29/04/15

lo spolvero

AFFRESCO, CAP.IX – LO SPOLVERO

Nel capitolo precedente “Affresco parte 8 – Come eseguire un affresco secondo le regole di Cennino Cennini” ci siamo soffermati sulla tecnica del dipingere ad affresco descritta nel già menzionato trecentesco “Libro dell’arte” di Cennino Cennini, il più importante testo che esista per ogni nostra conoscenza in qualsiasi ramo e campo del dipingere. In particolar modo mi sono soffermata sul capitolo LXVII ove si descrive tra l’altro la tecnica per colorire un viso giovane. Ma nei capitoli che seguono il Cennini esamina anche come si devono eseguire altre raffigurazioni ad affresco, naturalmente con molti particolari in meno, avendo preso come base per la descrizione circostanziata e minuziosa, la faccia di una persona giovane, come or ora si è visto. Consiglio quindi la lettura del capitolo LXVIII “El modo di colorire viso vecchio in fresco”, del capitolo LXIX “El modo di colorire più maniere di barbe e di capellature in fresco”, del capitolo LXXI “El modo di colorire un vestimento in fresco” e i capitoli a seguire ove si descrive “il modo di colorire albori ed erbe e verdure” e “come si dé colorire i casamenti”.
Con l’avvento del rinascimento si verificarono alcuni notevoli cambiamenti non tanto nella tecnica ed esecuzione dell’affresco, ancora in genere perfetta, ma per quel che si riferisce allo studio dei disegni preparatori e alla loro trasposizione sull’intonaco fresco. Ora questi disegni non si tracciavano più direttamente sulle bianche pareti arricciate, ma si preparavano nelle botteghe, su carta, in piccole dimensioni. Una volta che il disegno veniva giudicato ben proporzionato si procedeva segnandovi sopra un reticolo, linee rette e parallele, orizzontali e verticali, tutte di ugual distanza, intersecantesi tra loro ortogonalmente in modo da formare una regolare quadrettatura o, come si diceva, una rete, una graticola. A questo punto, su un foglio di dimensioni uguali a quelle dell’affresco da dipingere, si tracciava una quadrettatura in tutto simile e con lo stesso numero di quadrati, che ora naturalmente dovevano essere di proporzioni molto maggiori, del disegno piccolo che possiamo definire senza ombra di dubbio schizzo, bozzetto o studio. Quindi, quadrato per quadrato, si riportavano tutte le linee che definivano la reale grandezza dell’affresco da dipingere.
Questi disegni erano anche chiaroscurati a carboncino e spesso addirittura coloriti, un ulteriore studio di ombra e luce per la massima resa pittorica.
Il passaggio successivo prevedeva la foratura, con un grosso ago, di tutte le linee di contorno necessarie per il trasporto del disegno su muro. Si veniva a creare il così detto “spolvero” che prende il nome dall’operazione successiva consistente nel passare sopra di esso un sacchetto di tela rada, in cui era stata messa polvere di carbone o terra rossa. In pratica il disegno veniva tagliato in base alla giornata di lavoro che si stabiliva di affrontare, si posizionava sull’intonaco fresco, lasciato ovviamente tirare per il giusto tempo che si determina in base a diversi fattori quali l’umidità dell’ambiente, la stagione in cui si va ad operare eccetera, diversamente la malta ancora troppo bagnata andrebbe ad appiccicarsi alla carta del disegno con i conseguenti disagi che si possono immaginare, ed infine si procedeva con la “spolveratura”.Il carbone, uscendo dal sacchetto attraverso la trama della tela, si depositava sulla superficie della carta disegnata, passando però oltre, là dove vi erano i fori giungendo in tal modo sull’intonaco fresco, con cui subito si incorporava venendo così a formare tutta una serie ininterrotta di punti che servivano da base per tracciare a pennello il disegno.
Questa nuova tecnica di trasporto del disegno preparatorio, ancor oggi usata, portò fatalmente alla fine delle sinopie come pratica normale che diventarono sempre più rare fino a cessare del tutto. Tuttavia, negli ultimi decenni del cinquecento, quando si dovevano affrontare grandi composizioni pittoriche si tornò ad usare le sinopie a volte addirittura con il reticolo disegnato sull’arriccio che serviva a tracciare le linee essenziali di riferimento.
La nuova maniera di concepire i disegni preparatori a tavolino e non più sull’arriccio della parete da affrescare era dovuta anche al profondo cambiamento che si era avuto nella pittura. Nel Trecento le composizioni seguivano, salvo eccezioni, schemi e regole voluti da una costante tradizione che andò però trasformandosi radicalmente al principio del Quattrocento. L’arte non veniva più concepita come un’attività manuale o mechanica, sia pure d’alto livello, ma andava via via arricchendosi di contenuto intellettuale; la cultura umanistica poneva, all’operare dell’artista, il fine dell’arte come valore. Al vago estetismo dell’ideale di vita del tardo gotico si contrappose la ricerca specifica, alla descrizione poetica la costruzione intellettuale, alla diversità delle tecniche il metodo unitario del disegno. La formulazione e teorizzazione della prospettiva ordinò forme e rappresentazioni nello spazio che non potevano più essere casuali ma dovevano rispondere a schemi geometrici precisi con tutte le difficoltà che essi comportavano.
Paola Mangano
Mauro Nicora, 2015 - Assunzione - Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA) Bozzetto in scala realizzato con la computer grafica per e poi riquadrato per il trasposto del disegno sul muro.
Mauro Nicora, 2015 – Assunzione – Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA) Bozzetto in scala realizzato con la computer grafica  e poi riquadrato per il trasposto del disegno sul muro.
Mauro Nicora, 2015 - Assunzione - Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA). Cartone preparatorio (carboncino su carta) Studio e ingrandimento della figura della Madonna per la realizzazione dello spolvero.
Mauro Nicora, 2015 – Assunzione – Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA). Cartone preparatorio (carboncino su carta) Studio e ingrandimento della figura della Madonna per la realizzazione dello spolvero.
Mauro Nicora, 2015 - Assunzione - Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA) . Riquadratura della parete ove di andrà a dipingere.
Mauro Nicora, 2015 – Assunzione – Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA) . Riquadratura della parete ove di andrà a dipingere.
Mauro Nicora, 2015 - Assunzione - Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA). Sulla parete è stato riportato il disegno del paesaggio seguendo i punti di riferimento forniti  dalla quadrettatura e posizionato lo spolvero della figura della Madonna.
Mauro Nicora, 2015 – Assunzione – Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA). Sulla parete è stato riportato il disegno del paesaggio seguendo i punti di riferimento forniti dalla quadrettatura e posizionato lo spolvero della figura della Madonna.
Mauro Nicora, 2015 - Assunzione - Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA) Particolare
Mauro Nicora, 2015 – Assunzione – Chiesa di Santa Maria nascente, Bodio-Lomnago (VA) Particolare

fonte: passionarte.wordpress.com

26/04/15

Gianmaria Testa



è un cantautore italiano.

Nasce in provincia di Cuneo in una famiglia di agricoltori in cui era vivissimo l'amore per la musica e il canto. L'ambiente familiare lo incoraggia a studiare musica come autodidatta: Gianmaria sceglie la chitarra come strumento e comincia a comporre appena appresi i primi rudimenti. Inizialmente svolge la professione di ferroviere, precisamente quella di capostazione allo scalo ferroviario principale di Cuneo.

Il debutto di Testa avviene come strumentista rock; tuttavia l'artista non tarda a scoprire una forte identità di solista. Dopo aver vinto il Festival musicale di Recanati dedicato ai nuovi talenti della canzone d'autore nel 1993 e 1994, incontra Nicole Courtois, produttrice francese, che ne comprende la forza espressiva: nel 1995 esce in Francia, per l'etichetta Label Bleu (Amiens), il suo primo disco, intitolato Montgolfières. In questo primo album ha diviso la direzione artistica con l'amico Piero Ponzo (componente del gruppo piemontese Trelilu), che ne ha anche curato gli arrangiamenti.

Il piacere di condividere e di vivere l'esperienza musicale dei concerti con grandi musicisti quali David Lewis (tromba), Jon Handelsman (sax, clarinetto), i fratelli François et Louis Moutin (rispettivamente contrabbasso e batteria), Leonardo Sanchez (chitarra), René Michel (fisarmonica, pianoforte), contribuiscono al successo di critica e pubblico in terra francese. Nell'ottobre del 1996 esce il secondo disco, Extra-Muros che inaugura la nuova etichetta dedicata alla canzone dalla Warner Music francese, la Tôt ou Tard.

La carriera italiana

Pochi mesi dopo Gianmaria canta all'Olympia, imponendosi anche agli occhi della stampa italiana che, anche se colta di sorpresa dal nuovo talento, non manca di apprezzarlo. Segue al concerto all'Olympia una lunga serie di altri concerti in Francia, Italia, Portogallo e Canada: un centinaio di concerti, nei club o nei grandi teatri, tutti salutati da una straordinaria accoglienza.

Nel febbraio del 1999 esce il suo terzo album Lampo, realizzato con la collaborazione di numerosi musicisti: da Glenn Ferris (al trombone), a Vincent Segal (al violoncello), Riccardo Tesi (organetto diatonico) e Rita Marcotulli (pianoforte) e sulla direzione di David Lewis.
Seguono numerosi concerti in tutta Italia nel corso del 2000 e con il tutto esaurito al Teatro Valle di Roma la sua carriera di cantautore italiano ha la sua definitiva investitura.

Nell'ottobre 2000 esce in Italia un nuovo disco di canzoni e poesie intitolato Il valzer di un giorno che si configura per essere un immediato successo di critica e di vendite. Nel Valzer di un giorno, il cantautore punta quindi più alla qualità che agli “effetti speciali”, ed è il primo lavoro interamente realizzato e prodotto in Italia. Il cd è una raccolta di alcuni suoi pezzi, intervallati da cinque poesie recitate da Pier Mario Giovannone: con due inediti, la title-track e Piccoli fiumi.
Fa seguito un'importante tournée nelle maggiori città del paese, che consacra definitivamente il suo successo in patria. Il Valzer di un giorno viene distribuito in Francia e nel resto del mondo da Harmonia Mundi – Le Chant du Monde. Il disco ha venduto sino ad oggi più di 200.000 copie.

La scelta di collaborare strettamente con altri musicisti di alto livello e con altri artisti come poeti e scrittori continua a rivelarsi determinante in un nuovo modo di fare e proporre l'esperienza musicale: Gianmaria Testa inaugura l'edizione 2002 di Umbria Jazz, il maggior evento legato al genere in Italia. Dalla collaborazione con Enrico Rava nasce invece il fortunato Guarda che luna!, spettacolo teatrale dedicato alla figura di Fred Buscaglione che ha visti protagonisti, oltre a loro, la Banda Osiris, Stefano Bollani, Enzo Pietropaoli e Piero Ponzo. A settembre 2003 un’altra esperienza importante: lo spettacolo Attraverso, realizzato al Festival della Letteratura di Mantova con Erri De Luca, Marco Paolini, Mario Brunello, Gabriele Mirabassi.

Nel 2003 esce in tutta Europa il quinto album della sua carriera - Altre latitudini. L'album, pervaso da una malinconia sottile e particolare nasce dalla collaborazione con grandissimi musicisti come Mario Brunello, Enrico Rava, Rita Marcotulli, David Lewis, Gabriele Mirabassi, Piero Ponzo, Luciano Biondini, Fausto Mesolella e altri. Altre Latitudini è stato presentato in Francia per una settimana al Café de la Danse di Parigi e in Italia per una settimana al Teatro Gobetti di Torino. A questi hanno fatto seguito naturalmente altri concerti nei principali teatri d'Italia. In estate è stato presentato anche in Canada, al Festival di Québec, oltre che in Germania, Austria e Olanda. Nel novembre 2005 è stata programmata un’importante tournée negli Stati Uniti (New York, Los Angeles, Cleveland e Chicago) che ha riscosso molto successo.

Da ricordare, per il 2004, due altre produzioni importanti alle quali Gianmaria ha preso parte: RossinTesta, viaggio surreale con Paolo Rossi e Chisciotte e gli invincibili, da un testo inedito di Erri De Luca. Quest’ultimo ha girato per 4 stagioni con grande successo in Italia e nel 2008 ha iniziato anche un suo percorso francese con spettacoli a Grenoble, Parigi, Calais… e un dvd edito da Gallimard.

Dall’esperienza di Chisciotte e gli invincibili nasce lo spettacolo Chisciottimisti, che ha debuttato nella stagione 2013–2014 e che vede in scena la stessa compagnia, ma propone un contenuto totalmente rinnovato perché nuovi e diversi sono i tempi in cui viviamo... Alla fine ottobre 2005 è stata distribuita una nuova versione, completamente rimasterizzata e con una nuova veste grafica dell’album Extra-Muros, ormai introvabile sul mercato.

Il 13 ottobre 2006 esce il suo ultimo lavoro discografico, Da questa parte del mare, un concept album totalmente dedicato al tema delle migrazioni moderne, una riflessione poetica, aperta e senza demagogia sugli enormi movimenti di popoli che attraversano questi nostri anni. Sulle ragioni, dure, del partire, sulla decisione, sofferta, di attraversare deserti e mari, sul significato di parole come “terra” o “patria” e sul senso di sradicamento e di smarrimento che lo spostarsi porta sempre con sé. A qualsiasi latitudine. Prodotto da Paola Farinetti per Produzioni Fuorivia, ha la direzione artistica di Greg Cohen. Da segnalare la presenza di Bill Frisell accanto a quella dei musicisti che da sempre collaborano con Gianmaria: Gabriele Mirabassi, Paolo Fresu, Enzo Pietropaoli, Philippe Garcia, Luciano Biondini, Claudio Dadone, Piero Ponzo.

Da questa parte del mare ha ricevuto la Targa Tenco 2007 come miglior album dell’anno. Dopo una presentazione a Parigi (L’Européen dal 17 al 21 ottobre 2006), il nuovo disco è stato presentato anche in Italia (il 25 ottobre al Teatro Regio di Torino, il 26 ottobre al Teatro Modena di Genova, il 27 e il 28 ottobre alla Galleria Toledo di Napoli, ecc.), in Germania e Austria (dicembre 2006), in Olanda (The Hague Jazz Festival – 18 e 19 maggio 2007) e in Canada (Festival di Québec – 15 luglio 2007). Il 25 maggio 2008 è stato presentato anche al Joe’s Pub di New York con un tutto esaurito.

All’inizio del 2009 è uscito un nuovo cd: per la prima volta Gianmaria ha presentato un live, Solo, frutto della registrazione di un concerto in solo all’Auditorium di Roma. Il disco, prodotto da Produzioni Fuorivia, è uscito in Italia con EGEA RECORDS e nel resto del mondo con l’etichetta Hamronia Mundi / Le Chant Du Monde. L'uscita del disco è stata accompagnata da una serie di concerti a Parigi, Milano, Roma, Bruxelles, Amsterdam, Berlino, Vienna, ecc. Tra le altre produzioni uscite nel periodo ricordiamo inoltre: il DVD dello spettacolo Guarda che luna! con Banda Osiris, Enrico Rava, Gianmaria Testa, Stefano Bollani, Enzo Pietropaoli e Piero Ponzo; la riedizione di Lampo, ormai introvabile (novembre 2007); il DVD (versione francese) di Chisciotte e gli invincibili (Quichotte et les invincibles) con Gallimard (febbraio 2008); la partecipazione a F. – à Léo (omaggio a Léo Ferré), rilettura jazz dell’opera di Léo Ferré, da un’idea del pianista Roberto Cipelli, con, oltre a quest’ultimo, Paolo Fresu, Gianmaria Testa, Attilio Zanchi e Philippe Garcia (marzo 2008). Il disco è stato presentato con successo in FRancia (tra cui il Trianon di Parigi), Italia (tra cui Roma e Milano) e Canada (Festival Internazionale di Jazz di Montréal). F. – à Lèo è finalista al Premio Tenco 2008 nella categoria “interpreti”.

Il 2011 ha segnato per Gianmaria Testa un altro momento importante dal punto di vista dell’esperienza più prettamente teatrale: ha infatti debuttato al Teatro Carignano di Torino lo spettacolo “18 mila giorni – il pitone”, un testo di Andrea Bajani sul tema del lavoro che vede Gianmaria protagonista insieme al pluripremiato attore Giuseppe Battiston per la regia di Alfonso Santagata. Lo spettacolo, prodotto da Fuorivia insieme alla Fondazione Teatro Stabile Torino ha affrontato una lunga tournée in tutta Italia, da nord a sud, ed è stato poi ripreso nella stagione successiva. Sempre nel 2011, torna sul palcoscenico con Giuseppe Battiston con lo spettacolo Italy, a raccontare di Italia, delle migrazioni nostre del secolo scorso e di conseguenza, come in uno specchio, di quelle attuali che vedono le nostre coste punto di approdo e non più di partenza per le tante carrette del mare. Lo fanno attraverso la poesia e le parole di Giovanni Pascoli, ma anche attraverso la musica e le canzoni dello stesso Gianmaria Testa che al tema delle migrazioni contemporanee ha dedicato l’album “Da questa parte del mare”.

È uscito il 17 ottobre 2011, giorno del suo compleanno, l’ultimo lavoro discografico di inediti di Gianmaria Testa. Il cd, “Vitamia”, è una sorta di bilancio di vita personale e di vita sociale e rappresenta la naturale evoluzione dello spettacolo teatrale “18 mila giorni – il pitone” con Battiston, anche se le canzoni sono state totalmente riviste e riarrangiate. Gianmaria ha compiuto da poco 18.980 giorni e ha sentito l’esigenza di guardarsi indietro e dentro, di guardare al segno che 18 mila giorni hanno lasciato sul nostro paese e sulla vita degli italiani.

Il disco, suonato da grandissimi musicisti, è ricco di nuove e inattese sonorità, un vero affresco non solo di parole e di sentimenti, ma anche di musica. Al disco, sempre prodotto da Fuorivia, ha fatto seguito una lunga tournée in Italia, Francia, Germania, Austria, Canada (il 4 luglio 2012 è stato presentato anche nell’ambito del prestigioso Festival di Montréal), Olanda e Belgio. A maggio è stato anche presentato a New York.

La fine del 2012 ho poi segnato l’esordio di Gianmaria nel mondo dell’editoria con la pubblicazione, presso Gallucci editore, della “Ninna Nanna dei sogni”, una canzone-favola per grandi e piccini illustrata dalle poetiche tavole di Altan. Il volume ha bruciato 3 edizioni nel giro di pochissime settimane e nel 2014 ha visto la pubblicazione della versione francese, Berceuse des rêves, con le illustrazioni di Marina Jolivet. Nel maggio 2013 ha fatto seguito in Italia l’uscita di un secondo libro-disco, sempre edito da Gallucci, ma questa volta illustrato da Marco Lorenzetti: “20 mila Leghe (in fondo al mare)”, e nel 2014 uscirà Biancaluna, una dolcissima ballata notturna illustrata nuovamente da Altan.

Nell’autunno 2013 è uscito in tutto il mondo di un nuovo disco live, Men at work, frutto di una lunga e fortunata tournée in Germania col suo quartetto: 23 canzoni che rappresentano un po’ la summa di vent’anni di carriera e un dvd registrato live alle Ogr di Torino.

Lo stile e l'anima

« La ricerca musicale che ho portato avanti in questi anni ha coinciso con il “togliere”. Sono sempre stato colpito dall'espressività delle sculture di Giacometti o dai versi di Ungaretti ... Amo scarnificare il mio linguaggio: in un'epoca di ridondanze so di muovermi in controtendenza »

(Intervista di Paolo Battifora – Il Secolo XIX – 7 novembre 2003)

"Vi prego, non urlate… non riesco a suonare così. Io non sono un urlatore".

In queste parole, pronunciate ad un concerto gremito di gente in attesa della sua musica, Gianmaria Testa dice molto di sé. Le sue sonorità, infatti, sono lievi, dolci e di una delicatezza malinconica. Le parole sono pura poesia ed il suono della chitarra è ricco di atmosfere intime e romantiche. La lontananza e la solitudine, l'amore perso ritrovato o più spesso cercato a lungo, sono i temi più amati di questo cantautore che si muove tra jazz, folk e canzone d'autore. Solido, riservato, privo di desiderio di apparire e dotato di un imprendibile sense of humor, a Gianmaria Testa interessa semplicemente trovare davanti a sé l'apertura di una volontà che vuole cogliere le infinite sfumature dei suoi significati.

Discografia

1995 - Montgolfières (per l'etichetta Label Bleu) ristampa (per l'etichetta Harmonia Mundi-Le Chant du Monde/Egeamusic)

1996 - Extra-Muros (per l'etichetta Warner) ristampa (per l'etichetta Harmonia Mundi-Le Chant du Monde/Egeamusic)

1999 - Lampo (per l'etichetta Warner) ristampa (per l'etichetta Harmonia Mundi-Le Chant du Monde/Egeamusic)

2000 - Il valzer di un giorno (Harmonia Mundi / Egea)

2003 - Altre latitudini (Harmonia Mundi / Egea)

2006 - Da questa parte del mare (Harmonia Mundi / Le Chant Du Monde / Fandango)

2009 - Solo dal vivo (Produzioni Fuorivia / EGEA )

2011 - Vitamia (Produzioni Fuorivia / EGEA / Harmonia Mundi)

2013 - Men at work (doppio cd e dvd, Produzioni Fuorivia / EGEA / Harmonia Mundi)

fonte: Wikipedia

LASCIAMI ANDARE

PREFERISCO COSI'

DENTRO LA TASCA DI UN QUALUNQUE MATTINO

24/04/15

Rosso, la luce e la materia


non lo sapevo fino a poco tempo fa, ma la scultura mi piace moltissimo.
da Rodin, nel gennaio 2014,  in poi è stata tutta una scoperta, ringrazio Milano e le sue mostre per avermi iniziata a questa conoscenza.
sia chiaro, io non su nulla di niente, ma apprezzo, ne godo, mi diverto.
ultima meraviglia: MEDARDO ROSSO.
che mostra, che artista, che bellezza, che tutto!
siamo alla Gam, Villa Reale di Milano, che incanto di posto di notte, deserto e misterioso.
giovedì alle 21 e 30 eravamo dentro in due, che gioia vedere la mostra così, sembrava allestita per noi.

La luce e la materia, promossa dal Comune di Milano-Cultura, organizzata e prodotta dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e a cura di Paola Zatti, conservatore della Galleria d’Arte Moderna di Milano, ha un percorso tematico che prende avvio con quattro delle più significative opere degli esordi di Rosso, tutte realizzate a Milano e presentate in diverse versioni: il Birichino, prima opera comparsa nelle sale di Brera nel 1882, il Sagrestano, soggetto comico e quasi spietato del 1883, la Ruffiana, dello stesso anno, rappresentazione caricaturale, nel solco della tradizione verista e Portinaia, 1890-1905, dal Museo di Belle Arti di Budapest. La seconda sezione cerca di restituire, in molti casi attraverso differenti versioni messe a confronto, due temi fondamentali, la sperimentazione materica (l’utilizzo personalissimo e inconfondibile di gesso, bronzo e cera) e il processo creativo dell’artista che procede per sottrazioni fino al raggiungimento di esiti di sorprendente modernità. Due aspetti illustrati attraverso le straordinarie e inquietanti Rieuse, Henry Rouart, venerato collezionista e ospite di Rosso nel primo periodo di permanenza a Parigi, presentato nelle tre versioni in cera, gesso e bronzo; due soggetti del 1894, L’uomo che legge e Bookmaker; la Bambina ridente, opera in cui traspare un legame forte con la tradizione rinascimentale, Aetas Aurea e Bambino ebreo. La straordinaria Madame X, opera del 1896, è al centro della terza sezione della mostra, e dialoga con due versioni a confronto in bronzo e cera dell’Enfant Malade, documento della fase sperimentale più coraggiosa di Rosso. Il percorso dedicato alle sculture di Rosso si conclude nella sala finale della mostra con due soggetti Ecce puer (tra gli ultimi concepiti da Rosso, risalente al 1906), e Madame Noblet, soggetto declinato in quattro sole varianti in un lungo arco di tempo (dal 1897 agli anni Venti), e di cui la GAM possiede la versione in bronzo. Una selezione di opere fotografiche (stampe a contatto da lastre originali e stampe originali) documentano un aspetto fondamentale della vicenda artistica di Rosso
(http://www.mostramedardorosso.it)

Rosso mi fa venire i brividi, una scultura sconvolgente.
le definizione lentamente si perde, da una sala all'altra, si scontorna tutto, un velo cala sui volti, i corpi fanno massa con l'indistinto, con blocchi di materia, occhi e bocche semplicemente si intuiscono, un effetto potentissimo mi pervade: la creazione del mondo è davanti ai miei occhi. 
è come un parto, dal nulla si crea la materia e io vi assisto.
mi crea turbamento, questa nascita, mi sembra di partecipare a un evento misterioso.
l’azzardo della materia, il lavoro sui vuoti, la decostruzione della scultura che fino ad allora rappresentava i luoghi, la memoria e le immagini sacre, l’eliminazione del basamento e l’istituzione di un unico punto di vista per osservare l’opera sono alcune tra le innovazioni concepite dallo scultore e vengono esposte nella mostra in modo chiaro e comprensibile.
ma sono i passaggi che rendono strabiliante l'osservazione delle sculture in mostra. si parte, nella prima sala, con figure ancora costruite e intelliggibili, come la Ruffiana: c'è attenzione al dato reale, si vedono bene le rughe, si assiste alla risata sdentata, sguaiata.
Poi arrivano la Portinaia, il Sacrestano, il Birichino, nei quali la materia viene processata e i giochi di luce permettono l'interpretazione dell'espressione, speso le situazioni sono aneddotiche e richiamano l'interesse per gli umili. L'Età aurea mi piace molto, il bacio materno travolge il bimbo che spaventato quasi si ritrae, la madre lo trattiene con la mano. sorge dal nulla questo gesto, questo simbolo, l'espressione istantanea, fotografica, mi coglie impreparata.
e così proseguono le opere successive (Grande Rieuse e Ecce Puer), a volte i volti sono maschere, la scultura è svuotata sul retro, permane solo la superficie, a volte non c'è collo, non c'è busto, solo un'espressione momentanea colta nell'attimo, la materia subisce tagli e decurtazioni, rimane una forma, ancestrale, simbolica, del tormento.
                                                   
Grande Rieuse 
 
                                                  Ecce Puer
è fantastico L'uomo che legge, così come il Bookmaker, Rosso si spinge sempre più in là sul piano della ricerca e dell'instabilità. le figure emergono da tronchi di massa indistinta, non si coglie nessun intento descrittivo, piuttosto l'attimo della nascita in eruzione dalla materia. la figura si stempera nell'ambiente ed emerge la simultaneità più che la profondità, ovvero la prima impressione provata alla vista, alla visione, all'incontro con l'immagine. quel che attrae è questa materia così trattata, non finita, grezza (che sia cera, gesso o bronzo), quasi fosse lava, questa superficie la cui resa varia a seconda della luce che la rivela.
                        Il bookmaker                              L'uomo che legge
e lentamente si arriva al punto focale di questa breve bellissima mostra.
Madame X.
non siamo più nel ritratto, siamo nell'emozione pura, nella sintesi plastica ai limiti dell'astrazione.
si osservano solo l'incavo degli occhi, forse un naso.
nessun dato reale. un contorno frastagliato, una forma ovoidale. una zona lesa da cui emerge il gesso sottostante.
una posizione estrema, quella di Rosso, ed strema la raffigurazione di Madame X, inafferrabile, immateriale, se così si può dire.

senza tempo.
fonte: nuovateoria.blogspot.it

23/04/15

condannati a morte

Dopo la strage del 19 aprile nelle acque del Mediterraneo, la retorica politica italiana ed europea specula ancora una volta sulla parola “solidarietà” per rafforzare il regime dei confini

700 morti. Una strage senza precedenti. Le parole pesano come macigni davanti a eventi del genere. Solo nel 2014 sono ufficialmente decedute (ma il numero sarà molto più alto) 3419 persone nel tentativo di passare dal nord Africa in Europa via mare, una media di 9 al giorno. Il Mediterraneo è un cimitero di corpi e barconi.


Davanti a un evento del genere risultano inappropriati termini come “emergenza” o “tragedia”. Non siamo davanti a qualcosa di straordinario: come si può parlare di crisi, di eccezionalità rispetto a un fenomeno che va avanti da anni senza arrestarsi nonostante le fallimentari e scellerate politiche di contenimento delle migrazioni? Come si può considerare tragico qualcosa che a cadenze regolari si ripete a dispetto di tutte le belle intenzioni sbandierate dai nostri politicanti ogni qualvolta un barcone affonda. “Mai più”, eppure continua ad accadere. Viene il sospetto che parlare di tragedia o di emergenzialità serva a scaricare le proprie responsabilità davanti a queste stragi, incolpando sempre qualcun altro e mai le politiche messe in campo da chi dovrebbe avere almeno la decenza di star zitto invece di provare a raccogliere qualche pugno di voti anche in queste occasioni.

700 morti, come se fosse una guerra o uno sterminio. Eppure si rimane allibiti nel sentire le soluzioni proposte. C'è chi propone di bombardare i barconi, chi di effettuare blocchi navali. Sempre in nome della solidarietà, si intende. Lo dobbiamo fare per il bene altrui e nostro. Mai vista tanta generosità da parte dei nostri politicanti che per altruismo non vedono loro di riempire ancora più di morti il Mediterraneo. Cos'è un blocco navale? È uno schieramento di navi da guerra di fronte a una costa per impedire che qualsiasi imbarcazione si avventuri per mare. Come lo si effettua? Bombardando, speronando, affondando, respingendo qualsiasi cosa si avvicini. Curiose forme di solidarietà violenta. Dovrebbe ricordarlo bene il governo Prodi quando nel 1997 lo applicò nei confronti delle navi che arrivavano dall'Albania. Il risultato? Pochi giorni dopo una corvetta della marina militare italiana speronò una motovedetta carica di donne e bambini. Ne morirono 81.

C'è anche chi invece pensa che la soluzione di tutto sia prendersela con i trafficanti. È tutta colpa loro, bisogna combatterli e magicamente il problema si risolverà. Come se bastasse chiudere l'ombrello per far smettere di piovere. Come se la causa di tutto fossero gli scafisti e non le condizioni di miseria e morte da cui scappa chi affronta il Mediterraneo pur sapendo benissimo cosa rischia. Di fronte a una morte certa e a una morte possibile, voi cosa scegliereste? La fuga di esseri umani dall'Africa all'Europa esiste perché l'Africa è un territorio devastato da anni di guerre, espropriazioni, colonialismo, saccheggi e devastazioni di cui noi europei siamo i maggiori responsabili. Il business criminale delle migrazioni esiste perché ci sono delle leggi italiane ed europee altrettanto criminali che rendono illegali i flussi migratori. Eppure è consolante prendersela con gli scafisti perché così siamo tutti assolti, capro espiatorio perfetto per continuare a perseverare lungo la strada dei respingimenti. Affondiamo le navi (senza le persone sopra s'intende, noi siamo quelli buoni), così dopo proveranno a venire con i gommoni, le zattere, a nuoto. Oppure cambieranno le rotte, magari più lunghe, meno pattugliate, ancora più rischiose. Bloccare le partenze: si ma chi parte dopo dove va? Cosa fa? In che condizioni resta e perché scappa? Nella retorica dei potenti la voce degli ultimi non trova spazio, condannata a rimanere marginale, in silenzio, a non esistere, a morire.

Anche i 10 punti del supposto piano europeo sono un mix di retorica e razzismo. Cosa prevedono? Contrasto all'immigrazione irregolare, rimpatri, controlli dei migranti, poteri straordinari, polizia. Il confine si sposta sempre più in là, dal mare alle coste. La stessa soluzione attuata dal governo Berlusconi che condannò alle brutali carceri libiche chi provava a imbarcarsi per l'Europa.

Dalla Lega al Pd, da Roma a Bruxelles, tutti condividono la stessa prospettiva: non una parola su chi migra, nessun ripensamento delle politiche di accesso, nessun ragionamento sui flussi migratori. L'unico obiettivo è quello di alzare un muro, che sia nel mezzo del mare o sulla terra, per far si che queste persone non arrivino mai più. Così non moriranno davanti alle coste italiane e non dovremo sentirci più responsabili dell'ennesima strage. Moriranno sulle spiagge libiche in attesa di partire; moriranno nelle carceri di qualche paese da cui sono scappati, una volta rimpatriati; moriranno nel deserto, vagando senza meta perché anche quell'ultima speranza che si chiamava Europa gli è stata negata; moriranno nelle guerre che combattono i bambini-soldato; moriranno di fame perché gli avremo sottratto anche le ultime risorse pur di estrarre petrolio o coltivare le piantagioni di qualche multinazionale. L'importante è che muoiano lontano da noi, così magari potremo anche sentirci superiori perché da noi certe cose non succedono. Supposta e schifosa superiorità occidentale.

I veri barbari siamo noi che ci giriamo dall'altra parte; noi che invece di prendercela con chi sta sopra esultiamo su facebook per la morte di chi sta un po' più sotto di noi; noi che non abbiamo più neanche un sussulto di rabbia quando un altro uomo subisce violenza; noi che ci facciamo la guerra fra poveri invece di farla ai ricchi; noi che pensiamo di poterci salvare da soli; noi che non abbiamo fatto nulla per meritarci un pezzo di carta che decide se nella vita puoi restare o devi andare via.

I veri barbari sono tutti quei politici che negli ultimi vent'anni hanno progettato, approvato e reiterato delle politiche di chiusura dei confini. Buoni solo a fare parate e sproloqui televisivi, ma subito pronti ad approvare una nuova legge che sbatta la porta in faccia a chi non ha altra alternativa nella propria vita se non sfidare la morte.

Barbari sono tutti quegli imprenditori mafiosi che hanno messo su un business delle migrazioni, che traggono profitto dall'emergenzialità, che vincono appalti truccati e si intascano i soldi che invece dovrebbero andare nei progetti d'accoglienza. Avete trasformato una condizione drammatica di vita in una fonte di profitti che si alimenta grazie al regime dei confini e alla guerra ai poveri.

C'è un dato che dovremmo tenere ben presente: la mobilità è una condizione centrale nella società contemporanea. Viviamo in un mondo globale dove tutti i luoghi sono interconnessi fra di loro; per questo viaggiano le merci e viaggiano anche gli esseri umani. Imporre confini e barriere vuol dire provare ad accumulare ricchezze da una parte e povertà dall'altra. Ed è sciocco pensare che una volta dentro saremo al sicuro perché il confine è un regime mobile a più livelli e si fa presto ad essere esclusi.

Non si tratta di estendere Triton o di tornare a Mare Nostrum. Tanto meno di giocare alla battaglia navale o di requisire i barconi. Bisogna aprire dei canali di libera circolazione ora e subito. Tutto il resto è solo propaganda o, peggio, favoreggiamento, collaborazione e progettazione delle stragi nel Mediterraneo.  


Fonte 

Vedi anche: Le Città Aperte

fonte: freeondarevolution.blogspot.it

le 13 famiglie che comandano il mondo



“Illuminati” o ”portatori di luce”. Appartengono a tredici delle più ricche famiglie del mondo e sono i personaggi che veramente controllano e comandano il mondo da dietro le quinte. Vengono, da molti, anche definiti la “Nobiltà Nera”.
La loro caratteristica principale è quella di essere nascosti agli occhi della popolazione mondiale. Il loro albero genealogico va indietro migliaia di anni, alcuni dicono che risale alla civiltà sumera/babilonese o addirittura che siano ibridi, figli di una razza extraterrestre, i rettiliani. Sono molto attenti a mantenere il loro legame di sangue di generazione in generazione senza interromperla. Il loro potere risiede nel controllo specie quello economico (gruppo Bilderberg ecc…),“il denaro crea potere” è la loro filosofia. Il loro controllo punta a possedere tutte le banche internazionali, il settore petrolifero e tutti i più potenti settori industriali e commerciali. Sono infiltrati nella politica e nella maggior parte dei governi e degli organi statali e parastatali. Inoltre negli organi internazionali primo fra tutti l’ONU e poi il Fondo Monetario Internazionale. Ma qual è l’obiettivo degli Illuminati? Creare un Nuovo Ordine Mondiale (NWO) con un governo mondiale, una banca centrale mondiale, un esercito globale e tutta una rete di controllo totale sulle masse. A capo ovviamente loro stessi, per sottomettere il mondo ad una nuova schiavitù, non fisica, ma “spirituale” ed affermare il loro credo, quello di Lucifero. Questo progetto va avanti, secondo alcuni, da millenni ma ebbe un’incremento nella prima metà del 1700 con l’incontro tra il “Gruppo dei Savi di Sion” e Mayer Amschel Rothschild, l’abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale. L’incontro portò alla creazione di un manifesto: “I Protocolli dei Savi di Sion”. Suddiviso in 24 paragrafi, viene descritto come soggiogare e dominare il mondo con l’aiuto del sistema economico. Rothschild successivamente aiutò e finanziò l’ebreo Adam Weishaupt, un ex prete gesuita, che a Francoforte creò il famigerato gruppo segreto dal nome “Gli Illuminati di Baviera”. Weishaupt prendendo spunto dai “ Protocolli dei Savi di Sion” elaborò verso il 1770 “Il Nuovo Testamento di Satana” un piano che porterà una piccola minoranza di persone al controllo globale. La sua strategia si basava sulla soppressione dei governi nazionali e alla concentrazione di tutti i poteri sotto unici organi da loro controllati.


Loro hanno un piano ben preciso che portano avanti a piccoli passi, proprio per non destare alcun sospetto. Creare la divisione delle masse, è un passo fondamentale, in politica, nell’economia, negli aspetti sociali, con la religione, l’invenzione di razze ed etnie ecc… Scatenare conflitti tra stati, così da destabilizzare l’opinione pubblica sui governi, l’economia e incutere timore e mancanza di sicurezza nella popolazione. Corrompere con denaro facile, vantaggi e sesso, quindi rendere ricattabili i politici o chi ha una posizione di spicco all’interno di uno stato o di un’organo statale. Scegliere il futuro capo di stato tra quelli che sono servili e sottomessi incondizionatamente. Avere il controllo delle scuole: dalla scuola infantile all’Università per fare in modo che i giovani talenti siano indirizzati ad una cultura internazionale e diventino inconsciamente parte del complotto. Indottrinando la popolazione su come si può o non può vivere, su quali sono le regole da rispettare, gli usi e i costumi ecc… Infiltrarsi in ogni decisione importante (meglio a lungo termine) dei governi degli stati più potenti del mondo. Facendo coincidere queste decisioni con il progetto finale. Controllare la stampa e l’informazione in generale, creando false notizie, false emozioni, paura ed instabilità. Abituare le masse a vivere sulle apparenze ed a soddisfare solo il loro piacere ed il materialismo così da portare la società alla depravazione, stadio in cui l’uomo non ha più fede in nulla. Arrivare a creare un tale stato di degrado, di confusione e quindi di spossatezza, che le masse avrebbero dovuto reagire cercando un protettore o un benefattore al quale sottomettersi spontaneamente. Uno dei loro obbiettivi è cippare la popolazione così da manipolare il loro pensiero ed il loro comportamento, oltre che rendere molto facile la loro identificazione e localizzazione. Tutto questo con la scusante della sicurezza personale.

Nel 1871 il piano di Weishaupt viene ulteriormente confermato e completato da un suo seguace americano, il gran maestro, Albert Pike che elaborò un documento per l’istituzione di un Nuovo Ordine Mondiale (NWO) attraverso tre Guerre Mondiali. Lui sosteneva che attraverso questi tre conflitti la popolazione mondiale, stanca della violenza e della sofferenza, avrebbe richiesto spontaneamente protezione e pace e la creazione di organi mondiali che controllassero ciò. Dopo la Seconda Guerra Mondiale venne fatto il primo passo in questa direzione con la formazione dell’ONU. Per Pike, la Prima Guerra Mondiale doveva portare gli Illuminati, che già avevano il controllo di alcuni Stati Europei e stavano conquistando attraverso le loro trame gli Stati Uniti di America, ad avere anche la guida della Russia. Quest’ultima sarebbe poi servita alla divisione del mondo in due blocchi. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe dovuta partire dalla Germania (cosa che accadde), manipolando le diverse opinioni tra i nazionalisti tedeschi e i sionisti politicamente impegnati. Inoltre avrebbe portato la Russia ad estendere la sua zona di influenza e reso possibile la costituzione dello Stato di Israele in Palestina. La Terza Guerra Mondiale sarà basata sulle divergenze di opinioni che gli Illuminati avranno creato tra i Sionisti e gli Arabi (occidente cristiano contro l’Islam cosa che si sta avverando e anche velocemente), programmando l’estensione del conflitto a livello mondiale.
Ovviamente non potevano pensare di conseguire i loro obiettivi da soli, avevano ed hanno bisogno di una “struttura operativa”, composta da organizzazioni o persone che esercitando del potere ed operino più o meno consapevolmente nella stessa direzione. La loro strategia ha fatto leva su 2 capisaldi: la forza del denaro, loro hanno costituito e controllano il sistema bancario internazionale; la disponibilità di persone fidate, ottenuta attraverso il controllo delle società segrete (logge massoniche). Gli Illuminati e chi con loro controlla queste società, sono pressoché Satanisti e praticano la magia nera e sacrifici umani. Il loro Dio è Lucifero e attraverso pratiche e riti occulti manipolano e influenzano le masse. Molti asseriscono che è anche da questa scienza di tipo occulto che gli Illuminati hanno sviluppato la teoria sul controllo mentale delle masse. Poco tempo fa sono emersi anche i nomi delle suddette famiglie:

ASTOR
BUNDY
COLLINS
DUPONT
FREEMAN
KENNEDY
LI
ONASSIS
ROCKFELLER
ROTHSCHILD
RUSSELL
VAN DUYN
MEROVINGI

Fonte: OltreVerso

fonte: terrarealtime.blogspot.it

21/04/15

basilica di Santa Caterina d'Alessandria


PROSPETTO


AFFRESCHI DEL CHIOSTRO


INTERNO

uno dei più insigni monumenti dell'arte romanica e gotica in Puglia, è un edificio del centro storico di Galatina.

Storia

La basilica fu realizzata tra il 1369 e il 1391, per volontà di Raimondello Orsini del Balzo. Questi, in uno dei suoi numerosi viaggi, di ritorno dalle crociate, si spinse sino alla sommità del Monte Sinai per rendere omaggio al corpo di santa Caterina; secondo la leggenda, nel ripartire, baciò la mano della santa, strappandole il dito con i denti. Tornato in Italia portò con sé la reliquia che, incastonata in un reliquiario d'argento, tuttora si conserva nel tesoro della chiesa. L'edificio, alla morte di Raimondello avvenuta nel 1405, sarà completato dalla moglie, la principessa Maria d'Enghien, e poi dal figlio, Giovanni Antonio Orsini Del Balzo.

L'edificio fu costruito su una preesistente chiesa bizantina di rito greco risalente al IX-X secolo le cui tracce sono ben visibili nel muro esterno della navata destra in cui è stata inglobata, forse per risparmiare materiale edilizio, l'abside.

Descrizione

Prospetto

Il prospetto si presenta con tre cuspidi, sottolineate da archetti ciechi trilobati. Il portale maggiore ha il protiro sorretto da due colonne poggianti su leoni stilofori, mentre sull'architrave reca un bassorilievo raffigurante Cristo tra i dodici Apostoli. Interessante è la decorazione delle tre fasce concentriche del portale e del rosone, finemente intagliato a raggiera. La parte superiore della facciata centrale, rientrante rispetto alla parte inferiore, presenta tre acroteri: una croce al centro, san Francesco d'Assisi, a destra, e san Paolo Apostolo, a sinistra.

Interno

L'interno è diviso in tre navate da pareti in cui si aprono archi a sesto acuto, con basse navatelle laterali voltate a botte. La navate centrale è divisa in tre campate coperte da volte a crociera costolonate e si separa dalle navate laterali per mezzo di deambulatori. I capitelli sono a soggetto floreale e con figure umane e animali. La parte absidale, nella quale si aprono grandi finestre, non fu costruita assieme alla chiesa ma venne aggiunta nella prima metà del Quattrocento su commissione di Giovanni Antonio Orsini, figlio di Raimondello, per rendere l'ambiente sia più luminoso, sia più bello architettonicamente, poiché, a detta dello stesso committente, l'edificio sembrava un corpo senza testa.

La decorazione pittorica riveste grande importanza artistica. L'interno fu completamente affrescato verso la fine del Trecento da maestranze locali. Questi affreschi non erano di elevata qualità e non furono molto apprezzati dalla committente, Maria d'Enghien, la quale decise di far completamente riaffrescare l'edificio (siamo nei primi decenni del Quattrocento) e quindi giunsero artisti da varie zone della penisola: maestranze di scuola giottesca e senese e un certo Franciscus De Arecio (Francesco d'Arezzo). Le influenze giottesche sono particolarmente visibili negli affreschi delle vele della seconda campata nelle quali sono raffigurati i sette sacramenti. Gli elementi di scuola senese sono riscontrabili in alcuni affreschi dell'ambulacro sinistro: per esempio nella scena raffigurante l'Annunciazione si possono notare i colli dei personaggi un po' allungati, elemento caratteristico delle pitture senesi di quel periodo. L'unico affresco recante la firma "Franciscus De Arecio" è ubicato nell'ambulacro destro e riporta un'immagine di sant'Antonio Abate; assieme al nome dell'artista viene riportata la data 'MCDXXXV'. Tracce delle prime pitture sono visibili in vari punti dell'edificio dove si sono distaccati gli affreschi più recenti e quindi risulta particolarmente visibile il primo strato. Per la vastità dei cicli pittorici, la basilica galatinese è seconda solo alla Basilica di San Francesco d'Assisi.

L'intero ciclo di affreschi si sviluppa da sinistra a destra, in senso rotatorio e si presenta sicuramente più interessante nella navata centrale. Lungo le pareti della prima campata e in controfacciata sono affrescate le Scene dell'Apocalisse, che costituiscono il ciclo più vasto di tutta la chiesa. Esse introducono la narrazione nelle vele della prima campata, evocando i temi più importanti e le principali allegorie dell'Apocalisse di Giovanni. Nella seconda campata sono affrescate le Storie della Genesi, sulle due pareti laterali, e nella volta, i Sette Sacramenti. Nella terza, sono rappresentate le Gerarchie Angeliche nella volta, mentre le Storie della Vita di Cristo, sulle pareti. A santa Caterina d'Alessandria e alla sua vita è dedicato, sulle pareti del presbiterio, un ciclo di diciassette affreschi, mentre nella volta sono affrescati gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa. Nel coro, che non rappresenta nessun tipo di decorazione ad eccezione di una serie di stemmi gentilizi, s'innalza il cenotafio di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, mentre quello di Raimondello è ubicato sul lato sinistro dell'altare maggiore, nel presbiterio. Sia il ciclo pittorico della navata centrale che le Storie della Vergine nella navata destra furono commissionati da Maria d'Enghien e pertanto sono databili fra il 1416 e il 1443, anno di morte della principessa.

Attiguo alla chiesa è il Convento Cateriniano, completamente ricostruito tra il XVI e il XVII secolo in sostituzione del Monastero Orsiniano quattrocentesco. Il convento presenta un chiostro quadrangolare interamente affrescato nel 1696 da fra' Giuseppe da Gravina di Puglia.

Solo dopo alterne vicende esso è ritornato ad esser custodito dai frati francescani: con l'esproprio dei beni ecclesiastici, (incamerati dal demanio pubblico) verso la fine degli anni sessanta del XIX secolo in base alle cosiddette leggi eversive (legge n° 3036 del 7 luglio 1866 e legge n° 3848 del 15 agosto 1867) il convento fu destinato ad uso carcerario, successivamente vi trovò posto anche una stazione dei carabinieri. Negli anni sessanta dello scorso secolo una parte dell'edificio fu destinata ai francescani, mentre nelle altre ale rimanevano i carcerati e i militari. Solo in secondo tempo il convento venne completamente restituito ai frati.

La chiesa di Santa Caterina, già classificata Monumento nazionale di I categoria nel 1870 (relazione Cavoti-Castromediano del 1871), fu elevata alla dignità di Basilica minore nel 1992.

fonte: Wikipedia

LECTIO MAGISTRALIS DI PHILIPPE DAVERIO

PPP - 3 -


GRAMSCI VISTO DA PASOLINI


Le ceneri di Gramsci

di Pier Paolo Pasolini




Non è di maggio questa impura aria
che il buio giardino straniero
fa ancora più buio, o l'abbaglia

con cieche schiarite... questo cielo
di bave sopra gli attici giallini
che in semicerchi immensi fanno velo

alle curve del Tevere, ai turchini
monti del Lazio... Spande una mortale
pace, disamorata come i nostri destini,

tra le vecchie muraglie l'autunnale
maggio. In esso c'è il grigiore del mondo,
la fine del decennio in cui ci appare

tra le macerie finito il profondo
e ingenuo sforzo di rifare la vita;
il silenzio, fradicio e infecondo...

Tu giovane, in quel maggio in cui l'errore
era ancora vita, in quel maggio italiano
che alla vita aggiungeva almeno ardore,

quanto meno sventato e impuramente
sano
dei nostri padri - non padre, ma umile
fratello - già con la tua magra mano

delineavi l'ideale che illumina

(ma non per noi: tu morto, e noi
morti ugualmente, con te, nell'umido

giardino) questo silenzio. Non puoi,
lo vedi?, che riposare in questo sito
estraneo, ancora confinato. Noia

patrizia ti è intorno. E, sbiadito,
solo ti giunge qualche colpo d'incudine
dalle officine di Testaccio, sopito

nel vespro: tra misere tettoie, nudi
mucchi di latta, ferrivecchi, dove
cantando vizioso un garzone già chiude

la sua giornata, mentre intorno spiove.


II


Tra i due mondi, la tregua, in cui non
siamo.
Scelte, dedizioni... altro suono non hanno
ormai che questo del giardino gramo

e nobile, in cui caparbio l'inganno
che attutiva la vita resta nella morte.
Nei cerchi dei sarcofaghi non fanno

che mostrare la superstite sorte
di gente laica le laiche iscrizioni
in queste grigie pietre, corte

e imponenti. Ancora di passioni
sfrenate senza scandalo son arse
le ossa dei miliardari di nazioni

più grandi; ronzano, quasi mai
scomparse,
le ironie dei principi, dei pederasti,
i cui corpi sono nell'urne sparse

inceneriti e non ancora casti.
Qui il silenzio della morte è fede
di un civile silenzio di uomini rimasti

uomini, di un tedio che nel tedio
del Parco, discreto muta: e la città
che, indifferente, lo confina in mezzo

a tuguri e a chiese, empia nella pietà,
vi perde il suo splendore. La sua terra
grassa di ortiche e di legumi dà

questi magri cipressi, questa nera
umidità che chiazza i muri intorno
a smotti ghirigori di bosso, che la sera

rasserenando spegne in disadorni
sentori d'alga... quest'erbetta stenta
e inodora, dove violetta si sprofonda

l'atmosfera, con un brivido di menta,
o fieno marcio, e quieta vi prelude
con diurna malinconia, la spenta

trepidazione della notte. Rude
di clima, dolcissimo di storia, è
tra questi muri il suolo in cui trasuda

altro suolo; questo umido che
ricorda altro umido; e risuonano
- familiari da latitudini e

orizzonti dove inglesi selve coronano
laghi spersi nel cielo, tra praterie
verdi come fosforici biliardi o come

smeraldi: "And O ye Fountains..." - le pie
invocazioni...

III


Uno straccetto rosso, come quello
arrotolato al collo ai partigiani
e, presso l'urna, sul terreno cereo,

diversamente rossi, due gerani.
Lì tu stai, bandito e con dura eleganza
non cattolica, elencato tra estranei

morti: Le ceneri di Gramsci... Tra
speranza
e vecchia sfiducia, ti accosto, capitato
per caso in questa magra serra, innanzi

alla tua tomba, al tuo spirito restato
quaggiù tra questi liberi. (O è qualcosa
di diverso, forse, di più estasiato

e anche di più umile, ebbra simbiosi
d'adolescente di sesso con morte...)
E, da questo paese in cui non ebbe posa

la tua tensione, sento quale torto
- qui nella quiete delle tombe - e insieme
quale ragione - nell'inquieta sorte

nostra - tu avessi stilando le supreme
pagine nei giorni del tuo assassinio.
Ecco qui ad attestare il seme

non ancora disperso dell'antico dominio,
questi morti attaccati a un possesso
che affonda nei secoli il suo abominio

e la sua grandezza: e insieme, ossesso,
quel vibrare d'incudini, in sordina,
soffocato e accorante - dal dimesso

rione - ad attestarne la fine.
Ed ecco qui me stesso... povero, vestito
dei panni che i poveri adocchiano in
vetrine

dal rozzo splendore, e che ha smarrito
la sporcizia delle più sperdute strade,
delle panche dei tram, da cui stranito

è il mio giorno: mentre sempre più rade
ho di queste vacanze, nel tormento
del mantenermi in vita; e se mi accade

di amare il mondo non è che per violento
e ingenuo amore sensuale
così come, confuso adolescente, un tempo

l'odiai, se in esso mi feriva il male
borghese di me borghese: e ora, scisso
- con te - il mondo, oggetto non appare

di rancore e quasi di mistico
disprezzo, la parte che ne ha il potere?
Eppure senza il tuo rigore, sussisto

perché non scelgo. Vivo nel non volere
del tramontato dopoguerra: amando
il mondo che odio - nella sua miseria

sprezzante e perso - per un oscuro
scandalo
della coscienza...



IV


Lo scandalo del contraddirmi,
dell'essere
con te e contro te; con te nel core,
in luce, contro te nelle buie viscere;

del mio paterno stato traditore
- nel pensiero, in un'ombra di azione -
mi so ad esso attaccato nel calore

degli istinti, dell'estetica passione;
attratto da una vita proletaria
a te anteriore, è per me religione

la sua allegria, non la millenaria
sua lotta: la sua natura, non la sua
coscienza: è la forza originaria

dell'uomo, che nell'atto s'è perduta,
a darle l'ebbrezza della nostalgia,
una luce poetica: ed altro più

io non so dirne, che non sia
giusto ma non sincero, astratto
amore, non accorante simpatia...

Come i poveri povero, mi attacco
come loro a umilianti speranze,
come loro per vivere mi batto

ogni giorno. Ma nella desolante
mia condizione di diseredato,
io possiedo: ed è il più esaltante

dei possessi borghesi, lo stato
più assoluto. Ma come io possiedo la
storia,
essa mi possiede; ne sono illuminato:

ma a che serve la luce?



V


Non dico l'individuo, il fenomeno
dell'ardore sensuale e sentimentale...
altri vizi esso ha, altro è il nome

e la fatalità del suo peccare...
Ma in esso impastati quali comuni,
prenatali vizi, e quale

oggettivo peccato! Non sono immuni
gli interni e esterni atti, che lo fanno
incarnato alla vita, da nessuna

delle religioni che nella vita stanno,
ipoteca di morte, istituite
a ingannare la luce, a dar luce
all'inganno.
Destinate a esser seppellite
le sue spoglie al Verano, è cattolica
la sua lotta con esse: gesuitiche

le manie con cui dispone il cuore;
e ancor più dentro: ha bibliche astuzie
la sua coscienza... e ironico ardore

liberale... e rozza luce, tra i disgusti
di dandy provinciale, di provinciale
salute... Fino alle infime minuzie

in cui sfumano, nel fondo animale,
Autorità e Anarchia... Ben protetto
dall'impura virtù e dall'ebbro peccare,

difendendo una ingenuità di ossesso,
e con quale coscienza!, vive l'io: io,
vivo, eludendo la vita, con nel petto

il senso di una vita che sia oblio
accorante, violento... Ah come
capisco, muto nel fradicio brusio

del vento, qui dov'è muta Roma,
tra i cipressi stancamente sconvolti,
presso te, l'anima il cui graffito suona

Shelley... Come capisco il vortice
dei sentimenti, il capriccio (greco
nel cuore del patrizio, nordico

villeggiante) che lo inghiottì nel cieco
celeste del Tirreno; la carnale
gioia dell'avventura, estetica

e puerile: mentre prostrata l'Italia
come dentro il ventre di un'enorme
cicala, spalanca bianchi litorali,

sparsi nel Lazio di velate torme
di pini, barocchi, di giallognole
radure di ruchetta, dove dorme

col membro gonfio tra gli stracci un
sogno
goethiano, il giovincello ciociaro...
Nella Maremma, scuri, di stupende fogne

d'erbasaetta in cui si stampa chiaro
il nocciolo, pei viottoli che il buttero
della sua gioventù ricolma ignaro.

Ciecamente fragranti nelle asciutte
curve della Versilia, che sul mare
aggrovigliato, cieco, i tersi stucchi,

le tarsie lievi della sua pasquale
campagna interamente umana,
espone, incupita sul Cinquale,

dipanata sotto le torride Apuane,
i blu vitrei sul rosa... Di scogli,
frane, sconvolti, come per un panico

di fragranza, nella Riviera, molle,
erta, dove il sole lotta con la brezza
a dar suprema soavità agli olii

del mare... E intorno ronza di lietezza
lo sterminato strumento a percussione
del sesso e della luce: così avvezza

ne è l'Italia che non ne trema, come
morta nella sua vita: gridano caldi
da centinaia di porti il nome

del compagno i giovinetti madidi
nel bruno della faccia, tra la gente
rivierasca, presso orti di cardi,

in luride spiaggette...

Mi chiederai tu, morto disadorno,
d'abbandonare questa disperata
passione di essere nel mondo?

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it