15/03/16

nascita e ruolo delle accademie d'arte

L’accademia è un’istituzione culturale, pubblica o privata, volta alla promozione e all’insegnamento delle arti figurative sulla base di regole e canoni precisi. La sua nascita ha luogo in contrapposizione alle corporazioni di stampo medioevali e costituisce il punto di arrivo del processo, sviluppatosi lungo tutto il rinascimento di promozione dell’artista, dall’originaria condizione di lavoratore manuale a quella più elevata di intellettuale. In tal senso, le accademie, svolgono una duplice funzione; forniscono una legittimazione teorica al processo creativo – grazie all’elaborazione di una concezione dell’arte in cui prevale il momento inventivo rispetto a quello operativo e pratico – e, allo stesso tempo, provvedono alla formazione dell’artista. Tale formazione prevedeva lo studio di materie classiche e scientifiche quali la storia, la filosofia, l’anatomia, la geometria, la matematica e l’esercizio pratico sul disegno, attraverso lo studio dal vero e da copie e modelli; particolare importanza era data alla rappresentazione della figura umana, considerata l’aspetto più qualificante di un’opera.
Quella che viene considerata in assoluto come la prima Accademia d’Arte fu istituita da Cosimo I dei Medici nel 1563 a Firenze su suggerimento di Giorgio Vasari.

Benvenuto Cellini, disegno per il sigillo dell'Accademia di Disegno di Firenze, 1562, British Museum, London
Benvenuto Cellini, disegno per il sigillo dell’Accademia di Disegno di Firenze, 1563, British Museum, London
Essa traeva origine dalla Compagnia di San Luca formata, nel 1339, tra gli artisti fiorentini quando ancora, secondo gli statuti medievali, i pittori venivano immatricolati all’Arte dei Medici e degli Speziali perché assimilati agli speziali per la macinatura e la preparazione dei colori, mentre gli scultori e gli architetti figuravano tra i membri dell’Arte dei Maestri di Pietra e di Legname.
L’idea di formare una nuova Accademia e Compagnia emancipata dallo spirito artigianale e garante del valore intellettuale dell’attività artistica fu quindi del Vasari ben consapevole di quanto si fosse evoluto nel tempo lo stato sociale dell’artista. Per lui riconoscere e far riconoscere l’eccellenza degli artisti significò non soltanto sottolineare la nobiltà del loro impegno e la dignità con cui dovevano essere onorati nella società, ovvero occupare una posizione elevata nella scala sociale, ma anche assicurare la trasmissione di questa eccellenza con un adeguato insegnamento.
Ed infatti accanto al disegno, padre di tutte le arti, si impartivano anche insegnamenti di matematica, prospettiva, anatomia e iconografia.
Dieci anni dopo venne ordinato a Perugia un cenacolo del tutto affine anch’esso dedicato alle attività dei cultori d’arte del disegno e voluto con l’intento di integrare il carattere pragmatico del mestiere appreso in una bottega privata con lo stile dottrinale delle lezioni impartite in un’aula pubblica.
Come Accademie del disegno nacquero in seguito quella dei Desiderosi (poi rinominata degli Incamminati) fondata nel 1580 a Bologna dai Carracci e quella di San Luca a Roma (1593).
La nascita delle Accademie prese avvio anche dall’aspirazione degli artisti più giovani di conseguire una valida preparazione teorica; la sua esistenza partì dal momento in cui un gruppo di persone, riunite insieme per discutere, fissò una serie di leggi interne, scegliendo una sede e adottando un’impresa. Un traguardo epocale che segnò un vero e proprio spartiacque tra le corporazioni medioevali e la concezione di arte intesa come fusione tra mestiere e studio.
Le Accademie d’Arte rinascimentali, oltre ad occuparsi del perfezionamento degli artisti nel disegno, nella pittura e nella scultura aiutavano gli iscritti quando si trovavano privi di committenze, per esempio finanziando dei cantieri, o quando dovevano tutelarsi in tribunale. Sempre alle stesse istituzioni era affidato il compito di vigilare sulle opere di artisti celebri come quelle di Michelangelo, Raffaello ecc., per evitarne l’esportazione dallo Stato.
Il tirocinio del disegno non era solo prerogativa delle Accademie in verità: dal cinquecento al settecento il suo esercizio per la formazione dei giovani venne promosso anche privatamente da gruppi, o compagnie, d’artisti che si riunivano presso lo studio o l’abitazione di un maestro di chiara fama, o presso la dimora di un mecenate per disegnare e dipingere. Queste riunioni, e di conseguenza le esercitazioni che vi si tenevano, così come l’ambiente che le ospitava, vennero definite dalla storiografia seicentesca Accademie o Accademie del disegno e/o del nudo, individuando soprattutto nella presenza del modello vivente l’elemento caratterizzante e distintivo del tirocinio rispetto alle normali botteghe, al punto che, più tardi nel Settecento, lo stesso studio del disegno del nudo poteva essere definito Accademia.

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L’ Accademia di Baccio Bandinelli, 1550 Enea Vico (1523–1567) Incisione 30.6 x 47.9 cm – Museum of Fine Arts, Boston
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Agostino dei Musi L’Accademia di Baccio Bandinelli 1531 Incisione, 27.3 x 29.9 cm. Biblioteca Marucelliana, Florence

Il termine Accademia, quindi, se circoscritto all’ambito della formazione e della produzione artistica, definì nel corso del Seicento due realtà diverse; una istituzionale, posta sotto la protezione del potere politico e finalizzata soprattutto alla promozione sociale degli artisti e alle discussioni di carattere teorico sull’arte; l’altra intesa come iniziativa privata finalizzata alla formazione dei giovani aspiranti artisti e alla trasmissione di nozioni tecniche e stilistiche. Determinante per la diffusione delle Accademie del nudo seicentesche fu il modello offerto dai Carracci inaugurato agli inizi degli anni ottanta del cinquecento a Bologna. Agostino Carracci, per facilitare l’apprendimento dell’anatomia umana, aveva eseguito una serie di disegni di dettagli anatomici che venivano copiati dai giovani e che dopo la sua morte vennero tradotti in incisioni e raccolti nel volume dal titolo “Scuola perfetta per imparare a disegnare tutto il corpo umano”.Attraverso il disegno dal vero e non dal modello antico i Carracci seppero in sostanza coniugare la teoria con la prassi, il modello delle istituzioni pubbliche con l’esercizio pratico delle scuole private.
Agostino Carracci, immagine tratta da Scuola perfetta per imparare a disegnare tutto il corpo umano
Agostino Carracci, immagine tratta da Scuola perfetta per imparare a disegnare tutto il corpo umano
I Caracci inoltre percepirono e iniziarono a chiedersi se fosse in atto una sorta di decadenza del principio in base a cui l’arte è valida ed è tale soltanto attraverso il frutto di una ricerca mentre non vale niente se è soltanto decorazione. Il problema non è mai stato veramente superato perché ancor oggi in molti sono convinti che l’arte serva solo in qualche modo ad abbellire la vita, dando dignità a un luogo o per accompagnare le attività religiose. Si può intendere la qualità e profondità delle discussioni anche in relazione al fatto che all’interno dell’Accademia degli Incamminati gli artisti potevano disegnare dal vivo i modelli nudi, cosa proibita dalla Chiesa in pieno spirito della Controriforma.
L’importanza delle Accademie nell’emancipazione di un’artista, almeno nelle fasi iniziali, è fuori di dubbio; per quanto concerne invece la loro valenza didattica si avanzano molte perplessità. Alcuni sostengono che i più grandi geni artistici del tempo si erano formati tutti nelle botteghe mentre dopo la nascita delle accademie se ne videro ben pochi. Un esempio fra tutti Caravaggio, formatosi anch’esso in una bottega. Io credo che questo sia piuttosto vero e particolarmente visibile al giorno d’oggi. Nelle botteghe l’apprendistato iniziava sin da piccoli, negli anni migliori per sviluppare e affinare un talento, mentre nelle accademie si accedeva in età più avanzata e chi vi entrava senza aver maturato l’esperienza della bottega rischiava di lasciarsi alle spalle gran parte della propria forza creativa.
Mi viene spontaneo rivolgere il pensiero a quella che è la situazione attuale in merito. I bambini vengono introdotti all’arte del disegno solo nella scuola dell’infanzia. Dalla prima elementare in poi è una pratica che si va via via perdendo. Il giovane che arriva all’Accademia d’arte è portato da una presunta propria capacità artistica che non si è ancora sviluppata a dovere, negli anni in cui dovrebbe essere già approfondita. Gli esiti finali sono piuttosto evidenti; una schiera di conoscitori d’arte, che infine è ciò che produce lo studio accademico oggi, contro una carenza assoluta di veri geni artistici.
Sembra incredibile, eppure già nel rinascimento si cercò di ridimensionare l’importanza della tecnica. Questo perché l’eredità del medioevo, con la sua ossessione per la perfezione tecnica, aveva segnato scarso interesse per la figura dell’artista. Due furono quindi le novità del rinascimento; l’idea del genio e l’opera come rappresentazione di una personalità, non più associata con l’imitazione dei maestri, la perizia e la tecnica, ma libera espressione della propria unicità.
La genialità era vista come dono di Dio, concessa al singolo artista, innata e irripetibile che non può essere insegnata o trasmessa ad altri. A fare di un artigiano un artista non è più l’abilità tecnica ma i contenuti che riesce a far vivere nell’opera.
L’ossessione della tecnica doveva per forza produrre una sorta di rivoluzione nel campo dell’arte per poter dare dignità alla figura dell’artista in un momento storico che vedeva l’uomo al centro dell’universo. Ma le tecniche artistiche erano a quei tempi così saldamente consolidate che non necessitavano di ulteriori accanimenti teorici e pratici. Spontaneo e naturale doveva apparire all’artista concentrare le proprie forze in altre direzioni. Questo produsse col passare dei secoli un effetto devastante; il sapere tecnico dei maestri antichi si perse piano piano nell’incosciente caparbietà umana della rivendicazione dell’io.
Ed è proprio nel rinascimento che l’artista diventa di moda, più della sua stessa arte che, da strumento di culto, si trasforma in oggetto di culto. Una testimonianza è l’interesse che scaturì per gli schizzi, i bozzetti e tutto ciò che è incompiuto che esprimeva la convinzione che la genialità non è mai esprimibile fino in fondo. Il genio impossibilitato a esprimersi appieno è il primo passo verso il genio incompreso che diventerà un cliché nei secoli successivi. Ancor oggi molti preferiscono un’opera incompiuta a una rifinita alla perfezione. Prendiamo per esempio il caso di Michelangelo; tre quinti delle sue sculture sono incompiute e c’è chi ritiene che furono lasciate in questo stato di abbozzo dall’artista perché non riusciva ad immaginarle più sorprendenti di così. Ma se pensiamo che Michelangelo prima di morire distrusse una gran quantità di disegni preparatori e cartoni risparmiando solo i migliori “per non apparire se non perfetto” come scrisse il Vasari è altamente improbabile che avesse lasciato le sue opere incompiute ritenendole perfette così.

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Michelangelo “Prigionieri”
Era necessario divagare un po’ in quest’ultima parte parlando di artisti e genialità per percepire la vera essenza e novità che l’inserimento delle accademie nel mondo dell’arte portarono con sé.
Né va dimenticato che l’insegnamento artistico nelle Accademie diventò sempre più elitario e riservato ad artisti abbienti scelti proprio in base alle proprie condizioni sociali mentre alle botteghe potevano accedere giovani di qualsiasi ceto sociale purché dotati di talento artistico. Mi pare che in questa ultima enunciazione si sia detto tutto.

Paola Mangano

Bibliografia:

– Saper vedere la pittura, Imma Laino, Mondadori Arte, Verona 2009
– Accademie/Patrimoni di belle arti, Aa. Vv.
– Elogio della teoria Identità delle discipline del disegno e del rilievo, Aa. Vv.
– Gli italiani e l’arte, Mario Castracane, Armando srl 2011
– Formare alle professioni: architetti, ingegneri, artisti (secoli XV-XIX), Alessandra Ferraresi, Monica Visioli, FrancoAngeli, 2012

fonte: passionarte.wordpress.com

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