17/04/16

delitto Marcone: chi è stato?




di Gianni Lannes

Bang bang: un timbro inequivocabile della mafia dai colletti apparentemente inamidati. Il 31 marzo 1995, alle 19,15 circa, in base al referto ufficiale della Polizia di Stato, un ignoto uccise con due revolverate alla schiena Francesco Marcone, direttore dell’ufficio del registro di Foggia. Sicario e mandanti sono ancora impuniti dopo 21 anni. Come Ambrosoli, Marcone non si piegò al malaffare criminale dilagante nelle istituzioni. La cosiddetta inchiesta giudiziaria fu chiusa dalla Procura della Repubblica locale il 23 luglio 2004. Il Gip Lucia Navazio, morta improvvisamente qualche tempo dopo, fu costretta, infatti, suo malgrado, come ebbe a dichiarare in un incontro pubblico, ad archiviare la lacunosa indagine. Le motivazioni dell'archiviazione, tuttavia, auspicarono una veloce riapertura delle indagini alla ricerca della verità.

Quella sera Franco Marcone era appena rientrato a casa dopo una giornata di intenso lavoro. Aprì il portone in via Figliolia, ed ebbe appena il tempo di salire i primi due gradini, quando fu colpito alle spalle da due proiettili calibro 38, che lasciarono insanguinate le scale dell’androne dove stramazzò un corpo ormai senza vita. Nel 2005, lo Stato italiano per lavarsi la coscienza (si fa per dire!) a mezzo del presidente Ciampi conferì alla memoria di Marcone una medaglia d’oro al valor civile, mentre in Parlamento qualche interrogazione parlamentare sul caso languì senza una risposta esaustiva.

Nel marzo dell’anno 2006 da Roma fui inviato a Sannicandro Garganico dal quotidiano il Manifesto, per l’omicidio di un ragazzo. L’obiettivo era il padre, a cui indirizzato un pacco contente una bomba. Il plico, però, fu aperto dal figlio, ed esplose. In quell’occasione, a Foggia, incontrai Daniela Marcone che mi chiese di occuparmi della vicenda. Così per alcuni mesi esplorai questo delitto di mafia istituzionale. L’allora procuratore capo, Vincenzo Russo, mi autorizzò a visionare i fascicoli in tribunale. E da quel momento partì la mia inchiesta giornalistica.






Il 23 marzo 2007 scrissi le prime conclusioni sul settimanale Left (germogliato dalle spoglie del mitico Avvenimenti a cui avevo collaborato in anni passati). Era emersa un’importante pista, mai sfiorata dall’autorità giudiziaria, che mi portò in Sicilia, nei pressi di Palermo, in un lussuoso albergo (controllato dal Ros carabinieri) di proprietà di  Michele Ajello, prestanome di Bernardo Provenzano. C’era un funzionario dello Stato che aspirava a diventare sottosegretario - al contempo consulente affaristico di alcuni imprenditori pugliesi, assurti alle cronache giudiziarie per truffe imponenti scoperte ed accertate dalla Guardia di Finanza - che vi aveva soggiornato ed era in contrasto proprio con Marcone. C’era un filone scottante: la Foar che portava dritto alla Sicilsud, su cui aveva indagato a suo tempo Giovanni Falcone. Foar e Sicilsud legavano saldamente in un mortale abbraccio affaristico Palermo e Foggia. Ma non solo, c'era anche dell'altro, su cui i magistrati locali avevano sorvolato. 



Nel settembre 2007 mentre ero a Catania per una conferenza, giunse a Daniela Marcone una missiva anonima spedita da Bari, che recava una minaccia di morte a me diretta. Fui costretto a cambiare domicilio; ovviamente denunciai prontamente l'accaduto allaDirezione distrettuale antimafia di Bari.


Ne parlai don Luigi Ciotti, personalmente e direttamente sia a Roma che a Torino. Ci accordammo per la pubblicazione di un libro che sarebbe stato pubblicato dalla casa editrice del gruppo Abele. Il padrone di Libera mi chiese di collaborare al mensile Narcomafie, che pubblicò nel 2007 alcune mie inchieste sulla mafia istituzionale. 




Poi, improvvisamente, don Ciotti, iniziò a non farsi più trovare, a non rispondere al telefono, a darsi con me addirittura “latitante”. Andai a trovarlo a Roma. Mi pagò in contanti tirando fuori dalla tasca un malloppo di banconote, per il lavoro svolto e pubblicato dalla sua rivista, ma inspiegabilmente, non ne volle più sapere di pubblicare quel volume su Marcone. Oggi, me lo ritrovo, a Foggia, a celebrare l’ennesima retorica commemorazione di Francesco Marcone. Ma come è strana la vita. C’è la memoria ma non c’è la giustizia. C’è appena il ricordo dell’ammazzato ma non ci sono colpevoli, e magari vicino ai celebranti s’assiepano i mandanti. C’è il dolore che più di quattro lustri non attenuano nella famiglia della vittima e la delusione per la mancata soluzione investigativa di un omicidio eccellente, destinato a rimanere senza una verità giudiziaria.

riferimenti:

 http://www.peacelink.it/casablanca/a/23668.html

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=narcomafie 

 http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/10/un-monumento-allo-spreco.html 

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

10/04/16

grande moschea di Djenné


la moschea di Djenné, nella regione di Mopti, in Mali, il più grande edificio al mondo in adobe.

Lo stile architettonico è quello sudanese-saheliano, con influssi islamici. Il primo edificio risale al XIII secolo, mentre quello attuale è del 1907.

Si trova nel centro della città di Djenné e con tutta la città è dal 1988 Patrimonio mondiale dell'umanità del'UNESCO.

Storia

Un primo edificio del cazo adibito a moschea venne costruito nella città di Djenné, nella piana alluvionale del fiume Bani, affluente del Niger, in un luogo precedentemente occupato da un palazzo.

La costruzione fu ordinata nel 1240 da Koi Kunboro, prima che Djenné divenisse una delle principali città del'impero del Mali dopo Songhai. La moschea originale ospitava uno dei centri di insegnamento islamico più importanti dell'Africa durante tutto il Medioevo

Il conquistatore di Djenné Amadou Lobbo (1818-1893) la fece demolire, ritenendo che il palazzo dal quale era stata ricavata fosse troppo ricco per ospitare una moschea: dell'edificio originario demolito resta solamente un recinto con le tombe dei capi locali.

Una ricostruzione identica dell'originale edificio venne completata nel 1896 e fu in seguito nuovamente demolita per essere ancora ricostruita con l'edificio attuale. La costruzione di questo iniziò nel 1906 e fu probabilmente completata nel 1907 o 1909. I lavori di costruzione furono diretti dal capo della corporazione dei muratori di Djenné, Ismaïla Traoré, quando Djenné apparteneva al territorio del'Africa Occidentale Francese: fu probabilmente il governo coloniale francese che aiutò la ricostruzione della moschea, insieme a quella della vicina madrasa dal punto di vista sia finanziario sia economico.

Tecnica di costruzione

L'edificio in adobe o terra cruda, è costruito con il sistema "djennè-ferey", il metodo di costruzione tradizionale, consistente in una sovrapposizione di palle di terra cruda ancora bagnata, che ricopre il ruolo sia di mattone che di legante. Questa tecnica si differenzia da quella del "toubabou-ferey", introdotta dagli occidentali, con la fabbricazione di mattoni crudi seccati, tenuti insieme da terra cruda ancora bagnata come legante.

Descrizione

La moschea ha una pianta quadrata, di 75 m di lato, con un'altezza di 20 m. Il tetto è sostenuto da 90 pilastri ed è dotato da 104 fori di aerazione. La moschea può contenere mille persone.

La quibla è rivolta ad est, in direzione di La Mecca e si affaccia all'esterno sulla piazza del mercato di Djenné. Sporgono da esso tre grandi minareti a pianta rettangolare, e 18 contrafforti. I minareti presentano scale a chiocciola che conducono alla piattaforma sommitale e sono coronati da un cono sormontato da un uovo di struzzo.

I muri presentano da 40 a 60 cm di spessore, in proporzione alla loro altezza e dunque al loro peso. Sono costituiti da mattoni di terra cruda, chiamati ferrei, collegati da un legante e rivestiti da uno strato, entrambi sempre in terra cruda: in tal modo l'edificio presenta forme delicatamente arrotondate. Dei fasci di rami di palma sono affondati nella profondità dei muri per assorbire le microfessure derivanti dalle diverse reazioni del materiale ai cambiamenti di temperatura e di umidità, dando all'edificio l'aspetto a istrice caratteristico. Le pareti in terra isolano durante la giornata l'interno dell'edificio dal calore più forte, assicurando la regolazione termica con le notti più fresche. Dei gocciolatoi costituiti da tubi in terra sporgono dal bordo del tetto, consentendo di gettare l'acqua piovana lontana dai muri.

La metà dello spazio interno è coperta, mentre l'altra è un cortile di preghiera scoperto. Il tetto è rivestito da 90 pilastri in legno ripartiti su tutta la superficie. I fori di aerazione sul tetto sono rivestiti da cupolette in ceramica che impediscono alla pioggia di entrare, ma che possono essere ritirate quando la temperatura dell'interno diventa troppo alta.

Una seconda sala di preghiera è sistemata in un recinto chiuso ad est, dietro la parte coperta, delimitata da muri esterni verso nord, sud ed ovest, ed è circondata da arcate. I muri dell'arcata tra la sala coperta e la corte di preghiera sono aperti da aperture voltate di 15 m di altezza, che permettono la vista dell'interno e la circolazione delle persone.

Il rischio di danneggiamento per le acque piovane o per le inondazioni annuali del Bani, fu la principale preoccupazione del capomastro che diresse la costruzione: la moschea è stata per questo motivo elevata su una piattaforma sopraelevata con una superficie di 5.625 m²

Aspetti culturali

Tutta la comunità degli abitanti di Djenné prende parte attiva alla manutenzione della moschea, nel quadro delle festività annuali: i lavori sono condotti con metodi tradizionali e al suono della musica. Questa manutenzione regolare è resa necessaria dalle caratteristiche di fragilità del materiale utilizzato per la costruzione, che subisce una forte erosione per l'azione combinata della pioggia, dell'irraggiamento solare e dei cambiamenti di temperatura, che provocano spaccature. Nei giorni che precedono le feste, viene preparata una grande quantità di rivestimento, con diverse giornate di lavoro: questo intonaco pastoso deve essere periodicamente mescolato, compito svolto dai bambini che vi giocano dentro. Quindi i giovani si arrampicano sulle pareti della moschea, aiutati dai ponteggi permanenti costituiti dai fasci di rami di palma inseriti nel muro, e procedono a coprire completamente i muri con un nuovo strato di materiale di rivestimento, che viene loro portato da altri uomini. Le donne portano l'acqua necessaria alla fabbricazione dell'intonaco o per gli uomini che lavorano. Tutto il procedimento è diretto dai membri eminenti della corporazione dei muratori, mentre gli anziani, che essi stessi hanno compiuto in passato la medesima opera, sono seduti al posto d'onore e assistono all'intera operazione.

fonte: Wikipedia

Daily Mail: troppe medicine inutili e letali, migliaia i morti

L’ex medico personale della Regina ha chiesto che si faccia con urgenza un’inchiesta pubblica sulle “oscure” pratiche delle aziende farmaceutiche. Sir Richard Thompson, ex presidente del Royal College of Physicians, nonché medico personale della Regina per 21 anni, ha avvertito che molti farmaci potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensi. Thompson è membro di un gruppo di sei noti medici che oggi hanno messo in guardia sull’influenza che le case farmaceutiche hanno nella prescrizione dei medicinali. Gli esperti, guidati dal cardiologo Aseem Malhotra, del sistema sanitario nazionale, sostengono che troppo spesso ai pazienti vengono date medicine inutili – e talvolta dannose – di cui possono fare a meno. Affermano che le case farmaceutiche sviluppano medicinali da cui trarre profitto più che medicinali che abbiano effettivamente il maggiore beneficio per i pazienti. I sei medici accusano inoltre il sistema sanitario nazionale per la sua incapacità di opporsi ai giganti dell’industria farmaceutica.
«È venuto il tempo di fare un’inchiesta pubblica che sia ampia e trasparente sul modo in cui viene rilevata la reale efficacia dei medicinali», ha detto Thompson. «C’è il concreto pericolo che alcuni trattamenti farmaceutici siano molto meno efficaci di Il dottor Richard Thompson, già medico della Reginaquanto si pensasse finora». Il medico ha aggiunto che questa campagna mette in luce «la base debole, e talvolta oscura, del modo in cui si valuta l’efficacia e l’uso dei medicinali, specialmente nel caso degli anziani». Scrivendo al “MailOnLine”, il dottor Malhotra ha detto che il conflitto d’interessi commerciale sta contribuendo a «un’epidemia di medici e pazienti disinformati e fuorviati, nel Regno Unito e non solo». Ha aggiunto anche che il sistema sanitario nazionale nel suo complesso sta somministrando un’eccessiva quantità di farmaci ai suoi pazienti, e che gli effetti collaterali dell’eccesso di medicine stiano causando una quantità innumerevole di morti.
Malhotra sostiene inoltre che studi empirici sulle statine – farmaci contro il colesterolo somministrati a milioni di persone – non sono mai stati pubblicati, e che simili dubbi sorgono anche sul Tamiflu, un farmaco che è costato al sistema sanitario nazionale quasi 500 milioni di sterline. Il gruppo dei sei medici ha chiesto di essere convocato presso la Commissione parlamentare per l’audizione pubblica al fine di svolgere un’inchiesta indipendente sulla sicurezza delle medicine. Affermano che i finanziamenti pubblici vengono spesso forniti alla ricerca medica sulla base del fatto che questa potrà essere redditizia, non sul fatto che sarà utile ai pazienti. «Non c’è dubbio che alla base dell’assistenza sanitaria ci sia una cultura del tipo ‘più medicine è meglio’, il che è esacerbato dagli incentivi finanziari all’interno del sistema stesso, che portano a prescrivere sempre più farmaci e a mettere in atto sempre più procedure mediche», afferma il dottor Malhotra. «Ma c’è anche un altro inquietante ostacolo alla crescita di consapevolezza su – e dunque alla risoluzione di – questi problemi, ed è qualcosa di cui tutti dovremmo Il dottor Aseem Malhotraessere preoccupati. Si tratta dell’informazione che viene fornita ai medici e ai pazienti al fine di guidare le decisioni sul trattamento».
Malhotra ha accusato le aziende farmaceutiche di «ingannare il sistema» spendendo in pubblicità e marketing il doppio di quanto spendano in ricerca medica. Ha dichiarato inoltre che la prescrizione di farmaci fa spesso più male che bene, e i rischi maggiori li sopportano gli anziani. Un ricovero ospedaliero su tre negli over-75 è dovuto alla reazione avversa a un farmaco, ha detto. Oltre che da Richard Thompson, il dottor Malhotra è sostenuto anche dal professor John Ashton, presidente della Facoltà di Scienze della Salute, dallo psichiatra J.S. Bamrah, presidente della British Association of Psysicians of Indian Origin, dal cardiologo Rita Redberg, editore della rivista medica “Jama Internal Medicine”, e infine dal professor James McCormack, scienziato farmaceutico. Il dottor Malhotra, che ha lanciato la campagna a titolo personale, è capo del think-tank per la salute del King’s Fund, membro dell’Academy of Medical Royal Colleges, e consigliere del Forum Nazionale sull’Obesità. Le sue critiche si rivolgono in particolare alla recente drammatica crescita delle prescrizioni di statine. Nice – l’ente del sistema sanitario nazionale deputato al razionamento dei farmaci – nel 2014 ha deciso di abbassare la soglia per la prescrizione di statine in modo da incoraggiare i medici a prescriverle a più persone.
È poi emerso che sei dei dodici membri della commissione ricevevano finanziamenti da case farmaceutiche – in parte tramite pagamenti diretti in cambio di “consulenze” o seminari, e in parte tramite fondi di ricerca. Il dottor Malhotra sostiene che uno studio completo e definitivo sull’efficacia delle statine e sui loro effetti collaterali non è mai stato pubblicato. Lo stesso dice dell’efficacia del Tamiflu, un farmaco contro l’influenza per il quale il sistema sanitario ha già pagato 473 milioni di sterline. Il Tamiflu, farmaco dall'efficacia controversaUn resoconto del 2014 di un gruppo di noti ricercatori ha concluso che il Tamiflu non risultava maggiormente efficace del comune paracetamolo [anche noto come Tachipirina, NdT].
Il dottor Malhotra cita anche un’indagine della rivista medica “Bmj”, che all’inizio del mese ha suggerito che Rivaroxaban, importante farmaco anticoagulante, non è così sicuro e privo di rischi come gli studi pubblicati suggerivano, per quanto le autorità difendano l’uso del farmaco. Scrive: «Per amore della nostra futura salute e della sostenibilità del sistema sanitario nazionale, è tempo che si metta in campo una vera azione collettiva contro l’eccesso di medicine, iniziando dalla Commissione parlamentare per l’audizione pubblica, affinché lanci un’inchiesta indipendente sull’efficacia e la sicurezza dei farmaci». Aggiunge il professor Ashton: «La salute pubblica dipende da un’ampia e accurata base di evidenza empirica che tenga conto anche della convenienza, al fine di garantire che vengano prese decisioni in base alla migliore ricerca disponibile, decisioni finalizzate a migliorare e proteggere la salute delle persone, nonché a stabilire nel modo migliore quale sia la priorità della cura per ciascun paziente».
(Anna Hodgekiss e Ben Spencer, articolo apparso sul “Daily Mail” del 23 febbraio 2016,  tradotto e ripreso da “Luogo Comune”: “Big Pharma sta uccidendo decide di migliaia di persone nel mondo”).

fonte: www.libreidee.org

06/04/16

il "Vangelo di Giuda" potrebbe essere autentico



Joseph G. Barabe, uno degli scienziati che dato il maggior contributo nello studio del cosiddetto “Vangelo di Giuda” ha dichiarato che il ritrovamento di un antico certificato di matrimonio egizio potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel confermare l'autenticità e la datazione degli inchiostri usati nel controverso testo.

La notizia è stata data dallo stesso Barabe nel corso del 245° National Meeting & Exposition della American Chemical Society, la più grande società scientifica del mondo.

“Se non avessimo rinvenuto lo studio del Louvre su questo antico certificato di matrimonio egizio, che risale allo stesso periodo e utilizzava inchiostri simili a quelli usati nel vangelo di Giuda, avremmo avuto molte più difficoltà a confermare l'autenticità del testo”, ha spiegato Barabe, microscopista senior della McCrone Associates che ha guidato il progetto di microanalisi alla McCrone di Westmont.

Il team di Barabe ha collaborato come parte di un gruppo organizzato nel 2006 dalla National Geographic Society, volto allo studio del Vangelo di Giuda scoperto negli anni Settanta dopo essere rimasto nascosto per quasi 1.700 anni.

Scritto su papiro e legato da un laccio di pelle il codice è stato redatto in copto, la lingua in uso allora in Egitto, intorno al 300 dopo Cristo, il manoscritto fu ritrovato negli anni Settanta nel deserto nei pressi El Minya...


Finito nelle mani di alcuni mercanti di antichità, lasciò l'Egitto per giungere prima in Europa e poi negli Stati Uniti dove rimase in una cassetta di sicurezza a Long Island, New York, per 16 anni prima di venire acquistato dall'antiquaria di Zurigo Frieda Nussberger-Tchacos nel 2000.

Al termine di un lunghissimo lavoro (cinque anni) una equipe di esperti linguisti, papirologi e studiosi di storia della religione, una vera e propria squadra di "detective biblici" è riuscita a decifrare il testo e a verificarne l'autenticità e il significato religioso.

Il testo non dipinge Giuda come traditore di Gesù Cristo ma come uno dei suoi più fedeli e convinti seguaci e che fu costretto a tradirlo su ordine stesso di Cristo, affinchè si compisse la sua missione sulla Terra.

Uno status, quello di Giuda, che viene più volte descritto come speciale: "Allontanati dagli altri, a te rivelerò i misteri del Regno. Un Regno che raggiungerai, ma con molta sofferenza. Ti ho detto tutto. Apri gli occhi, guarda la nube e la luce che da essa emana e le stelle che la circondano. La stella che indica la via è la tua stella".

Dopo aver analizzato un campione del documento, Barabe e colleghi avevano concluso che il Vangelo era stato probabilmente scritto con un inchiostro ferrogallico. Anche se questo dato suggeriva che il testo poteva risalire al terzo o quarto secolo dopo Cristo, l'inchiostro usato nel Vangelo era diverso da qualsiasi cosa avessero mai visto prima. In genere, gli inchiostri ferrogallici - almeno quelli dal Medioevo - erano composti da una miscela di solfato di ferro e acidi tannici, ma quello del Vangelo di Giuda non conteneva zolfo.

Grazie ad uno studio francese condotto da alcuni scienziati del Louvre che ha analizzato un certificato di matrimonio dell'antico Egitto e alcuni documenti commerciali scritti in copto e greco prodotti risalenti al primo al terzo secolo d.C., ha concluso che questi documenti erano stati scritti con un inchiostro a base di rame, quasi privo di zolfo e quindi molto simile a quello del Vangelo di Giuda.

Secondo Barabe, quello usato nel Vangelo di Giuda rappresenta un inchiostro di transizione, un "anello mancante" tra gli inchiostri a base di carbonio del mondo antico e gli inchiostri ferrogallici (fatti con solfato di ferro) che sono diventati molto popolari in epoca medievale. La conclusione è che il Vangelo di Giuda è stato quasi certamente scritto all'inizio del IV secolo d.C.

Lettura Consigliata



Vangelo di Giuda - Domenico Devoti

Il Vangelo di Giuda costituisce il più importante ritrovamento del secolo scorso, dopo la straordinaria scoperta di un'intera biblioteca "gnostica" a Nag Hammadi, in alto Egitto, nel 1945.

Di esso si aveva notizia dai più antichi eresiologi cristiani (Ireneo, Ps. Tertulliano); riportato alla luce nel 1978, dopo una serie di traversie che hanno finito col danneggiarlo gravemente, solo nel 2006 è stata annunciata la sua scoperta ed è stato poi pubblicato dalla National Geographic Society.

Lo scritto è di un interesse straordinario per tanti ambiti di ricerca: origini cristiane, storia del cristianesimo, gnosticismo, filologia ed esegesi biblica, rapporti tra giudaismo e cristianesimo, teologia cristologica; ma soprattutto per l'immagine completamente diversa da quella tradizionale che assume in esso la figura di Giuda Iscariota.

Fonte: ilnavigatorecurioso.myblog.it


Ecco la traduzione in italiano del Vangelo di Giuda:
Quando Gesù comparve sulla terra, fece miracoli e grandi meraviglie per la salvezza dell’ umanità. E da allora qualcuno ha camminato nella via della rettitudine mentre altri hanno camminato nella trasgressione e furono nominati dodici discepoli . Egli cominciò a parlare con loro dei misteri dell’altro mondo e che cosa sarebbe avvenuto alla fine. Spesso non comparve ai suoi discepoli come se stesso, ma si trovò fra loro come un bambino.

Un giorno era con i suoi discepoli in Giudea, e li trovò riuniti assieme e assisi nel pio rispetto. Quando si avvicinò ai suoi discepoli, riuniti insieme assisi ed offerenti una preghiera di ringraziamento sopra il pane, Lui rise.
I discepoli gli dissero, “Maestro, perché stai ridendo della nostra preghiera di ringraziamento? Abbiamo fatto ciò che è giusto”.
Egli rispose dicendo loro: “Non sto ridendo di voi. Perché non state facendo ciò per vostra volontà ma perché è attraverso di questo che il vostro Dio sarà onorato”. Essi dissero: “Maestro, sei il figlio del nostro Dio”. Gesù rispose loro: “Come mi conoscete? In verità Io vi dico che nessuna generazione di genti che sono fra voi mi conoscerà”.

Quando i suoi discepoli udirono questo, cominciarono ad arrabbiarsi ed infuriarsi iniziando a bestemmiare contro di lui nei loro cuori. Quando Gesù capì la loro mancanza di comprensione, disse loro: “Perché questa agitazione vi ha condotti alla rabbia? Il vostro Dio che è presso voi vi ha provocato per turbare le vostre anime. Chiunque di voi che è abbastanza forte fra gli esseri umani metta in evidenza l’ umano perfetto e si ponga davanti alla mia faccia”.
Tutti dissero: “Noi abbiamo quella forza”.
Ma i loro spiriti non osarono levarsi davanti a lui, tranne Giuda Iscariota. Egli era in grado di porsi davanti a lui, ma non poteva guardarlo negli occhi, e girò quindi la faccia.
Giuda gli disse: “So chi sei e da dove sei venuto. Tu provieni dal regno immortale di Barbelo. E non sono degno di pronunciare il nome di colui che ti ha mandato”.

Sapendo che Giuda stava riflettendo su qualcosa di elevato, Gesù gli disse: “Allontanati dagli altri e ti svelerò i misteri del regno. È possibile per te raggiungerlo, ma dovrai soffrire molto. Qualcun altro prenderà il tuo posto, affinché i dodici discepoli possano venire ancora al completo con il loro Dio”.
Giuda chiese: “Quando mi direte queste cose, e quando spunterà il grande giorno della luce per la generazione?”
Ma quando disse questo, Gesù lo lasciò.

La mattina seguente a questi fatti, Gesù comparve ancora ai suoi discepoli.
Essi gli dissero: “Maestro, dove sei andato e che cosa hai fatto quando ci hai lasciati?”
Gesù disse loro: “Sono andato da un’altra generazione grande e santa”.
I suoi discepoli gli dissero: “Signore, qual è la grande generazione che ci è superiore e più santa, e non si trova adesso in questi regni?”
Quando Gesù sentì questo, rise e disse loro: “Perché state pensando nei vostri cuori a questa generazione forte e santa? In verità vi dico, nessun nato da questo Eone vedrà questa generazione, e nessun padrone degli Angeli delle stelle regnerà su questa generazione, e nessun mortale di nascita può associarsi con essa, perché questa generazione non proviene da Loro. La generazione della vostra gente proviene dalla generazione dell’ Umanità”.
Quando i discepoli udirono ciò, si turbarono spiritualmente. E non poterono proferire parola.
Un altro giorno Gesù venne a loro ed essi gli dissero: “Maestro, ti abbiamo visto in una visione, quando abbiamo avuto grandi sogni notturni”.
Gesù disse: “Perché siete andati nel nascondiglio?”

Essi dissero: “abbiamo visto una grande casa con un grande altare in essa, e dodici sacerdoti e una folla di gente che sta attendendo a quell’altare dove i sacerdoti ricevono le offerte.
Qualcuno sacrifica i suoi stessi bambini; altri le loro mogli; alcuni dormono con gli uomini; altri sono addetti alla macellazione; alcuni commettono un gran numero di peccati e di atti criminosi. E gli uomini in piedi davanti all’altare invocano il tuo nome e tutti i sacrifici sono portati a completamento”.
Essi erano molto turbati.

Gesù disse loro: “Perché siete turbati? In verità vi dico, che tutti i sacerdoti che stanno davanti all’altare invocano il mio nome. Vi dico ancora, che il mio nome è stato scritto su questo libro delle generazioni delle stelle attraverso le generazioni umane ed essi hanno piantato alberi senza frutti, in mio nome, in maniera vergognosa.
Coloro che avete visto ricevere le offerte all’altare sono ciò che siete. Quello è il Dio che servite, e siete quei dodici uomini che avete visto. Il bestiame che avete visto portare per il sacrificio è la molta gente che allontanate da quell’altare che si alzerà ed userà il mio nome in questo modo, ma generazioni di pii rimarranno a lui leali.
Dopo di lui, un altro uomo si leverà in piedi là dai fornicatori e un altro si alzerà là dagli assassini dei bambini, ed un altro da coloro che dormono con gli uomini e da coloro che si astengono ed il resto della gente impura e criminale e sbagliata e coloro che dicono siamo come gli angeli sono le stelle che portano tutto alla fine.
Per le generazioni umane è stato detto: “Guardate Dio ha ricevuto il vostro sacrificio dalle mani dei sacerdoti che sono ministri usurpatori. Ma è il Signore, il Signore dell’Universo, che comanda, e l’ultimo giorno saranno messi nella vergogna”.
Gesù disse a loro: “Cessate di sacrificare quello che avete sull’altare. Da allora sono sopra le vostre stelle ed i vostri angeli , là sono già arrivati alla loro fine . Così lasciateli intrappolati davanti a voi e lasciateli andare.

Giuda disse a lui: “Rabbi, che genere di frutta produce questa generazione ?”
Gesù disse. “Le anime di ogni generazione umana moriranno. Quando, invece, queste persone, comunque, hanno completato il periodo del regno e lo spirito li lascia, i loro corpi moriranno ma le loro anime saranno vive, e portate su in cielo.” Giuda disse: “E che cosa farà il resto delle generazioni umane?”
Gesù disse, “E’ impossibile seminare il seme sopra la roccia e raccogliere il suo frutto”.
Dopo aver detto questo, si allontanò.

Giuda disse: “Maestro, come hai ascoltato tutti, ora ascolta anche me. Perché ho avuto una grande visione”.
Quando Gesù udì questo, rise e gli disse: “tu sei il tredicesimo spirito, perché ti sforzi tanto? Ma su parla, ed io ti sosterrò”.
Giuda gli disse: “Nella visione mi sono visto mentre i dodici discepoli mi stavano lapidando e perseguitando molto duramente. Io vidi una casa ed i miei occhi non poterono comprendere la sua grandezza. Persone straordinarie erano nei suoi dintorni, e quella casa aveva un tetto di fogliame, e nel mezzo della casa c’era una folla.
Maestro, prendimi insieme con queste persone!”
Gesù rispose dicendo: “Giuda, la tua stella ti ha condotto fuori strada. Nessuna persona mortale di nascita è degna di entrare nella casa che hai visto, perché quel posto è riservato ai santi. Né il sole né la luna regnerà là, né il giorno, ma solo il Santo rimarrà sempre là, nel regno eterno con i santi angeli . Vedi, io ti ho spiegato i misteri del regno e insegnato ciò che riguarda l’errore delle stelle e la verità sui dodici Eoni.”

Giuda disse: “Maestro, potrebbe essere che il mio seme sia sotto il controllo dei regnanti?”
Gesù gli rispose dicendo: “ti addolorerà molto quando vedrai il regno e tutta la sua generazione”
Quando sentì questo, Giuda gli disse: “Che cosa ho ricevuto di buono? tu mi hai allontanato da quella generazione”. Gesù rispose dicendo: “Diventerai il tredicesimo, sarai maledetto dalle altre generazioni e andrai a regnare sopra di loro. Negli ultimi giorni malediranno la tua ascesa verso la santa generazione”.

Gesù disse: “vieni, io posso insegnarti i segreti che nessuna persona ha mai visto. Perché là esiste un Regno grande e illimitato, la cui estensione nessuna generazione di angeli ha visto, nel quale c’è un grande spirito invisibile, che nessun occhio di angelo ha mai visto, nessun pensiero del cuore ha mai compreso, e non è mai stato chiamato con alcun nome”.
E là apparve una nube luminosa. Un grande angelo, Il divino illuminato Auto-Generato emerse dalla nube. A causa sua, altri quattro angeli si manifestarono da un’altra nube, e diventarono i compagni per l’ angelico Auto-Generato.
L’ Auto-Generato disse: “Che tutto venga in essere e venga a manifestarsi”.
Ed Egli creò il primo astro a regnare sopra di lui.
Egli disse: “che gli angeli si manifestino per servirlo” ed innumerevoli miriadi si manifestarono.
Egli disse: “che un Eone illuminato venga ad essere” e questo venne.
Egli creò un secondo astro a regnare su di lui, insieme a innumerevoli miriadi di angeli, ad offrire servizio. Questo è come ha generato il resto degli Eoni. Li fece regnare sopra di loro, e creò per loro innumerevoli miriadi di angeli, ad aiutarli.

Adamo era nella prima nube luminosa che nessun angelo aveva mai visto fra tutte quelle chiamate “Dio”.
Egli fu fatto ad immagine e dopo a somiglianza di questo Angelo.
Fece comparire l’ incorruttibile generazione di Seth ed i dodici ed i ventiquattro.
Creò settantadue astri nella generazione incorruttibile, in accordo con la volontà dello Spirito. Gli stessi settantadue astri crearono altri trecentosessanta astri nella generazione incorruttibile, in conformità con volontà dello Spirito, così che il loro numero fosse cinque per ciascuno.
I dodici Eoni dei dodici astri costituiscono il loro Padre, con sei cieli per ogni Eone, così che ci sono settantadue cieli per i settantadue luminari, e per ciascuno di loro cinque firmamenti, per un totale di trecentosessanta firmamenti.
Furono dati loro l’autorità e un grande innumerevole esercito di angeli, per la gloria e l’adorazione e, dopo questo, anche spiriti vergini, per la gloria e l’adorazione di tutti gli Eoni dei cieli e dei loro firmamenti.

La moltitudine di questi immortali è chiamato Cosmo che è separato dal Padre ed i settantadue luminari che coesistono con l’Auto-Generato ed i suoi settantadue Eoni.
In lui è comparso il primo essere umano con i suoi poteri incorruttibili.
E l’Eone che è comparso con la sua generazione, l’Eone nel quale sono la nube della conoscenza e l’angelo, è chiamato El che disse:
“Che dodici angeli si manifestino ed abbiano dominio sul Caos”.
Adesso osserva: là dalla nube è apparso un Angelo con la faccia che splende come il fuoco e che sembra macchiata con il sangue. Il suo nome è Nebro, che significa il “ribelle” altri lo chiamano Yaldabaoth.
Nebro generò Saklas ed altri sei Angeli per avere aiuto, e questi generarono dodici angeli nel cielo, ciascuno dei quali ricevette una parte nei cieli.

I dodici sovrani generarono i dodici angeli: Il primo è Seth, che è chiamato Cristo. Il secondo è Harmathoth, Il terzo è Galila. Il quarto è Yobel. Il quinto Adonaios. Questi sono i cinque che dominavano sull’ inferno, ed il primo di tutti sul Caos.

Allora Saklas disse ai suoi Angeli: “Lasciateci creare un essere umano a nostra somiglianza e immagine”.
Modellarono Adamo e sua moglie Eva, che è chiamata, nella nube, Zoe. In questo nome tutte le generazioni cercano l’uomo, e ciascuna di loro chiama la donna con questi nomi.

Giuda disse a Gesù: “Quanto a lungo nel tempo vivranno gli esseri umani?”
Gesù disse: “Perché ti stai domandando questo? Quell’Adamo, con la sua generazione, ha vissuto con la longevità e con il dominio, il suo spazio di vita nel posto dove ha ricevuto il suo regno?”
Giuda disse a Gesù: “Lo spirito umano muore?”
Gesù rispose: “Ecco perché Dio ordinò a Michele di dare solo in prestito lo spirito alle genti, in modo che potessero offrire i loro servizi, ma l’ Eccelso ordinò a Gabriele di garantire gli spiriti – cioè, lo spirito e l’anima – alla grande generazione senza un sovrano che la domina. Di conseguenza, il resto delle anime perirà.

Dio fu causa della conoscenza concessa ad Adamo ed a quelli come lui, in modo che i Re del Caos e dell’Inferno non abbiano potere sopra di loro.
Giuda disse a Gesù: “Allora cosa faranno quelle generazioni?”
Gesù rispose: “In verità ti dico, per tutti loro le stelle portano i fatti a compimento. Quando Saklas porta a fine il tempo che gli è stato assegnato, la prima stella comparirà con le generazioni, e compiranno ciò che dissero che avrebbero fatto. Poi fornicheranno in mio nome e uccideranno i loro bambini e faranno tutto ciò in mio nome”.
Dopo ciò Gesù rise.
Giuda disse: “Maestro, perché stai ridendo di noi?”
Gesù rispose: “Non sto ridendo di voi ma allo sbaglio delle stelle, perché queste sei stelle vagano con questi cinque combattenti, e tutti saranno distrutti insieme con le loro creature”.

Giuda disse a Gesù: “Allora, che cosa faranno quelli che sono battezzati nel tuo nome?”
Gesù rispose: “In verità ti dico, questo battesimo vi segnerà con il mio nome e vi porterà a me. Ma tu li supererai tutti perché sacrificherai l’uomo che mi riveste. Già il vostro corno è stato alzato, la vostra collera è stato accesa, la vostra stella brilla intensamente, ed allora l’immagine grande della generazione di Adamo sarà innalzata, per prima al cielo.La terra e gli angeli, quella generazione, che proviene dai regni eterni, esiste. Vedi, hai sentito tutto. Alza in alto i tuoi occhi e guarda la nube e la luce all’interno di essa e le stelle che la circondano. La stella che mostra il cammino è la tua stella”.

I loro sommi sacerdoti mormoravano perché lui era andato nella stanza degli ospiti per la sua preghiera. Ma là alcuni scribi lo stavano guardando con attenzione per arrestarlo durante preghiera, poiché erano impauriti della gente, perché era considerato da tutti come un profeta. Si avvicinarono a Giuda e gli dissero, “Che cosa stai facendo qui? Tu sei un discepolo di Gesù.” Giuda gli rispose quello che desideravano. Ricevette dei denari e lo consegnò a loro.

Fonte: giuseppemerlino.wordpress.com

fonte: crepanelmuro.blogspot.it

dallo schizzo all'opera compiuta: le tappe del processo creativo

Pittori e scultori dalla fine del Trecento si sono serviti del disegno per lo studio e l’elaborazione delle loro opere nelle varie fasi esecutive. Il disegno preparatorio, nella molteplicità delle sue manifestazioni, obbedisce a questo intento propedeutico, in vista cioè della stesura finale dell’opera.
In conformità all’etimologia latina (designare = delimitare con un segno) si intende per disegno ogni figura tracciata mediante linee grafiche, incise o apposte su un supporto. Poiché è praticabile con mezzi elementari, permette l’elaborazione di una tecnica del tutto personale ed è disponibile ad ogni tentativo di sperimentazione, quindi considerato l’espressione più diretta e sincera dell’artista. Nasce per assolvere una funzione strumentale (disegno preparatorio) e didattico-formativa ma è dal trecento che acquista anche una funzione contrattuale per soddisfare le richieste della committenza sul controllo e la revisione dell’opera.
A seconda del grado di compiutezza raggiunto, il disegno è definito nella trattatistica con una terminologia varia, e non sempre univoca. Va tenuto presente che i vari stadi, di cui qui viene offerta una sintesi esemplificativa, non implicano necessariamente il passaggio automatico a quello successivo, e che ciascuno ha un valore estetico autonomo.
S.Giacomo_Schizzo
Andrea Mantegna, schizzo del martirio di San Giacomo custodito al British Museum di Londra
Partiamo dallo schizzo: esso rappresenta immagini rapide, tecnicamente indeterminate, costituite da pochi segni grafici più o meno chiaroscurati eseguiti dall’artista allo scopo di fissare un primo pensiero o concetto che la fantasia gli suggerisca. Corrisponde al nucleo primordiale dell’opera d’arte, al suo primo concepimento, ancora confuso e indefinito, ma estremamente libero.
Dal punto di vista teorico, è Paolo Pino il primo scrittore a fornirci un’idea più compiuta
del ruolo dello schizzo nel processo dell’elaborazione artistica rinascimentale: nel suo Dialogo di Pittura(1548) egli ravvisa nello schizzo un componimento grafico già dotato di valore pittorico autonomo, in quanto esso comprende non solamente la «circuscrittione», cioè i contorni dell’immagine, ma anche il«darle chiari e scuri a tutte le cose, il qual modo voi l’addimandate schizzo». Qualche anno dopo Ludovico Dolce, ancor più chiaramente, scrive: «Voglio ancora avertire che, quando il pittore va tentando ne’ primi schizzi le fantasie che genera nella sua mente la istoria, non si dee contentar d’una sola, ma trovar più invenzioni e poi fare iscelta di quella che meglio riesce, considerando tutte le cose insieme e ciascuna separatamente; come soleva il medesimo Rafaello, il quale fu tanto ricco d’invenzione».
Altrettanto interessante e precisa si profila la definizione offerta dal Vasari:
Gli schizzi […] chiamiamo noi una prima sorte di disegni che si fanno per trovare il modo delle attitudini et il primo componimento dell’opra; e sono fatti in forma di una ma[c]chia e accennati solamente da noi in una sola bozza del tutto. E perché dal furor dello artefice sono in poco tempo con penna o con altro disegnatoio o carbone espressi solo per tentare l’animo di quel che gli sovviene, perciò si chiamano schizzi. Da questi dunque vengono poi rilevati in buona forma i disegni, nel far de’ quali, con tutta quella diligenza che si può, si cerca vedere dal vivo, se già l’artefice non si sentisse gagliardo in modo che da sé li potesse condurre”.
La linea ideale che attraversa e collega la terminologia dei nostri trattati d’arte conduce, al solito, al Vocabolario del Baldinucci, che così definisce schizzo e schizzare:
«Schizzo, o Schizzi, m. Dicono i pittori quei leggierissimi tocchi di penna o matita, con i quali accennano i lor concetti senza dar perfezzione alle parti; il che dicono schizzare».Tanto il sostantivo quanto la forma verbale godranno, com’è noto, di un’ampia fortuna fuori d’Italia: il francese accoglie le forme esquisse ed esquisser, entrambe attestate dal 1567; il tedesco Skizze, dal 1630, e skizzieren, dal 1774; l’inglese le forme schizzo (dal 1686) o skizzo, al plurale schizzos e scizzi (ma del resto anche lo stesso sketch è un italianismo indiretto mediato dall’olandese o dal tedesco).
Il termine schizzare ricorre, all’interno di tutto il corpus dei manoscritti autografi leonardiani, in un’unica fugace occorrenza offerta dal codice madrileno «Libro di cavalli schizati pel cartone» (rinvenuto nelle liste del cod. di Madrid II). Non c’è traccia, poi, del sostantivo schizzo. Leonardo preferisce espressioni come«comporre grossamente» o «porre le figure digrossatamente» o, ancora, «bozzare».

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Giacomo Pontormo – Disegno (abbozzo) per la visitazione, Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi, Firenze
E con l’abbozzo passiamo a quello che viene definito come lo stadio immediatamente successivo allo schizzo, un disegno che, pur nell’incompiutezza formale, delinea una rappresentazione più strutturata nel contorno, sebbene ancora fluida, aperta a trasformazioni e varianti. Sia lo schizzo che l’abbozzo, in quanto forme “in movimento”, possono differire notevolmente rispetto all’opera finita. Il termine abbozzo deriva da “bernoccolo” o “bozza”, in riferimento a un lavoro irregolare e non finito e per questo implica già un momento tecnico più complesso rispetto allo schizzo. Non costituisce un primo concepimento ma un insieme di segni strutturali che presuppongono una visione interna dell’artista già precisa nell’essenza della forma. In realtà l’abbozzo, al pari dello schizzo, può esprimere, nella sua immediatezza, un’immagine tuttora nel suo divenire, ancora fluida nella forma, ove l’artista avverte possibili future molteplici soluzioni.
E’ interessante notare che gli antichi greci e romani, a quanto riferisce Plinio, sovente ammiravano assai più i dipinti lasciati allo stadio di abbozzo dai pittori (ad esempio l’Afrodite di Apelle) a causa della morte, che non i quadri finiti “forse perché in quelle si intravedono le rimanenti parti abbozzate e persino si coglie il pensiero e l’idea dell’artefice”.L’abbozzo in altri termini si può definire l’idea o immagine interna di un artista così come precisa il Vasari nel cinquecento “rappresentazione artistica che abbozzata nello spirito precede la rappresentazione esteriore e può anche tradursi solo in quel che noi chiamiamo abbozzo” .
Più importa notare che, a partire dal settecento ed oltre, l’abbozzo è stato spesso esaltato al di sopra dell’opera definitiva di un artista, a motivo del carattere di apparente immediata freschezza di ispirazione ed espressione che gli è proprio. Il fenomeno è anzi indicativo della svolta in direzione romantica della storia del gusto. La preferenza di disegni degli antichi maestri dimostrata nel secolo XVIII da dilettanti, conoscitori e collezionisti come il Mariette, il D’Argenville, il Richardson e il padre Resta è in questo senso ricca di significato. Secondo il padre Sebastiano Resta (1635-1714) l’abbozzo riguarda l’entusiasmo del pittore, il suo primo fervore, che gli consente di raggiungere immediatamente l’unità dello stile o maniera. In un suo manoscritto leggiamo infatti “Quando il Concetto dell’opera è già deliberato nella mente, che habbia da essere compito nella tal maniera; se allora il pittore si slancia impaziente nell’abbozzo per terminarlo col primo fervore riesce fatto più uniforme in quella sola maniera nella quale intende di voler dar fuora l’opera.”Siamo alla fine del seicento, primi settecento, e l’entusiasmo o primo fervore riguarda abbastanza chiaramente una facoltà intuitiva dell’artista, diversa dall’intelletto. Sarà più tardi F. Milizia (1797) a registrare la netta e schematica distinzione tra abbozzo e schizzo: “Abbozzo non è schizzo, cioè un primo pensiero appena indicato. L’abbozzo è il primo lavoro di un’opera già determinata .”
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Modello ligneo della Basilica di San Pietro progettato da Antonio da Sangallo il giovane in scala 1:30, il più grande mai costruito nel Rinascimento. Il modello è lungo 7,36 m, largo 6,02 m e raggiunge con la cupola i 4,68 m di altezza. I due campanili sono alti 4,56 m. Il costo di questo modello fu elevatissimo, si stima che ammontasse a 4.000 scudi, più 1.500 scudi di onorario per il Sangallo. Questa cifra, sufficiente per costruire una vera chiesa, è giustifica dal fatto che il modello riproduce la Basilica nei minimi dettagli.
Il modello è invece il progetto definitivo e compiuto nella definizione della scena, nei particolari e nell’ambientazione, pronto per essere presentato al committente.
Dal latino modellus, diminutivo di modulus da cui modulo, nel linguaggio delle arti compare nella seconda metà del XV secolo nel senso di esemplare da riprodurre relativamente alla pratica architettonica. A. Averlino, detto il Filarete (1464) dichiara a proposito della sua città ideale, la Sforzinda, “in mentre si pena apparecchiare queste cose opportune per lo fundamento d’essa, farò il sopradetto modello, o vuoi dire disegno rilevato.”Eppure alla fine del XV secolo il significato di modello non è ancora definitivamente fissato. Bisognerà attendere il XVI secolo perché la voce modello assuma stabilmente il significato di esempio – costruito o desunto da forme esistenti in natura – cui l’artista deve riferirsi nell’esecuzione dell’opera, sia essa architettonica, pittorica o scultorea.
L’architetto “prima che cominci la fabrica….ne fa il modello di legno o la disegna in carta.” (G.A. Gilio 1564)
Lo scultore “farà il suo modello tanto fornito dove potrà aggiungere o levare molto facilmente che il dipintore” (A. Bronzino 1547).
Michelangelo “tutto quello che fa di pittura lo cava dagli studiatissimi modelli fatti di scultura.” (B. Cellini 1546).
“Usano ancora molti maestri, innanzi che faccino la storia nel cartone, fare un modello di terra in su un piano, col situar tende tutte le figure per vedere gli sbattimenti, cioè l’ombre”. (G. Vasari 1568).
Il modello poteva essere rifinito con lumeggiature a biacca per far risaltare il chiaroscuro, ombreggiato con l’inchiostro o colorato con acquerello per avvicinarlo al dipinto finito. Il modello può presentarsi costruito su una griglia di rette perpendicolari disegnate a matita o a carboncino, che definisce la quadrettatura: essa divide la composizione in riquadri per facilitare la trasposizione dell’immagine su un altro supporto di maggiori dimensioni, come il muro, la tela o la tavola, mantenendo le stesse proporzioni del disegno.
Rubens, Battaglia di Anghiari
P. Rubens, Bozzetto de’ La Battaglia di Anghiari, 1603, matita su carta, Museo del Louvre, Parigi
Infine il bozzetto che deriva il proprio nome da “bozza” e sovente il suo significato non si distingue dalle voci Abbozzare e Abbozzo. La distinzione invece può essere precisa considerando i diversi e successivi momenti formativi dell’opera d’arte, dallo schizzo all’opera compiuta così come erano intesi in generale dal Rinascimento fino all’età contemporanea.
Il bozzetto è, come il modello, uno studio preparatorio ben definito, ma si distingue per l’impiego del colore; è infatti eseguito a tempera o a olio su supporti come la tela o il cartone. Si può definire come l’opera finita ma di dimensioni diverse, ovviamente più piccole.
Al disegno preparatorio appartengono anche gli studi relativi ai singoli dettagli (panneggi, parti anatomiche, espressioni del volto, ecc.) della composizione finale, elaborati a partire da modelli viventi. Oltre al modello vivente, gli artisti fecero uso (uno dei primi è stato Fra’ Bartolomeo) di manichini di legno, particolarmente idonei per studiare le posizioni del corpo. Tintoretto, invece, come riportano le fonti antiche, creava dei modelletti di cera o di creta, rivestiti e illuminati a lume di candela per studiare gli effetti chiaroscurali.

Paola Mangano

Bibliografia
– L’arte (critica e conservazione), Francesca Tasso, Jaca Book, Torino 1996
– Il disegno: storia, funzione e protagonisti, a cura di A. Mariani, Istituto Italiano Edizioni Atlas
– Dall’invenzione al cartone. Appunti sul lessico artistico di Leonardo, B. Fanini, in STUDI DI MEMOFONTE Rivista on-line semestrale 11/2013 FONDAZIONE MEMOFONTE Studio per l’elaborazione informatica delle fonti storico-artistiche
– Dizionario dei termini artistici, TEA UTET, 1994

fonte: passionarte.wordpress.com

02/04/16

alta finanza massonica, lo strano caso del dottor Di Maio

Quanto sono lontani i tempi in cui Beppe Grillo, in maniera sibillina, spiegava come il governo Letta fosse condizionato fin dalla nascita da “manine straniere”. E come sono lontani i tempi in cui il M5S – da bravo scolaretto – si limitava a recitare il ruolo di “sfogatoio” buono per assorbire e paralizzare il dissenso delle tante vittime di un sistema politico tradizionale violento, nazistoide e perverso. Oggi le cose sono cambiate. E come insegna il manuale dell’ipocrita perfetto si può dire la verità e difendere gli interessi dei poveri e dei deboli solo stando volutamente all’opposizione; quando si entra nella stanza dei bottoni, invece, bisogna assorbire concetti come “responsabilità” e “moderazione”, termini orwelliani che indicano la disponibilità a garantire continuità sostanziale con il passato fingendo di cambiare tutto solo in superficie. L’eterno risorgere del Gattopardo, insomma. Il Movimento 5 Stelle adesso mostra senza pudori il suo vero volto, passando all’incasso dopo avere per anni fatto diligentemente il “lavoro sporco”.
Il sistema massonico dominante, quello che controlla giornali come l’“Economist” o il “Financial Times”, comincia guardacaso a tessere le lodi dei “grillini”, finalmente pronti all’ingresso nelle stanze del potere previa avvenuta maturazione, constatata Luigi Di Maiodirettamente dai soliti infallibili incappucciati muniti di grembiule (ovvero, manifesta disponibilità nel servire gli interessi dell’Alta Massoneria e dell’Alta Finanza). Da un lato i seguaci del guru Casaleggio negano la tessera ai “massoni paesani” iscritti in qualche innocua loggetta di provincia composta magari perlopiù da tromboni retorici e demodé; dall’altro però non si fanno scrupolo nel vezzeggiare, blandire e baciare l’anello dei massoni che non fanno folklore ma contano per davvero, “iniziati” potenti come quelli che hanno recentemente chiamato a rapporto quel damerino di Luigi Di Maio per istruirlo a dovere e, magari, cominciare a “levigarne la pietra grezza” in vista di una ventilata e prossima ascesa nell’empireo del potere, sorretta dall’occhio benevolo del “Grande Architetto” dall’accento inglese (per cogliere l’invadenza anglosassone nella storia recente italiana leggere “Il Golpe Inglese” e “Colonia Italia”).
Questa doppia morale suscita effettivamente schifo e ribrezzo, facendo tornare alla mente esempi del passato non proprio edificanti. Tutti sanno, ad esempio, che in apparenza tanto il fascismo di Mussolini quanto il nazismo di Hitler perseguitarono la massoneria. Pochi sanno invece come tanto il fascismo quanto il nazismo ricevettero cospicui aiuti finanziari da importantissime centrali massoniche sovranazionali, vere levatrici di due fenomeni politici passati alla storia come sublimazione stessa dell’infamia e della vergogna imperitura (vedi, tra gli altri, Antony C. Sutton, “Wall Street and the rise of Hitler”). Oggi il copione si ripropone, validando una volta ancora quella nota profezia di Karl Marx secondo la quale “la storia si Grillo e Casaleggioripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”. Duri, puri e intransigenti con i massoni da dopolavoro ferroviario; servizievoli, carini e accorti con i massoni di spessore. Sinceri complimenti.
Noi del “Moralista”, a differenza di tanti altri, non possiamo dirci stupiti della parabola assunta dal Movimento 5 Stelle, avendo  compreso con discreto anticipo sia il ruolo di Casaleggio che quello di Luigi Di Maio, vero politicante da batteria cresciuto rapidamente con gli estrogeni. La nuova linea del Movimento 5 Stelle prevede quindi la difesa dell’euro e la richiesta di più flessibilità all’Europa, elevando perfino il premier inglese Cameron a modello da imitare. Stiamo parlando dello stesso Cameron che in patria distrugge il welfare dei suoi cittadini e all’estero combina guai ammazzando a piacimento dittatori sgraditi, alla Gheddafi, in compagnia di altri sanguinari personaggi come Hillary Clinton e Nicolas Sarkozy. In conclusione: il Movimento 5 Stelle, a furia di “progredire”, è diventato identico al Pd (manca solo che dicano che “ci vuole rigore ma anche la crescita”). La teoria darwiniana sul miglioramento e sull’evoluzione della specie è quindi oggi definitivamente smentita nei fatti. E anche le teorie “spenceriane”, quelle che innalzano il “progresso” a “signore della Storia”, non si sentono tanto bene.
(Francesco Maria Toscano, “A furia di evolversi il M5S è diventato identico al Pd, lo strano caso del dottor Di Maio”, dal blog “Il Moralista” del 24 marzo 2016).

fonte: www.libreidee.org