25/03/20

dal Covid-19 all’ID2020: microchip per tutti!


di Marcello Pamio
Nel 2015 nasce a New York l'Alleanza ID2020, ufficialmente un'organizzazione di rifugiati, una specie di partnership globale che riunisce organizzazioni pubbliche e private con lo scopo di migliorare la vita attraverso quella che va sotto il nome di “identità digitale”.

 
A gestire questa alleanza c'è l'Identity2020 Systems Inc., una corporation che collabora con varie agenzie delle Nazioni Unite, ONG, governi e imprese di tutto il mondo.
Durante il vertice del 2019 a New York intitolato “Rising to the Good ID Challenge”, l’alleanza ID2020 ha deciso di implementare il programma dell'Agenda nel 2020, cioè quest'anno, una decisione che è stata poi confermata - ovviamente a porte chiuse - a gennaio 2020 al World Economic Forum (WEF) di Davos.
I partner fondatori dell'ID2020 sono l'immancabile e immarcescibile Bill Gates, il GAVI (un'associazione che promuove la vaccinazione per tutti) e la Fondazione Rockefeller!
Tre entità coinvolte da molti anni in qualsiasi operazione volta alla vaccinazione globale.
Possiamo affermare che l'ID2020 System Inc. sia una vera e propria costola dei Rockefeller, visto che nel sito ufficiale della Fondazione...
Cosa nasconde questa alleanza?

Si tratta di un programma di identificazione elettronica che utilizza la vaccinazione generalizzata come piattaforma per l'identità digitale. Avete letto bene: usano la vaccinazione come piattaforma!
Il programma sfrutta le operazioni di registrazione delle nascite e di vaccinazione esistenti per fornire ai neonati un'identità digitale portatile e persistente collegata biometricamente.
Senza un'identità - dicono loro - le persone sono spesso invisibili, incapaci di votare, accedere all'assistenza sanitaria, aprire un conto bancario o ricevere un'istruzione. Senza dati precisi sulla popolazione, le organizzazioni pubbliche e private fanno fatica a fornire i servizi umani di base in modo ampio e accurato.
Viene da sé che, per identificazione digitale, lorsignori intendono l’inserimento nel corpo umano di un microchip contenente tutte le informazioni personali dei sudditi.
Quindi dopo la pandemia di Coronavirus dichiarata dall'OMS l'11 marzo scorso il prossimo passo potrebbe essere - anche su raccomandazione della stessa OMS o dei singoli paesi - quello di "forzare la vaccinazione", sotto sorveglianza della polizia o dell'esercito?
Non è che la pandemia sia stata dichiarata proprio per stendere il tappeto all'ID2020?
Infine, esiste attualmente una tecnologia in grado di creare dei biochip da inserire all'interno del vaccino? Nano-chip in grado di essere controllati in remoto e contenenti tutti i dati personali umani (socio-sanitari, bancari, ecc).
A tal proposito le dichiarazioni del Direttore Generale dell'OMS, il dottor Tedros di qualche giorno fa aprono scenari inquietanti, perché secondo lui sarà necessario spostarsi verso la moneta elettronica, in quanto le banconote possono essere veicolo di infezioni varie, come per esempio il Coronavirus!

Avete capito? Da oggi le banconote cartacee potrebbero trasportare pericolosissimi virus in giro per la società. Meglio farle sparire per lasciare posto all'asettico microchip!
Quindi gli alti vertici del Sistema stanno spingendo per la sparizione della moneta come noi la conosciamo, in direzione di quella virtuale. Ovvio che per tale passaggio il microchip diventa fondamentale...
Quindi: è solo una coincidenza che ID2020 sia stato lanciato all'inizio di ciò che l'OMS chiama pandemia? O era necessaria una pandemia per “lanciare” i programmi devastanti di ID2020?

Conclusione

In pratica Big Pharma sta ufficialmente collaborando con l'industria tecnologica per accoppiare “l'immunizzazione” con la biometria digitale, il che significa che agli esseri umani saranno presto impiantati o inoculati microchip, con i quali potranno essere seguiti e controllati attraverso una matrice di identificazione globale.
Simili alle bestie, così gli umani saranno contrassegnati.
Questa alleanza globalista vuole che tutti gli umani siano “vaccinati” con chip di tracciamento e identità digitale, e il sistema di monitoraggio gestirà facilmente la popolazione mondiale.
Il terreno di sperimentazione del programma ID2020 come sempre sono i paesi del Terzo Mondo, ma il gruppo sta lavorando con i governi degli Stati Uniti per iniziare il microchippaggio delle persone attraverso la vaccinazione. Ad Austin in Texas per esempio, i senzatetto sono cavie collettive per il programma di vaccinazione con microchip dell'ID2020. La scusa è di voler aiutare questa popolazione di disperati ma ovviamente lo scopo è un altro...

DISINFORMAZIONE 

20/03/20

Coronavirus: epidemia/pandemia – una colossale presa in giro. Che cosa sono i virus in realtà?


di Beatrice Cavalli

Che cosa abbiamo?

Abbiamo, tra il 2014 e il 2015, la costruzione a Wuhan del primo laboratorio di Livello-4 di sicurezza biologica (BSL-4) ad essere costruito nella Cina continentale, il Laboratorio Nazionale di Biosicurezza. Alla costruzione hanno partecipato la Francia e gli scienziati americani del Galveston National Laboratory dell'Università del Texas le cui ricerche sono finanziate dal Dipartimento della Difesa statunitense, dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), da agenzie federali e ovviamente dall'industria biofarmaceutica.
Abbiamo la guerra commerciale iniziata nel marzo del 2018 dagli USA contro la Cina che li tiene in pugno a causa del deficit USA che nel 2017 era di 566 miliardi di dollari di cui verso la Cina 375 miliardi di dollari.
Al Pentagono, inoltre, non piace il livello di sviluppo tecnologico del 5G da parte cinese, perché gli Stati Uniti non possono permettere a nessun paese di avere la supremazia tecnologica.
Abbiamo USA, Unione Europea e Francia ai quali non piace l’accordo per la Nuova Via della Seta tra Cina e Italia, una specie di ponte economico che collega Occidente a Oriente e che interessa diversi ambiti tra i quali il 5G. Il progetto infastidisce in particolar modo la Francia, il cui presidente Macron, mentre da una parte critica pesantemente l’Italia per i rapporti commerciali con la Cina, dall'altra incontra Xi Jinping da solo, per chiudere 14 accordi il più importante dei quali, secondo i dati del China Daily, è quello legato ad una commessa da 30 miliardi di euro per Airbus.
Il “Memorandum d'intesa tra Italia e Cina” viene comunque firmato il 23 marzo 2019.
Abbiamo Bill Gates con le sue profezie.
Ecco una sua ennesima predizione:
Coronavirus: è una pandemia, non c'è tempo da perdere!”. E il suo anatema: “le pandemie sono la peggior minaccia a livello internazionale
Non ha alcun merito scientifico, ha però molti meriti per il ruolo che svolge nell’interesse dell'establishment scientifico e delle compagnie chimiche che producono farmaci e vaccini. Così l'Accademia delle Scienze, quella che gestisce la Conoscenza nel nostro tempo, gli permette di predicare e profetizzare anche dalle righe di prestigiose riviste come il New England Journal of Medicine.
Il 28 febbraio 2020 in “Responding to Covid-19 - A Once-in-a-Century Pandemic?” (“Risposte a Covid-19. la pandemia del secolo?”):
Questa settimana - scrive il veggente - il coronavirus si è trasformato nella pandemia del secolo. In ogni crisi i leader hanno due responsabilità ugualmente importanti: risolvere il problema e impedire che si ripresenti”.
Bill Gates dispone anche dell'Istituto Pirbright (controllato dal governo britannico e tra i cui principali finanziatori privati c'è la Fondazione Bill & Melinda Gates) che il 23 luglio 2015 deposita, guarda caso, un brevetto di un coronavirus attenuato.
La “Fondazione Bill & Melinda Gates”, inoltre, ha collaborato con gli organizzatori, il “Johns Hopkins Center for Health Security”, e con il “World Economic Forum” all’organizzazione della simulazione di pandemia del massimo livello, il cui nome in codice è “Event 201 Pandemic Exercise” eseguita il 18 ottobre 2019 a New York, l’oggetto della quale era la gestione e la riduzione delle conseguenze economiche e sociali su larga scala di un'eventuale epidemia, guarda caso, da coronavirus che avrebbe causato “65 milioni di vittime”.
Il primo caso di coronavirus è stato scoperto ufficialmente il 1 dicembre del 2019 e, poiché il coronavirus avrebbe (dicono) un’incubazione di circa 2 settimane, il supposto contagio sarebbe risalito a metà novembre, ovvero ad appena un mese dopo dall’Event 201 di New York.
Abbiamo la cosiddetta epidemia e addirittura pandemia.
Vediamo qualche dato ufficiale.

Incidenza e mortalità del coronavirus a livello globale.

Secondo i dati del Worldmeter sul Coronavirus, costantemente aggiornati, la mortalità del coronavirus è del 3,5% circa.
Per fare un confronto: la mortalità della Sars era circa il 10%!
Vediamo la situazione in Italia.
Attualmente ha un impatto molto inferiore ad una influenza stagionale.
Secondo il dottor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano, “in Italia i virus influenzali causano direttamente all'incirca 300-400 morti ogni anno, con circa 200 morti per polmonite virale primaria. A seconda delle stime dei diversi studi, vanno aggiunti tra le 4.000 e le 10.000 morti 'indirette', dovute a complicanze polmonari o cardiovascolari, legate all'influenza”.
Ogni anno in Italia, quindi, muoiono 10.000 persone per complicanze da virus influenzale, e, inoltre, muoiono 10.000 persone anche per infezioni prese in ospedale, cioè in totale 20000 morti ogni anno, e nessuno ci fa caso, mentre adesso per qualche decina di morti in Veneto e Lombardia siamo praticamente alla Legge Marziale?!
Come ogni influenza, chi ne risente non sono i giovani e le persone in generale sane, ma le persone anziane, in condizioni di salute precaria, che presentano già patologie e tra le quali persone per giunta già ricoverate in ospedale per altre patologie (i nosocomi si confermano ancora una volta come il luogo più pericoloso del pianeta!).
Ecco i dati dell'Istituto Superiore di sanità italiano (al 5 marzo) su 105 decessi ufficialmente con coronavirus
Primo: i morti hanno un'elevata età media: l’età media dei morti è di 81,4 anni.
Nel dettaglio la mortalità è del:
  • 14,3% oltre i 90 anni,
  • 8,2% tra 80 e 89,
  • 4% tra 70 e 79,
  • 1,4% tra 60 e 69
  • 0,1% tra 50 e 59.
Non c’è mortalità sotto i 50 anni.
Secondo: praticamente tutte le persone decedute presentavano già serie patologie acquisite precedentemente.
Il numero medio di patologie di queste persone è di 3,6. Il 67% dei morti aveva 3 o più patologie. Il 18% aveva 2 o più patologie e l'11% 1 o zero patologie
Sorge una ovvia e legittima domanda: ma sono morti a causa del coronavirus, o sono morti a causa delle patologie di cui già soffrivano o per altre cause e di coronavirus erano semplicemente “portatori”?

Riassumendo

In realtà non c’è nessuna epidemia, e tantomeno pandemia. E questo è un fatto.
Per distruggere l’economia di un Paese, in questo caso della Cina e dell’Italia, un’epidemia, anche finta, è proprio la soluzione giusta, perché sono sufficienti le misure che bloccano ogni attività che vengono prese dai loro stessi governi col pretesto di contenere la diffusione del presunto contagio.
La Cina e il suo sviluppo tecnologico danno fastidio agli Stati Uniti. L’Italia che collabora con la Cina irrita Stati Uniti, Unione Europea e Francia.
Probabilmente, quindi, Stati Uniti, Unione Europea e Francia sono quanto meno soddisfatti di quello che sta succedendo all’Italia e alla Cina
L’establishment scientifico e delle compagnie chimiche che producono farmaci e vaccini da decenni a questa parte fanno di tutto per rendere la popolazione mondiale schiava e farmaco-dipendente.
Una bella epidemia-pandemia, anche se non reale, è lo strumento ideale per istituire definitivamente su tutto il pianeta il regime di repressione totale, di censura, con il debito annullamento definitivo e senza possibilità di appello dei basilari diritti umani: della libertà e del diritto a non essere internato e sottoposto a trattamenti e sperimentazioni senza il proprio libero consenso.
Possiamo aggiungere, già che ci siamo, anche il sistema bancario mondiale che pure ci sta schiavizzando, per esempio, facendo di tutto per toglierci la disponibilità di denaro contante.
Facciamoci caso: con quanta insistenza in Italia hanno incominciato ad accusare i soldi contanti di essere veicolo di diffusione del virus! C’è da aspettarsi che la prossima misura sarà il divieto di utilizzare denaro contante anche solo per comprarsi un panino!
A disposizione di questi signori ci sono vari esecutori.
Bill Gates, questo onnipresente personaggio maneggione che ci ritroviamo tra i piedi in tutte le salse, che semina paura e prepara il terreno con le sue profezie, fornendo anche le soluzioni, in questo caso quattro, tre delle quali contemplano i vaccini.
Non solo, ma partecipa anche alla progettazione, alla prima simulazione e alla successiva realizzazione della messinscena di questa finta epidemia-pandemia.
I governi-fantoccio locali che non ci pensano neanche un attimo a tradire i popoli dei loro Paesi e a consegnarli nelle mani dei loro Signori, eseguendo senza indugio i loro ordini e prendendo provvedimenti da legge marziale e campo di concentramento assolutamente ingiustificati e seminando la paura.
I medici comuni, abituati ad infondere nei loro paziente la paura per costringerli ad assumere farmaci o ad acconsentire ad operazioni. E’ sufficiente pensare a come spaventano le persone con i trombi per costringerle ad ingurgitare veleno per topi - farmaci anticoagulanti, così efficacemente, che una persona non ragiona sul fatto che un’ischemia (“secca”) è molto meno pericolosa di un'emorragia inarrestabile a causa della mancata coagulazione del sangue e soprattutto se interna e nel cervello!
Alimenta la paura la simulazione pandemica di New York, a causa della quale i ricercatori del Johns Hopkins Center for Health Security sono stati sommersi da una valanga di e-mail inviate da cittadini preoccupati. Una volta ottenuto l’effetto di panico voluto, il 24 gennaio 2020, hanno specificato nel loro sito che lo scenario della simulazione “era modellato su una pandemia immaginaria di coronavirus” e che non era una previsione, dichiarando anche: “Non prevediamo ora che l'epidemia CoV-2019 ucciderà 65 milioni di persone. Sebbene il nostro esercizio da tavolo includesse un finto Coronavirus”. Tanto, ormai, il risultato era raggiunto: il panico rimane.
Alimentano la paura e contribuiscono all’efficacia dell’imbroglio epidemia-pandemia la diffusione della notizia secondo la quale la ricercatrice Xiangguo Qiu1 e suo marito, il batteriologo Keding Cheng, entrambi del National Microbiology Lab (con sede a Winnipeg in Canada)2, avrebbero spedito in Cina diversi campioni di virus fra cui Coronavirus, e la misteriosa morte improvvisa, il 4 febbraio, a 68 anni, del dottor Frank Plummer, il Direttore del laboratorio canadese, che avrebbe potuto dare qualche spiegazione in merito.
La paura è l’elemento chiave che consente la realizzazione di tutti questi piani.
Non la paura sana, una funzione importantissima che induce alla prudenza, alla valutazione del pericolo, e che è una funzione di difesa insieme all’istinto di autoconservazione.
Ma la paura che nasce dalla mancanza di sicurezza in sé stessi, che porta al panico isterico e impedisce di ragionare.
Le persone da tempo vengono educate non a lavorare su sé stesse per rinforzare il proprio corpo e il proprio spirito, ma ad essere dipendenti, insicure, a rivolgersi per qualsiasi cosa agli stregoni di turno della Medicina che volentieri prescrivono comode soluzioni in forma di pastiglie, operazioni e trattamenti vari, diventando così sempre più deboli e smarrite.
(Tra l’altro, in genere queste sono soluzioni temporanee perché finalizzate a far cronicizzare le malattie, e quando sono definitive è perché uno ci lascia le penne, ma a questo non fa caso nessuno).
Queste persone cadono facilmente preda di qualsiasi diffusore di panico e, non avendo imparato a contare sulle proprie risorse, placano la propria paura a spese della vita del prossimo. Ma questa paura non è mai sazia: adesso partecipano all'annullamento dei più elementari diritti umani, del diritto a non essere internati e sottoposti a trattamenti senza il proprio libero consenso. Domani dall’alto giungerà la comunicazione che per fermare l’epidemia bisogna uccidere chi tossisce, e queste persone eseguiranno senza esitazione, peggio di chi dava la caccia agli untori e alle streghe.
C’è, inoltre, tanta gente che è semplicemente annoiata dalla monotonia della vita ed entra tutta in fibrillazione, si elettrizza con questa situazione. Persone che si gonfiano tutte di importanza a passarsi informazioni sui nuovi (supposti) casi di contagio, sulla (creata artificiosamente) mancanza di respiratori e di mascherine, a chiacchierare su come sono brave e su come ubbidiscono diligentemente a tutte le disposizioni e stanno eroicamente chiuse in casa, su come eroicamente supportano dalle retrovie il personale medico eroicamente impegnato “al fronte”. Persone che eroicamente si scagliano (verbalmente - ma solo per ora), contro chi per qualche ragione osa violare le restrizione imposte. Persone che giocano a fare gli eroi, gli aiutanti degli eroi, senza avere la più pallida idea di che cosa siano un’emergenza reale, un fronte di guerra reale. Un eroe reale. Giocano. Tanto le conseguenze, evidentemente, non le pagano loro o sono così irresponsabili da non pensarci neanche, alle conseguenze.
Liberarsi dalla paura è in realtà semplice: basta la conoscenza. Imparare a conoscere sé stessi, le proprie risorse, acquistando così sicurezza, indipendenza e libertà di pensiero e recuperando la propria dignità. Conoscere i fatti, studiare e confrontare i dati e ragionare tranquillamente con il proprio cervello.
Per quanto riguarda chi gioca, bisogna che si scelgano un altro gioco perché il prezzo che stiamo pagando e che continueremo a pagare tutti per il loro divertimento e la loro irresponsabilità è veramente troppo alto e inaccettabile.
E a questo punto bisogna assolutamente esaminare più da vicino il protagonista di tutta questa faccenda.
Il protagonista in questo caso è passivo e perciò senza colpa alcuna.
E’ il Virus, quello con la Corona.
Avrà anche la corona, ma è pur sempre un virus. E che cosa ci dice la Scienza sui virus? Vediamo un po’:
- non si possono uccidere con gli antibiotici (con gli “anti-vita”), perché non muoiono; non si riproducono (e, di conseguenza, non nascono); non crescono - cioè non sono vivi;
- sono frammenti di DNA o RNA con a volte membrana proteica.
La Scienza, poi, ci dice che questi frammenti sarebbero causa di malattie e precisamente delle malattie, per l’appunto, virali.
Comodo.
Pensiamoci un attimo. Quanti frammenti di DNA o RNA esistono all’interno e all’esterno del nostro organismo? Pensiamo soltanto ai rimasugli di cellule che il nostro sistema immunitario e tutti i sistemi di pulizia interna del nostro organismo non sono riusciti a digerire del tutto (perché sovraccarichi di lavoro o per altre cause).
Una moltitudine incalcolabile. E’, questa, una fonte inesauribile per le case farmaceutiche, per i globalizzatori, per la Scienza Medica - creatrice di malattie e di paura.
E così, ogni due su tre, selezionano qualche nuovo virus, gli danno un nome (lo battezzano), inventano per lui il nome di una nuova malattia, gli attribuiscono dei sintomi, possibilmente, come vediamo, i più comuni (tosse, febbre, febbricola, se lo trovano in qualcuno che ha mal di pancia - perché no? - aggiungono volentieri anche disturbi intestinali etc.), ed è fatta.
Si può incominciare a seminare paura, panico, imporre cure, vaccini, creare la finzione di epidemie e pandemie, etc. E, facciamoci caso, hanno sempre qualche asso pronto nella manica: se in una persona non trovano virus esattamente uguali al modello battezzato, va bene lo stesso - ci parlano di mutazioni, di sottotipi etc.; se li trovano in persone sane - ci parlano di portatori sani etc.
Poi hanno sempre da giocare la carta del periodo di incubazione...
A proposito: incubazione. Anche l’uso che fanno di questo termine sorprende per la sua spudoratezza.
Questo termine di per sé indica il processo per cui l’embrione si sviluppa dall’uovo, in quelle specie animali in cui le uova, per poter proseguire e condurre a termine lo sviluppo, abbisognano di condizioni, cure e protezioni particolari. La medicina si è appropriata di questo termine per indicare il periodo che intercorre fra la penetrazione del germe di una malattia infettiva nell’organismo e la comparsa dei primi sintomi della malattia stessa3.
Il termine germe [lat. gĕrmen -mĭnis, affine a gignĕre «generare», genus (v. genere), ecc.], a sua volta, in biologia indica uno stadio iniziale di un successivo sviluppo o accrescimento; è usato, inoltre, per indicare un microrganismo, o una fase del suo ciclo vitale4.
Cioè, il termine “incubazione” indica un periodo di sviluppo nell’uovo o è usato in riferimento (dalla stessa Medicina!) ai germi, cioè a microorganismi che nascono, si sviluppano.
A noi, però, lo rifilano anche in riferimento ai virus: ma i virus non depongono uova, non nascono e non crescono! Non c’è nessuna “incubazione”! Ci prendono in giro.
Sono decenni che ci fanno il lavaggio del cervello con questi virus. Vi ricordate? Fino a non tanto tempo fa si diceva: “Che cosa hai avuto?” - “Ma niente, semplice influenza”. Quella che fino all’altro ieri era una semplice influenza a furia di costante, martellante, globale, capillare lavaggio del cervello i creatori di malattie l’han fatta diventare una cosa terribile dalla quale bisogna addirittura vaccinarsi! E hanno incominciato a sfornarne sempre di tipi nuovi, a parlarcene in continuazione, a metterci paura.
E quando un vaccinato si ammala lo stesso hanno pronta la scusa: il vaccino era contro un altro tipo di influenza.
Ce ne hanno raccontate un sacco di corbellerie per dipingere il quadro delle malattie virali e farci credere che sia realtà.
Un esempio: i popoli dell’america centrale e meridionale sarebbero stati decimati dal virus dell’influenza portato dagli europei, perché il loro sistema immunitario non aveva gli anticorpi per combatterlo. Sappiamo, però, che questi popoli sono stati anche molto semplicemente e poco scientificamente decimati dagli europei stessi. Sappiamo anche che sono stati costretti a sostituire le proprie colture con quelle imposte dagli europei e sappiamo che l’imposizione di colture povere (e tossiche) in sostituzione alle colture tradizionali locali ricche e sane (come la diffusione di abitudini alimentari nocive) è un’arma di annientamento usata correntemente5.
Allora i virus, poveretti, non c’entrano proprio. I popoli dell’america centrale e meridionale sono stati decimati dalle armi, dalla denutrizione e dall’avvelenamento. E questo è solo un esempio.
Decenni di lavaggio del cervello, diretto e indiretto, di statistiche contraffatte, per farci credere all’esistenza delle malattie virali.
La Scienza Medica vuole che consideriamo i virus nemici, che ne abbiamo paura.
Per mantenere viva la nostra paura, ogni due su tre diffonde notizie su qualche presunta fuga (“fuga”?!) di virus da qualche laboratorio di ricerca, possibilmente, ovviamente, “segreto”, e incomincia la paura, poi non succede niente, nessuna terribile epidemia, ma la paura nei virus cattivi che ci uccidono ha ricevuto un’ennesima dose di nutrimento: il risultato è raggiunto
Poi ci sono i Bill Gates. Poi ci sono le riviste scientifiche al soldo delle case farmaceutiche.
E ci esorta a lottare contro i virus. (Ci esorta sempre a lottare. C’è tutto un calendario di giorni dedicati alla lotta contro questa o quella malattia. Così, finché siamo impegnati nella lotta, non pensiamo che siamo sani: ci sentiamo malati, potenzialmente malati - comunque. La Scienza Medica ne inventa sempre di nuove, di malattie, così noi vediamo solo un mondo pieno di malattie e non vediamo la salute).
E per la lotta, ovviamente, bisogna utilizzare soltanto i suoi farmaci, i suoi vaccini.
La Scienza Medica non ammette concorrenti, li fa fuori.
E non è mai sazia. E così i virus sarebbero colpevoli anche dei tumori. E da li con i vaccini contro i tumori.
Ma che i virus, ancorché battezzati dalla Scienza Medica, siano davvero causa di infezioni o di tumori possiamo, a questo punto, tranquillamente escluderlo.
I virus, al massimo, possono dare fastidio, come i sassolini nelle scarpe, che, quando ce ne sono troppi, ovviamente possono causare anche problemi. La soluzione? Non farne entrare più e dare all’organismo la possibilità di liberarsi da quelli di troppo che sono già dentro.
Esposizione poco scientifica? Sì, anzi, per nulla scientifica. E va bene così, va benissimo così.
Questa Scienza Medica con tutta la sua Scienza e i suoi Metodi Scientifici, in realtà, di virus ne sa poco o niente, come peraltro di tutto il resto, e quel poco che sa lo usa per schiavizzarci e distruggerci.
Vediamo bene, e subiamo pesantemente, tutto quello che ha combinato con la sua lotta contro i batteri. E sì, che ci sono sempre state persone che davvero ne capivano qualcosa e che la mettevano sull’avviso: non bisogna uccidere i batteri! Ma lei no, ignorante, ottusa, avida, gretta, insaziabile, con i suoi antibiotici (antibiotico = “antivita”!) ne ha combinate di tutti i colori e continua ad attentare alla nostra salute e a tutto l’ecosistema.
La stessa cosa con i virus. Sa che ce ne sono dappertutto e questo lo usa per inventare malattie e per distruggere il genere umano con i suoi farmaci e con i suoi vaccini.
Ma quali sono, in realtà, le funzioni dei virus? Siamo sicuri che la distruzione dei virus non abbia conseguenze negative sulla nostra salute? Probabilmente questa Scienza Medica sa benissimo che, oltre a non essere causa di malattie, questi frammenti di DNA o RNA possono al contrario essere necessari al nostro organismo e vuole distruggerli tutti e ci esorta a combatterli proprio per mutilare ulteriormente la nostra salute.
Solo il nostro organismo, e precisamente l’organismo di ogni singolo individuo sa riconoscere che cosa gli è nocivo e liberarsene e che cosa gli è indispensabile ed usarlo.
L’essere umano esiste minimo da qualche decina di migliaia di anni, ma la Scienza Medica, che ogni due su tre ci risponde con tutta la sua prosopopea e saccenteria: “Purtroppo, la Scienza Medica non ha ancora scoperto..., non ha ancora trovato..”, ha anche la faccia tosta di pretendere che noi stiamo ad aspettare in trepida venerazione che ESSA si degni di capirci qualcosa!
Con le sue terapie e la sua prevenzione ha reso e continua a rendere gli esseri umani sempre più deboli, malati, dementi e ha la perfida perversione di imporsi comunque come unica istanza!
E attenzione: la Scienza Medica spesso e volentieri al suo interno usa il condizionale: “sarebbe, sarebbero” e “sembra”, etc., ma il tutto viene tradotto per noi zombi-consumatori-farmacodipendenti-carne-da-macello con perentori ed indiscutibili “così è e altrimenti non può e non deve essere” il tutto accompagnato dall’imposizione (forzata, violenta, costrittiva) di farmaci e vaccini.
E’ un’esposizione scientifica? No, per niente. Ma, in compenso, è tutto vero.
Non siamo ancora stufi di farci prendere in giro? Dove sono finiti la nostra autostima, la nostra dignità, il nostro istinto di autoconservazione?
Perché adesso si è passato ogni limite. Non le bastano, alla Scienza Medica, tutte le vittime della sua farmacologia, dei suoi squartamenti, tutta la sua censura e la repressione di chiunque non esegua i suoi ordini. Adesso vuole imporci il regime di repressione totale mondiale, vuole eliminare alla radice senza possibilità di appello i più elementari diritti umani, la libertà, il diritto a non essere internato e sottoposto a trattamenti e sperimentazioni senza il proprio libero consenso. Vuole instaurare ovunque e definitivamente un regime da campo di concentramento nazista con relative sperimentazioni su esseri umani!
Medici, biologi, virologi, ricercatori: non è più il tempo di tacere per paura di essere radiati dagli albi! Vi radieranno tutti comunque. Vi liquideranno, vi elimineranno, vi tritureranno, vi scaricheranno comunque! E che se ne vadano in consunzione con i loro albi! Parlate! Se non parlate adesso non potrete farlo più!
Se li lasciamo fare, saremo ridotti tutti in tutto il mondo e definitivamente in schiavi-materiale biologico!
E da chi, poi? Da qualche marionetta tipo Bill Gates e simili?!.

Beatrice Cavalli

16.03.2020

1 Xiangguo Qiu in passato ha collaborato con il Dipartimento della Difesa americano il cui istituto di ricerca che si occupa di armi, DARPA, è una delle agenzie che ha lavorato alla modifica del coronavirus.
2 Il primo laboratorio al mondo a isolare la SARS.
3 (Vocabolario Treccani http://www.treccani.it/vocabolario/incubazione1/).
4 (Vocabolario Treccani http://www.treccani.it/vocabolario/germe/).
5 Ricordiamo l’imposizione delle patate da parte dello pseudo Pietro il Grande ai russi, che ne morivano e per questo scoppiavano rivolte (le rivolte delle patate) regolarmente soppresse con la forza, o il mais in Italia con tutte le conseguenze di denutrizione e avitaminosi relative.

fonte: DISINFORMAZIONE

07/03/20

didattica neoclassica all’Accademia di Brera – i maestri – la scuola di Architettura

di Paola Mangano

Alla sua apertura (1776) l’Accademia di Brera non aveva ancora uno statuto, anche se direttive generali di altissima influenza furono suggerite da Giuseppe Parini nel saggio “Delle cagioni del presente decadimento delle Belle Lettere e delle Belle Arti e di certi mezzi per restaurarle” scritto nel 1769 ove formulò tra l’altro in linea di massima il programma per un istituto d’arte.
Dovettero passare dieci anni prima che un nuovo “Piano Generale e Costituzioni”per l’Accademia venisse redatto da Pietro Paolo Giusti funzionario di governo sotto Maria Teresa, barone di Santo Stefano, Consigliere al Dipartimento delle materie ecclesiastiche, pie fondazioni, studi e belle arti.
Siamo ancora lontani dall’organicità e razionalità che saprà conferire all’Istituto il futuro segretario Giuseppe Bossi (1801/1807) anche se quest’ultimo dalla riforma di Giusti prenderà molti spunti.

Giuseppe Bossi, Autoritratto con Gaetano Cattaneo, Carlo Porta e Giuseppe Taverna, 1809, olio su tela 1809, cm 52 x 63. Pinacoteca di Brera

bossi_cameretta_portiana

Tuttavia anche se mancante di statuti e di piani disciplinari l’Accademia di Brera in quei primi anni di vita sotto la direzione del segretario Carlo Bianconi (1778-1801) “….valeva almeno come dieci accademie Clementine non già per numero di soci o per fatto di patenti, ma per utili scuole, sebbene non tutte fossero abbastanza ben dirette.” come affermava con orgoglio il giovane Giuseppe Bossi che a Brera studiò e a soli 23 anni ne divenne segretario.
Perché se è pur vero che un’adeguata organizzazione è necessaria per far funzionare e progredire qualsiasi istituto scolastico sono in definitiva i maestri che con la loro conoscenza, competenza e predisposizione all’insegnamento ne decretano il successo.
E maestri eccellenti erano parte di quel corpo docenti dei primi anni di rodaggio dell’Accademia di Brera. Ce ne lascia un gustoso sunto il segretario Bianconi nel 1802 proprio al termine del suo mandato come segretario (lettera conservata presso l’Archivio dell’Accademia di Brera, Carte Bianconi).

“L ‘Accademia di Brera nel 1800” di Carlo Bianconi
(ASAB, Carpi DV 13)
Milano, da Brera, il giorno 14 fruttidoro anno VIII, cioè il dìp(rimo) settembre 1800.
Al Cittadino Commissario Governativo presso l’Amministrazione Dipartimentale
d’Olona il Segretario perpetuo dell’Accad. Milanese delle Belle Arti. [ … ]. . .
L’Accademia delle Belle Arti fondata nel 1776 ha sei scuole corrispondenti a sei
diverse qualità di disegno utili tutte alla società, e sono
la 

1°d’Ornati
2° d’architettura
3° d’Elementi di figura
4° de’ Gessi
5°del Nudo
6° d’incisione in rame.

La prima d’ornati serve a molte arti istillando in esse buon gusto e venusta bellezza.
Diffatti questo buon senso e questa gradevole bellezza si vede estendersi sensibilmente
per ogni arte che dal disegno norma e lume riceve, e ciò dall’epoca della
fondazione della nostra Accad(emia) , per cui anche il com(m)ercio ne sente chiaramente
vantaggio. Questa scuola conta molte volte nell’inverno da cento scolari, e
qualche volta cento venti, e sino cento trenta ancora. Attende a si numerosa gioventù
da se solo il cittad(ino) professore Albertolli Giocondo, il di cui amore, attenzione e
sapere per il progresso de’ scolari è veramente degno di tutti gli elogj .
La 2• Scuola è quella d’architettura. È debitore il gusto a questa del buon senso
nelle fabbriche che da tutti si distingue; buon senso che si va estendendo ancora ne’
luoghi vicini. Due sono le persone che attualmente insegnano in questa Scuola; una
come principale e professore ed è il cittad. Polak Leopoldo, l’altra come subalterno e
maestro elementare, ed è il cittad. Amati Carlo. Ambedue bramosi di adempire i
rispettivi loro doveri, che con lode interamente compiscono.
La 3• Scuola è quella degli Elementi di Figura. Dopo l’indicata degli ornati è la
più numerosa delle altre tutte, e serve come di base alla pittura e scultura, poichè queste
non possono far cosa alcuna di retto senza l’appoggio del disegno rappresentatore
delle forme del corpo umano. N’è il solo maestro il cittadino Aspar Domenico, che
con tutta la premura ed intenzione attende al progresso della gioventù a lui commessa.
Fa poi meraviglia che tanto faccia e per la non ferma sua salute, e per la ben scarsa
mercede alla opera sua tanto faticosa.
La 4• Scuola è de’ Gessi, il di cui oggetto è d’inserire nella mente de’ giovani
quale sia la più fine bellezza delle forme umane mediante le statue antiche . Serve questo
lodevolissimo studio tanto ai pittori che agli scultori, e però attendono al medesimo
non meno i professori di pittura che l’altro di scultura nel tempo corrispondente
alla rispettiva loro incombenza riguardante la Scuola del Nudo. Li professori di pittura
sono li cittad(ini) Traballesi Giuliano e Knoller Martino, e l’altro di scultura il cittadino
Franchi Giuseppe. Tutti e tre sono pieni di premura per il progresso della gioventù,
e cercano ogni strada per fare il debito loro.
La 5° Scuola è quella del Nudo a cui attendono li su(ddetti) tre pofessori di pittura
e scultura nel tempo e modo già fissato. È questo studio la prova del progresso de’
giovani, e serve ancora a provetti nell’arte, poiché la natura è il prototipo che imitare
si dee, è la vera maestra delle arti pittura e scultura.
La 6• ed ultima scuola è quella dell’Incisione in rame. Sta alla testa di essa come
professore di tal arte il cittad(ino) . Longhi Giuseppe che tanto si prende pensiero
dell’avanzamento de’ suoi scolari, che già se ne scorge chiaramente il frutto, e si ha ben
giusta ragione di credere che di giorno in giorno si farà maggiore.
Passando ora alle innovazioni utili all’Accademia che far si potessero, dico che si
dovrebbe pensare spezialmente a due cose. Al piano cioè che si desidera da anni, ed a
distribuire de’ premj alla gioventù che fa progressi nell’arte. Per il piano converrebbe
fare non poche meditazioni perché tutto tornasse in vero vantaggio degli studj, e per
la distribuzione de’ premj converrebbe fissare i modi, ed il quantitativo da distribuirsi.
Salute e rispetto
Carlo Bianconi

Il segretario Bianconi non parla della cattedra delle lettere e delle arti, incarico che ricopriva Giuseppe Parini, né fa menzione del resto dei suoi corsi di iconografia e mitologia che lo stesso  Parini dovette cedergli.
Un’altra sottile mancanza è l’aver ignorato, o forse deliberatamente omesso, il ruolo prestigioso che ricoprì Giuseppe Piermarini come professore di architettura dagli esordi dell’Accademia sino al 1797 quando i francesi, da poco entrati in Milano, lo destituirono non vedendo di buon occhio i suoi sentimenti filoaustriaci. Del resto il Piermarini, assorbito dalle commissioni pubbliche e private, era assente di frequente e lo suppliva il luganese Pietro Taglioretti.
Eppur è giusto rimarcare che le lezioni di Piermarini avevano“preparato lo sguardo degli studenti ad accogliere il nuovo secolo” come tende a sottolineare Hellmut Hager (Professore Emerito di Storia dell’Arte presso la Pennsylvania State University, in Le Accademie di architettura in Storia dell’architettura italiana, Il settecento).
Nel corso della sua attività didattica Giuseppe Piermarini utilizzò i dettagli delle proprie opere come strumenti di apprendimento, aggiornando così, nell’insegnamento degli ordini, le lezioni del Vignola (Jacopo Barozzi da Vignola detto il Vignola 1507-1573, Regola delli cinque ordini d’architettura)
Alla classe di architettura si arrivava dopo aver frequentato corsi scientifici di base mentre alle classi di ornato potevano accedere gli allievi provenienti dalle scuole provinciali di disegno ma anche dagli orfanotrofi cittadini al fine di avere una formazione artigianale adeguata a realizzare i partiti decorativi in armonia con l’architettura ma anche a sostenere lo sviluppo delle industrie del milanese. Piermarini puntava a un coordinamento assoluto tra architettura e decorazione. Per questo era essenziale la collaborazione con il professore d’ornato Giocondo Albertolli al quale dedicherò un articolo completo prossimamente.

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Scuola italiana – Ritratto dell’architetto Leopoldo Pollack, 1780, olio su tela cm.72,5×58 GAM

Quindi al Piermarini subentrò l’allievo viennese Leopold Pollock, come evidenziato da Bianconi, ma per un breve periodo. Infatti dopo appena tre mesi, in seguito all’intercettazione di una sua lettera, con la quale veniva scoperto aver contatti con il governo di Vienna per costruire un teatro di corte in quella città, fu messo in carcere e dovette dimettersi dalla carica accademica. Lo sostituì l’amico Giacomo Albertolli (nipote di Giocondo) anche lui solo per pochi mesi sino al 25 luglio 1799 quando nel breve ritorno degli austriaci fu diffidato dalla Regia commissione imperiale austriaca dall’insegnamento e quindi sospeso dalla carica conferitagli dal Governo francese. La cattedra tornò a Pollach per un anno accademico, 1799- 1800; ad Albertolli però venne concesso di rimanere a Milano. Il successivo rovescio politico (la nuova conquista dell’Italia da parte di Napoleone attuata dal 1800) destituì Pollach riconfermando Albertolli che vi insegnerà sino alla sua prematura morte nel 1805 a soli quarantatre anni.

….ecco troncata a quarantatre anni la vita di un uomo che certamente
non era l’ultimo della terra. Il nostro segretario Bossi è
con me afflittissimo per una tale perdita, che non sappiamo
come potrà essere rimpiazzata. Egli insegnava lo stile puro, e
severo, e già abbiamo un numero di allievi che hanno molto
merito, ma che avrebbero bisogno ancora che gli fosse continuata
la sopressa coltura per rendergli fermi nella massima, e bene
difendersi dalla comune eresia dell’arte….

scriverà lo zio Giocondo qualche giorno dopo la sua morte.
La scuola di Architettura era suddivisa in due sezioni: al titolare di cattedra spettava l’insegnamento della parte più «sublime d’essa»con il cospicuo stipendio di 2600 lire annue, mentre all’aggiunto competevano gli Elementi di Architettura con sole 600 lire annue. Giacomo Albertolli insegnò nella prima sezione.

Sono stato eletto professore d’Architettura civile in questa Accademia delle Belle Arti.
Sono successore del mio maestro Piermarini. Ieri l’altro sono stato installato. Ho due aiutanti, e moltissimi scolari; e faccio scuola tutti i giorni. (4 novembre 1798)

Il piano d’istruzione della scuola comprendeva lo studio dell’architettura classica romana attraverso i trattatisti, dagli ordini di Vitruvio dell’edizione Galiani a quelli di Vignola, gli edifici antichi da Antoine Desgodets, le fabbriche più importanti di Leon Battista Alberti e soprattutto di Palladio insieme all’architettura classica greca attraverso i libri di Julien-David le Roy, James Stuart e Nicholas Revett (The antiquities of Athens). Senza escludere i manufatti architettonici a loro contemporanei. Lo studio dell’architettura veniva spinto verso «lo stile puro e severo», il rigore del linguaggio classico, le composizioni discusse e corrette in ogni minimo dettaglio, sempre ispirandosi alle produzioni architettoniche ritenute perfette e nessuna licenza veniva concessa agli allievi. Albertolli amava accompagnare i suoi studenti per la città, per osservare «le produzioni in genere delle belle arti, ed alle biblioteche per esaminare i libri delle antichità Greche e Romane».

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Lapide commemorativa (datata 1858) per l’architetto Carlo Amati, sulla facciata neoclassica della chiesa di San Carlo al Corso a Milano. La chiesa fu costruita sul progetto del 1832 di questo architetto, che secondo la lapide avrebbe seguito gratuitamente i lavori fino alla sua morte.

Carlo Amati, indicato da Bianconi in quegli anni come “subalterno di Pollack e maestro elementare”, fu dapprima allievo e dal 1817 docente all’Accademia di Brera sino alla sua morte (1852). (1) Anche se negli anni da noi presi in considerazione, e cioè quelli della segreteria di Bianconi, non ebbe un ruolo incisivo, la sua figura è importante per comprendere il clima didattico di quel periodo perché se come insegnante, più che nella professione di architetto, si dimostrò accanito conservatore continuando a fare un punto di riferimento immutabile dei fondamenti vitruviani della scienza architettonica (anche quando il panorama attorno a lui, ormai negli anni ’50, si era fatto irriconoscibile e i temi esegetici vitruviani erano diventati esercitazione di erudizione lontani dalla realtà dell’architettura costruita) deve essere stato anche frutto della sua formazione all’interno dell’Accademia. Ulteriore conferma ci viene fornita dalla nota polemica “vitruviana” del 1821 che vide coinvolto per l’appunto Carlo Amati e il periodico letterario di indirizzo governativo “Biblioteca Italiana”(2) (pubblicato a Milano dal 1816 al 1840); ma dietro l’anonimo articolista della rivista è possibile individuare con certezza Paolo Landriani, architetto e pittore scenico protagonista degli allestimenti scaligeri dall’età napoleonica ai primi anni della Restaurazione. (3) Il Proemio del ventunesimo numero della rivista che innescò la polemica era incentrato su di un’esplicita critica al sistema didattico adottato nella scuola di Brera dove da molti anni si provvedeva all’insegnamento teorico e pratico dell’architettura. A giudizio dell’articolista la debolezza del sistema braidense era quella di privilegiare il testo vitruviano rispetto agli esempi concreti offerti dagli architetti classicisti del Rinascimento che “non mai preferirono le opere di Vitruvio ai rinomati avanzi dell’architettura greca e romana, dove vedendo e non interpretando si assicurarono del bello reale e ne fondarono poi sublimi precetti dell’arte”.(4)

andrea_appiani,_ritratto_dello_scenografo_paolo_landriani
Andrea Appiani – Ritratto di Paolo Landriani – 1792 – Olio su tela – Museo teatrale alla Scala di Milano

Naturalmente Amati si sentì in dovere di controbattere (5) a tale affronto sostenendo il testo dell’architetto romano in quanto “opera che meno si discosta dalle proporzioni dell’arte greca, ritenuta modello di perfezione universale”e quindi il riferimento teorico più convincente per la didattica dell’architettura. Va comunque ribadito che Amati e Landriani non si erano mai visti di buon occhio e disquisizioni erudite tra i due su questioni di ortodossia classicista continuarono a svilupparsi anche negli anni seguenti. Di fatto però la questione vitruviana metteva in discussione la didattica architettonica neoclassica che si era impartita in quegli anni all’interno dell’Accademia di Brera al fine di ampliare i riferimenti stilistici verso una ripresa dello stile bramantesco anche a livello progettuale. I tempi stavano cambiando.
E cambiavano al punto da mettere in discussione l’insegnamento stesso dell’architettura all’interno delle Accademie d’Arte.
Un Decreto napoleonico del 3 novembre 1805 pubblicò le nuove normative per il libero esercizio delle professioni di architetto, agrimensore e ingegnere (6) nel quale non si accennò mai all’Accademia e ai suoi corsi di architettura accrescendo di fatto l’importanza delle cattedre di disegno e composizione architettonica nelle università, soprattutto Pavia e Padova, riducendo a lungo andare l’importanza della frequentazione in Accademia – almeno per l’architettura – a qualcosa di accessorio, non obbligatorio, quasi un corso di approfondimento post patente creando quell’antipatica concorrenza tra Università e Accademia, e più da vicino tra l’Università di Pavia e l’Accademia di Brera.
La polemica, destinata ad ingrassarsi negli anni a seguire vide coinvolto Carlo Amati al quale venne chiesto un parere sugli ambiti e gli ambienti più idonei alla formazione degli architetti civili. La dissertazione del professore non lasciava margini d’interpretazione portando nell’unica direzione per lui possibile: “…non solo debb’essere l’Architetto versato nelle lettere, nella Geometria, nell’inseparabil calcolo e nelle delineazioni ornamentali, ma deve per più lustri applicarsi con ardore negli studj elementari degli Ordini e dell’Ombreggiamento per poscia accingersi alle compilazioni de’ membri costruttivi l’arte di edificare dedotta dai precetti de’ classici trattatisti Vitruvio, Alberti, Serlio, Vignola, Scamozzi, Palladio, Perrault,artisti Architetti, col confronto delle opere della veneranda antichità Greco-romana. Codesti studj preliminari preparano gli elementi indispensabili all’interminabil esercizio della invenzione architettonica, ed alle occupazioni contemporanee della spinosa pratica dell’arte presso accreditato edificatore almeno pel corso biennale. Il felice risultatamento di questi studj accademici, promossi e mantenuti con tanto lustro dalla Sovrana munificenza nelle nostre aule delle belle arti, viene comprovato in ispecial modo dai premj di architettura de’ grandi concorsi ottenuti pel corso di circa vent’anni continui dagli alunni architetti della nostra accademia……………Sarebbe dunque necessario che tutti gli aspiranti ad esser Architetti dovessero applicarsi almeno per un quadriennio agli Ornamenti e all’Architettura e prospettiva nelle scuole Accademiche, ed alla pratica di fabbricare nello studio di un Architetto approvato, [e] ne fossero abilitati al libero esercizio se non dietro nuovi esami da sostenersi nei modi più precisi ed escluso ogni sospetto di esterni sussidj……”

 (Lettera scritta di pugno e firmata dall’Amati il 29 gennaio 1835, indirizzata al Podestà conte Antonio Durini, presidente della Commissione d’Ornato.)

Il corso di studi di architetti civili andò poi definendosi nella seconda metà dell’ottocento (1860) attraverso l’influenza di Camillo Boito. Ma l’argomento esula in modo significativo dal nucleo di nostro interesse. Mi premeva sottolineare la querelle che si sviluppò tra i due schieramenti, uno conservatore, legato al neoclassicismo i cui occhi erano rivolti solo agli antichi, l’altro quello dei progressisti, ingegneri architetti, con gli occhi al futuro, ai materiali moderni e alle nuove tecniche di costruzione, dibattito che definisce come il percorso neoclassico fosse duro a morire; e a ragione del resto perché in Accademia grazie ai sussidi didattici specifici, trattati, manuali, biblioteche fornite dei “classici”, repertori di ornamenti, collezioni di tavole, modelli e gessi per le copie, si acquisiva la matura pratica di un disegno esatto ed elegante che caratterizzò l’architetto lombardo del primo Ottocento.
Un architetto che corrispondeva in pieno alla figura dell’artista ma che le mutate esigenze della committenza e lo sviluppo della cultura storica, scientifica e tecnologica ritenevano superato.

ddevzhsxcaqw5dy.jpg-largeJames Stuart & Nicholas Revett ANTIQUITIES OF ATHENS 1762


antoine babuty desgodets - entablature capital and inscription from the temple of jupit - (meisterdrucke-316151)
Antoine Babuty Desgodets – Tavola 1682
 

Note

1) Carlo Amati (1776-1852) fu allievo di Giuseppe Piermarini, Leopoldo Pollack e Giocondo Albertolli. Intraprese la carriera accademica nel 1798 come sostituto presso la scuola di architettura di Brera. Confermato nel ruolo di aggiunto in occasione della riorganizzazione statutaria del 1803, alla morte di Giuseppe Zanoja (1817) fu nominato professore supplente, carica che mantenne sino alla nomina in ruolo nel 1838. Responsabile dell’insegnamento braidense sino al 1852, fu architetto della Fabbrica del Duomo (1806-1813) e dal 1821 fece parte della Commissione di Pubblico Ornato.

2) Rivista letteraria incoraggiata dal governo austriaco per avvicinare la cultura italiana a quella tedesca. Fu diretta da Giuseppe Acerbi, successivamente da un’equipe di redazione composta da Robustiano Gironi, Francesco Carlini e Ignazio Fumagalli. Nel 1841 la rivista si fuse con “Il Giornale dell’Istituto Lombardo di Scienze Lettere e Arti”

3) Paolo Landriani studiò all’Accademia di Brera con Giocondo Albertolli e Giuseppe Piermarini; la sua formazione scenografica avvenne con Carlo Bertani e Clemente Isacci, quindi con Pietro Gonzaga. Lavorò come scenografo alla Scala che lasciò nel 1817 per motivi di salute. Dopo di allora si dedicò prevalentemente all’attività di saggista e pubblicista, nonché all’impegno presso la Commissione d’Ornato di cui fu membro dal febbraio 1807 al dicembre 1835.

4) Proemio, in Biblioteca Italiana, XXI, 1821, pp.241-246.

5) Carlo Amati prese le proprie difese sulla Gazzetta di Milano il cui articolo venne riproposto nel numero successivo di Biblioteche Italiane. Nello stesso anno, probabilmente spronato dalla polemica in corso diede alle stampe la sua Apologia di Vitruvio Pollione, P.M. Visaj, Milano 1821.

6) L’iter per diventare architetto divenne il seguente: 1) frequentare l’Università e riportarne il grado accademico (laurea), 2) svolgere il praticantato di due anni presso lo studio di un architetto o ingegnere civile, comunicando alla Prefettura presso chi lo si stesse svolgendo, 3) riportare alla fine di ogni anno di pratica un attestato di buona condotta, 4) alla fine del biennio iscriversi all’esame di abilitazione (l’esame di stato) presso la Prefettura del proprio Dipartimento.

Bibliografia

– Roberto Cassarelli, Giuseppe Bossi e la riforma dell’Accademia di Brera in “Ideologie e Patrimonio Storico-Culturale nell’età Rivoluzionaria e Napoleonica-A proposito del trattato di Tolentino Atti del convegno Tolentino, 18-21 settembre 1997” Ministero Per I Beni E Le Attività Culturali Ufficio Centrale Per I Beni Archivistici 2000
– E. Tea, Il professore Giuseppe Parini e l’Accademia di Belle Arti a Brera in Milano 1773-1799, Milano, Artigianelli, 1948
– Il piano di riforma di P.P. Giusti per l’Accademia di Belle Arti di Brera in Milano nel 1786 a cura di Sergio Samek Ludovici
– Alessandra Ferraresi e Monica Visioli, Formare alle professioni: architetti, ingegneri, artisti (sec. XV-XIX), Franco Angeli ed., Milano 2012
– Leopoldo e Giuseppe Pollach nell’analisi dei documenti autografi dal 1775 al 1847 – Civica raccolta delle stampe “A. Bertarelli” del Castello Sforzesco Milano – Tesi di Laurea Magistrale di: Carlo Maiocchi – Anno Accademico 2010 – 2011
– Alessandra Ferrighi, Professori e scienziati a Padova nel Settecento –  GIAN GIACOMO ALBERTOLLI, 2002
– Walter Canavesio, Il tema vitruviano degli Scamilli impares nei teorici neoclassici, Quaderni del Bobbio n. 4 anno 2012-2013: Rivista di approfondimento culturale
– La cultura architettonica nell’età della restaurazione, Giuliana Ricci Giovanna D’Amia,1 gennaio 2002, Mimesis Edizioni
– Ingegnere o Architetto? La questione della firma nel primato del disegno in GIACOMO TAZZINI, ARCHITETTO DI TRE CORTI  La vita e l’opera milanese del poliedrico architetto ingegnere dalla Repubblica Cisalpina all’Unità d’Italia , Dottorando Flavio Eusebio , Tutor Prof. Fernando Mazzocca , Coordinatore del Corso di Dottorato Prof. Guglielmo Scaramellini Tesi di Dottorato Milano Marzo 2012
– Chiara Occhipinti, Politecnico di Milano, Scuola di Architettura Civile – Milano nei progetti dei giovani architetti civili in Architettura a Milano negli anni dell’Unità. La trasformazione della città il restauro dei monumenti a cura di Maurizio Grandi, Libraccio Editore 2012

fonte: PASSIONARTE

01/03/20

morti da coronavirus? Siamo proprio sicuri?



di Marcello Pamio

La morte è la morte e nessuno vuole mancare di rispetto alle vittime e alle famiglie colpite da un lutto.
Fatta questa premessa però è arrivato il momento di togliere un po' di ragnatele dal cervello, ripulendo magari l'interno della scatola cranica con l'Amuchina ordinata su Amazon o accalappiata con la forza durante i raid nei supermercati.

 

A qualcuno invece bisognerebbe dargli il biglietto da visita di un bravo psicanalista, perché c'è grossa crisi se si arriva a spendere 312 euro per un litro di disinfettante mani! Su e-bay infatti vendono "Amuchina Gel Xgerm" da 80 ml alla modica cifra di 24,90 euro, senza spese di spedizione però.
Veniamo al pericolosissimo coronavirus “Covid-19” giunto dall'Oriente (lungo la “Via della Seta”...) che attualmente ha un impatto molto inferiore ad una influenza stagionale (che detto tra noi causa all'incirca 300-400 morti ogni anno in Italia, alle quali vanno aggiunte tra le 4.000 e le 10.000 morti 'indirette' per complicanze), e come tale sta colpendo la popolazione.
I conti non tornano: ogni anno muoiono circa 10.000 persone per complicanze dovute a virus influenzali e nessuno di scompone, quest'anno stranamente con 12 morti, e dico 12 morti, stiamo vedendo orde di lanzichenecchi assaltare i discount facendo scorte per l'inverno (nucleare); scuole chiuse, città militarizzate, viaggi cancellati, ecc.
Quand'è che abbiamo perduto il senno?
Come ogni influenza coloro che ne pagano lo scotto peggiore NON sono i giovani (non a caso NON c'è nessun morto) ma le persone anziane, cioè quelle in condizioni di salute precaria, con patologie pregresse.
TUTTE le vittime infatti erano anziani o in cura per malattie molto gravi.
Inoltre va ricordato che tutte le persone decedute erano ricoverate in ospedale per altre patologie, per cui i nosocomi si confermano il luogo più pericoloso del pianeta!
Ecco l'elenco delle persone morte:

Castiglione D’Adda (Lodi): uomo di 62 ANNI ricoverato all’ospedale di Como. Era in dialisi e soffriva per patologie pregresse.

Castiglione D’Adda (Lodi): uomo di 80 ANNI ricoverato all’ospedale di Lodi per un infarto.

Casalpusterlengo (Lodi): donna di 75 ANNI, era andata in ospedale per una grave crisi respiratoria

San Fiorano (Lodi): uomo di 91 ANNI (non ci sono informazioni)

Codogno (Lodi): donna di 83 ANNI (non ci sono informazioni)

Trescore Cremasco (Cremona): donna di 68 ANNI morta all’ospedale di Crema. Era malata di cancro e aveva subito anche un infarto

Villa di Serio (Bergano): uomo di 84 ANNI deceduto all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, era ricoverato per patologie polmonari.

Nembro (Bergano): uomo di 91 ANNI deceduto all’ospedale di Alzano

Vo' Euganeo (Padova): uomo di 78 ANNI era ricoverato all'ospedale di Schiavonia (PD) per una polmonite

Treviso (Treviso): donna di 76 ANNI, era ricoverata all'ospedale per obesità e grave scompenso cardiaco

Emilia-Romagna: uomo di 70 ANNI, paziente con importanti patologie pregresse

Caselle Landi (Lodi): uomo di 88 ANNI. (non ci sono informazioni).

La conclusione è scontata: se si vuole vivere a lungo, non serve attendere il vaccino miracoloso o evitare i cinesi come la peste, ma avere uno stile di vita sano e girare alla larga dagli ospedali!!!

fonte: DISINFORMAZIONE