29/04/17

PPP - 23 -

Chaucer / Pasolini e il messaggio dei Canterbury Tales: il significato ‘nascosto’. 


Ho raccontato queste storie solamente per il piacere di raccontarle. Il piacere di raccontare storie implica un giocare con ciò che si narra, e questo giocare implica una certa libertà riguardo alla materia. Questa libertà di fronte alla materia richiede che la ricostruzione di Chaucer sia di fantasia, e che non debba essere usata come pretesto per la ricostruzione di un periodo storico. La storia in questo film è strettamente di fantasia. Perciò devo dimenticare Chaucer per poter fare il film come un mio gioco di fantasia, un mio gioco personale come autore”.
 Con queste parole Pasolini definì il suo lavoro cinematografico sui Racconti di Canterbury, con il quale vinse l’Orso d’Oro a Berlino nel 1972. Queste stesse parole alla luce del libro ‘Who murdered Chaucer?’ appaiono sotto una luce ben diversa e più complicata. E quella libertà riguardo alla materia di cui parla Pasolini, definendo il suo film come ‘strettamente di fantasia’ lascia il posto a una ricostruzione di significati sorprendente. Come spesso accade leggendo Pasolini, si ha l’impressione che lui sapesse molto di più di quello che diceva e non potendolo esporre chiaramente, lo spiegasse con la fantasia e l’intuizione profonda del poeta e dell’intellettuale. Intuizione e sensibilità che certo aveva, ma che a mio avviso non possono spiegare del tutto certe coincidenze come quelle che mi accingo a raccontare.
I ventinove pellegrini che il poeta Chaucer immagina di incontrare alla Tabard Inn di Southwark sono uno specchio fedele della società Inglese della fine del XIV secolo. I rappresentanti di tutte le classi sociali, eccettuate la nobiltà e il proletariato contadino, si ritrovano attorno ad una stessa tavola prima di partire per visitare la tomba di Thomas Becket a Canterbury. ICanterbury Tales, oltre ad essere l’affresco multiforme e fedele di un mondo a cavallo di due epoche, sono anche un repertorio esaustivo delle forme narrative più disparate: dal racconto comico e dalla farsa salace del fabliau fino al romanzo cortese (rovesciato, a sua volta, nella parodia di se stesso) e poi il lai bretone, l’exemplum, l’apologo, la favola animalesca, le leggende dei santi e, infine, l’omelia sui peccati capitali del Racconto del parroco. Pasolini sceglie la narrazione sapida e immediata dei fabliaux e l’ambientazione popolare che li contraddistingue. Ritaglia un “suo” Chaucer, escludendo quanto non contribuisca al recupero della ‘corporalità popolare’.  In realtà Pasolini, apparentemente contraddicendo quanto lui stesso afferma sul suo film, non prescinde da quelle che sono le caratteristiche peculiari di Chaucer, e dei Canterbury Tales, dell’epoca e del contesto socio-culturale cui appartengono.
“Chaucer si colloca a cavallo fra due epoche. Ha qualcosa di medievale, di gotico: la metafisica della morte. Ma spesso si ha l’impressione di leggere un autore come Shakespeare o Rabelais o Cervantes. È un realista, ma è anche un moralista e un pedante, e inoltre mostra straordinarie intuizioni. Ha ancora un piede nel Medioevo, ma non è uno del popolo, anche se raccoglie i suoi racconti dal patrimonio popolare. In sostanza, è già un borghese. Guarda già alla rivoluzione protestante e perfino alla rivoluzione liberale, nella misura in cui i due fenomeni si combineranno in Cromwell. Ma mentre Boccaccio, che era pure un borghese, aveva la coscienza tranquilla, con Chaucer si avverte già una sensazione sgradevole, una coscienza turbata e infelice. Chaucer presagisce tutte le vittorie, tutti i trionfi della borghesia, ma ne presente anche il marciume. È un moralista, ma dotato anche del senso dell’ironia.”

Per capire lo sguardo di Pasolini su Chaucer, bisogna partire dalla fine, dal 1400, anno in cui si dice che Chaucer sia morto.
Sarebbe più giusto dire che, improvvisamente, nel 1400 Geoffry Chaucer, il padre della letteratura e della lingua inglese, scompare da tutti i documenti e cronache del tempo. Noi, ad oggi, non sappiamo come morì, dove morì e quando morì. Le cronache del tempo non ne parlano. Non c’è alcuna notizia sul suo funerale, sulla sua sepoltura. Chaucer non lasciò testamento. Insomma, le fonti dell’epoca, sulla sua ‘sparizione’ improvvisa mantennero un totale silenzio. E per quanto sembri incredibile nessuno si è mai chiesto, nei secoli, cosa realmente fosse successo al poeta.  Chaucer era un uomo famoso del suo tempo, e non fu solamente un letterato: fu un giudice di pace, un membro della House of Commons, sovraintendente alle acque del Tamigi presso la parte meridionale del porto di Londra, controllore delle gabelle sulle lane e sui pellami e vice-intendente forestale di North Pethenton Park, Somersetshire. Tra il 1389 e il 1391, svolse anche l'incarico di sovraintendente alle costruzioni reali nella regione. Fu anche diplomatico e spia di Edoardo III e del figlio Riccardo II. La sorella della moglie aveva sposato Giovanni di Gand, duca di Lancaster. Chaucer, oggi è considerato il padre della lingua inglese, al pari del nostro Dante che probabilmente conobbe. Sparì improvvisamente e nessuna cronaca del tempo ne parlò. Alcuni studiosi hanno formulato l’ipotesi che, in effetti, Chaucer ai suoi tempi fosse letto e conosciuto solo in una piccola e ristretta cerchia della società inglese, quella aristocratica che gravitava attorno alla corte di Riccardo II. Ciò sembrava avvalorato dal fatto che nelle biblioteche personali di aristocratici e soprattutto borghesi inglesi del tempo, non fossero state trovate moltissime copie dei lavori di Chaucer. Ma, anche in questo caso, non si è tenuto conto che molto del materiale potrebbe essere stato disperso se non distrutto, come vedremo più avanti. E’ un fatto che ai suoi tempi Geoffrey Chaucer fosse un personaggio pubblico importante e conosciuto, per questo appare così strano che la sua morte, all’epoca, non sia stata menzionata in nessun documento. I suoi biografi del ventesimo secolo lo descrivono come un uomo vecchio e di salute instabile. Ma queste sono tutte speculazioni, senza prove documentali certe, basate solo sul fatto che all’epoca della sua sparizione Chaucer aveva 59 o 60 anni. Ma anche a quei tempi, se si aveva la fortuna di superare indenni i primi 40 anni di vita senza incappare in malattie o morti violente per mano altrui, si aveva la possibilità di vivere comunque a lungo. Dunque l’età di per sé non vuol dire nulla. Chaucer fu un poeta e un intellettuale della corte di Riccardo II, il re che prese nelle sue mani il potere effettivo nel 1389, poco dopo la sanguinosa repressione della rivolta dei ’contadini’. Il perno della politica di Riccardo II fu la ‘pace’, soprattutto la pace con la Francia. La sua politica di ‘pace’ rappresentò una novità eclatante della politica inglese, un vero e proprio shock culturale per gran parte dell’aristocrazia inglese del tempo che aveva fondato la proprio fortuna e il proprio potere proprio sulla guerra, in particolare sulla guerra contro la Francia. Riccardo II era stato educato in un ambiente intellettuale particolare che si rifaceva a Dante, e agli scritti dei più grandi teorici politici del tempo quali Marsilio da Padova, che fu rettore dell’Università di Parigi dal 1312 al 1313. Lo stesso Chaucer condivideva questo nuovo pensiero politico, religioso e sociale che considerava la guerra propria dei tiranni.
Riccardo II volle trasformare la cultura di ‘guerra’ della corte inglese, in una cultura di ‘pace’. Volle cambiare l’intero indirizzo politico della cultura inglese del tempo. E il concetto di pace non aveva solo una ragione idealistica, ma anche economica. Anni di guerra contro la Francia avevano svuotato i forzieri della corona e riempito quelli dei grandi nobili. Dunque la corona aveva perso potere economico e politico rispetto alla nobiltà. Il concetto di ‘pace’ che Riccardo II promulgava, era un discorso finemente politico. E questa politica della ‘pace’ la ritroviamo all’epoca presso tutte le corti più importanti d’Europa, uno ‘spirito del tempo’, avrebbe detto il Manzoni, supportato dagli intellettuali di corte più illuminati, che proprio nelle corti avevano alla fine sostituito i menestrelli. Accanto ai monarchi ora c’erano gli intellettuali, poeti e filosofi, non più i menestrelli. I monarchi incoraggiano e finanziano intellettuali, poeti e filosofi, è il tempo di Petrarca, di Dante. Queste corti illuminate d’Europa favoriscono una letteratura, una poesia e una filosofia scritta in volgare, scritta in una lingua che definiremmo oggi, nazionale, a dispetto del latino. Ma questa scelta non è presa, come penseremmo oggi, per favorire un concetto di nazione. Al contrario, la scelta del volgare è vissuta all’epoca come un’apertura verso il mondo. Il latino, ricordiamo, è la lingua per eccellenza della Chiesa. La monarchia, il potere temporale, che sceglie la lingua vernacolare, sceglie la differenziazione. In questa visione politica il monarca diviene per l’intellettuale del tempo un simbolo pregnante. Nel prologo di The Legend of Good Women, Chaucer descrive The God of Loverichiamando chiaramente la persona di Riccardo II: Riccardo II ha i capelli d’oro e il suo simbolo è il SOLE, la sua corona è il SOLE e il sole nello stemma dei Plantageneti è simboleggiato a sua volta dalla ROSA. Quando nel 1389 Riccardo II arriva al potere ha 14 anni. E’ un re molto giovane, ma ha alle sue spalle una corte di intellettuali molto importante nella quale è cresciuto, e di questa corte fa appunto parte Chaucer. La corte reale ai tempi di Riccardo II viveva il fermento culturale e politico diffuso in tutte le corti europee. Il fermento era anche religioso, e non avrebbe potuto essere diversamente visto che all’epoca politica e religione erano intrinsecamente unite. La religione era Roma, era Roma e il potere papale che sempre pendeva, come una spada di Damocle sul potere temporale, sulla sua legittimazione. Ma proprio in quegli anni la chiesa di Roma vive una profonda crisi politica e morale. I papi sono chiusi nella loro fortezza-esilio di Avignone, e sotto accusa era la profonda corruzione di quella Chiesa. In Inghilterra, nel periodo di Riccardo II e di Chaucer, apparve un grande riformatore: Jhon Wyclif. Il riformatore denunciò la corruzione della Chiesa, e soprattutto rivendicò ai fedeli il diritto di leggere la Bibbia e sentire la messa nella propria lingua madre; di più, mise in dubbio la presenza reale di cristo nell’eucarestia. Anticipò temi che poi ritroveremo in campo riformatore ben due secoli dopo. E la corte di Riccardo II, i suoi intellettuali di riferimento tra cui Chaucer sembrarono appoggiare o comunque proteggere Jhon Wyclif e le sue idee. Questa politica si scontrò con fatti molto concreti. Si scontrò con una nobiltà inglese che aveva spostato molti dei suoi figli cadetti sulla carriera ecclesiastica, con una nobiltà dunque che aveva fatto della Chiesa un suo personale feudo. Combattere la corruzione della Chiesa significava concretamente attentare ai soldi della Chiesa, ai soldi e al potere di questa parte della nobiltà inglese che era di per sé autonoma nei confronti del monarca. Questa politica di ‘pace’ di Riccardo II che in realtà mirava a rafforzare la figura del monarca di fronte al potere temporale e spirituale della chiesa di Roma, si scontrò dunque con i forti interessi di gran parte della nobiltà inglese. E fu proprio un arcivescovo che si diede da fare per organizzare un colpo di stato e buttare giù dal trono Riccardo II e tutta la sua corte. Fu l’Arcivescovo di Canterbury, Thomas Arundel, a complottare contro Riccardo II e detronizzarlo mettendo al suo posto sul trono nel 1399 Enrico IV della famiglia dei Lancaster e ponendo fine, con la morte di Riccardo II alla dinastia dei Plantageneti. E’ in questo periodo che Chaucer lavora alla sua opera più significativa i Canterbury Tales. Chaucer lavora alla sua più grande e importante opera proprio quando finisce un’epoca, proprio quando si sfalda tutto un mondo politico, intellettuale, filosofico e poetico che lui stesso aveva rappresentato alla corte di Riccardo II. Chaucer entra nel mirino del nuovo re ma soprattutto nel mirino dell’Arcivescovo Thomas Arundel capo indiscusso della chiesa inglese e il vero Potere dietro il trono. E’ ormai un intellettuale scomodo e sorvegliato. Il clima culturale, politico e religioso inglese durante il regno di Enrico IV con capo della chiesa Thomas Arundel diventa soffocante, conservatore, fisso in un cattolicesimo ortodosso e romano che non lascia spazio a una lettura della Bibbia in inglese, che rimette al primo posto la lingua latina davanti al vernacolare, e che taccia di eresia chi non crede nel miracolo dell’eucarestia, accendendo i primi roghi. Poeti, filosofi, intellettuali, tutti fiutano il cambiamento d’aria e di regime e molti si adeguano purgando le loro opere e rendendole più prudenti, e gradite al nuovo potere. Appaiono i poemi adulatori del nuovo re, in latino. Chaucer invece scriverà un poema ironicamente adulatorio nei confronti del nuovo re, in inglese. Un’ironia che scadeva quasi nel ridicolo, rendendo il poema per certi versi sovversivo, definendo il nuovo re un conquistatore di Albione, quando ben si sapeva che Enrico IV doveva il trono all’arcivescovo Arundel. Chaucer definiva il nuovo re tale per conquista, per genealogia e libere elezioni. Ma, in realtà, nulla di tutto ciò era avvenuto. Enrico IV non apparteneva alla dinastia dei Plantageneti come Riccardo II, non aveva conquistato il potere da sé, e la House of Commons non aveva ratificato la sua presa di potere. I versi di Chaucer sembravano davvero una presa in giro e una denuncia. Pochi mesi prima della sua sparizione o presunta morte, Chaucer si ritirò a vivere presso l’abazia di Westminster, che era stata LA chiesa speciale di Riccardo II. Proprio attorno all’abazia di Westminster si concentrava tutta l’opposizione al nuovo re Enrico IV. In questo torno di tempo Chaucer mette a punto i Canterbury Tales. Secondo gli studi più recenti il poeta inizia a scrivere le prime novelle già nel 1388, ma nel 1400 anno della sua scomparsa l’opera è ancora incompiuta. Chaucer dunque deve avere rimaneggiato più volte l’opera tanto che non si sa esattamente l’ordine dei racconti. Ce ne sono pervenuti 24, e nel prologo il poeta scrive di centoventi storie. Una copia originale manoscritta completa dei Canterbury Tales non è giunta fino a noi, e gli autori del libro ‘Who murdered Chaucer’, considerando la temperie politica e religiosa degli ultimi anni che precedettero la scomparsa misteriosa e improvvisa del poeta, avanzano l’ipotesi che l’opera sia stata rimaneggiata e censurata proprio da chi riteneva Chaucer pericoloso. Avanzano l’ipotesi che Chaucer stesso sia incorso in una brutta fine a causa del suo impegno letterario, del suo passato come intellettuale alla corte di Riccardo II del quale, probabilmente, restò un sostenitore fino alla fine, contro il potere ritenuto illegittimo del nuovo re Enrico IV. Geoffrey Chaucer dunque sarebbe stato fatto sparire dai suoi avversari politici, e forse la sua grande opera, per la quale è considerato il padre della letteratura e della lingua inglese fu rimaneggiata e censurata da chi lo uccise.
Ora, ritornando alla versione cinematografica dei Canterbury Tales di Pasolini, è impressionante riguardarla tenendo conto di queste ultime ‘ipotesi’ sulla vita o meglio sulla morte di Chaucer. Nel film Pasolini stesso interpreta il poeta, un poeta ormai solo, scollegato dai suoi stessi personaggi che si prendono gioco di lui e lo dileggiano anche. Questa interpretazione del poeta inglese che sembrava una scelta di fantasia da parte di Pasolini, è invece molto aderente alla realtà degli ultimi tempi della vita del poeta inglese che si trovò probabilmente isolato, in pericolo di vita e la cui opera forse fu rimaneggiata. Pasolini si dimostra un fine conoscitore dell’epoca e del personaggio, e interpretandolo si identifica con esso. Chaucer si trova ad essere alla fine un intellettuale scomodo e in pericolo di vita, contro un Potere che oggi definiremmo ‘fascista’, un Potere nel quale Chiesa e Stato costituiscono un eccezionale sodalizio di repressione culturale e politica. Ripensiamo all’Italia politica e culturale dei giorni pasoliniani, ripensiamo al clima culturale e politico di quei giorni. Solo tre anni dopo il film Pasolini morirà in un modo atroce e il suo, credo ormai si possa ben definire un omicidio di stato.
Come sempre Pasolini dice, racconta, spiega per chi ha occhi per vedere.
Per finire, per gli amanti della simbologia e non solo, dal 1455 al 1485 sarà combattuta in Inghilterra la sanguinosa guerra delle due rose tra i Lancaster e gli York. Nello stemma dei Plantageneti e di Riccardo II che ne fu l’ultimo rappresentante oltre alla ROSA vi era anche un cervo bianco incatenato alla corona. Gli stemmi del suo usurpatore, Enrico IV, saranno la ROSA ROSSA e il cigno bianco incatenato alla corona reale.

fonte: http://larapavanetto.blogspot.it/

28/04/17

vaccini: i conflitti di interessi in Italia




di Gianni Lannes

Il più pulito ha la rogna. Ecco chi sono quelli che vorrebbero massacrare di vaccini i bambini, inclusa l'Aifa che ha elargito denaro pubblico alla Glaxo, come ho scoperto e rilevato tempo fa. Il caso più eclatante, comunque, è quello di Gualtiero Walter Ricciardi, a capo dell’Istituto Superiore di Sanità.   



Proprio il Ricciardi è ordinario di igiene e medicina preventive presso l’università Cattolica di Roma, nonché direttore dell’Osservatorio Italiano sulla salute nelle Regioni Italiane, e anche presidente dell’Istituto superiore di Sanità dopo esserne stato commissario. Nel Progetto “Prevenzione Italia, I report di prevenzione vaccinale”, datato 18 giugno 2015 e prodotto dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, da lui diretto, la on line compare privo di copertina


nella versione integrale invece (Report Prevenzione Vaccinale_19 06 2015_Ricciardi), risulta sponsorizzato da 4 aziende produttrici di vaccini: Crucell, GSK, Pfizer, Sanofi Pasteur MSD. Il professor Ricciardi ha ricoperto l'incarico di membro dell’European Steering Group sulla sostenibilità dei sistemi sanitari ed è stato relatore del Libro Bianco europeo, iniziativa finanziata dalla casa farmaceutica AbbVie, e l'incarico di responsabile scientifico del Primo Libro Bianco sull’Health Technology Assessment in Italia e del progetto ViHTA (Valore in Health Technology Assessment), iniziative finanziate da GlaxoSmithKline. Già da commissario il professor Ricciardi, al di fuori delle competenze richieste al ruolo di commissario, ha avanzato la proposta di creare all'interno dell'ISS un Centro nazionale per l’Health Technology Assessment, i cui obiettivi sembrano coincidere con quelli di GlaxoSmithKline nel programma ViHTA.

Ce n’è abbastanza per farlo dimettere fulmineamente e chiedergli il conto, ma il governo Gentiloni nicchia e non risponde agli atti parlamentari, come il suo predecessore Matteo Renzi (un altro chesproloquia sui vaccini a tutto spiano). Infatti, all’interrogazione numero 4/04966 del 15 dicembre 2015, il ministro non laureato Beatrice Lorenzin (quella che ha confuso i virus con i batteri) non si degna ancora di fornire una risposta.

Il piano nazionale vaccini è stato elaborato con una fretta ingiustificabile, da un comitato formato da soggetti in palese conflitto di interessi. Questa è l’attuale fotografia di un’azione in cui il Governo sta sperperando 620 milioni di euro annui di denaro pubblico, il doppio rispetto gli anni precedenti.
Tra gli altri figurava il presidente AIFA, Sergio Pecorelli, sospeso recentemente proprio per essere stato scoperto in affari con le lobbiesfarmaceutiche. Non solo. Scoviamo ancora il presidente dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), Walter Ricciardi, che dirige anche l’osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane. Accanto a questi “istituzionali” ci sono anche i rappresentanti delle Società Scientifiche: la FIMMG, federazione italiana medici di medicina generale; la FIMP, Federazione Italiana Medici Pediatri; la SIP, società italiana di pediatria; la SitI, società Italiana igiene medicina preventiva  e sanità pubblica. Basti pensare per esempio che Paolo Bonanni della SitI, uno dei collaboratori al piano vaccini, ha avuto finanziamenti dalle case farmaceutiche (Sanofi Pasteur, MSD, GlaxoSmithKline e Novartis) per tutti gli studi da lui pubblicati nel 2015, come dettagliato dalle riviste scientifiche stesse.
  

La famigerata Glaxo, è cosa acclarata dalla Cassazione, in passato aveva elargito al ministro della sanità Francesco De Lorenzo ben 600 milioni d lire, per rendere obbligatorio (legge 165/1991) un vaccino per l'infanzia contro l'epatite B.

 riferimenti:















25/04/17

smascherati i vaccini di regime




di Gianni Lannes

 Sia chiaro: con la salute dei bambini non si scherza e non si fanno affari. «Solo in casi specifici, quali ad esempio alcuni stati di deficit immunitario, il medico può sconsigliare un intervento vaccinale. Il consiglio di non vaccinarsi nelle restanti condizioni, in particolare se fornito al pubblico con qualsiasi mezzo, costituisce infrazione deontologica» (8 luglio 2016: documento FNOMCeO). «Negli asili nido deve esserci chiarezza, basta con alchimisti e stregoni, i nostri asili devono avere i bambini vaccinati. Basta propaganda, coi vaccini non si scherza» (13 Ottobre 2016, Matteo Renzi). «Occorre contrastare con decisione gravi involuzioni, come accade, per esempio, quando vengono messe in discussione, sulla base di sconsiderate affermazioni prive di fondamento, vaccinazioni essenziali per estirpare malattie pericolose e per evitare il ritorno di altre, debellate negli anni passati» (24 Ottobre 2016, Sergio Mattarella).  
 Secondo l’Istituto Superiore di Sanità «nel 2016, da gennaio a dicembre, ci sono stati 844 casi e 238 soltanto nel gennaio 2017». Ripetono in coro a reti unificate politicanti, camici bianchi e pennivendoli: “il morbillo è tornato per colpa di chi non si vaccina”. Comunque, nessun deceduto. Sempre in Italia, ogni giorno, mille persone ricevono una diagnosi di tumore maligno e si calcola che 485 persone al dì muoiano di cancro (la stima è al ribasso, appartiene alle sole regioni dotate di registro tumori nel 2013). Sempre al 2013 si riferiscono gli 11.124 morti per leucemie e linfomi. Già, nel Paese che per diversi mesi all’anno, da anni, supera il limite delle polveri sottili e del benzene nessuna-amministrazione-nessuna ha mai promosso la circolazione di veicoli elettrici. Forse vogliamo mettere a confronto gli 844 malati di morbillo (vivi) con gli 11.124 morti di leucemie e linfomi? Vogliamo ammettere l’esistenza del danno post vaccinazione e pretendere studi comparativi?  




Il grido di allarme lanciato dalle istituzioni e dalle più alte cariche dello Stato - compreso il ministro della salute Lorenzin (non laureata) che ha confuso i virus con i batteri - ha destato allarme sociale e confusione di massa nella popolazione. Si tratta di un grave reato penale.  Dati ufficiali alla mano: prima degli anni Novanta, ogni lustro il morbillo si presentava a ondate epidemiche, e così tutti diventavano protetti entro una decina d’anni. L’87-89 per cento dei bambini è vaccinato contro il morbillo ma della durata della protezione degli adulti non si sa nulla. Più della metà di chi ha contratto la malattia di recente ha dai 15 ai 40 anni. Dei pochi casi analizzati in gennaio, un 12 per cento era stato vaccinato una o più volte, di un altro 7 per cento non si sa niente. Da precedenti studi è noto che circa il 5 per cento di vaccinati non è immunizzato. La protezione data dalla malattia, invece, dura tutta la vita. Nessuna autorità medica o comunque istituzionale ha mai verificato quanta parte di popolazione sia effettivamente immunizzata, naturalmente o in seguito a vaccino, quindi non si conosce la percentuale dell’immunità di gregge da morbillo, a maggior ragione fra i ventenni-quarantenni che non hanno contratto la malattia.  



Da una tabella sull’incidenza del morbillo nei Paesi europei si evince che l’elevato numero di vaccinati non coincide con assenza o poca presenza di malattia. In ogni caso l'utilità dei vaccini non può essere stabilita da chi i vaccini li produce e ha interesse a trarne profitto, specie se la produzione è nelle mani di individui senza scrupoli, il cui scopo non è certo la tutela della salute umana o il bene comune.

Così, se, come affermano le autorità “le morti per morbillo e pertosse cominciano a farsi rivedere a causa del calo delle vaccinazioni”, è auspicabile che il nesso tra calo delle vaccinazioni e le morti per morbillo e pertosse, sia un fatto semplice da accertare e dimostrare. Infatti, è sufficiente l’ultima rilevazione sulla mortalità infantile, per constatare come le affermazioni del presidente della Repubblica, dell’ordine dei medici, di Renzi e della Lorenzin   siano assolutamente prive di qualsiasi fondamento. I fatti  relativi alla mortalità infantile per morbillo e pertosse, secondo il più accreditato istituto nazionale di statistica, attestano che:

«In Italia, dal 1887 al 2011, il tasso di mortalità sotto i 5 anni diminuisce progressivamente; nel 1895 la mortalità sotto i 5 anni in Italia è pari a 326 per mille nati vivi ed è dovuta nel 65% dei casi (212, in tutto) a malattie infettive;  nel gruppo residuale delle altre malattie infettive e respiratorie (14% della mortalità) si annoverano il morbillo (responsabile di circa il 3% dei decessi), la meningite (3%), la pertosse (2%), e la malaria (2%); negli anni successivi, fino al 1931, il tasso di mortalità si dimezza passando a 170 per 1.000 nati vivi.   Alcune malattie infettive, infatti, come vaiolo e difterite, arrivano quasi a scomparire, nel periodo in esame, altre (scarlattina, pertosse, morbillo e malaria) diminuiscono in maniera consistente (ma, del vaccino, in quel periodo non vi è ancora traccia)».

Questi riscontri statistici rivelano che morbillo e pertosse non sono mai stati un vero problema epidemiologico, per l’Italia, ma che essi erano naturalmente diminuiti, fin quasi a scomparire, già nel lontano 1931, ovvero diversi decenni prima che le vaccinazioni specifiche fossero introdotte dalle normative.
Inoltre, il più qualificato documento della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici - che preannuncia sanzioni disciplinari ai medici che sconsigliano le vaccinazioni - oltre a porsi in contrapposizione con il dettato dell’articolo 4 del Codice Deontologico Professionale (“L’esercizio della Medicina è fondato sulla libertà e sull’indipendenza della professione”), cita, a sostegno dell’utilità dei vaccini, opere di autorevoli e stimati scienziati   che, però hanno lavorato e costruito la propria carriera proprio sui vaccini. 

I vaccini sono “farmaci”: in greco la parola farmaco deriva dapharmakon, che significa “veleno”. Un dato allarmante riguarda proprio le malattie dovute all’abuso o all’uso non corretto dei farmaci (malattie iatrogene) che, secondo i dati della rivista dell’Ordine dei medici americano (Jama), rappresentano la terza di causa di mortalità negli Stati Uniti.   

D’altra parte, se i vaccini fossero sicuri e la loro somministrazione non comportasse rischi perché mai in Italia è in vigore la legge 210 del 1992, sui danni provocati dai vaccini? Perché mai l’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicherebbe, proprio alla sicurezza dei vaccini, un libro di oltre 200 pagine, intitolato “I basilari della sicurezza dei vaccini”? (WHO: Vaccine Safety Basics. 2013)? Perché gli Stati Uniti d’America si sarebbero dotati del cosiddetto “VAERS”, ossia il “Vaccine Adverse Event Reporting System”, ossia un sistema di registrazione degli eventi nocivi dei vaccini, nell’ambito di un programma nazionale di sorveglianza sulla sicurezza dei vaccini? Perché il VAERS si occupa della sorveglianza sulla sicurezza che si effettua dopo che il vaccino è stato immesso in commerci, ed è co-sponsorizzato,   dai Centers for Disease Control (CDC) e dalla Food & Drug Administration (FDA)? Perché mai esisterebbe il National Vaccine Injury Compensation Program (NVICP), ovvero il programma federale che prevede risarcimenti per tutti coloro che hanno subìto danni da vaccini, e l’obbligo da parte di chi somministra vaccini, nel caso delle vaccinazioni pediatriche, di informare accuratamente i genitori, riguardo al rapporto rischi/benefici delle vaccinazioni? Come mai se ora su “PubMed” (il motore di ricerca della US National Library of Medicine) digitiamo “vaccine toxicity” (tossicità dei vaccini), “Vaccine adverse effects” (effetti nocivi dei vaccini) o “vaccine side effects” (effetti collaterali dei vaccini), otteniamo, rispettivamente, oltre 5.113, oltre 31.031 e oltre 33.402 articoli scientifici (in costante e progressivo aumento!)? Ma cosa avranno mai rilevato così tanti scienziati, in numerose pubblicazioni sulla tossicità dei vaccini, se i vaccini secondo la vulgata corrente delle autorità sono “innocui” fanno solo bene e si possono anzi, si devono assumere per imposizione?


Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il mercato dei vaccini (nelle grinfie affaristiche di Novartis, Pfizer, Sanofi, Glaxo Smith Kline, Merck e Astra Zeneca) ammontava a 5 miliardi di dollari USA nel 2000 ed è passato a 24 miliardi nel 2013, mentre nel 2025 toccherà i 100 miliardi. Come si raggiunge il traguardo dei 100 miliardi di dollari, se non incentivando le pratiche di vaccinazione di massa, a tutti i livelli (sociale, sanitario, politico, amministrativo? A proposito: c’è una corrispondenza tra gli interessi di chi tutela (si fa per dire) la salute pubblica e quelli di chi produce farmaci e vaccini?La risposta si trova in un documento ufficiale del Parlamento Britannico: “L’influenza dell’industria farmaceutica”.   

riferimenti:














24/04/17

il quadrumvirato che finanziò l'ascesa di Mussolini


Con grande piacere ed interesse ospito questo prezioso contributo dell’amico Ugo Poletti, manager e tanghèro milanese con la passione per la storia. Buona lettura!
Il quadrumvirato italiano che aveva in mano le chiavi della sublime porta e che finanziò l’ascesa di Mussolini.
Introduzione
Siamo all’inizio del ‘900, l’Italia è un Regno fresco di nascita con una nuova classe dirigente determinata ad essere protagonista nelle sfide economiche e geopolitiche della Belle Epoque. Anche a quel tempo esiste una dicotomia tra l’approccio affaristico-imprenditoriale del nord (Milano, Genova e Venezia) che vuole approfittare delle opportunità commerciali offerte dai mercati emergenti del Mediterraneo, soprattutto a Oriente e nei turbolenti Balcani, e quello di Roma neo-capitale, dove i vertici politici e militari sgomitano per affermare il ruolo geopolitico dell’Italia e non perdere la gara coloniale con le altre potenze europee.
In questo contesto, un gruppo di quattro uomini d’affari lombardo-veneti, tra loro legati da vincoli di amicizia e collaborazione professionale, arriva a detenere un potere economico e politico tale da influire negli avvenimenti che sconvolgeranno l’Impero Ottomano: il colpo di Stato dei “Giovani Turchi”, la guerra di Libia, le due guerre balcaniche (con Serbia, Montenegro, Bulgaria, Albania, Grecia, Romania, da una parte, e l’Impero turco dall’altra), la Prima Guerra Mondiale e la conferenza di Versailles.
Dalla fine dell’800 fino alla Marcia su Roma, i rapporti economici, finanziari e governativi con l’Impero Ottomano e i nuovi Stati nati nei Balcani saranno dominati da questo quadrumvirato di affaristi e banchieri, tutti giovani partiti in cerca di fortuna lontano dai loro luoghi di nascita, che nei momenti di crisi internazionale, si riveleranno un tassello indispensabile della diplomazia del Regno d’Italia. Lo stesso Giolitti, presidente del Consiglio, dovrà ricorrere a loro per trovare una soluzione alla guerra italo-turca.
I protagonisti
protagonistiGiuseppe Volpi, Conte di Misurata (Venezia 1877 – Roma 1947), imprenditore e avventuriero, appena ventenne andò a vivere nell’Impero ottomano in cerca di fortuna. Realizzò iniziative economiche di successo nei Balcani grazie anche all’appoggio dell’appena nata Banca commerciale Italiana. Rientrato ricco a Venezia, lanciò diverse imprese per realizzare grandi opere nei mercati a Oriente, dove aveva una fitta rete di relazioni. Con il fascismo ebbe alti incarichi politici. Creò la mostra del cinema di Venezia.
Giuseppe Toeplitz (Varsavia 1866 – S. Ambrogio Olona 1938), ebreo polacco, venne a Genova nel 1890 per lavorare in banca, sotto il direttore Otto Joel, suo lontano cugino tedesco, che nel 1984 fondò a Milano la Banca Commerciale Italiana. Nel 1895 Toeplitz si traferì a Milano per fare una folgorante carriera nella nuova Banca, di cui divenne il capo nel 1915 fino al 1933. Strategica la sua direzione della filiale di Venezia, da cui dipendevano le operazioni di espansione verso Balcani e Medio Oriente.
Piero Foscari (Venezia 1865 – Venezia 1923), politico irredentista e dannunziano, membro di una blasonata famiglia di Dogi di Venezia, capofila degli ingenti patrimoni di alcune delle più antiche famiglie veneziane. Dopo 12 anni nella Regia Marina lasciò la carriera militare per amministrare il suo patrimonio e quello della ricca moglie sposata nel 1897. Nel 1899 iniziò la sua ascesa politica nel Comune di Venezia, dove si batté per il progetto del nuovo porto industriale di Marghera. Sostenne e finanziò l’impresa di Fiume.
Bernardino Nogara (Bellano 1870 – Milano 1958), dopo la laurea in Ingegneria industriale al Politecnico di Milano intraprese la carriera di ingegnere minerario in Italia, Inghilterra, Bulgaria e nell’Impero ottomano. L’incontro con Giuseppe Volpi, che lo mise a dirigere i suoi investimenti minerari in Oriente, fece svoltare la sua carriera. Fu il delegato del Governo italiano alla gestione del Debito Pubblico Ottomano e divenne il potentissimo amministratore unico dei fondi ricevuti dal Vaticano per i Patti Lateranensi.
L’Europa delle Belle Epoque
Dopo la guerra franco-prussiana del 1870, l’Europa conosce un insolitamente lungo periodo di pace fino al 1914, che sarà conosciuto come Belle Epoque. Questa epoca è caratterizzata da una tumultuosa espansione economica e tecnologica, accompagnata da una notevole aggressività commerciale, coloniale e bellica da parte di tutti gli Stati europei, a fronte di una grande instabilità politica nei Balcani.
Siamo al tempo dei grandi imperi plurinazionali (russo, austro-ungarico, tedesco, ottomano), che accolgono diverse etnie e religioni all’interno dei loro confini. Esistono in questa epoca vaste reti commerciali finanziarie sovranazionali, come quelle di ebrei e veneziani, che saranno poi sconvolte nel corso del 900.
In questo periodo a cavallo tra il XIX° e il XX° secolo alcuni dei settori di sviluppo più promettenti sono le miniere (carbone, acciaio, zinco, zolfo,..), le infrastrutture (porti e ferrovie) e la produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Siamo in un epoca in cui il carbone è più importante del petrolio, industria ancora agli albori. Le cannoniere delle grandi flotte hanno bisogno di acciaio e i loro motori vanno a carbone. All’epoca, interessarsi di miniere significava entrare nel mondo della finanza internazionale. Si trattava, non solo di ricoprire ruoli manageriali, ma anche di gestire partecipazioni azionarie e proprietà terriere. Un’attività che permetteva di acquisire una fitta rete di conoscenze finanziarie e professionali in diversi Paesi.
Infine, non si può trascurare il contesto culturale. Lo spirito dei tempi era quello del positivismo, delle scoperte scientifiche e tecnologiche e della rivoluzione dei traffici commerciali (treni e navi a vapore), che, unito alla possibilità di lauti guadagni, spingeva gli uomini più ardimentosi a conquistare nuovi mercati con uno spirito di avventura sorprendente, rispetto alle poche garanzie di sicurezza personale dell’epoca.
Quattro avventurieri lombardo-veneti alla conquista dei mercati orientali
Qui inizia la nostra storia. Negli anni tra il 1890 e il 1900 i giovani protagonisti della nostra storia affrontano la loro vita professionale con una notevole dose di spirito di avventura. Giuseppe Toeplitz viene da una ricca famiglia ebrea di Varsavia (allora sotto l’Impero Russo) e abbandona gli studi di ingegneria a Gand (Belgio) per sposarsi una contessa olandese. Per lei si converte al cattolicesimo e si trasferisce a Genova per iniziare una carriera di banchiere internazionale, accettando l’invito di un cugino banchiere: Otto Joel. Negli stessi anni Giuseppe Volpi abbandona gli studi di legge all’Università di Padova, per l’improvvisa morte del padre e parte per l’Impero Ottomano in cerca di fortuna. Piero Foscari, patrizio veneziano, sceglie la carriera di ufficiale nella Regia Marina, si diploma all’Accademia di Livorno e si imbarca per 12 anni, partecipando a imprese coloniali italiane nel Mar Rosso. Infine, Bernardino Nogara, laureato con pieni voti al Politecnico di Milano, inizia una carriera internazionale di ingegnere minerario, che lo porterà in Inghilterra, Bulgaria, Grecia e nell’Impero ottomano.
Gli anni di svolta sono tra il 1900 e il 1903. I quattro personaggi si incontrano. Toeplitz è ormai un importante direttore della Banca Commerciale Italiana, fondata a Milano da Otto Joel con capitali tedeschi, austriaci, svizzeri e francesi. Si tratta di una banca mista “alla tedesca”, cioè il suo business non è solo l’erogazione di prestiti bancari e la raccolta di depositi, ma soprattutto investimenti, gestione delle partecipazioni e speculazione in Borsa. In poche parole: sia banca commerciale che banca d’affari.
Con questo approccio manageriale, nel 1900 va a Venezia a dirigere la filiale locale, che per il Gruppo era la porta degli investimenti in Oriente. Qui conosce il nobile Foscari, figura politica e sociale di spicco, nonchè grande investitore, e Giuseppe Volpi, che ha fatto fortuna in Oriente ed è rientrato per lanciare da Venezia una sfilza di nuove avventure imprenditoriali rivolte a Est. Nogara non è con loro a Venezia, ma nel 1901 viene incaricato da Volpi di dirigere gli interessi minerari propri e dei suoi investitori veneziani a Salonicco.
Diviene membro ufficiale del gruppo quando nel 1903 sarà nominato Amministratore Delegato della Società Commerciale d’Oriente (Comor) a Istanbul, costituita da Volpi, ma con i fondi erogati da Toeplitz. Praticamente è la prima filiale estera della Banca Commerciale.
A questo punto la squadra è completa. Abbiamo una grande finanziatore con ampia delega della banca italiana costituita con fondi mitteleuropei, un grande investitore che indirizza gli impieghi di patrimoni dell’aristocrazia veneziana, uno stratega di grandi investimenti e progetti industriali, e un manager di fiducia che segue le imprese sul territorio.
Tra il 1901 e il 1907 la squadra mette a segno diverse operazioni:
-Costituzione della società per l’importazione in Italia di prodotti agricoli dall’Ungheria.
-Fondazione della casa d’importazione ed esportazione Giuseppe Volpi e C.
-Accordo con il Governo serbo per l’istituzione di una Agenzia commerciale serba in Italia.
-Costituzione a Salonicco della Società italiana per le miniere d’Oriente.
-Costituzione della “Regia cointeressata dei tabacchi del Montenegro”, che assicura al gruppo di investitori guidato da Volpi il monopolio dei tabacchi nel Regno del Montenegro.
-Costituzione della Società Commerciale d’Oriente (Comor) a Istanbul, prima filiale estera della BCI, di cui Nogara viene nominato Amministratore Delegato.
-Fondazione della SADE (Società Adriatica di Elettricità), per la produzione di energia elettrica.
-Fondazione della Compagnia di Antivari, che ottiene dal Governo montenegrino l’appalto per la costruzione di un porto franco nella città omonima e la costruzione della ferrovia Antivari-Vir Pazar.
-Fondazione a Salonicco della Società in accomandita G. Volpi, A. Corinaldi & C.
-Fondazione della Società commerciale d’Oriente (Comor) di Ginevra, per riorganizzare sotto una holding le filiali estere, tra cui la già esistente filiale di Istanbul che è quella più importante.
-Costituzione della Società commerciale, industriale e finanziaria (Comifin), totalmente controllata dalla Comor, finalizzata allo sviluppo della zona di Adalia in Anatolia.
-Lancio del progetto del nuovo porto industriale di Marghera a firma di Foscari e Volpi.
Ma dal 1908 l’attività del gruppo si complica, o si arricchisce, a causa di nuove turbolenze politiche nello scenario in cui opera. Prima, però, occorre parlare di un attore politico molto singolare: la massoneria.
I “Giovani Turchi” e la massoneria internazionale
La massoneria è una associazione segreta con finalità filosofiche e di divulgazione dei principi del progresso. Ha una ramificata rete di filiali internazionali, che hanno contribuito a collegare e a sostenere molti leader di rivoluzioni e cospirazioni europee. Dalla seconda metà dell’ottocento è riuscita a mettere a segno alcuni grandi successi nella lotta contro l’assolutismo monarchico e l’oscurantismo papale, considerati nemici del progresso. La spedizione di Garibaldi in Sicilia è stata supportata dalla massoneria inglese (non a caso la flotta inglese ha impedito che quella borbonica affondasse i due mercantili con a bordo i Mille). La caduta dei Borboni di Napoli ha tolto di mezzo un fastidioso rivale dell’Inghilterra dal Mediterraneo. Inoltre, l’unità d’Italia ha cancellato dalla mappa lo Stato Pontificio e tolto al Papa il suo potere temporale.
Adesso è l’ora dei Giovani Turchi, un gruppo di giovani ufficiali dell’esercito ottomano, riuniti in logge massoniche, che si sono dati un nome che riecheggia la “Giovine Italia” di Giuseppe Mazzini. Il movimento, inizialmente noto come Comitato dell’Unione e Progresso, sorge a Salonicco, la città intellettualmente più dinamica dell’impero Ottomano, e comprende prevalentemente giovani universitari e ufficiali dell’esercito, con lo scopo di modernizzare e occidentalizzare l’intera società ottomana, liberandola dai “Vecchi Turchi”. Dal 1905, su esempio dei moti rivoluzionari in Russia, il movimento decide di passare all’azione. Nell’estate del 1908, l’ala militare del gruppo, marcia con alcuni reparti militari su Istanbul, costringendo il sultano a concedere il ritorno alla Costituzione del 1876 e a cedere il governo del paese.
Salonicco ha in quegli anni una popolazione di circa 65mila ebrei, di cui la maggior parte di origine italiana. Proprio lì viene fondata da Emmanuel Carasso, avvocato ebreo sefardita di origine veneziana, la loggia massonica italiana “Macedonia Resurrecta”, il fulcro del movimento dei Giovani Turchi. Carasso sarà uno dei maggiori finanziatori della cospirazione e grande committente per l’esercito turco durante le successive guerre.
Anche Volpi è massone, e a Salonicco hanno sede alcune sue società minerarie e commerciali. I due stringono una forte relazione e durante il colpo di Stato del 1908 si trovano entrambi a Istanbul.
La guerra di Libia (29 settembre 1911)
Gli affari per il gruppo dei quattro non possono che andare a gonfie vele, date le buone entrature massoniche con la nuova dirigenza turca. Purtroppo, il Regno d’Italia vuole un “posto al sole” e finora ha collezionato  brutte figure come la bruciante sconfitta di Adua (Abissinia, 1896). Dopo lo schiaffo di Tunisi (città con 200.000 Italiani, scippata dalla Francia, che ha istituito un protettorato sulla Tunisia) decide di sbarcare a “Tripoli bel suol d’amore”. Scoppia la guerra italo-turca e Volpi non è certamente contento. Questo conflitto mette a rischio tutti gli investimenti del suo gruppo d’affari nell’Impero ottomano.
Dopo un anno di combattimenti l’impresa coloniale italiana in Libia è esposta al ridicolo. I bersaglieri sono abbarbicati sulle coste della Tripolitania e delle Cirenaica, ma non sono riusciti ad entrare in profondità. La colonia, favoleggiata come sbocco per il proletariato e i capitali italiani si sta rivelando uno scatolone di sabbia costoso dove il moderno Regio esercito non riesce a domare i ribelli. E l’Impero turco non accenna a voler negoziare alcuna pace, nonostante la flotta italiana abbia condotto uno sbarco a Rodi e nelle isole circostanti (il Dodecaneso) e abbia bombardato un quartiere di Beirut (una settantina di vittime civili).
Volpi, che può viaggiare liberamente a Istanbul, perché è console onorario della Serbia a Venezia e gode dell’immunità diplomatica, si propone al Presidente Giolitti come intermediario con i Turchi, per una pace che salvi la faccia a questi ultimi, e all’Italia impegnata nell’ennesima impresa coloniale fallimentare.
Il Trattato di Ouchy (18 ottobre 1912)
Nell’autunno del 1912 si apre la conferenza di Ouchy (quartiere di Losanna), a cui parteciperanno quattro plenipotenziari italiani: un politico e un ministro del governo Giolitti, Volpi e Nogara. Nessuno di questi ultimi due ha mai avuto fino a quel momento incarichi governativi o rapporti d’affari con Roma. Il loro ruolo cruciale svolto nei negoziati è la consacrazione dell’importanza che hanno assunto per l’Italia.
Nella delegazione turca è presente una vecchia conoscenza di Volpi: Emmanuel Carasso. Il Trattato di Ouchy è un successo diplomatico. I Turchi, che temono una imminente guerra nei Balcani rinunciano al sostegno militare e politico alle tribù libiche e alla sovranità su Cirenaica e Tripolitania, ricevendo in cambio dall’Italia un indennizzo pari alle entrate fiscali che ricevevano dalle ex-provincie per due anni.
Da quel momento Nogara diviene un consulente speciale del Governo Italiano per gli affari orientali. Per questo suo prezioso ruolo il Governo Italiano (formalmente la Camera di Commercio di Roma) lo nomina al Consiglio d’Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano, un consorzio di creditori internazionali nei confronti dell’Impero Ottomano, che dopo la guerra russo-turca del 1877-78 si trova troppo indebitata e ha perso il controllo delle proprie finanze. Fondata nel 1881, l’amministrazione del Debito Pubblico Ottomano (DPO) ha il potere di riscuotere pagamenti dovuti dall’Impero Ottomano a società di Stati europei. Il DPO ha una sua burocrazia indipendente dall’amministrazione ottomana, gestita da un Consiglio d’Amministrazione formato da 7 membri in rappresentanza dei detentori internazionali di titoli di Stato ottomani: 2 francesi, 1 tedesco, 1 austro-ungarico, 1 italiano, 1 ottomano e 1 per l’Inghilterra e l’Olanda.
Il DPO ha un esercito di 5.000 funzionari (saliranno fino a 9.000; più dell’intera amministrazione delle finanze ottomane) che riscuotono le tasse, e poi le girano ai creditori europei,  svolgendo un ruolo cruciale negli affari finanziari ottomani. E’ un intermediario indispensabile per tutte le società che vogliono investire nell’Impero Ottomano. Dal 1900 finanzia nuove ferrovie e altre infrastrutture. Tutti gli interessi finanziari e commerciali di stranieri non mussulmani sono garantiti dagli accordi del DPO. Con il collasso dell’impero dopo la prima guerra mondiale l’amministrazione del DPO viene smobilitata e la nuova Repubblica Turca accetta di rilevare il 65% del totale (dopo lunghissime trattative conclusesi solo nel 1958).
In questa posizione di forza Nogara, su richiesta del governo italiano, ottiene nel 1914 l’accordo delle autorità ottomane per concedere all’Italia lo sfruttamento del porto di Adalia e dell’area circostante. Ma scoppia la Prima Guerra Mondiale, che porta nell’agosto del 1915 alla reciproca dichiarazione di guerra.
La Prima Guerra Mondiale e la spedizione di Adalia
La frustrazione italiana per le promesse non mantenute delle Conferenza di Versailles, che nega all’Italia il possesso della Dalmazia, della città di Fiume e di una colonia in Africa, come previsto dal Trattato di Londra, spinge il governo a sbarcare in Adalia (Antalya) un porto dell’Anatolia, per consolidare una zona d’influenza che era stata negoziata con gli Ottomani prima dello scoppio della guerra. Sarà una scelta infelice.
Infatti, questo sbarco compromette i rapporti con la nuova dirigenza militare turca di Mustafa Kemal Pasha, che con una guerra lampo sconfigge e ricaccia i Greci sbarcati a Smirne, perché mette il Regno d’Italia nel novero delle potenze straniera ostile che hanno invaso i sacro suolo turco. Il noto Emmanuel Carasso, ultimo legame tra Volpi e la Turchia, viene esiliato da Kemal Pasha “Ataturk” nel 1923 e i suoi beni, accumulati grazie alle commesse gestite durante la guerra, confiscati.
Epilogo del quadrumvirato. Avvento del fascismo
La porta dell’Oriente si è chiusa. Il Medio Oriente è divenuto un mosaico di protettorati britannici (Palestina, Giordania, Iraq, Persia) e francesi (Siria, Libano). La Turchia di Kemal Pasha “Ataturk” si nazionalizza e chiude le porte ai Paesi occidentali, che hanno cercato di lottizzarla a fine guerra.
Ma nel 1922 accade qualcosa di molto importante in Italia: la Marcia su Roma e l’avvento del Fascismo. Il massone Volpi finanzia l’ascesa di Benito Mussolini (con la partecipazione dei soliti investitori veneziani). Non dimentichiamo che tutti e quattro i quadrumviri fascisti (Balbo, De Bono, Bianchi e De Vecchi) sono massoni e Italo Balbo è stato un giovane frequentatore degli ambienti irredentisti, fino a divenire una guardia del corpo di Cesare Battisti (di cui Mussolini era un redattore del suo giornale). Contemporaneamente, Toeplitz, su intercessione dell’amica Margherita Sarfatti, aiuta Mussolini con inserzioni pubblicitarie della Banca sul suo giornale “Il Popolo d’Italia” e qualche sovvenzione nascosta.
Volpi guadagnerà dal fascismo importanti incarichi istituzionali. Governatore della Libia, presidente di Confindustria, membro del Gran Consiglio del Fascismo (ma non sarà presente nella famigerata seduta dell’ordine Grandi). Nel 1938 diviene presidente delle Assicurazioni Generali al posto del dimissionario Edgardo Morpurgo, il quale, poiché ebreo, dovette cedere la guida dell’istituto assicurativo a causa delle leggi razziali. Padre fondatore della Mostra cinematografica di Venezia (per questo i premi al miglior attore/attrice si chiamano Coppe Volpi). Il Re gli conferirà il titolo di Conte di Misurata.
Nel 1929, il capolavoro diplomatico di Mussolini dei Patti Lateranensi rimette in gioco Nogara. Non è massone e viene da una famiglia così cattolica che ha pianto alla presa di Porta Pia. Con due fratelli Arcivescovi, i buoni uffici di Volpi e l’autorevolezza acquisita nell’esperienza del Debito Pubblico Ottomano, diviene l’amministratore unico dell’ingente fondo del Vaticano, costituito dal risarcimento fissato nei Patti dello Stato italiano al Vaticano. E nello stile degli anni passati, Nogara amministrerà per diversi anni questi fondi utilizzando come strumento tecnico e partner finanziario la Banca Commerciale Italiana dell’amico Giuseppe Toepliz, che lo ha nominato consigliere d’amministrazione nel 1925.
Solo Nogara e Volpi sopravvivranno alla Seconda Guerra Mondiale. Nel 1923 muore Foscari e nel 1938 Toeplitz. Nel 1933 ha dovuto cedere la guida della Banca Commerciale Italiana a Raffaele Mattioli, con il quale la banca viene nazionalizzata e diventa di proprietà dell’IRI.
Ugo Poletti
Cronologia
1890 Toeplitz si trasferisce a Genova, su invito del cugino tedesco Otto Joel per intraprendere la carriera bancaria; prima alla Banca Generale, e poi come direttore della filiale genovese della Banca Russa per il Commercio Estero.
1894 Nogara, appena laureato al Politecnico di Milano in Ingegneria industriale, intraprende la carriera di ingegnere minerario alle Cave del Predil a Brescia. Si reca poi nel Galles del Sud alle miniere di Aberystwyth.
1895 Toeplitz si trasferisce a Milano per essere assunto dalla Banca Commerciale Italiana (BCI) e nominato il mese successivo, procuratore della sede centrale di Milano.
1897 Volpi abbandona gli studi all’Università di Padova, a seguito dell’improvvisa morte del padre e viaggia per l’Impero Ottomano in cerca di successo economico. Foscari si sposa con Elisabetta Widmann Rezzonico, unica erede di una ricca famiglia e diviene procuratore delle sue proprietà in Carinzia. Lascia la Regia Marina e si dedica alla politica e alla gestione del proprio patrimonio e di quello di altre famiglie patrizie veneziane.
1899 Volpi costituisce una società per l’importazione in Italia di prodotti agricoli dall’Ungheria, mentre l’anno successivo fonda la casa d’importazione ed esportazione Giuseppe Volpi e C. e prende contatto con il Governo serbo per l’istituzione di una Agenzia commerciale serba in Italia.
1900 Toeplitz si reca in ottobre a Venezia per curare la sede della BCI proiettata verso i Balcani e il Medio Oriente. Qui conosce Volpi e Foscari.
1901 Volpi costituisce a Salonicco insieme ad alcuni soci veneziani (tra cui Piero Foscari e Amedeo Corinaldi) la Società italiana per le miniere d’Oriente per sfruttare le concessioni minerarie nell’Impero ottomano.
Nogara rientra in Italia a seguito del suo insuccesso in Galles. Nello stesso anno, grazie al sostegno dei cognati, gli sono affidate da Corinaldi e Volpi consulenze tecniche, in Sardegna e in Macedonia.
1902 Volpi e Corinaldi affidano a Nogara un incarico quinquennale per svolgere ricerche minerarie in Bulgaria e in Asia minore. Successivamente lo nominano direttore generale della società nata per lo sfruttamento dei bacini carboniferi di Eraclea in Anatolia e delle miniere di zinco a Mossul in Bulgaria.
1903 Foscari fonda il Sindacato italo-montenegrino per sostenere il progetto del porto di Antivari, per lo sfruttamento di alcuni giacimenti minerari e aree forestali in Montenegro.
Volpi costituisce la Regia cointeressata dei tabacchi del Montenegro, grazie all’appoggio finanziario della Banca commerciale, assicurandogli il monopolio dei tabacchi nel Montenegro. Nogara viene nominato Amministratore Delegato della Società Commerciale d’Oriente (Comor) a Costantinopoli, la prima filiale estera della BCI. Toeplitz, grazie ai successi ottenuti, viene richiamato a Milano alla fine dell’anno con il grado di Condirettore della BCI.
1904 Foscari lancia il progetto (scritto dal capitano Luciano Petit) per la fondazione del nuovo porto industriale di Marghera durante una conferenza all’Ateneo Veneto.
1905 Volpi fonda la SADE (Società Adriatica di Elettricità), acquisendo in tal modo una posizione di rilievo nel settore della produzione e della fornitura di energia elettrica.
Volpi fonda la Compagnia di Antivari, che ottiene dal Governo montenegrino l’appalto per la costruzione di un porto franco nella città omonima e la costruzione della ferrovia Antivari-Vir Pazar.
1907 Volpi fonda a Salonicco la Società in accomandita G. Volpi, A. Corinaldi & C., e a Ginevra la Società commerciale d’Oriente (Comor), di cui la già esistente filiale di Costantinopoli è la parte operativa. Toeplitz deve affrontare la riorganizzazione della BCI, indebolita da una crisi finanziaria internazionale che ha messo in difficoltà il modello di banca mista.
1908 Volpi si trova a Costantinopoli durante il colpo di Stato dei Giovani Turchi. Ha già buoni rapporti con il fratello massone Emmanuel Carasso, avvocato ebreo sefardita, un loro grande finanziatore e fondatore della loggia massonica italiana di Salonicco, che è il fulcro del movimento.
1911 (Guerra italo-turca). Le truppe italiane sbarcano a Tripoli e dopo un anno di combattimenti non riescono ad avanzare nell’interno delle provincie turche di Tripolitania e Cirenaica.
Volpi è console onorario della Serbia a Venezia e gode dell’immunità diplomatica. Quindi viaggia per Istanbul anche durante la guerra con l’Italia e offre a Giolitti di mediare la pace con i Turchi.
1912 Toeplitz diviene cittadino italiano. Volpi e Nogara sono membri della delegazione italiana a Ouchy su designazione del Presidente Giolitti per stipulare il trattato di pace (detto anche Trattato di Losanna) con l’Impero turco per finire la guerra in Libia. Della delegazione turca fa parte Emmanuel Carasso, amico di Volpi.
1913 Nogara entra, in qualità di delegato italiano, nel Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano su indicazione di Giolitti.
1914 Nogara negozia con l’impero Ottomano e la Gran Bretagna la concessione di una zona d’influenza italiana localizzata nella regione di Adalia (Antalya) per realizzare un porto ed una ferrovia. Nogara costituisce la Società commerciale, industriale e finanziaria (Comifin), totalmente controllata dalla Comor, finalizzata allo sviluppo della zona di Adalia, grazie ad un accordo della Comor con la compagnia ferroviaria inglese The Ottoman railway company.
1915 L’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria il 24 maggio
1915 e all’Impero Ottomano il 21 agosto. Otto Joel viene obbligato a lasciare il vertice della banca per le sue origini tedesche, incompatibili con la partecipazione italiana alla Prima Guerra Mondiale (Joel morirà nell’anno seguente). Viene  sostituito da Toeplitz e Pietro Fenoglio, che nel 1917 sono entrambi eletti amministratori delegati.
1917 Foscari, nominato sottosegretario alle Colonie, controfirma per il Governo la convenzione per la costruzione del nuovo porto di Venezia in regione di Marghera, insieme al Comune di Venezia e la Società Porto industriale di Venezia, presieduta da Volpi.
1919 Volpi e Nogara partecipano alla conferenza di Versailles come esperti turchi. Quest’ultimo è membro delle commissioni economiche e finanziarie create per redigere i testi dei trattati di pace con Austria, Ungheria, Bulgaria e, naturalmente, Turchia. D’Annunzio occupa Fiume con la collaborazione e la raccolta di fondi organizzata da Foscari. Il governo italiano sbarca con le sue truppe ad Adalia per far rispettare gli accordi del Patto di Londra per una zona di influenza italiana in Anatolia. Le truppe vengono poi evacuate nel 1922.
1922 Marcia su Roma. Mussolini ha tra i suoi grandi finanziatori Volpi e Toeplitz. Foscari delibera la fusione dell’Associazione nazionalista italiana con il Partito nazionale fascista.
Volpi diviene Governatore della Libia e aiuta Graziani a completare la conquista della colonia.
1923 Kemal Pasha “Ataturk” confisca i beni di Emmanuel Carasso e lo manda in esilio a Trieste.
1925 Nogara è a Berlino dove amministra il settore delle industrie nella Commissione interalleata per l’applicazione del piano Dawes sulle riparazioni tedesche di guerra. Nogara diviene consigliere della Banca Commerciale Italiana.
1929 Nogara viene delegato da Pio XI a dirigere l’Amministrazione Speciale della Santa Sede, per la gestione fondi versati dal Governo Italiano alla Santa Sede per i Patti Lateranensi.
1933 Toeplitz deve lasciare il comando della Banca Commerciale Italiana a Raffaele Mattioli, perché contrario alla sua nazionalizzazione attraverso l’IRI. Gli viene concessa la vicepresidenza.


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