31/01/19

i Walser di Riva Valdobbia


Riva Valdobbia, Rifu in Walser, è stato un comune italiano autonomo sino alla fusione con il vicino Alagna Valsesia avvenuta il 22 luglio del 2018. Oggi è una piccola frazione collocata in Val Grande, valle principale della Valsesia, tra Mollia ed Alagna. Ad ovest di Riva Valdobbia si apre la Val Vogna, valle laterale che collega Riva Valdobbia con Gressoney-Saint-Jean attraverso il colle di Valdobbia. La via del colle era frequentata da persone che andavano a lavorare all'estero, sopratutto in Francia. Le molte disgrazie che colpirono gli emigranti, di ritorno dai lavori estivi, spinsero alla costruzione di un rifugio, intitolato al canonico Nicolao Sottile. Il suono della campana collocata sulla facciata dell'edificio serviva ad indicare la via ai viandanti in difficoltà. Nella lingua locale “andare in obbia” significava andare incontro ai parenti di ritorno dai paesi esteri. Il borgo fu fondato da gruppi di coloni Walser provenienti da Gressoney-Saint-Jean. Addentriamoci nella storia di questo piccolo borgo dall'antica storia iniziando dalla conoscenza del popolo che lo fondò. I Walser, parola nata dalla contrazione del tedesco Walliser ovvero vallesano o abitante del cantone Vallese, sono una popolazione di origine germanica che abita le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa. 


I Walser appartengono al ceppo degli Alemanni, originariamente un'alleanza di tribù germaniche stanziate intono alla parte superiore del fiume Meno, e giunsero attorno al secolo VIII nell'alto Vallese, in Svizzera. Durante i secoli XII e XIII dei coloni Walser provenienti dal Vallese si stabilirono in diverse località dell'arco alpino italiano, francese, svizzero ed austriaco. L'emigrazione verso queste nuove terre avvenne, probabilmente, per una serie di cause concomitanti. La prima di queste ipotesi attiene alla sovrappopolazione delle terre dell'Alto Vallese che spinse i coloni alla ricerca di nuovi pascoli per il bestiame. Una seconda possibilità riguarda le condizioni climatiche favorevoli che resero possibile la sopravvivenza anche a quote elevate. I ghiacciai si ritirarono permettendo il transito su molti valichi alpini per buona parte dell'anno. L'ultima causa è quella relativa agli incentivi offerti ai coloni Walser da parte dei signori delle terre da colonizzare che favorirono la creazione di stabili insediamenti. Relativamente alla fondazione di un insediamento Walser, il più antico documento scritto risale al secolo XIII e riguarda la colonia di Bosco Gurin nel Canton Ticino. La frazione Peccia, di Riva Valdobbia, risulta già abitata nel 1325. 


Il nome Riva deriva dalla posizione del centro cittadino, posto alla confluenza tra il Sesia e la Vogna. Il termine Valdobbia, ripreso dal colle omonimo, deriverebbe dal detto locale “andare in obbia”, ovvero recarsi incontro ai parenti che tornavano dai lavori estivi effettuati in paesi esteri. Nel corso del tempo furono proposte altre ipotesi sulla derivazione del toponimo, tra cui quella che Valdobbia, per assonanza, derivasse da Val (che) Doppia, poiché permette l'accesso dalla Valsesia alla Valle del Lys. L'abate Gorret suppose che si trattava di Val Dubbia, poiché contesa tra i coloni delle comunità di Gressoney-Saint-Jean e della Valsesia. All'interno dell'abitato di Riva Valdobbia vi è un gioiello artistico, considerato Monumento nazionale: la parrocchiale dedicata all'arcangelo Michele. Questo edificio è molto interessante a livello artistico, sia per il grandioso affresco che ne ricopre la facciata, sia per le opere di arte sacra che sono conservate al suo interno. Un anno è scolpito nella memoria dell'edificio sacro: il 1640. Perché è importante quella data? Era il 1640 quando una piena del torrente Vogna portò con se buona parte della Parrocchiale di San Michele. 


Gli abitanti di Riva Valdobbia decisero di trasferire le funzioni nel più sicuro oratorio dedicato a Santa Maria. L'edificio sacro era da considerarsi cappella cimiteriale, e, forse, da questa funzione possiamo risalire al perché del maestoso affresco che adorna la facciata della chiesa. Se l'oratorio era la cappella di un cimitero, colui che affrescò la scena del Giudizio Universale aveva il compito di ammonire e forse spaventare le persone che si recavano al camposanto per far visita ai propri cari passati di là. Una seconda domanda che mi sono posto riguarda l'autore del magnifico affresco. Gli studiosi tendono attribuire la paternità degli affreschi a Melchiorre d'Enrico, fratello minore di Tanzio da Varallo. Se effettivamente la mano fosse quella di Melchiorre, gli affreschi aumenterebbero di fascino, poiché sarebbero stati dipinti da un ragazzo poco più che ventenne. Analizzando la storia della Parrocchiale e della famiglia d'Enrico, nella quale vi era una forte componente artistica, alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che fosse un secondo Melchiorre d'Enrico ad aver affrescato la famosa facciata ed non il più giovane, al quale si lascerebbe l'intervento al solo (bellissimo) San Cristoforo. 


Nasce ora il terzo quesito. Perché la mano dovrebbe essere quella del Melchiorre più anziano? La risposta la si trova nelle figure rappresentate nel Giudizio Universale. Sono di chiara impronta nordica, e dato che il Melchiorre più anziano aveva soggiornato per diverso tempo in Sassonia, gli studiosi hanno avanzato la teoria appena esposta. Vi è ancora una domanda cui ho trovato immediatamente risposta.Perché la chiesa è dotata di due campanili? Il primo (alto circa 34 metri) è riferibile al vecchio oratorio, e venne mantenuto malgrado i lavori di abbellimento e riedificazione della Parrocchiale. Grazie a questi lavori, nel 1661, venne edificata la seconda torre campanaria, molto slanciata rispetto alla precedente. Coloro che hanno ristrutturato l'edificio si sono spinti sino a circa 43 metri di altezza. La risposta, sulla presenza del doppio campanile, sarebbe facilmente rintracciabile nella volontà, ferrea e continuativa, degli abitanti di Riva Valdobbia di abbellire ciclicamente la loro chiesa. Terminato il secondo campanile, i lavori ripresero a partire dal 1735 per ampliare maggiormente la Parrocchiale e donargli quell'aspetto imponente che il Monte Rosa chiedeva. 


Pensavo di aver esaurito le domande, ma essendo ignorante ne sono giunte altre. Quando si è di fronte al giudizio universale sorge spontaneo chiedersi, ma perché San Cristoforo? Riva Valdobbia si trova in Valsesia, all'ombra del Monte Rosa. Nei secoli passati vi erano molti passaggi o passi che permettevano alle genti di spostarsi, proprio a ridosso della Grande Montagna. Montagna che era confine naturale, ancora prima che geografico, tra i diversi popoli. Chi era il santo protettore delle zone di confine? Lui, San Cristoforo. Appena risolto il dubbio un altro segue, ma perché è stato rappresentato smisurato rispetto agli altri personaggi? La figura del santo è davvero enorme rispetto all'affresco (già grande di suo) e tale grandezza era dovuta al fatto che il Santo si doveva scorgere da lontano, come un faro acceso nella notte buia di molti mari del Sud. L'interno della Parrocchiale riveste un grande interesse per la qualità e la quantità di opere d'arte conservate. Oltrepassata la soglia si entra in un particolare mondo sospeso tra il barocco ed il classicismo. 


Lo sguardo cade sulle numerose cappelle presenti e sulla quantità di opere che adornano le stesse. Vi è un motivo per tale ricchezza di arredi sacri. Nel corso del tempo molti oratori della valle Vogna sono stati spogliati dei loro patrimoni artistici con l'intento di trovargli riparo in questa maestosa chiesa posta, quasi, alla fine della strada della Valsesia. Oltre solo Alagna ed il Monte Rosa, splendido guardiano di tutta la valle.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

26/01/19

Illuminati: la famiglia McDonald

Quando si pensa al nome McDonald si pensa immediatamente alla catena di fast food degli hamburger famosa in tutto il mondo. La McDonald’s Corp. è da anni collegata  al satanismo.



Un libro che cerca di sfatare la credenza in una cospirazione satanica intitolato
Satana Wants You, infatti, riporto` il rumor che il proprietario di Mc Donald, Ray Kroc, finanziasse la chiesa di Satana.
(vedi Satan Wants You, pagina 140). Ray Kroc passo` del tempo con le élite del NWO ed era membro del Bohemian Grove. Non c’è dubbio che la McDonald’s Corp. ha un legame con gli Illuminati, perché il governo degli Stati Uniti ha dato, in base a una fonte, 40 milioni di dollari in denaro pubblico a McDonalds per aiutarli a costruire ristoranti in paesi stranieri (in realtà si trattava di una copertura). Nel 1991, il totale delle outlet di McDonald (ristoranti) nelle 3 più importanti nazioni europee: Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest era 959.
Nonostante i milioni di dollari che gli Stati Uniti hanno dato alla McDonalds Corp., i soldi non sembrano essere direttamente collegati alla famiglia McDonalds, perché la famiglia McDonalds
(Richard e Maurice McDonald conosciuti come “Dick” e “Mac”) che costruirono il ristorante nel 1937 furono acquistati da Ray Kroc intorno al 1954. Quando Ray Kroc compro` la McDonalds Brother questi ultimi possedevano un business di successo. Vivevano a San Bernadino e avevano circa 11 ristoranti. I fratelli guadagnavano circa $ 100.000
all’anno ed erano contenti. I McDonalds progettarono gli archi dorati, crearono il concetto di fast food e vendevano negozi franchising. Tuttavia, i McDonalds erano troppo soddisfatti. I McDonald non volevano espandersi, e quando Ray Kroc formò il sistema di McDonald’s. Inc. il 2 marzo 1955 dopo aver comprato i fratelli con denaro preso in prestito, lavoro` vigorosamente per
sviluppare McDonalds nel Francise internazionale che e` ai giorni nostri. Ray Kroc (nato 10/5/1902) a Oak Park. Chicago) ha vissuto frugalmente per molti anni concentrando ogni ora della sua vita nella costruzione del marchio McDonald. È stata la sua spinta a prendere una buona idea e a cambiarla da un successo a Hollywood e San
Bernadino ad un successo internazionale. Ray Kroc sapeva riconoscere una buona idea quando la vedeva e sviluppo` le buone idee degli altri in grandi successi.
James A. Collins, presidente di Collins Foods International, ora il più grande Kentucky Fried Chicken franchisee al mondo e gestore di Sizzler Restaurants ha parlato del suo tempo con i McDonalds nel 1952,
“Era come essere in una confraternita`, e ognuno di noi ha fatto parte di McDonald’s a San Bernadino copiandoli dopo che i “ragazzi” [i fratelli McDonald ci hanno fatto fare un tour. “” Abbiamo appreso tutte le nostre lezioni dai fratelli Mcdonald “, ricorda Collins, I McDonalds davano gratuitamente lezioni sulle loro tecniche ed esperienze, mentre Collins inizio` a ricevere $ 100 al giorno per addestrare persone riguardo i concetti che i McDonald avevano condiviso. Glen Bell che ha fondato Taco Bell,
patrocino` il ristorante principale dei McDonald’s a San Bernandino iniziando il suo business da idee di
McDonalds. Il primo anno Collins imitò McDonalds con il suo ristorante fast food, Collins e guadagno` circa 80.000 dollari. I fratelli McDonald entrarono a far parte dell’élite locale di San Bernadino, California, insieme a famiglie ricche come Guthrie, Stater e Harris. San Bernadino è un importante quartier generale per gli Illuminati e gli hub satanici perché ci sono così tante migliaia di praticanti di magia nera in zona. So da sopravvissuti degli Illuminati che la famiglia McDonald ha parte della loro gente negli Illuminati. Quanto indietro dobbiamo andare per scoprire le radici occulte dei McDonalds?
La famiglia McDonald era un clan scozzese che faceva parte del druidismo. Molti dei McDonald se ne sono andati per servire Cristo. Tuttavia, c’è ancora un grande e potente contingente della famiglia McDonald che è collegato a religioni misteriche e ha familiari che fanno parte degli Illuminati.
Ciascuno dei principali clan scozzesi aveva un’area della Scozia sotto il suo controllo. I McDonalds controllato le isole e le zone costiere sulla costa occidentale della Scozia. Quando i Cavalieri Templari
fuggirono dalla persecuzione, per scappare dalle varie flotte britanniche, navigarono in una rotta che li porto` alla Scozia occidentale. Durante il periodo di re Filippo IV di Francia, i McDonalds sono stati coinvolti nel trasporto dei Cavalieri Templari. I Cavalieri Templari avevano adottato pratiche gnostiche / sataniche
durante i secoli. L’Ordine si era anche trasformato nek sistema bancario d’Europa e grandi proprietari terrieri in Europa. Il re di Francia ha distorto il
In quanto il clan McDonald era ancora pagano privatamente. furono disposti ad aiutare i Cavalieri Templari a sfuggire al decreto del papa contro i Templari.
I Cavalieri Templari non erano gli unici banchieri internazionali ad essersi spostati verso nord. Più tardi, durante il 16 e il 17 ° secolo, le famiglie bancarie sataniche trasferirono le loro operazioni dall’Europa meridionale ad Anversa e poi ad Amsterdam. Molti dei Templari sostennero Bruce, il re di Scozia. Quando gli inglesi invasero la Scozia furono sconfitti da Bruce in una battaglia importante chiamata Bannockburn. La Scozia fu libera dall’Inghilterra per
i prossimi 289 anni. I Cavalieri Templari combatterono con Bruce nella battaglia sotto il comando di Angus Og McDonald, che era un grande proprietario terriero scozzese e un amico di Bruce. Angus Og
In precedenza, nel 1308, McDonald aveva dato protezione ai Cavalieri Templari.
I Cavalieri Templari portarono i loro tesori e le loro forze militari in Scozia e ai McDonalds. Molti dei Cavalieri Templari andarono all’Orkeney Is., Ma alcuni rimasero in Scozia e divennero
importanti nel mondo occulto. I discendenti di questi cavalieri stanno ancora sorvegliando alcuni importanti reliquie occulte, che potrebbero essere rivelate nei prossimi anni. La famiglia Sinclair ha fatto parte del
Priorato di Sion, Massoneria e Illuminati. Vice pres. della Sinclair Oil & Gas Co. a Tulsa nel ’59 -’61 fu Marshall McDonald, che era un massone attivo che si sposò con la famiglia Collins.
Si noti che le città di Tulsa, Wagoneer, Muskogee, Broken Arrow in Oklahoma sono totalmente controllate dagli Illuminati. L’atmosfera di queste piccole città a sud di Tulsa è stata descritta come opprimente
e incline alla violenza da parte di persone che ci hanno vissuto. Uno dei sistemi di logge istituito dagli Illuminati fu il club dei Giacobini (originariamente conosciuto come Club Breton). I suoi membri giacobini hanno ottenuto finanziamenti dagli Illuminati e fu un complice importante nella Rivoluzione Francese. I giacobini
hanno anche interpretato un ruolo nella storia degli Stati Uniti e della Rivoluzione americana. I Giacobini avevano un certo numero di aristocratici che erano anche satanisti come loro leader. Avevano una loggia a Roma. Uno dei giacobini scozzesi era Flora Macdonald. Ha salvato la vita al principe Charles Edward. Etienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald (sangue scozzese) era un massone 33 e anche un ufficiale che ha combatte dalla parte della rivoluzione francese. Raggiunse il grado di maresciallo nell’esercito francese. Nel 1805 divenne amministratore delegato della Grand Lodge Symbolique in
Francia.

ALCUNI IMPORTANTI MCDONALD:

Ramsay McDonald – Il primo ministro britannico nel corso degli anni 20 era a conoscenza di informazioni privilegiate ed era favorevole
a lavorare con la Russia comunista. Ramsey McDonald era un membro della Fabian Society che lavorava per un governo socialista del mondo unico.
Alexander McDonald (? -1910) – Pres. di Standard Oil of KT, bn. in Scozia, viveva a Clifton, OH
Alonzo Lowry McDonald- U.S Marine (’50 -’52), membro CFR, Illuminati, vissuto a Londra, Zurigo, e Parigi. Direttore del personale della Casa Bianca degli Stati Uniti 79-81
Angus Daniel McDonald (1878-1941) – Business delle ferrovie, Amministratore di Notre Dame, Cavaliere di Malta, membro Bohemian Club
David George McDonald – Ha fatto ricerche mediche e psicologiche segrete, comprese ricerche segrete per l’Unità di ricerca neuropsichiatrica di San Diego per la Marina degli Stati Uniti nel ’62 -63.
Donald S. McDonald – Comitato direttivo del Bilderberger (questo è il gruppo di uomini selezionati dagli Illuminati che in realtà gestisce i Bilderberger), ministro della Difesa canadese, Commissione trilaterale, Canada
Institute of International Affairs (l’equivalente del nostro CFR). e il direttore di quanto segue:
DuPont del Canada. le élite Shell Can Ltd., McDonald Douglas Corp., ecc.
Christopher W. MacDonald – membro del Bohemian Grove
Edmund B. MacDonald – membro del Bohemian Grove
Frank Bethume McDonald – scienziato della NASA coinvolto nell’invio della Pioneer 10 e 11 su Giove
George G. McDonald – membro del Bohemian Grove
Graeme L. MacDonald – membro del Bohemian Grove
Dr. Gordon McDonald – astrofisico che ha scritto che “le oscillazioni elettriche potenziate nell’atmosfera terrestre potrebbero essere utilizzate per danneggiare il cervello umano ..
Harold D. Macdonald – occultista di alto rango nella SRICF che è un ramo della SRIA, che ha dato il via a molti gruppi satanici kaballisti come l’OTO, la Golden Dawn, ecc
Ian Bruce McDonald – membro del Bohemian Grove
Prof. Dr. James E. McDonald – suicidato dalla CIA dopo aver scoperto il loro coinvolgimento con gli UFO, Il 7 giugno 67, McDonald si rivolse al gruppo per gli affari spaziali esterni dell’ONU in merito agli UFO. Perché questo scienziato molto informato si è suicidato?
Jeffry R. McDonald – Medico la cui famiglia fu assassinata dal culto satanico di Alinea
Sir John A. McDonald (1815 -1891) – Primo Ministro del Canada,
Massone, Cavaliere dell’Ordine di Bath, Cavaliere Templari e membro del Lafayette Royal Arch, di Wash. D.C.
John Bartholomew McDonald (1844-1911) – A causa delle connessioni del padre con il corrotto Tammany Hall a New York questo ingegnere e dirigente ferroviario è stato in grado di ottenere importanti lavori.
John ha costruito il sistema della metropolitana di New York e quando mori` l’elettricità venne tolta in tutto il sistema metropolitano. Ha costruito i tunnel Vanderbilt a nord della 42nd St. NY.
John Cecil McDonald (1924-) – 32 ° massone, Shriner, repubblicano nazionalista, alla corte degli Stati Uniti
John Garwin McDonald – Esecutivo nell’industria del petrolio
John Warlick McDonald, Jr. (1922-) – membro di llluminum,
vive ad Arlington, VA. era con la Corte Suprema degli Stati Uniti del 1951, era con il Governo Militare degli Stati Uniti.
Ha lavorato con la NATO, CENTO, CA, National War College, l’ONU, il Dipartimento di Stato, è andato a numerosi (quasi innumerevoli) conferenze delle Nazioni Unite per gli Stati Uniti. È membro del Cosmos Club e del Club di Roma.
Lovatt McDonald-Pres. di Draycott che ha lavorato con i massoni della P2 nel contrabbando di armi segrete
Linda McDonald – vittima della programmazione Monarch del Dr Ewen Cameron (Dr. White degli Illuminati)
Robert A. McDonald – membro del Bohemian Grove
W. Patrick McDonald – membro del Bohemian Grove
Walter Joseph McDonald – importante agente della CIA,
McDonalds è editore di libri occulti nel Regno Unito.

MCDONALDS CHE HANNO SCRITTO LIBRI OCCULTI e ALTRI TITOLI DEGNI DI NOTA.

Douglas R. MacDonald – The Scot’s Book of Lore and Folklore
George McDonald – Wise Woman & Other Fantasy Stories (parte di una serie sulle storie fantasy di George McDonald.)
John McDonald – The Magic Story Message of a Master
John Warlick McDonald, Jr .-The North-South Dialogue & the United Nations pub. dalla Georgetown Univ.
Michael MacDonald – Mystical Bedlam, publ. di Cambridge Univ.
Reby E. MacDonald – The Ghosts of Austwick Manor e A Contemporary Collection on Loan from the Rothschild Bank AG, Zurich
I McDonalds e i MacDonalds (e alcuni dei Donalds) discendono da Re Somerled.
Il re Somerled ha aiutato ad espellere i vichinghi (norseni) dalla Scozia. Il figlio del re Somerled fu Ranald e Ranald chiamo` suo figlio Donald. Il nipote divenne quindi Argus Mor McDonald (mac
significa “figlio di”) Il nipote di Argus sposò MacRorie e divenne Lord of the Isles. I McDonald erano i capi di quell’area. Le famiglie che cercavano la loro protezione talvolta prendevano il loro
nome Quindi non è inconcepibile che alcune delle linee di sangue dei Cavalieri Templari siano finite in un modo o l’altro col chiamarsi McDonald. Il potente McDonald of Glencoe visse a Glencoe fino al massacro del 1692 del governo inglese contro i simpatizzanti di Francis Stewart. Francis Stewart era il Gran Maestro delle congreghe di stregoneria in quella zona della Scozia. e i McDonald erano suoi sostenitori.
Oggi ci sono alcuni potenti Stewart (scritto anche Stuart) negli Illuminati, alcuni dei quali sono amici con i Rockefeller. Almeno uno Stewart si è sposato con un Rockefeller. Un altro Stewart ha
membri della famiglia che possiedono una serie di teatri in California che hanno tunnel segreti che conducono ad asili in modo che i bambini possano essere abusati e programmati. James C. Stewart, membro degli Illuminati, costruì la capitale dei Mormoni a Salt Lake City, la 60 Wall Tower a New York e il Savoy Hotel a Londra che gli Illuminati usano come sede della Pilgrim Society. James apparteneva
anche alla Pilgrim Society.
La famiglia scozzese Stewart, così come quella dei Cameron, dei Campbell, dei Douglas, degli Hamilton e dei Montgomery
erano originariamente potenti famiglie venute dalla regione delle Fiandre (ora Belgio e nord della Francia) che è oggi un punto di forza per gli Illuminati. Queste famiglie sono emigrate in Scozia
nel 12 ° secolo e facevano parte dei forti legami occulti tra la Scozia e l’area delle Fiandre.
(Oggi, le Fiandre sono divise tra la Francia settentrionale e il Belgio). Più tardi, le Fiandre divennero un centro bancario per i banchieri internazionali. Anche il mondo occulto ungherese si collega alla Scozia
con figure storiche così antiche come Saint Margaret (una nobile ungherese), il cui marito Malcolm Ceanmor ha ucciso nella vita reale Macbeth. Suo figlio David ha introdotto il feudalesimo in Scozia, e lei
stessa ha introdotto sacerdoti cattolici. Ci sono molti legami occulti tra la Scozia. Fiandre, Ungheria, e Roma. Parti della famiglia McDonald continuano a praticare il druidismo, che era la religione originale
prima dei cristiani. L’eredità McDonald risale ai Pitti e ai Gaelici. Alcuni dei McDonald sono diventati parte della gerarchia cattolica. Credo di sapere di cinque MacDonalds che sono diventati Air Marshall (rango superiore) nella RAF britannica. I nomi di questi Marescialli della RAF sono:
Somero Douglas McDonald, Thomas Conchar McDonald, Sir William McDonald, Air Commander John C. McDonald e il maggiore generale John Frederick Matheson McDonald.
Un certo numero di altri McDonald ha lavorato per agenzie di intelligence, David George McDonald, James Nlichael McDonald, Jr. ecc.
William McDonald era un medico che ha lavorato con FDR nel 1925.
Henry Ford ha anche passato del tempo con un medico di nome William McDonald. Un certo numero di McDonalds sono
Banchieri (o importanti nei mercati azionari) e nel tentativo di mantenere breve questo articolo, vi elenco solo
alcuni di loro: Andrew Jewett McDonald (Yale, USAF), Archibald MacDonald, Allen Colfax McDonald, Angus Daniel McDonald, John Garwin McDonald, William Henry McDonald e Witten McDonald. Archibald NiacDonald è direttore di Joseph Freeman, Sons & Co., Ltd.
Sir Peter George MacDonald è il direttore di Guardian Assurance Co.
Ltd. che ha anche collegamenti con la famiglia Freeman e il Priorato di Sion. C’è una lunga lista di McDonalds che hanno servito vari governi in tutto il mondo in posizioni di leadership.
William C. McDonald fu il primo governatore dello stato del New Mexico dal 1911 al 17. I massoni governavano lo stato in quel momento. Il poliziotto che ha trovato Lee Harvey Oswald dopo che JFK è stato colpito è stato un
McDonald. Questo poliziotto fu quindi incaricato di proteggere Marinna Oswald (la vedova di Lee Harvey Oswald). Questo poliziotto dei McDonald (che frequenta la chiesa cristiana di Oakridge) è apparso in televisione di recente, su Channel 32, in Top Cops alle 7:25 pm dove parlo` contro le teorie della cospirazione nell’assassinio di JFK. L’intero arresto di Oswald di M.N. McDonald è pieno di interrogativi. Jack Ruby era nello stesso teatro. Oswald ha provato a sparare a McDonald con una pistola scarica. Alcuni sconosciuti avevano informato McDonald che Oswald era nel teatro, e per qualche ragione la polizia aveva già deciso che Oswald era colpevole. Tuttavia La Commissione Warren disse che Oswald non era immediatamente uno dei sospetti. Questo è solo uno dei tanti luoghi in cui la famiglia McDonald si connette con la più grande cospirazione satanica. Jack Ruby è stato coinvolto con il
Carousel Club che era legato al Progetto Monarch. L’assassinio di JFK è stato effettuato attraverso Permindex, creato da Louis Mortimer Bloomfield, che ha lavorato per gli Illuminati nella SOE
(British Special Operations Executive) all’interno dell’intelligence dell’esercito americano. Ha lavorato per l’OSS e nel controspionaggio dell’FBI.
Il coinvolgimento della famiglia McDonald con l’occulto risale chiaramente al druidismo, e alla protezione e la leadership che hanno dato ai Cavalieri Templari. Oggi, alcuni dei McDonalds
sono baroni, alcuni sono banchieri e alcuni sono leader di intelligence e militari.

Fonte tratta dal sito .

fonte: http://wwwblogdicristian.blogspot.com/

15/01/19

i biologi: vaccini “sporchi”, con diserbanti e feti abortiti

Vaccini “sporchi”, con tracce di diserbante e Dna umano ricavato da feti abortiti. E vaccini anche inutili, cioè privi delle necessarie sostanze immunizzanti. E’ esplosiva la denuncia di Vincenzo D’Anna, presidente dell’ordine dei biologi, sulla scorta delle analisi effettuate su vaccini somministrati ai bambini italiani. Risultati-choc, quelli che D’Anna ha presentato in esclusiva a Franco Bechis, direttore del quotidiano “Il Tempo”. «In alcuni casi la prova scientifica ha dato l’esito che ci attenderebbe: vaccini prodotti a regola d’arte. In altri no». Per due di questi, aggiunge Bechis, gli esiti delle analisi biologico-genomiche sono stati «clamorosi e preoccupanti, perché i campioni prelevati da diversi lotti tutto sembravano meno che essere confezionati secondo le regole». In un caso, quello del vaccino da impiegare per morbillo, rosolia, parotite e varicella, «si è rilevata la totale assenza degli antigeni del virus della rosolia». Quegli stessi lotti sarebbero quindi stati utilizzati «per migliaia di vaccinazioni inutili». In assenza dell’antigene necessario, infatti, «chiunque sia stato vaccinato può prendersi la rosolia esattamente come non avesse mai visto un vaccino». Nel secondo referto di laboratorio, analisi e contro-analisi che riguardavano un altro vaccino multivalente (difterite, tetano, pertosse ed epatite B) è stata rilevata «la presenza di sostanze che non dovevano esserci (ad iniziare dal Dna umano)», sia pure in dosi microscopiche, eppure «potenzialmente dannose per la salute dell’uomo».
Pubblicati su riviste scientifiche internazionali, questi risultati – spiega lo stesso Bechis il 23 dicembre sul “Tempo” – porteranno a un esposto che verrà presentato all’Agenzia italiana del Farmaco, alla sua “madre” europea (l’Ema), ai Nas dei Vincenzo D'Anna, presidente dell'ordine dei biologicarabinieri e alle competenti procure della Repubblica. Tanto per cominciare, Vincenzo D’Anna non è ostile ai vaccini: «Come tutti i biologi – premette – credo nella utilità delle vaccinazioni, sono un pro-vax». E le analisi appena svolte non volevano controllare l’efficacia dei vaccini, ma soltanto verificare «la qualità della realizzazione dei prodotti messi in commercio». Ed e lì che sono arrivate le sorprese: le analisi «hanno rilevato decine di impurità in più lotti». Al momento, rivela D’Anna, «sono state individuate 43 sostanze improprie, nel senso che lì non si sarebbero dovute trovare». Ovvero?  «Anticrittogamici, diserbanti, glifosato, antibiotici, antimalarici». Spiega il presidente dei biologi italiani: «Un antibiotico non deve stare in un vaccino. Un antimalarico neppure. Come un erbicida». Nelle analisi, aggiunge, si è trovata «tutta una serie di inquinanti che lì non dovrebbero esserci». Si parla di nanogrammi, precidsa D’Anna: nanoparticelle. Ma attenzione: «Nn si tratta di sostanze ingerite, ma iniettate», quindi interamente assorbite. «E in alcuni casi (ad esempio l’alluminio) non smaltibili».
Precisa ancora D’Anna: «Non è nostro compito accertare né la nocività, né la tossicità dei materiali». Però, aggiunge, da quelle analisi è venuto fuori altro, «come l’assenza del virus della rosolia, che in sé potrebbe configurare una frode in commercio». Infatti, «migliaia di bambini che si sono vaccinati con quel lotto non sarebbero coperti verso la rosolia». Altra sorpresa sconcertante: «Sono state rilevate quantità improprie di Dna fetale». Com’è possibile? Lo spiega il biologo: «I virus vengono fatti replicare per fare le dosi occorrenti su materiale fetale da aborto, oppure su uova di galline. Ed è per quello che trovi i diserbanti o il glifosato, gli anticrittogamici e gli antiparassitari». Inutile aggiunge che, in un vaccino, quelle tracce «non dovrebbero esserci». Domanda Bechis: ma non c’è stato un esame pubblico di laboratorio su quelle dosi? La risposta: «Lei l’ha visto? Ne conosce i risultati?». Purtroppo, dichiara D’Anna, «c’è una aporìa giuridica», un vicolo cielo procedurale. «I test sul Vacciniprodotto finito non sono obbligatori per il produttore. Li dovrebbero fare le strutture statali che proteggono la salute dei cittadini. Ma io non le ho mai viste», aggiunge D’Anna, «anche perché qualsiasi risultato è tenuto segreto un po’ come la ricetta della Coca Cola, per evitare che qualche concorrente copi la formula industriale di produzione del vaccino».
Ma cosa sarebbe accaduto, domanda Bechis, se nei laboratori di Stato fossero emersi i clamorosi risultati che stiamo citando? «Avrebbero dovuto chiamarsi il produttore dei vaccini e chiedere spiegazioni», risponde D’Anna. «Certo dovrebbero chiedere come fanno ad esserci gli anticorpi della rosolia, se non c’è l’antigene». Per quanto riguarda il vaccino per tetano e difterite, non sono stati trovati quattro distinti “tossoidi” (cioè antigeni proteici) come dovrebbe essere, ma una sola macromolecola fatta da queste quattro proteine (relative a tetano, pertosse, difterite, epatite) “denaturate” dalla presenza di un conservante come la formaldeide. «Questa macromolecola precipita al fondo della provetta e, attaccata con tripsina, non risponde». E’ un comportamento anomalo, chiarisce D’Anna: «Dovrebbero esserci le quattro proteine dei vaccini previsti che, Franco Bechisse attaccate con tripsina, dovrebbero sciogliersi. Questo non accade, e quindi nella macromolecola non ci sono solo proteine. Faremo un esposto all’Aifa e all’Ema – aggiunge il biologo – per capire se sono a conoscenza di queste cose».
Insiste D’Anna: «Anche tutto fosse lecito e innocuo, come minimo bisognerebbe informarne le autorità e i cittadini che usano i vaccini». Secondo problema: «In questi vaccini è stato riscontrato un numero significativo di peptidi (cioè frammenti corti di sequenze di aminoacidi) di origine batterica, probabilmente provenienti da batteri “avventizi” che contaminano le colture. A questi – prosegue il biologo – si aggiungono 65 sostanze chimiche contaminanti, 35% note, (finora abbiamo replicato i risultati su un solo lotto, l’unico disponibile tramite le farmacie su tutto il territorio italiano da oltre un anno), di cui 7 sono tossine chimiche». Anche questi composti, spiega D’Anna, «devono essere confermati nella struttura da uno studio con standard di controllo». E quindi «bisogna che le agenzie ripetano queste analisi, facciano i controlli e rendano pubblici sia i risultati che il loro giudizio». I biologi italiani non si tirano indietro: per il 25 gennaio a Roma, D’Anna annuncia un grande convegno, dal titolo “Vaccinare in sicurezza”, con la partecipazione di scienziati stranieri e italiani, tra i quali Giulio Tarro (da poco insignito negli Usa del premio di miglior virologo). Obiettivo: premete sulle autorità per avere la certezza che i vaccini somministrati ai bambini siano “puliti” e sicuri.

fonte: http://www.libreidee.org/

10/01/19

galleggiando fra le ninfee


Si sa che qualsiasi discorso si faccia intorno ad un quadro o ad un’opera d’arte in genere può cambiare radicalmente nel momento in cui finalmente la si riesce a vedere dal vivo. E’ sicuramente il caso delle famose Nymphéas di Claude Monet, in particolare di quelle esposte da qui all’eternità nelle sale ovali dove lo stesso Monet ha voluto che fossero collocate (e probabilmente per le quali le ha pensate) quando le donò allo stato francese e al mondo in­tero, nei locali dell’Orangerie, edificio ai margini dei giardini delle Tuileries a Parigi.  Per quanto mi riguarda è uno di quei casi in cui, mai davvero particolarmente entusiasta delle trasparenze acquatiche del grande impressionista, quando finalmente le ho viste dal vero la mia considerazione di quelle opere è cambiata. Sostanzialmente cambiata. 


Poche opere come les Nymphéas devono essere viste (ma “vedere” è un termine inadeguato) dal vivo, nella loro collocazione, nelle loro dimensioni, e so­prattutto nella loro immensa impalpabilità. In breve, la storia racconta che Monet, già anziano e ormai piuttosto ricco e famoso, si ritirò in Nor­mandia, nella sua villa di Giverny, e letteralmente si immerse nel lavoro che avrebbe concluso la sua car­riera di pittore, e che avrebbe cambiato la pittura da lì a venire. Ma non si mise subito a dipingere, affat­to. Si mise a progettare e costruire il giardino, e nel giardino il lago con le ninfee, montandolo e rimontandolo, con le ruspe e con tutto l’armamentario ne­cessario, come se quella fosse l’opera da realizzare, e non la rappresentazione che ne sarebbe seguita. E poi si mise ad osservarle, a passare ore ed ore (da vero vecchio rimbambito) a fissare apparen­temente senza motivo il suo laghetto con le sue ninfee, osservandolo e verrebbe da dire assimi­landolo, a tutte le ore del giorno, con tutte le sfuma­ture di luce possibili, con tutte le ombre e i riflessi che generava. E ancora non prendeva in mano il pennello. Poi infine si mise davanti alle tele. Ma, attenzione, sempre la storia racconta che non lo abbia fatto con la tela e il cavalletto davanti allo stagno, ma chiuso nel suo immenso studio, con le ninfee qual­che decina di metri più in là ma senza poterle vedere direttamente (probabilmente anche per un motivo pratico: su quelle tele così spropositate non si poteva lavorare all’aperto). Così chiuse in apparente contraddizione con l’in­tero movimento impressionista di cui lui stesso era stato alfiere, e per il quale la pittura “en plein air” era il fondamento irrinunciabile, con quello che pro­babilmente fu il suo estremo e autentico colpo di genio: si mise a dipingere senza più guardare l’og­getto della sua pittura, a dimostrazione evidente che il suo scopo stavolta non era più rappresentare ciò che si vede, ma ciò che si ricorda, o che si è colto, o che si è capito dell’oggetto della rappresentazione. 


 Qui probabilmente sta la prima scoperta, almeno per me, di queste opere uniche nella storia dell’arte. Nell’osservarle (insisto ad evitare il verbo “guardare”) ci si rende conto che non rappresentano un paesaggio, un lago, dei fiori galleggianti o degli alberi, ma probabilmente rappresentano il suo sguardo su di esse, rappresentano letteralmente “l’idea” delle ninfee così come si era ormai formata nella mente del pittore. Nella mente, non più davanti agli occhi. E così probabilmente Monet ha realizzato il primo vero esempio di pittura metafisica, e il primo passo fon­damentale verso quello che diverrà, molti anni dopo, l’astrattismo. 


L’altra scoperta, se così la si può chiamare, è che non si tratta di una visita, ma di un’esperienza in senso più ampio. Non si va a guardare dei quadri, ma si va a galleggiare in un non-spazio guardando non-paesaggi. Non si sta da un lato a guardare una rappresentazione che sta oltre il confine della tela, ma ci si trova circondati da enormi tele che seguono incurvandosi la superficie ovale delle due sale, e che sono comunque confinate entro cornici solo per mo­tivi puramente fisici, ma sono pensate e realizzate per espandersi oltre, e lo fanno. 


E la prova che non si tratti di paesaggi ma di rappresentazioni mentali esiste. Basta riuscire a toglier­si dalla mente la pretesa di “guardare”, e ci si ac­corge immediatamente che, oltre alla straordinaria capacità di ricreare ambienti e trasparenze con pen­nellate che viste da vicino (cioè come le vedeva il pittore!) sono pure e semplici incrostazioni di colore, ci sono altri significativi indizi che distinguono les Nymphéas da qualsiasi altro quadro. Tutti o quasi tutti i quadri hanno un punto di vista ideale. Un punto e una distanza dalla tela in cui l’osservatore può dire: “Ecco! È da qui che va visto”. Les Nymphéas no. 


Puoi avvicinarti fino a guardare la singola pen­nellata, puoi allontanarti per cercare di cogliere l’in­sieme e ti accorgi che potresti avvicinarti all’infinito, se potessi farlo, oppure allontanarti all’infinito, se non avessi alle spalle un altro spicchio di stagno dipinto, e continueresti a vederle in modo diverso, come se ogni punto dello spazio fornisse una sua visione del quadro, nessuna migliore delle altre, nessuna che ti dice di più o di meno della pre­cedente. 


 Al centro delle sale ovali dell’Orangerie ci sono dei divani, ma servono solo per riposarti se sei stanco, perché non ha senso sedersi e guardarle. Dopo poco ti rendi conto che l’unico modo di guardarle è continuare a muoverti, girare lungo il perimetro, lasciarti avvolgere da una visione che scorre, ondeggia, muta in continuazione, raggiunge i sensi trapassando la vista. L’unico modo di guardarle è non fermare mai lo sguardo. L’unico modo di guardarle è lasciarsi trasportare lentamente dalla corrente quasi inesistente di quello stagno. L’unico modo è galleggiarci in mezzo. 



Poi a un certo punto arriva inevitabile anche la visita alla sua casa-giardino di Giverny. 

È davvero un luogo particolare. Si capisce in ogni angolo e da ogni scorcio che si tratta di ambienti progettati e realizzati da un pittore (e che pittore!). La casa è emozionante. Il suo leggendario studio con le grandi vetrate, le stanze arredate una ad una con colori e stili diversi. La cucina blu, la sala da pranzo completamente gialla che scomporla in pennellate sembra un quadro di Van Gogh. 




E il giardino, il suo capolavoro, un tripudio di prospettive e di colori, viali di dalie e esplosioni di gigli. 


E poi, naturalmente, il laghetto con le ninfee. Che non solo è esattamente come lo hai sempre immaginato, ma che improvvisamente fa acquistare ai suoi quadri, in assoluta contemporaneità con il loro visionario astrattismo, una dimensione realistica sbalorditiva. E’ esattamente come nelle sue tele. I riflessi, le ombre, le rifrazioni, le scomposizioni della luce. Tutto torna. Nel constatare la perfezione delle sue riproduzione si comprende, all’ombra di quei salici, quanto il maestro possa essere penetrato nella sua ricerca nella struttura più intima di quei colori, di quella luce, di quella atmosfera. Quasi fosse riuscito a scomporla nelle sue componenti chimiche per poi riprodurla ricombinandole in laboratorio. 




Da fotografo e appassionato d’arte non ho potuto sottrarmi al gioco di ricercare con le inquadrature e con la luce i suoi angoli e le sue visioni (andando a memoria, naturalmente) e nelle fasi successive di ricerca e sviluppo degli scatti effettuati sorprendermi a scoprire quanto alcune di queste potessero essere affiancate e confrontate con gli squarci dei suoi quadri, in un gioco di riflessi e rimandi pressoché senza soluzione. 




Il consiglio quindi è: andate a visitare l’Orangerie a Parigi, lasciatevi ubriacare dalla danza oscillante delle sue enormi tele, e poi (meglio ancora se nello stesso viaggio) spostatevi una settantina di chilometri a nord-ovest e visitate la casa-giardino di Monet, Giverny, Normandia. Ne uscirete con un modo nuovo di vedere l’arte e la pittura, e al tempo stesso con un modo nuovo di concepire il paesaggio e la natura. 

Claude Monet – Les Nymphéas 

(1920) 

Parigi – Orangerie 



Per illudersi di dare un’occhiata virtuale alle Nymphéas: http://www.musee-orangerie.fr/

La casa giardino di Monet a Giveny: http://fondation-monet.com/


Alessandro Borgogno 

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/


 ALESSANDRO BORGOGNO

Vivo e lavoro a Roma, dove sono nato il 5 dicembre del 1965. Il mio percorso formativo è alquanto tortuoso: ho frequentato il liceo artistico e poi la facoltà di scienze biologiche, ho conseguito poi attestati professionali come programmatore e come fotoreporter. Lavoro in un’azienda di informatica e consulenza come Project Manager. Dal padre veneto ho ereditato la riservatezza e la sincerità delle genti dolomitiche e dalla madre lo spirito partigiano della resistenza e la cultura millenaria e il cosmopolitismo della città eterna. Ho molte passioni: l’arte, la natura, i viaggi, la storia, la musica, il cinema, la fotografia, la scrittura. Ho pubblicato molti racconti e alcuni libri, fra i quali “Il Genio e L’Architetto” (dedicato a Bernini e Borromini) e “Mi fai Specie” (dialoghi evoluzionistici su quanto gli uomini avrebbero da imparare dagli animali) con L’Erudita Editrice e Manifesto Libri. Collaboro con diversi blog di viaggi, fotografia e argomenti vari. Le mie foto hanno vinto più di un concorso e sono state pubblicate su testate e network nazionali ed anche esposte al MACRO di Roma. Anche alcuni miei cortometraggi sono stati selezionati e proiettati in festival cinematografici e concorsi. Cerco spesso di mettere tutte queste cose insieme, e magari qualche volta esagero

07/01/19

i Walser di Campello Monti


Avevo circa vent'anni quando entrai, casualmente, in un bar di Omegna. Provai un'immediata sensazione di frescura che contrastava con il calore della mia pelle. In quell'occasione conobbi un borgo di cui ignoravo l'esistenza: Campello Monti. Un uomo, sulla sessantina, narrava di salite impervie, venti gelidi ed acque cristalline. Attirò la mia attenzione.
Oggi non ricordo il nome ma le fattezze, quelle sì. Le fatiche della vita si misuravano dalle pieghe del volto. Rari capelli, arruffati. Mani grandi, segnate dal trascorrere del tempo. Calmo narrava. Beveva vino nero. Mi avvicinai con il rispetto che si deve alle persone che hanno conquistato l'età del riposo. Mi guardò con pregiudizio, con quell'aria tipica del montanaro che guarda il cittadino. Raccontai delle mie origini, della casa estiva alle porte della Val Grande e dell'amore sconsiderato per la montagna. Si fidò.
Mi raccontò di una popolazione, i Walser, di origine germanica che abbandonò le proprie terre in cerca di fortuna. In seguito mi narrò le alterne vicende del piccolo borgo posto sul finire di una valle impervia e stretta. Altro non ricordo, a vent'anni il vino annebbia velocemente le idee. Mi congedai ringraziandolo, non riuscendo a pagare i due bicchieri di vino rosso. Nel tragitto verso casa promisi a me stesso di andarci il prima possibile. Era il 1989. Trascorsero gli anni.


Conobbi personalmente Campello Monti solo agli inizi del nuovo millennio. Fu una piacevole scoperta. Annuii al ricordo delle montagne dure e delle acque cristalline. Ci tornai una volta soltanto, per salire una vetta che domina la valle. Dimenticai quel luogo sino a quando decisi di raccontare la bellezza dei posti che ho avuto la possibilità di frequentare per nascita e per curiosità. Addentriamoci nella storia di questo piccolo borgo dall'antica storia, iniziando dalla conoscenza del popolo che lo fondò. I Walser, parola nata dalla contrazione del tedesco Walliser ovvero vallesano o abitante del cantone Vallese, sono una popolazione di origine germanica che abita le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa. I Walser appartenevano al ceppo degli Alemanni, originariamente un'alleanza di tribù germaniche stanziate intono alla parte superiore del fiume Meno, e giunsero attorno al secolo VIII nell'alto Vallese, in Svizzera. Durante i secoli XII e XIII dei coloni Walser provenienti da quella terra si stabilirono in diverse località dell'arco alpino italiano, francese, svizzero ed austriaco. L'emigrazione verso queste nuove terre avvenne, probabilmente, per una serie di cause concomitanti. La prima di queste ipotesi attiene alla sovrappopolazione delle terre dell'Alto Vallese, che spinse i coloni alla ricerca di nuovi pascoli per il bestiame. Una seconda possibilità riguarda le condizioni climatiche favorevoli che resero possibile la sopravvivenza anche a quote elevate. I ghiacciai si ritirarono permettendo il transito su molti valichi alpini per buona parte dell'anno. L'ultima causa è quella relativa agli incentivi offerti ai coloni Walser da parte dei signori delle terre da colonizzare che favorirono la creazione di stabili insediamenti. Relativamente alla fondazione di un insediamento Walser, il più antico documento scritto risale al secolo XIII e riguarda la colonia di Bosco Gurin, nel Canton Ticino. Il paese, in epoca medievale, era chiamato Buscho de Quarino e fino al 1934 portò il nome di Bosco-Vallemaggia. Bosco Gurin venne fondato da coloni Walser provenienti dalla Val Formazza. Come l'antico borgo ticinese, anche Campello Monti venne fondato da coloni provenienti da un altro insediamento Walser, nel caso specifico dagli abitanti di Rimella, Reammalju in lingua Walser. 


La colonizzazione avvenne tra la prima e la seconda metà del XV secolo. Il toponimo Campello apparve per la prima volta in un documento del 1442. Se è certo che l'abitato fu fondato dagli abitanti di Rimella, è altrettanto confermato che i pascoli ove ora sorge l'antico borgo erano sfruttati dai pastori del Cusio. Questi pascoli erano di proprietà di un monastero di Arona che ne concedeva l'uso ai pastori cusiani, che però si resero colpevoli di razzie, compresi furti di bestiame, ai danni dei coloni di Rimella. Nel momento in cui i rimellesi riuscirono ad ottenere la concessione dei pascoli del Capezzone, del Penninetto e del Pennino, decisero di stabilirsi permanentemente alla confluenza dei torrenti Strona e Chigno, dando origine ad un vero e proprio paese. Anche dopo la nascita di Campello, Kampel in lingua Walser, gli abitanti mantennero un fortissimo legame con il borgo d'origine, Rimella. Questo legame si consolidò anche con il trasporto dei cadaveri nel cimitero di Rimella da Campello Monti. Il trasferimento si rese necessario poiché nel nuovo borgo alpino non vi era un sepolcreto consacrato. I defunti venivano trasportati da Campello Monti, situato a 1305 metri sopra il livello del mare, sino alla Bocchetta di Rimella, posta ad oltre 1900 metri di quota, per poi giungere nel paese d'origine.


Una pergamena del 1448 narra che l'affitto novennale dei tre alpeggi – Capezzone, Pennino e Penninetto – divenne un contratto d'affitto perpetuo e che il concessionario non fu più un intermediario, ma direttamente la Comunità Walser di Rimella. Gli abitanti del nuovo paese si staccarono in modo progressivo dal paese d'origine, tanto che a partire dal 1551 i defunti poterono essere sepolti nel nuovo cimitero di Campello Monti. Nel 1759 l'autonomia religiosa si ampliò ulteriormente
 con l'erezione a parrocchiale della chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Nel 1816 si completò l'autonomia da Rimella con la costruzione di un comune a sé stante. Con Regio decreto numero 317 del 1929, Campello Monti perse la propria autonomia comunale e fu aggregato al nuovo comune di Valstrona, nato dall'unione di vari centri presenti nella valle. Il territorio dell'antico borgo passò dalla provincia di Vercelli a quella di Novara, della quale a quel tempo la vallata faceva parte. Oggi Campello Monti è abitato solo durante la bella stagione poiché d'inverno non è raggiungibile con gli autoveicoli perché la strada che lo serve è chiusa a monte dell'abitato di Forno. Alcuni alpeggi del centro abitato sono tuttora caricati dagli allevatori che vi conducono il bestiame durante l'estate. 


Una menzione per l'Ecomuseo Campello Monti – Walsergemeinschaft Kampel, che ogni anno organizza un convegno denominato Campello e i Walser. Un ultimo aspetto di cui vorrei trattare attiene all'antica lingua Walser di Campello Monti, il titzschu [la lingua Walser è una variante del dialetto tedesco meridionale, chiamato altissimo alemanno, ed è molto simile allo Svizzero tedesco nella sua forma più antica. Tra le varianti si ricordano il titsch di Gressoney Saint-Jean e di Macugnaga, il toitschu di Issime ed appunto il titzschu di Alagna Valsesia e Rimella]. Il titzschu si perse tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento anche a causa di motivazioni politiche e religiose. Le autorità, sia civili che religiose, imposero, a partire dal XVIII secolo, regole che obbligarono i campellesi a ricorrere alla lingua italiana o, in alternativa, al dialetto lombardo/piemontese parlato nella bassa valle e ad Omegna.


Come raggiungere Campello Monti?
Per chi proviene dal Piemonte o dalla Lombardia, è consigliata l'uscita autostradale di Gravellona Toce. Dopo circa 5 chilometri si giunge ad Omegna dove si accede alla strada provinciale che percorre tutta la Valle Strona. Dopo circa 19 chilometri si giunge nell'antico borgo di Campello Monti.

Fabio Casalini

Un ringraziamento a Filippo Spadoni per le splendide fotografie

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Bibliografia


Vincenzo Amato, Campello Monti, il villaggio walser che vive solo d’estate, in La Stampa, 25 luglio 201

Goffredo Casalis, Campello, in Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, vol. 3, Maspero, 1836

Davide Boretti, Il villaggio imbiancato di Campello Monti abitato solamente dai passeri, in La Stampa, 12 febbraio 2017

Enrico Rizzi, Walser: gli uomini della montagna, Valstrona, Fondazione arch. Enrico Monti, 1981

Enrico Rizzi, Storia dei Walser dell'ovest: Vallese, Piemonte, Cantone Ticino, Valle d'Aosta, Savoia, Oberland Bernese, Atlante delle Alpi Walser II, Anzola d'Ossola, Fondazione arch. Enrico Monti, 2004


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.