01/05/15

San Lazzaro degli Armeni



in veneto San Lazaro de i Armèni, è una piccola isola nella laguna di Venezia, di 7 000 m², che si trova vicina alla costa ovest del Lido ed è completamente occupata da un monastero, casa madre dell'ordine dei Mekhitaristi. L'isola è uno dei primi centri del mondo di cultura armena.

Storia

L'isola, prima di diventare "degli Armeni" fu:

nel IX secolo, sede dei benedettini di Sant'Ilario;

nel XII secolo, casa dei lebbrosi;

nel '500, alloggio per malati e poveri;

nel '600, dimora per domenicani espulsi da Creta;

nel '700, dopo un periodo di totale abbandono, accolse una confraternita di padri Armeni, fuggiti dalla propria terra in seguito all'invasione turca.

L'isolotto, trovandosi ad una certa distanza dalle isole principali che formano il centro storico di Venezia, era nella posizione ideale per lo stazionamento in quarantena e fu perciò usato dal XII secolo come lebbrosario (lazzaretto), ricevendo il relativo nome da San Lazzaro mendicante, patrono dei lebbrosi.

Nel 1716 Mechitar andò a visitare l'isola di San Lazzaro. Abbandonata nel XVI secolo, il 26 agosto 1717 fu data dalla Repubblica di Venezia a un gruppo di monaci armeni in fuga da Modone. L'8 settembre dello stesso anno, Mechitar e i suoi monaci presero possesso dell'isola, dove presto cominciarono a restaurarne la chiesa. L'obiettivo di Mechitar, oltre che restaurare i vecchi edifici, era anche quello di costruirne di nuovi e recuperare i terreni circostanti per trasformarli in un accurato giardino.

Nel 1740 terminarono i lavori e i monaci poterono darsi allo studio ed educare i nuovi discepoli. L'isola si trasformò in un centro di cultura e scienza, destinato a mantenere in vita la lingua, la letteratura, le tradizioni e i costumi del popolo armeno.

Nel 1789 venne aggiunto un nuovo padiglione, in cui sorse la prima piccola tipografia; così i monaci non dovettero più ricorrere alle tipografie veneziane e poterono diffondere autonomamente la lingua e la cultura armena, con una macchina da stampa che produsse lavori in 38 lingue e dieci alfabeti.

Dopo che, tra il 1823-25, venne costruita una nuova tipografia. Mechitar fece allestire una biblioteca. A San Lazzaro degli Armeni sono conservati circa 170.000 volumi, di cui 4.500 sono manoscritti, e molti altri manufatti arabi, indiani ed egiziani, tra cui la mummia di Nehmeket.

La comunità e i suoi edifici furono risparmiati durante l'invasione napoleonica; sebbene, infatti, l'imperatore avesse dato ordine di abbattere tutti i monasteri di Venezia, il 17 agosto del 1810, con provvedimento firmato e consegnato ai Padri alla vigilia della festa della Natività di Maria, decretò di preservare la comunità dei monaci armeni, in quanto il monastero venne considerato a tutti gli effetti una accademia di scienze e pertanto poteva godere della protezione dell'Imperatore. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1814 Francesco I, imperatore austro-ungarico, constatate le dimensioni ridotte del territorio rispetto alla crescente attività della comunità, decide di cedere un pezzo della Laguna a Mechitar per ampliare i possedimenti armeni, che raggiungono così una superficie di 15 000 m². Un'altra fase di espansione si avrà a metà del Novecento, quando l'Abate Serafino decide di ampliare l'isola, che raggiungerà così gli attuali 30 000 m², rappresentando ancora di più una piccola Armenia (l'attuale Armenia è di quasi 30 000 km²).

L'isola ha, inoltre, una lunga tradizione di ospitalità agli eruditi e agli allievi dell'Armenia, fra i quali anche Lord Byron, che ha studiato l'armeno lì nel 1816.

Il monastero è visitabile ogni giorno alle 15:25, senza bisogno di prenotazione.

Edifici dell'isola

Nell'atrio che conduce alla chiesa ci sono due sarcofagi. Uno contiene le ceneri di Constantine Zuchola, curatore e benefattore dell'antico ospedale. L'altro, di marmo bianco, è vuoto: fu richiesto per sé da Sir Alex Raphael, figlio del fondatore del Collegio, che morì all'estero, così il suo desiderio di riposare lì non fu realizzato.

Su ogni lato dell'entrata ci sono due colonne di marmo rosse, originariamente nella chiesa ma spostate qui durante le migliorie apportate, conclusesi nel 1901 per il festival bicentenario. Un'incisione su ciascun lato della porta, in armeno e latino, commemora la visita del Papa Pio VII al monastero nel 1800.

L'attuale chiesa fu eretta su un vecchio edificio preesistente, del dodicesimo secolo. Il tetto dritto fu sostituito con un tetto a volta e i pilastri di pietra con colonne di marmo rosse. Le vetrate policrome delle finestre sono moderne: quella nel mezzo rappresenta San Lazzaro; quella di destra San Mestob, inventore dell'alfabeto armeno; quella di sinistra Sant'Isacco.

Ai piedi dell'altare maggiore riposa il fondatore e primo abate, Mechitar. Lo mostra una lapide marmorea che riporta un'iscrizione armena. Cinque gradini conducono a quest'altare che, come gli altri nella chiesa, è costituito con diverse varietà di marmi. Oltre all'altare maggiore, nella chiesa ce ne sono altri quattro. Quello nel coro, alla sinistra del visitatore, reca un crocifisso in fine marmo bianco. L'altare sulla destra è dedicato a San Gregorio. Il quadro, che è moderno, è un'opera di Noè Bordignon e rappresenta il santo che battezza il re armeno Tiridate. Poi vi è un altare dedicato a Sant'Antonio, patrono di tutti gli ordini monastici orientali. La pala di questa altare è di Zugno, allievo del Tiepolo. L'altare della Vergine Benedetta è dedicato da una pala che raffigura la natività della Vergine, realizzata dal Maggiotto.

Nel 1901, in celebrazione della commemorazione per il bicentenario, la Regina Madre d'Italia donò alla chiesa una tenda per l'altare maggiore, usata come paramento nei giorni di grande festa.

Curiosità

L'isola di San Lazzaro è definita "l'Armenia in miniatura", viste le dimensioni del territorio.

Un fatto curioso, che lega Venezia alla cultura armena, è che tutt'oggi nel veneto veneziano l'albicocca è chiamata armełín ovvero "[frutto] armeno"; il nome scientifico dell'albero è difatti armeniaca, a causa del tradizionale luogo d'origine dalla pianta.

Khatchkar è una parola armena, che significa "croce di pietra". Nell'isola di San Lazzaro è visibile un autentico khatchkar del XIII secolo. Fu un regalo della Repubblica Armena al Veneto, in ricordo dei legami tra Armenia e Venezia e come segno di speranza per il futuro.

I monaci dell'Isola di San Lazzaro coltivano nel giardino del convento molti rosai, che vengono utilizzati per produrre la vartanush, una marmellata di petali di rosa.

fonte: Wikipedia

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