STORIA ARCHITETTONICA DEL PALAZZO DALLA NASCITA AL CANTIERE DELLA CORTE ARCIDUCALE.
“Così ad un podere (braida) successe una manifattura, a questa l’educazione, infine il culto del bello: sicchè quel palazzo può in alcun modo segnare l’andamento della società.” Romussi Carlo, Milano ne’ suoi monumenti, volume II, 1912.
Fuori Porta Comasina, vicino alle vecchie mura di epoca romana che circondavano Milano nel medioevo, vi era una campagna chiamata “Braida Guercii” dal nome del suo proprietario, un tal Adalgiso detto il Guercio. L’etimologia del nome “braida” sembrerebbe avere origini germaniche e significa appunto “prato” o, secondo altre interpretazioni, “Terreno incolto, ortaglia”. (0)
“Storto d’occhi ma dritto d’animo, il pio Adalgiso fece dono delle sue case all’ordine degli Umiliati, del quale per la verità so poco: so che in quelle case del Guercio misero la loro prepositura, che poco dopo l’ordine si estinse, e che la Braida passò automaticamente al cardinale arcivescovo monsignor Chiesa.” (da La vita agra – Luciano Bianciardi – Edizioni Rizzoli)
Non posso affermare con certezza che le cose andarono così come le descrive il noto scrittore Bianciardi, e cioè che il Guercio donò i terreni all’ordine degli Umiliati. (1) Tuttavia è documentato che nei primi anni del XIII secolo (1201) l’arcivescovo di Milano Filippo da Lampugnano concesse l’autorizzazione alla Confraternita degli Umiliati di erigere la loro chiesa lungo il lato sud del chiostro della Casa Umiliata di Brera dove già vi dimoravano dal 1036 (come viene provato nei suoi scritti da Giovanni Pietro Puricelli, morto nel 1659, citando le scritture d’investitura eseguite nello stesso anno da uno di quei religiosi). (2)Dopo il 1162 (distruzione di Milano ad opera di Federico Barbarossa), le mura vennero ricostruite seguendo un tracciato più ampio che finì per includere anche la Breda del Guercio.
A Brera gli Umiliati ebbero la loro casa madre affiancata dalla chiesa di Santa Maria sino al 1571 anno in cui papa Pio V, su istanza del cardinale Carlo Borromeo, ne abolì la congregazione e il convento con i terreni adiacenti furono affidati ai Gesuiti con l’impegno che vi creassero delle scuole e un collegio. Sembra che la forte enfasi che gli appartenenti all’ordine ponevano sulla frugalità e semplicità di vita e la loro condanna dei lussi e della rilassatezza dei costumi li avesse messi in conflitto con le gerarchie ecclesiastiche; tra l’altro, in epoca di Controriforma, le loro tesi suonavano pericolosamente vicine a quelle dei protestanti. Comunque di quel lungo periodo Umiliato, durato più di cinquecento anni, non resta traccia architettonica se non alcuni frammenti delle statue della chiesa di Santa Maria che ornavano la ghimberga di coronamento, oggi conservati presso le Civiche Raccolte d’Arte del Castello Sforzesco, altri immorsati nella facciata della cascina S. Fedele nel parco di Monza, ed alcuni affreschi trecenteschi, attribuiti a Giusto dè Menabuoi, ancora visibili in quella che era la penultima campata settentrionale (oggi aula di scenografia dell’Accademia).
Scrisse Cesare Cantù a proposito dell’ordine degli Umiliati e del Palazzo di Brera:
“Vivissimo era il traffico e il lavorio della lana, e gli Umiliati ne facevano la parte maggiore. Nel 1305, questi di Brera appunto avevano inviato qualcuno dei loro a piantarne manifatture sino nella Sicilia. Gran credito perciò godeva quest’ordine; e sovente ai membri di esso affida vasi pubbliche incombenze, singolarmente di riscuotere le gabelle, percepire i dazi alle porte della città, trasportare peculi, conservare pegni. Ma essendo di ogni istituzione umana il corrompersi, tralignarono anche gli umiliati: le ricchezze e i beni acquisiti furono convertite male; all’operosità subentrarono l’ozio e i vizi che ne conseguono; immensi tenimenti erano tenuti in commenda da pochi prevosti che sfoggiavano in lusso di tavola e di trattamenti: tanti che gli scandali che ne nascevano indussero San Carlo Borromeo a domandarne l’abolizione nel 1570, destinando gran parte dei loro beni a favore di un ordine allora nascente, i Gesuiti. Questi pure, passato il loro tempo, vennero dal papa disfatti e il grandioso palazzo che essi avevano fabbricato in Brera fu destinato all’istituzione, all’astronomia, alle belle arti, di cui oggi colà le scuole ed i modelli”.
“Vivissimo era il traffico e il lavorio della lana, e gli Umiliati ne facevano la parte maggiore. Nel 1305, questi di Brera appunto avevano inviato qualcuno dei loro a piantarne manifatture sino nella Sicilia. Gran credito perciò godeva quest’ordine; e sovente ai membri di esso affida vasi pubbliche incombenze, singolarmente di riscuotere le gabelle, percepire i dazi alle porte della città, trasportare peculi, conservare pegni. Ma essendo di ogni istituzione umana il corrompersi, tralignarono anche gli umiliati: le ricchezze e i beni acquisiti furono convertite male; all’operosità subentrarono l’ozio e i vizi che ne conseguono; immensi tenimenti erano tenuti in commenda da pochi prevosti che sfoggiavano in lusso di tavola e di trattamenti: tanti che gli scandali che ne nascevano indussero San Carlo Borromeo a domandarne l’abolizione nel 1570, destinando gran parte dei loro beni a favore di un ordine allora nascente, i Gesuiti. Questi pure, passato il loro tempo, vennero dal papa disfatti e il grandioso palazzo che essi avevano fabbricato in Brera fu destinato all’istituzione, all’astronomia, alle belle arti, di cui oggi colà le scuole ed i modelli”.
Furono quindi i Gesuiti a subentrare all’Ordine degli Umiliati nel convento di Santa Maria in Brera, una zona più decentrata rispetto alla loro sede milanese di San Fedele che era la loro casa professa.
Il moltiplicarsi di collegi, sia come “scuole pubbliche” frequentate da studenti laici, sia come scuole per aspiranti al sacerdozio (seminari), sia infine come convitti o collegi d’educazione, fu anche per l’ambito milanese un fenomeno tipico della seconda metà del Cinquecento, teso al rinnovamento della cultura e alla formazione della classe dirigente e volto a sostituire progressivamente il ricorso ai maestri pubblici. L’insegnamento non rientrava tra i ministeri originari dell’ordine gesuita. La scelta di fondare collegi si rivelò più una necessità, dovuta alla percezione della profonda decadenza in cui versavano le poche scuole di formazione per il clero. Ben presto però le pressanti richieste dei laici – principi, nobili, repubbliche – aprirono le porte dei collegi anche agli esterni.
La formazione all’interno di un istituto gesuitico divenne segno di prestigio sociale. (3)
Il moltiplicarsi di collegi, sia come “scuole pubbliche” frequentate da studenti laici, sia come scuole per aspiranti al sacerdozio (seminari), sia infine come convitti o collegi d’educazione, fu anche per l’ambito milanese un fenomeno tipico della seconda metà del Cinquecento, teso al rinnovamento della cultura e alla formazione della classe dirigente e volto a sostituire progressivamente il ricorso ai maestri pubblici. L’insegnamento non rientrava tra i ministeri originari dell’ordine gesuita. La scelta di fondare collegi si rivelò più una necessità, dovuta alla percezione della profonda decadenza in cui versavano le poche scuole di formazione per il clero. Ben presto però le pressanti richieste dei laici – principi, nobili, repubbliche – aprirono le porte dei collegi anche agli esterni.
La formazione all’interno di un istituto gesuitico divenne segno di prestigio sociale. (3)
Un impegno didattico e culturale di questo tipo richiedeva anche una struttura adeguata. Per questo motivo in un primo momento fu affidato all’architetto Martino Bassi il compito di rinnovare ed ampliare il complesso esistente ereditato dagli Umiliati. Ma i lavori non procedettero speditamente sia a causa del costo della costruzione muraria sia per la non completa disponibilità dell’area, che rendeva difficile l’esecuzione della seconda parte dei progetti del Bassi verso cui sembrava essersi indirizzata la scelta dei padri. I Gesuiti avevano però ben chiaro che la loro costruzione avrebbe dovuto imporsi sugli altri edifici cittadini circostanti. Bassi propose diverse soluzioni di espansione per il complesso soprattutto in direzione di Via Fiori Oscuri. Tutte le soluzioni prevedevano vari cortili monumentali. Inoltre il Bassi effettuò un importante rilievo dell’edificio esistente che proveniva dagli Umiliati. Sul fianco nord di S. Maria di Brera iniziò la costruzione di una nuova ala per i Gesuiti che sì indirizzò con un corpo di fabbrica articolato in maniera assai semplice, necessario per qualunque soluzione finale adottata, e si sviluppò verso via Fiori, come prova la pietra di fondazione datata 1591 ivi ritrovata nel 1881. Le numerose e complesse vicissitudini sotto il profilo delle realizzazioni delle strutture architettoniche del palazzo in tutte le epoche impongono scelte riassuntive che in altra sede sarebbero alquanto discutibili. Ma chi mi segue sa bene che è mia intenzione rivolgermi ad un pubblico vasto, che vuole approfondire senza rischiare di essere investito da una serie di notizie e dati documentari di difficoltosa lettura.
Orbene, intorno al secondo decennio del XVII secolo un nuovo progetto architettonico fu formulato da Francesco Maria Richini, noto architetto milanese nominato dal cardinale Federico Borromeo “architetto delle fabbriche ecclesiastiche”. Un progetto che prevedeva ampliamenti e ristrutturazioni di tutto l’impianto. I lavori però procedettero a rilento a causa della pestilenza, della calata degli eserciti tedeschi e della conseguente crisi demografica ed economica. Solo nel 1651 il generale dei Gesuiti approvò il nuovo progetto definitivo del Richini che prevedeva il grande cortile rettangolare a due ordini di logge con colonne binate sull’esempio del collegio Gesuitico di Roma e di quello Borromeo a Pavia, ideato anche dal Bassi, con lo scalone a doppia rampa parallelo a via Brera. Per l’esterno era previsto un rivestimento in mattoni rosso scuro, rinforzato agli angoli e scandito da robuste paraste a bugnato in ceppo grigio, sporgenti cornici marcapiano e finestre con frontoni alterni, sempre in pietra.
Quando due anni dopo, 1658, il Richini morì i lavori furono affidati al figlio Gian Domenico e agli architetti Gerolamo Quadrio e Giorgio Rossone, molto affermati nel campo e già impegnati anche nella fabbrica del Duomo. Sostanzialmente i nuovi architetti seguirono i progetti iniziali portando l’edificio ad assumere la forma tipica del tardo barocco lombardo. Ci volle ancora un altro secolo però per portarlo a termine. I lavori furono spesso interrotti e prolungati da continue problematiche legate agli spazi circostanti, ancora occupati da case private e che i frati non si potevano permettere di comprare, obiezioni e dispute su come proseguire i lavori e via dicendo.
Elemento innovativo fu la costruzione nel 1764/65 di una specola (dal lat. specŭla «osservatorio», der. di specĕre «guardare, osservare») da cui ebbe origine l’osservatorio astronomico.
I padri Gesuiti, nel corso del ‘700 avevano fondato in diverse città europee un buon numero di osservatori astronomici (i primi osservatori astronomici fondati dai Gesuiti furono quelli di Lione e Marsiglia, nel 1702; nel 1773, anno della soppressione dell’Ordine, essi gestivano una trentina di osservatori). Si ritiene che a Brera i frati praticassero le osservazioni dai tetti del collegio servendosi di piccoli telescopi. A riguardo non è pervenuta a noi alcuna documentazione ma si deduce che, anche in assenza di un vero osservatorio, in qualche modo i frati presenti nel collegio di Brera si applicavano all’osservazione dei cieli a seguito della scoperta di una nuova cometa da parte di due di loro, Giuseppe Bovio e Domenico Gerra, che ne diedero notizia alla cittadinanza utilizzando un mezzo di informazione all’epoca molto diffuso, cioè affiggendo manifesti per la città (4). Trascinato dal successo di questa scoperta il rettore del Collegio di Brera, padre Federico Pallavicini, si convinse della necessità di potenziare l’attività astronomica in quel luogo fondando un vero osservatorio. Per questo motivo fece arrivare da Marsiglia un astronomo esperto, padre Luigi La Grange, 1762, al quale affidò il compito di fondare la specola di Brera. Qualche anno dopo e precisamente nel 1764 a La Grange si aggiunse la competenza di un altro padre gesuita Ruggero Boscovich (17111787), in quegli anni docente di matematica all’Università di Pavia (all’epoca l’unica università in Lombardia) che ne curò personalmente la pianta architettonica e la strumentazione scientifica. Il modello ligneo della specola, realizzato nel 1764 per illustrare al rettore il progetto, si conserva attualmente al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano.
I padri Gesuiti, nel corso del ‘700 avevano fondato in diverse città europee un buon numero di osservatori astronomici (i primi osservatori astronomici fondati dai Gesuiti furono quelli di Lione e Marsiglia, nel 1702; nel 1773, anno della soppressione dell’Ordine, essi gestivano una trentina di osservatori). Si ritiene che a Brera i frati praticassero le osservazioni dai tetti del collegio servendosi di piccoli telescopi. A riguardo non è pervenuta a noi alcuna documentazione ma si deduce che, anche in assenza di un vero osservatorio, in qualche modo i frati presenti nel collegio di Brera si applicavano all’osservazione dei cieli a seguito della scoperta di una nuova cometa da parte di due di loro, Giuseppe Bovio e Domenico Gerra, che ne diedero notizia alla cittadinanza utilizzando un mezzo di informazione all’epoca molto diffuso, cioè affiggendo manifesti per la città (4). Trascinato dal successo di questa scoperta il rettore del Collegio di Brera, padre Federico Pallavicini, si convinse della necessità di potenziare l’attività astronomica in quel luogo fondando un vero osservatorio. Per questo motivo fece arrivare da Marsiglia un astronomo esperto, padre Luigi La Grange, 1762, al quale affidò il compito di fondare la specola di Brera. Qualche anno dopo e precisamente nel 1764 a La Grange si aggiunse la competenza di un altro padre gesuita Ruggero Boscovich (17111787), in quegli anni docente di matematica all’Università di Pavia (all’epoca l’unica università in Lombardia) che ne curò personalmente la pianta architettonica e la strumentazione scientifica. Il modello ligneo della specola, realizzato nel 1764 per illustrare al rettore il progetto, si conserva attualmente al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano.
Per quasi un decennio La Grange e Boscovich si divisero il compito di dirigere la specola di Brera. I due avevano caratteri e impostazioni scientifiche quasi opposte: Boscovich era eclettico e intraprendente e aveva progetti ambiziosi per il futuro dell’Osservatorio; La Grange era molto più cauto, legato a una mentalità scientifica più tradizionale, e preoccupato di contenere le spese per l’acquisto di strumentazione. Sta di fatto che, per ragioni non ancora chiarite perfettamente, nel 1772 Boscovich diede le dimissioni da tutti i suoi incarichi e lasciò l’Osservatorio.
L’anno successivo (1773) l’ordine dei Gesuiti fu soppresso da papa Clemente XIV.
Erano i tempi in cui l’imperatrice Maria Teresa, dopo aver conquistato la pace per i suoi sudditi, provvedeva a necessari e incisivi cambiamenti all’interno del suo vasto impero.
Uno di questi prevedeva la riforma dell’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado già iniziato dal governo di Vienne nel 1757 e relativo a tutti gli stati di Casa d’Austria nel tentativo di omogeneizzare l’istruzione sotto una responsabile gestione statale.
Erano i tempi in cui l’imperatrice Maria Teresa, dopo aver conquistato la pace per i suoi sudditi, provvedeva a necessari e incisivi cambiamenti all’interno del suo vasto impero.
Uno di questi prevedeva la riforma dell’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado già iniziato dal governo di Vienne nel 1757 e relativo a tutti gli stati di Casa d’Austria nel tentativo di omogeneizzare l’istruzione sotto una responsabile gestione statale.
Le proposte di riforma per le scuole milanesi e pavesi, ma da estendersi in tutta la Lombardia, elaborate a partire dal 1767, miravano non tanto a sottrarre il più possibile l’istruzione al clero quanto proprio a rinnovare, in sintonia con la cultura illuminista europea, i metodi e i contenuti dell’insegnamento, riducendo le materie teologiche e sacre a vantaggio di quelle scientifiche che potevano favorire la conoscenza sperimentale della natura e dell’uomo, e privilegiando una didattica basata sulla ricerca di soluzioni e motivazioni scientifiche, e non più dogmatiche, dei problemi.
Furono il Principe Venceslao Antonio di Kaunitz, Cancelliere di Stato e direttore della politica estera a Vienna, e il Carlo Conte di Firmian, ministro plenipotenziario della Lombardia, a proporre l’acquisto di Brera per far posto alle nuove scuole e alla Biblioteca.
A Milano non mancava certo una biblioteca importante; l’Ambrosiana, la prima aperta al pubblico a Milano e in Italia (nel 1610), per concessione del cardinale Federico Borromeo. Ma la preziosa raccolta non poteva soddisfare le esigenze di un pubblico che desiderava conoscere ed essere aggiornato, perché priva di libri moderni.
A Milano non mancava certo una biblioteca importante; l’Ambrosiana, la prima aperta al pubblico a Milano e in Italia (nel 1610), per concessione del cardinale Federico Borromeo. Ma la preziosa raccolta non poteva soddisfare le esigenze di un pubblico che desiderava conoscere ed essere aggiornato, perché priva di libri moderni.
Nel 1763 la Congregazione dello Stato di Milano aveva acquistato la maestosa biblioteca del defunto conte Carlo Pertusati (1674-1755), ricca di oltre 24.000 volumi, per farne dono all’Arciduca Ferdinando, figlio dell’imperatrice Maria Teresa e futuro governatore della Lombardia; ma l’Imperatrice aveva deciso di destinarla ad uso pubblico. Si rendeva quindi pressante la ricerca di una adeguata sede per la sua collocazione e quando, dieci anni dopo, a seguito della soppressione dei Gesuiti, si rese disponibile il complesso di Brera non ci furono dubbi che il luogo fosse adatto sia per la collocazione di una biblioteca statale che per l’apertura di un nuovo ed illuminato complesso scolastico.
Nella relazione inviata dal conte Firmian al principe Kaunitz si percepisce l’entusiasmo per questo progetto destinato a porre Milano finalmente al pari delle più innovatrici accademie del panorama europeo. “ Brera dovrebbe servire per il Ginnasio ed Istituto di scienze di questa città di Milano. […] Si dovrebbero riunire in Brera le scuole Palatine, l’Aula per le dimostrazioni di Fisica sperimentale, la Camera ottica, il Laboratorio per la fusione dei metalli, il Museo delle antichità sacre e civili ed il Museo di storia naturale. […] Al detto Istituto di Scienze si potrà trasportare la Biblioteca Pertusati, e formare una sala con quella di Brera. […] Resterà in Brera la Specola e l’abate Lagrange. […] In Brera vi sono poi le scuole inferiori. […] Finalmente si potrebbe formare in Brera l’Accademia delle Arti e delle Scienze combinandola con tutti”.
Si impose la necessità di un nuovo adeguamento architettonico al complesso per far fronte alle esigenze delle singole discipline scolastiche e disporre con cura i vari insegnamenti.
Per questo fu affidato l’incarico di occuparsi dei lavori del palazzo all’architetto Giuseppe Piermarini, nominato nel 1769 Imperial Regio Architetto e nel 1770 Ispettore delle Fabbriche per tutta la Lombardia, già impegnato al riassetto urbanistico di tutta la città di Milano. L’architetto folignese disegnò nuove torri all’Osservatorio astronomico, raddoppiò la capienza della Biblioteca gesuitica, scelse un numero sufficiente di aule per l’Accademia di Belle Arti, per le Scienze e le Manifatture e predispose planimetrie e disegni di serre per l’Orto Botanico.
Per questo fu affidato l’incarico di occuparsi dei lavori del palazzo all’architetto Giuseppe Piermarini, nominato nel 1769 Imperial Regio Architetto e nel 1770 Ispettore delle Fabbriche per tutta la Lombardia, già impegnato al riassetto urbanistico di tutta la città di Milano. L’architetto folignese disegnò nuove torri all’Osservatorio astronomico, raddoppiò la capienza della Biblioteca gesuitica, scelse un numero sufficiente di aule per l’Accademia di Belle Arti, per le Scienze e le Manifatture e predispose planimetrie e disegni di serre per l’Orto Botanico.
Adiacente al lato meridionale dell’edificio si trovava infatti un piccolo giardino strutturato in due quadri, circondato da stretti viali alberati e con un boschetto al limite occidentale, concepito dai gesuiti sia come luogo di raccoglimento e di passeggio, sia come spazio per farvi crescere ortaggi e frutta. L’area si prestava a diventare Orto botanico per la coltivazione delle piante e la dimostrazione di esse agli scolari, secondo una rinnovata visione didattica basata non più solo sulla conoscenza dottrinale ma anche sull’osservazione diretta delle piante vive, in sintonia con le richieste di quel sapere sperimentale e induttivo, propagato con tanta risolutezza e determinazione dalla cultura illuministica.
Tra 1774 e 1776 all’interno dell’ex palazzo gesuitico di Brera avevano così cominciato ad installare, nonostante le continue lamentele di spesa che giungevano da Vienna, i vari stabilimenti per cui Milano si era battuta.
Nel 1776 si apriva l’Accademia di Belle Arti; nello stesso anno iniziarono i lavori, che si conclusero nel 1784, per il completamento della facciata su via Brera e verso la piazzetta con la creazione di un monumentale portale neoclassico, progettato dal Piermarini ad arco affiancato da losanghe bugnate.
Nel 1786 si inaugurò al pubblico anche l’Imperial Regia Bibliotheca Mediolanensis; la ristrutturazione dell’ala a lei riservata e iniziata ben dieci anni prima richiese tempi più lunghi di quelli necessari a una nuova costruzione.
Qualche anno più tardi, 1790, iniziò a farsi strada la possibilità di costruire accanto all’Accademia una Pinacoteca ad uso delle classi di pittura e scultura. Ma l’amministrazione austriaca non condivideva il progetto di un museo d’arte pubblico milanese, considerando l’Accademia una scuola finalizzata a formare maestranze qualificate e bisognerà aspettare l’arrivo di Napoleone perché una tale istituzione potesse vedere finalmente la luce.
Con la scomparsa nel 1794 a Vienna di Wenzel Anton von Kaunitz, abilissimo uomo di stato, grande diplomatico e arbitro della politica estera austriaca, si chiuse un’epoca di riforme illuminate e una nuova fase per Brera si aprì con l’arrivo dei Francesi e con l’ascesa napoleonica.
Paola Mangano
Note0) A sua volta il termine braida deriva probabilmente dal latino praedia (proprietà terriere, fondi). La lezionebraida del termine è ancora visibile nel nome della Biblioteca Nazionale Braidense, situata nello stesso palazzo dell’Osservatorio.
1) Il cittadino milanese Algisio Guercio aveva donato agli Umiliati la sua casa che possedeva in Brera (nome derivato da Braida che nella bassa latinità significava campo suburbano) e tale casa fu la prima che sorgesse di queir ordine nel 1034 ; anzi per molto tempo i frati furono detti fratres de Guercio. Pare che sia stata rifabbricata nel 1229, ma è certo che nel 1347 fu una terza volta rifatta nel modo che la videro e descrissero il Torre, il Lattuada, il Giulini. (Da Milano ne’ suoi monumenti, Romussi, Carlo, 1847-1913)
2) LATUADA, SERVILIANO, Descrizione di Milano ornata con molti disegni in rame (etc.), vol.V, Milano, Cairoli, 1751
3) Partito in sordina, l’insegnamento nei collegi divenne uno dei ministeri decisivi della Compagnia. Lo straordinario successo fu dovuto alla capacità di elaborare un modello in grado di corrispondere da vicino alle esigenze di un’Europa cattolica la quale, dopo il concilio di Trento, cercava di elaborare nuove strategie di consenso e di presa sulla società. I collegi gesuiti si facevano carico di una simile esigenza poiché intendevano rappresentare non soltanto un’opzione intellettuale, ma un processo educativo totale, all’interno del quale rivestivano eguale importanza l’istruzione e l’educazione morale. Inoltre, la mancanza, a metà Cinquecento, di scuole specifiche per i nobili segnò la fortuna dei gesuiti, che fecero dei seminaria nobilium il fiore all’occhiello del loro sistema pedagogico. Se infatti, in linea di principio, la gratuità delle scuole (ma non dei convitti) le rendeva accessibili a tutti i ceti sociali, gli «ignaziani» attivarono un’opzione preferenziale perle élite della società. Oltretutto, la scelta di escludere l’insegna-mento elementare rafforzava l’ingresso di allievi già provvisti dei rudimenti dell’istruzione. La grande intuizione della Compagnia fu quella di considerare «l’apprendistato letterario […] come apprendistato religioso e politico», come ha scritto lo storico della letteratura Gian Mario Anselmi: fu così che il collegio dei gesuiti divenne luogo di formazione di una vera e propria classe dirigente. Nell’ambito di questo processo educativo globale la formazione religiosa svolgeva, ovviamente, un ruolo di primo piano. All’interno dei collegi nacquero dunque le congregazioni mariane, destinate a estendersi poi presso tutti i ceti della società, all’interno delle quali i giovani si avvicinarono alla pratica degli Esercizi spirituali, cardine della spiritualità gesuitica. Inoltre, all’interno dei collegi fiorì una serie di attività come i corsi di danza, di scherma, di equitazione, spesso legati alla formazione di accademie – vera istituzione dentro l’istituzione – destinate in particolare ai figli della nobiltà.
4) “Alli 6 del corrente Febbraio circa le ore 8 di sera fu da due Padri professori in questa Università di Brera della Compagnia di Gesù osservata ad occhio nudo la sembianza di una stella nebulosa minore di mole, ma di egual luce alla nebulosa Presepe nel cuor del Cancro. Essa era nella costellazione del Lione lontana a stima d’occhio quattro gradi incirca d’un gran cerchio dalla Stella Regulus … Osservata col telescopio fu discoperta cometa. La testa involtain atmosfera nebbiosa, corta corda, e sfumata ad Ostrolebeccio …”
1) Il cittadino milanese Algisio Guercio aveva donato agli Umiliati la sua casa che possedeva in Brera (nome derivato da Braida che nella bassa latinità significava campo suburbano) e tale casa fu la prima che sorgesse di queir ordine nel 1034 ; anzi per molto tempo i frati furono detti fratres de Guercio. Pare che sia stata rifabbricata nel 1229, ma è certo che nel 1347 fu una terza volta rifatta nel modo che la videro e descrissero il Torre, il Lattuada, il Giulini. (Da Milano ne’ suoi monumenti, Romussi, Carlo, 1847-1913)
2) LATUADA, SERVILIANO, Descrizione di Milano ornata con molti disegni in rame (etc.), vol.V, Milano, Cairoli, 1751
3) Partito in sordina, l’insegnamento nei collegi divenne uno dei ministeri decisivi della Compagnia. Lo straordinario successo fu dovuto alla capacità di elaborare un modello in grado di corrispondere da vicino alle esigenze di un’Europa cattolica la quale, dopo il concilio di Trento, cercava di elaborare nuove strategie di consenso e di presa sulla società. I collegi gesuiti si facevano carico di una simile esigenza poiché intendevano rappresentare non soltanto un’opzione intellettuale, ma un processo educativo totale, all’interno del quale rivestivano eguale importanza l’istruzione e l’educazione morale. Inoltre, la mancanza, a metà Cinquecento, di scuole specifiche per i nobili segnò la fortuna dei gesuiti, che fecero dei seminaria nobilium il fiore all’occhiello del loro sistema pedagogico. Se infatti, in linea di principio, la gratuità delle scuole (ma non dei convitti) le rendeva accessibili a tutti i ceti sociali, gli «ignaziani» attivarono un’opzione preferenziale perle élite della società. Oltretutto, la scelta di escludere l’insegna-mento elementare rafforzava l’ingresso di allievi già provvisti dei rudimenti dell’istruzione. La grande intuizione della Compagnia fu quella di considerare «l’apprendistato letterario […] come apprendistato religioso e politico», come ha scritto lo storico della letteratura Gian Mario Anselmi: fu così che il collegio dei gesuiti divenne luogo di formazione di una vera e propria classe dirigente. Nell’ambito di questo processo educativo globale la formazione religiosa svolgeva, ovviamente, un ruolo di primo piano. All’interno dei collegi nacquero dunque le congregazioni mariane, destinate a estendersi poi presso tutti i ceti della società, all’interno delle quali i giovani si avvicinarono alla pratica degli Esercizi spirituali, cardine della spiritualità gesuitica. Inoltre, all’interno dei collegi fiorì una serie di attività come i corsi di danza, di scherma, di equitazione, spesso legati alla formazione di accademie – vera istituzione dentro l’istituzione – destinate in particolare ai figli della nobiltà.
4) “Alli 6 del corrente Febbraio circa le ore 8 di sera fu da due Padri professori in questa Università di Brera della Compagnia di Gesù osservata ad occhio nudo la sembianza di una stella nebulosa minore di mole, ma di egual luce alla nebulosa Presepe nel cuor del Cancro. Essa era nella costellazione del Lione lontana a stima d’occhio quattro gradi incirca d’un gran cerchio dalla Stella Regulus … Osservata col telescopio fu discoperta cometa. La testa involtain atmosfera nebbiosa, corta corda, e sfumata ad Ostrolebeccio …”
Bibliografia
– https://smariadibrera.wikispaces.com– Memorie Spettanti alla Storia, al Governo, ed alla Descrizione Della Citta e Della Campagna di Milano nel secoli bassi del Conte Giorgio Giulini, part. IV, Giambattista Bianchi, 1760
– Mario Carpino – Breve storia dell’Osservatorio Astronomico di Brera attraverso i suoi strumenti, Milano 2010.
– L’Università di Roma “La Sapienza” e le università italiane, Aa. Vv., Gangemi Editori
– I gesuiti in Italia 1548-1773, Sabina Pavone
– Luisa Arrigoni, Il Palazzo di Brera
– Brera for All, corso di laurea specialistica in “Sustainable Design of Large Scale Architecture” POLITECNICO DI MILANO Faculta di Architettura e Societa Campus di Piacenza, Relatore: Professor Marco Albini
– Breve storia dell’Osservatorio Astronomico di Brera attraverso i suoi strumenti, Mario Carpino
– La fondazione dell’Orto botanico di Brera e gli anni della direzione dell’abate vallombrosano Fulgenzio Vitman (1728-1806) tra assolutismo asburgico ed età napoleonica, Agnese Visconti, Atti Soc. it. Sci. nat. Museo civ. Stor. nat. Milano, 153 (I): 27-48, Aprile 2012
– Per volere di Maria Teresa e dei milanesi – La Biblioteca Braidense, simbolo della cultura e della storia del capoluogo lombardo, Franca Alloatti
fonte: https://passionarte.wordpress.com
Nessun commento:
Posta un commento