Sul finire del XIX secolo furono presentati e discussi diversi progetti per trovare un’adeguata soluzione per irrigare i campi coltivati a Nord di Milano. Il 30 Gennaio 1868 l’allora ministro delle finanze approvò un decreto di concessione della durata di 90 anni a favore di due illustri ingegneri, Eugenio Villoresi e suo nipote Luigi Meraviglia, per la realizzazione del progetto di costruzione di due canali, irrigui e navigabili, di derivazione d’acqua dal lago di Lugano e dal Lago Maggiore tramite gli emissari Tresa e Ticino.
A questo progetto, per i tempi sicuramente di un certo spessore, non mancarono sostenitori, finanziatori privati ma anche ferme opposizioni, soprattutto da parte di alcuni proprietari terrieri nel timore che l’opera potesse rovinare le colture di viti e gelsi. Nonostante ostilità, diffidenze e difficoltà iniziali, nonché un ridimensionamento del progetto originale ben più ardito e di ampia portata, alla fine l’obiettivo fu raggiunto. Purtroppo, l’ing. Villoresi non poté ammirare la sua opera in quanto si spense nel 1879, cinque anni prima all’inaugurazione della diga del Panperduto avvenuta il 28 aprile 1884.
Per l’intero compimento del progetto fu necessario attendere ancora qualche anno: nel 1886 fu aperto il primo tronco di canale realizzato sino al torrente Bozzente in Lainate. Il tratto successivo sino a Cassano d'Adda fu completato nel 1891. Il progetto del canale dal lago di Lugano a Parabiago fu invece abbandonato.
Tra il 1897 e il 1899 fu poi costruito, a fianco del canale Villoresi, il Canale industriale noto anche come canale Vittorio Emanuele III che intercettò, tra le altre, le acque del Naviglio Grande modificandone il percorso per servire la centrale idroelettrica della società Vizzola Ticino inaugurata nel 1901.
La regolazione del Lago Maggiore, sempre ideata dall'ingegner Villoresi, fu realizzata nella sua parte essenziale durante la seconda guerra mondiale costruendo la diga della Miorina che si trova 8 km più a monte. La diga del Panperduto, nell’area del parco del Ticino, è oggi meta di visite libere e guidate. Il luogo si trova un po’ fuori le rotte tradizionali quasi a volersi nascondere da una folla troppo distratta, per poi però mostrarsi in tutta la sua bellezza, colori e silenzi al visitatore capace di trovarla ed apprezzarla. Il percorso si snoda su strade più o meno sterrate che costeggiano i bordi dei canali attraverso un bosco dalla variegata vegetazione. L’ambiente favorisce l’insediamento di diverse specie animali, soprattutto uccelli legati a zone ricche d’acqua come il germano reale, la folaga, la gazzetta, l’airone cinerino e il cavaliere d’Italia. Alcuni studi relativamente alle origini del Panperduto fa risalire il canale al periodo della penetrazione dei longobardi in Italia circa 14 secoli fa, dunque ben prima delle origini medievali dei Navigli. In alcuni scritti si riporta che: “fu fatto un letto molto diretto da i re dei longobardo, per il quale scende esso Tesino, qual prima scendeva molto tortuosamente, come narrano le croniche“.
Relativamente al nome di Panperduto, invece, le leggende sono molteplici. Le più note raccontano - ad esempio - che la località fu così chiamata a causa di insidiose rapide unite a bassi fondali, quelle che i marinai d’acqua dolce classificavano come “rabbie”, che costringevano i timonieri ad audaci manovre per passare questo tratto di fiume provocandone talvolta il rovesciamento e la perdita dei loro preziosi carichi. Ad esempio, a favore di corrente, veniva trasportato il celebre marmo che servì per la costruzione del Duomo di Milano.
Un’altra accreditata spiegazione si riferisce alla perdita dei carichi che però arrivavano da Milano, preziose merci come granaglie e sale. A quest’ultimo è appunto legata la località Salzera nei pressi di un fiume che, in una carta del 1749 si descrive come un “alveo della roggia dei milini della Salzera detto del Pan Perdù”».
Abbiamo tesori nelle nostre vicinanze e spesso nemmeno lo sappiamo oppure le snobbiamo nella falsa convinzione che una diga, un paio di canali e un po’ di bosco non siano all’altezza di una visita.
La valle del Ticino fa parte, designata dall’ Unesco a partire dal 2002, della rete mondiale delle riserve della biosfera. Le riserve della biosfera sono aree in cui è possibile una relazione sostenibile tra popolazione, sviluppo e ambiente.
Con questo breve e semplice articolo mi auguro di aver suscitato un po’ di curiosità in qualche lettore e lo spinga a visitare questa altrettanto semplice oasi di silenzio ricca, non solo di bellezze naturali, ma anche di presenze umane e testimonianze storiche e artistiche.
Lo scrittore e poeta italiano Bonvesin de la Riva che abitò nel 1200 a Porta Ticinese così descriveva le acque del fiume azzurro: «Acque vive, naturali, mirabilmente adatte a essere bevute dall’uomo, limpide, salubri, a portata di mano, tanto abbondanti che in ogni casa appena decorosa vi è quasi sempre una fonte di acqua viva».
MARCO BOLDINI
Nato nel 1969 sposato, 3 figli e il gatto Balthazar, 47 anni ma in realtà ventisettenne con vent’anni di esperienza, cittadino del mondo e milanese di nascita ma miazzinese e, più recentemente, tainese di adozione. Volubile e curioso cerco quando posso di fuggire dalla noia e dalla routine, ho potenzialmente sempre la valigia aperta, pronto a passare da un aeroporto all'altro, a conoscere lingue, persone, culture e paesi diversi che ritraggo in maniera dilettantistica con la macchina fotografica. Amo in uguale maniera la montagna, che ti parla con i suoi silenzi e ti regala indimenticabili albe e romantici tramonti; da qui forse l’interesse per questo blog.
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