevenire uno psicoreato. Scrive Orwell:

“La mente dovrebbe produrre un buco nero ogni qualvolta vi si affacci un pensiero pericoloso. Un simile processo dovrebbe essere automatico, istintivo. In Neolingua lo chiamano stopreato. Cominciò a fare esercitazione di stopreato. Si raffigurava proposizioni del tipo “il Partito dice che la Terra è piatta”, “il Partito dice che il ghiaccio pesa più dell’acqua”, poi si allenava a non vedere o a non capire gli argomenti che contraddicevano simili conversazioni”.

Il principio si può applicare a chiunque abbia votato Bush, Obama, Blair, Berlusconi, ecc. o abbia dato il proprio sostegno all’invasione in Iraq o in Afghanistan. Orwell dice che sul fiume del XX secolo la tecnologia sarebbe stata guidata da due cose:“La guerra e il desiderio di determinare il pensiero di un altro essere umano”


E’ questa la nostra condizione odierna, con l’innovazione tecnologica motivata anche da metodi di controllo e sorveglianza sempre più sofisticati.


Orwell scrive anche del “teleschermo”, un oggetto obbligatorio in ogni casa, la cui funzione è quella di trasmettere costantemente messaggi propagandistici ma anche di filmare e registrare ogni attività e conversazione (vedi anche telefoni cellulari). 

Ecco la visione di Orwell riguardo alla sorveglianza e all’indottrinamento per mezzo del teleschermo:

“Il teleschermo riceveva e trasmetteva simultaneamente. Qualsiasi suono che Winston avesse prodotto, al di sopra di un sommesso bisbiglio, sarebbe stato colto; per tutto il tempo, inoltre, in cui egli fosse rimasto nel campo visivo comandato dalla placca di metallo, avrebbe potuto essere, oltre che udito, anche veduto. Naturalmente non vi era nessun modo per sapere esattamente in quale determinato momento vi stavano guardando. Quanto spesso e con quali principi la Psicopolizia veniva a interferire sui cavi che vi riguardavano, era pura materia per congetture. E sarebbe stato anche possibile che guardasse tutti, e continuamente. A ogni modo, avrebbe potuto cogliervi sul vostro cavo in qualsiasi momento avesse voluto. Si doveva vivere, o meglio, si viveva per un’abitudine che era diventata, infine, istinto, tenendo presente che qualsiasi suono prodotto sarebbe stato udito e che, a meno di essere al buio, ogni movimento sarebbe stato visto”.
L’aspetto che riguarda la propaganda attraverso il teleschermo è già operativa da molto tempo. E’ ciò che chiamiamo “televisione”, che bombarda la mente collettiva con la versione ufficiale della vita, ogni giorno, tutti i giorni. 
Fox News, CNN, BBC sono solo alcuni esempi più eclatanti, ma l’intero sistema dei media convenzionali ha praticamente la stessa impronta. Anche se ci sono canali a non finire, fondamentalmente si tratta di uno stesso canale che sforna notizie secondo un’unica e indiscussa linea ufficiale.

Le assurde “spiegazioni” a eventi quali l’11 settembre diventano la “storia” universalmente accettata semplicemente attraverso la ripetizione sui teleschermi e nei giornali (propaganda scritta) e la soppressione delle indagini per stabilire se la versione ufficiale dei fatti regge a un esame minuzioso.

La tecnologia che ci è permesso vedere è indietro anni luce rispetto a quella che esiste realmente, e il grado di sorveglianza è già molto, ma molto più vicino a quello dei teleschermi orwelliani di quanto la maggior parte della gente possa immaginare.

Persino la tecnologia che conosciamo i livelli di sorveglianza sono ormai incredibili. Provate ad andare in Inghilterra e a camminare per le strade di una città e vi ritroverete a passare da una videocamera all’altra, mentre gran parte del vostro percorso viene filmato. In quasi tutti i negozi succede la stessa cosa, così come quando prelevate dei soldi da un Bancomat.

Attualmente è anche operativa una tecnologia applicata ai veicoli che consente di registrare nei dettagli ogni vostro percorso, e dei microchip in grado di immobilizzare a piacimento il vostro motore via satellite. In Gran Bretagna sono state introdotte videocamere di sorveglianza “parlanti” che permettono agli operatori di dare ordini alla gente per strada, proprio come i teleschermi di Orwell.

Tutto ciò che fate sul vostro computer, i siti in cui navigate o le vostre comunicazioni, viene registrato e lo stesso per le telefonate. Le leggi che permettono di farlo legalmente aumentano di mese in mese e sono tutte giustificate dalla finta “lotta al terrorismo” derivata dalla finta versione dei fatti dell’11 settembre.

Nel suo libro Orwell parla di “prolet” o “proletari”, che costituiscono all’incirca l’85% della popolazione. Sono le masse non pensanti, viste dalle autorità come bestiame, proprio come succede oggi. Non devono subire il livello di sorveglianza di coloro che vengono considerati intellettualmente pericolosi, perché non contestano nulla.

Poi ci sono i “nutriprolet”, le “notizie” fabbricate ad arte per “intrattenere” e ottundere la mente delle masse, abbassandone il livello culturale e impedendo loro di pensare liberamente. Via allo spot (“La pubblicità è il rumore di un bastone in un secchio di rifiuti”) . C’è poi la “nonpersona”, qualcuno levato dalla circolazione e cancellato da ogni documento, che a poco a poco cessa ufficialmente di esistere (vedi Guantanamo Bay e coloro che sono semplicemente scomparsi per non comparire più). Parlare di una “nonpersona” è uno “psicoreato”, proprio come evidenziare le sofferenze, gli affronti e le ingiustizie imposte ai detenuti di Guantanamo Bay è considerato “appoggio ai terroristi”.

Qualsiasi notizia pubblicata da qualche parte che metta in cattiva luce il governo orwelliano viene descritta in Neolingua come “malriportata” o “malcitata”.

Ancora una volta le autorità non sbagliano mai. 
Anche oggi vediamo i programmi “antiterroristici” orwelliani introdotti per incoraggiare e ricompensare quei cittadini che si sorvegliano a vicenda e che denunciano alle autorità i loro vicini, colleghi, clienti e anche compagni di studi. Tutto questo proviene direttamente da 1984.

Quando uscirete di casa e girerete per la città, piccola o grande che sia, praticamente tutto ciò che farete verrà osservato e filmato. Poi accadrà anche dentro casa vostra, come Orwell aveva previsto. 
Forse non c’è neppure il bisogno di dire “poi”…

Come scrisse Orwell:

 “Se volete farvi un’idea del futuro, immaginate uno scarpone che calpesta una faccia, per sempre”.

Questo non deve per forza accadere, ma accadrà, se non ci daremo da fare sul serio.

Come Orwell possa essere stato così profetico e preciso è meno importante del fatto che lo fosse. Se volete vedere come sarà il futuro, a meno che non ci risvegliamo velocemente, leggete 1984 e lo avrete dinnanzi a voi.
Se è un mondo che non desideriamo sperimentare, allora è arrivato il momento di chiederci: “Cosa sto facendo io al riguardo?”.

 Se la risposta è “niente”, non dovete lamentarvi quando sentirete la porta che conduce alla libertà chiudersi dietro di voi, ed è proprio questo che succederà se lo sdegno non si trasformerà al più presto in azione.

Fonte: freeondarevolution.blogspot.it (blog off line)

fonte: LA CREPA NEL MURO