30/08/16

gli 8 farmaci più pericolosi


Foto scattata oggi dalla sottoscritta in quel di Grosseto, Ospedale della Misericordia. E se una persona sta bene, medico, cosa fai?!

(Personalmente aggiungerei anche l'interferone!!!) Giuliana Sclerosette

DI S.D.WELSS

naturalnews.com

"È ora di prendere la medicina, amore." "Ma mamma, mi fa sentire strano e molto male e non mi fa stare meglio." "Beh, è quello che ha prescritto il dottore, quindi dobbiamo prenderla." Ti hanno mai detto di ascoltare la tua pancia? C'è una ragione per questo. In realtà, più di una.
Molti farmaci "occidentali" sono prodotti in laboratorio utilizzando sostanze chimiche, sono altamente sperimentali e, peggio ancora, non sono mai testati sugli esseri umani, se non nel momento stesso in cui vengono loro prescritti, applicati o iniettati. Gli umani sono gli ultimi porcellini d'India in America, mentre Big Pharma intasca trilioni in profitti.
Come si è arrivati a questo?

La risposta è semplice: dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli scienziati nazisti appena usciti di prigione furono assunti a lavorare su prodotti farmaceutici, vaccini, chemioterapia e additivi chimici alimentari, al fine di alimentare il più insidioso business del pianeta - la medicina allopatica. E non è una teoria complottista. L'orrore dell'Olocausto in Germania è stato portato avanti, su scala ridotta, negli Stati Uniti, per denaro.
Pensateci. Non esiste ALCUNA ALTRA RAGIONE per la quale le aziende farmaceutiche statunitensi dovessero impiegare assassini di massa condannati per occupare le posizioni più alte in Bayer, BASF e Hoechst. Fritz ter Meer, condannato per omicidio di massa, ha scontato solo 5 anni in prigione, dopo i quali è comodamente diventato il presidente del consiglio di sorveglianza della Bayer (sì, QUELLA Bayer che fabbrica i medicinali per bambini nonché la famosa aspirina). Carl Wurster della BASF contribuì a creare il gas Zyklon-B, il potente pesticida utilizzato per giustiziare milioni di ebrei - questo mostro è andato a lavorare sulla chemioterapia, la più grande truffa medica del secolo. Kurt Blome, che partecipò all'uccisione di ebrei tramite "macabri esperimenti," fu reclutato nel 1951 dalla divisione chimica dell'esercito USA per lavorare sulla guerra chimica. Capite?
In altre parole, i malefici semi di Big Pharma, che la FDA chiama medicina, sono stati piantati inizialmente negli Stati Uniti 65 anni fa. Molti degli "scienziati pazzi" che torturarono esseri umani innocenti durante l'Olocausto sono stati impiegati e promossi dai presidenti americani per spingere con forza la cosiddetta "medicina occidentale", il cui scopo ultimo è la creazione di malattia e la cura dei suoi sintomi per profitto.
Ascoltate bene, amici, perché QUESTI sono gli 8 FARMACI PIÙ PERICOLOSI sul pianeta Terra. Si chiama "Guerra contro i deboli"
Guerra contro i deboli


#1. SSRI (Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, ndt)– altamente sperimentali, nessuna prova di sicurezza o efficacia, possono bloccare completamente la serotonina portando a pensieri suicidi e persino ad atti omicidi e suicidi orrendi.


#2. Vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) – associato ad autismo e ad altri disordini del sistema nervoso centrale e ad una miriade di problemi di salute. Quando il virus VIVO del morbillo entra nel corpo, il sistema immunitario è seriamente compromesso, ed altri adiuvanti chimici ed ingredienti geneticamente modificati attaccano l'organismo del bambino causando esiti permanenti e talvolta fatali.


#3. Vaccino antinfluenzale – contiene fino a 50.000 parti per miliardo (ppb) di mercurio, oltre a formaldeide, glutammato monosodico (GMS) e alluminio. Può causare interruzioni di gravidanza e aborti spontanei.


#4. Antibiotici – distruggono la flora batterica intestinale benefica e quindi indeboliscono gravemente il sistema immunitario. I medici prescrivono antibiotici impropriamente per le infezioni virali peggiorando ulteriormente la situazione!


#5. Vaccino antiHPV (papillomavirus umano) – noto per mandare le ragazzine in shock anafilattico e coma. Migliaia di famiglie hanno citato in giudizio i produttori per milioni di dollari per danni alla salute cronici e permanenti.


#6. Chemioterapia – devasta il sistema immunitario e spesso porta allo sviluppo di nuovi tumori, specialmente del sangue. Gli scienziati nazisti sapevano negli anni '50 che la chemioterapia fa regredire solo temporaneamente il cancro, per ripresentarsi con maggior forza in altre parti del corpo! (Anche qui, la medicina occidentale definisce questo un successo)


#7. Vaccino antirotavirus "RotaTeq" – il vaccino (orale) estremamente nocivo contiene ceppi virali VIVI (G1, G2, G3, G4 e P1), insieme all'altamente tossico polisorbato 80 e SIERO BOVINO FETALE. Contiene inoltre frammenti di circovirus porcino – un virus che INFETTA I MAIALI.


#8. Vaccino antipolio (orale e iniettato) – È un fatto nudo e crudo e spaventoso che milioni di americani siano stati inoculati con il CANCRO contenuto nel vaccino antipolio. Non solo, le versioni orale e nasale del vaccino hanno diffuso la polio in India e lasciato molti bambini paralizzati a vita.


Certo, le persone sono paranoiche riguardo alle malattie infettive e per un motivo ben preciso. L'industria medica americana ha esacerbato i PEGGIORI casi registrati, per spaventare a morte tutti quanti affinché si facciano iniettare i loro carcinogeni per "protezione". Questo è un racket ed è illegale, ma i produttori di vaccini sono immuni alle cause, protetti da un enorme fondo nero e dal loro tribunale segreto. Se voi o vostro figlio venite gravemente danneggiati dai vaccini, NON POTETE citare il produttore del vaccino. Dovrete portare il caso all'Office of Special Masters della U.S. Court of Federal Claims, comunemente definito il segretissimo "Tribunale dei vaccini". Questo "tribunale" corrotto gestisce un programma di risarcimento senza colpa (sì, avete letto bene), che funziona come tribunale alternativo ai vostri diritti costituzionali. Fu creato fin dal 1986, dopo che le aziende farmaceutiche persero enormi profitti in cause legali di alto profilo dovute a vaccini che avevano causato gravi danni a un certo numero di bambini, i quali ebbero convulsioni e danno cerebrale in seguito al vaccino DTP (difterite-tetano-pertosse, ndt).
Prima ancora di valutare se ingoiare o iniettarvi UN'ALTRA VOLTA tossine chimiche chiamate "medicina", andate almeno da un medico naturopata e scoprite se il vostro problema di salute ha una base alimentare, perché è molto probabile che sia così.


S.D.Welss
Fonte: Naturalnews
Link:http://www.naturalnews.com/054524_dangerous_medicine_Big_Pharma_deadly_side_effects.html#ixzz4DYNLcm4a
30.06.2016


Traduzione per www.coimedonchisciotte.org a cura di EMANUELA LORENZI

http://frontelibero.blogspot.it

http://altrarealta.blogspot.it/

29/08/16

sesso e potere, la virilità di Cristo. E il Natale ha 5000 anni

Di Salvatori se ne contano tanti: e sono tutti maschi e virili, come Cristo. E’ la tesi “blasfema” di un eminente intellettuale come Francesco Saba Sardi, scomparso nel 2012, autore di decine di libri tra cui “Il Natale ha 5000 anni”, messo all’indice dal Vaticano. Chi è, dunque, e come “nasce” un dio? Perché la Chiesa nega la sessualità del messia? In un’intervista a Sonia Fossi per la rivista “Hera”, Saba Sardi spiega la sua visione della religione intesa solo come sistema di potere sui popoli. Triestino, spregiatore dei dogmi, Saba Sardi ha tradotto in sei lingue alcuni tra i più grandi scrittori dell’800 e del ‘900, pubblicando oltre 40 libri su temi che spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia ai viaggi. E’ considerato una delle menti più prestigiose del XX secolo, riconosciuto dal Quirinale tra le maggiori autorità intellettuali italiane. “Il Natale ha 5000 anni” racconta la vicenda della nascita e della diffusione del Natale cristiano, illuminando le radici della religiosità in un momento storico di nascente integralismo. Con l’avvento del neolitico, 12.000 anni fa, la nostra civiltà diventa stanziale grazie alla scoperta dell’agricoltura. Per gestire la terra e il lavoro nasce la guerra. E per motivare la guerra viene “inventata” la religione.
Nasce così l’attuale sistema di potere, che in un suo saggio del 2004 Saba Sardi chiama “dominio”. Temi anticipati da “Il Natale ha 5000 anni”, volume popolato di vicende e personaggi che, prendendoci per mano, ci fanno percorrere il cammino dell’uomo: Francesco Saba Sardi«Dodicimila anni fa l’umanità dell’Eurasia ha inventato le divinità», riassume Sonia Fossi nell’intervista ripresa dal blog di Gianfranco Carpeoro. Ma è nella crisi generale di 5000 anni fa che Francesco Saba Sardi individua «il sorgere della necessità di speranza che porta l’uomo a desiderare la comparsa del Salvatore, del redentore capace di ricondurci alla fratellanza dei primordi». E così, «la speranza nei Figli del Cielo apparsi in maniera straordinaria, uscendo da grotte, rocce o nascendo da madri vergini, si diffonde per millenni lungo tutti i territori eurasiatici». Sicchè, il Cristianesimo «è solo uno dei Natali dei Figli del Cielo». Ma chi è questa volta il Figlio del Cielo? Sempre lo stesso di 5000 anni fa? E cosa rappresenta per noi oggi la religione, la fede, la credenza in entità sovrumane?
“Il Natale ha 5000” anni viene pubblicato per la prima volta nel 1958 per essere poi ritirato dalle librerie. La pubblicazione del 2007 dell’editore Bevivino è in realtà la seconda edizione, precisa Sonia Fossi. Cosa accadde nel 1958? «Nel ’58 il mio libro fu accolto molto bene dal pubblico e molto male dalla “Civiltà Cattolica”». La rivista dei gesuiti, allora diretta da padre Enrico Rosa, «dedicò un intero numero, ben 25 pagine, alla confutazione della tesi esposta nel mio libro, confutazione a cura di padre Rosa». Che cosa ha fatto e cosa può ancora fare paura del suo libro? «Varie cose. Ad esempio, ha fatto paura il fatto che io affermassi che il Cristianesimo è un mitema: ma il mito non è bugia». Il mito è un’affermazione che sorge spontaneamente, spiega Saba Sardi. «Il Natale è un mito che sorge nell’impero eurasiatico quando nell’età neolitica l’umanità passa dal nomadismo alla Civiltà Cattolicastanzialità. La società stanziale inventò l’agricoltura, l’allevamento di bestiame, il maschilismo e il potere. La necessità di una società organizzata richiese l’istituzione di una gerarchia che veniva ordinata soprattutto dal cielo con l’idea della divinità».
Su quali elementi – domanda la giornalista – basò la sua confutazione padre Rosa? «La mia tesi è inconfutabile», risponde lo studioso. «Padre Rosa basò la sua confutazione sul fatto che Gesù è una realtà storica e non una figura mitica. Ma anche se Gesù fosse una realtà storica questo non avrebbe nessuna importanza, perché fu Paolo di Tarso il fondatore del Cristianesimo e non Cristo». Il Cristianesimo nasce e si diffonde seguendo vari rami, varie tesi come ad esempio la gnostica, per poi arrivare alle edizioni Paoline, e gli scritti di Paolo di Tarso diventano la base su cui si fonda il cattolicesimo per come noi oggi lo conosciamo. Come interpretare questo percorso? «E’ chiaro che quando è giunto il momento di scegliere tra i vari rami del Cristianesimo si è pensato di scegliere il Dio monoteista che più conveniva a chi in quel momento gestiva il potere, in questo caso l’imperatore Costantino. Insomma, Paolo di Tarso è stato un autore che ha trovato nell’imperatore Costantino un formidabile editore». Quindi l’imperatore Costantino potendo scegliere tra diversi autori decide di editare Paolo di Tarso? «Sì, e da quel momento il Cristianesimo sostituisce la Trinità Capitolina formata da Giove, Marte ed Ercole. Bisogna sottolineare il fatto che le figure e le qualità degli Dei Capitolini non soddisfacevano più gli intellettuali romani dell’epoca. Costantino unificò l’impero donando al popolo romano un Figlio del Cielo, monoteista e nato da un Dio sensibile e più raffinato degli Dei a cui i romani erano abituati fino ad allora».
La narrazione cristica ha però avuto un’immensa fortuna: perchè? «La grande forza del Cristo, così come per tutti gli Apparsi, per tutti i Figli del Cielo, consiste soprattutto nell’essere maschio», spiega Saba Sardi. «La gerarchia è maschile. Il potere maschile, il Tyrannos (in lingua turca e in latino: il pene duro), il Tiranno». Attenzione: «Nessun potere può affermarsi se non è incarnato; così, il potere si materializza in una parte del corpo». Al che, «sesso e potere diventano tutt’uno». Si badi: «Non c’è mai stata un’Apparsa. Mai una donna venuta a rivelare il Nuovo Mondo, a promettere l’Età dell’Oro». Da quando sono stati inventati gli Dei, le Dee, le Ninfe, le Valchirie – aggiunge Saba Sardi – sono sempre «al servizio del Signore degli Dei, il Grande Maschio». Il potere è maschio in una civiltà dominata dai maschi, osserva Sonia Fossi. Ma se l’umanità avesse camminato sulla scia dell’energia femminile, questo avrebbe fatto differenza nella nostra evoluzione? «Moltissima differenza. Il potere non è donna. La donna è madre. Nella nebulosità dei nostri ricordi ancestrali si è persa l’idea delle Dee che si auto-generavano senza Priapo in un vaso atticoil ricorso dell’inseminazione maschile come la Madre Terra, metafora del suolo che risorge continuamente da se stesso. Nell’età neolitica la donna venne “domesticata”, ridotta alla condizione di inferiorità e sudditanza».
«Il Neolitico è stata una tragedia per l’umanità», insiste Saba Sardi. «L’invenzione della stanzialità, nel tempo ha cambiato tutto: il modo di mangiare, la concezione dello spazio. Abbiamo cessato di divertirci. Andare a caccia è divertente, il selvaggio si diverte. Zappare non è divertente come non è divertente fare l’impiegato. Abbiamo cessato di divertirci e abbiamo inventato la guerra. La parola ha cessato di essere spontanea: non è la parola che inventa il mondo, ma sono gli oggetti che iniziano a imporre le parole». Il suo libro percorre la storia dei Figli del Cielo, dei mitema. Quali elementi uniscono queste figure al Cristo? «Come abbiamo già detto la maschilità», risponde l’autore. «Il fatto che devono affrontare dei pericoli: ad esempio, il Dio egizio Amon Ra – il Sole – deve affrontare il pericolo della notte, come il Cristo deve affrontare il buio, il Diavolo. Il fatto è che sono Apparsi, il Natale è Apparso. Non è sempre necessaria una madre vergine, ma una nascita straordinaria: Mitra nasce da una roccia. Poi, l’Apparso trionfa nell’aldiquà o nell’aldilà; quello che conta è il trionfo attuale o futuro, dopo aver “rinominato” il mondo non più con la parola spontanea, ma come conseguenza dell’essersi impadronito del mondo». In altre parole, attraverso l’evocazione della divinità, «il potere consiste nel darci il pensiero, che è parola».
Tutti i profeti raccontano del ritorno dell’Età dell’Oro, scrive la Fossi, anche se ognuno chiama questo tempo che ci attende con le proprie parole: cosa rappresenta questa visione? «Nostalgia e speranza», dice Saba Sardi. «Speranza che ritorni il tempo felice. Il tempo in cui non si consumava la propria vita lavorando, perché cacciare o raccogliere delle radici nei boschi non è un lavoro». Ed ecco il nostro tempo: «La civiltà per come l’abbiamo costruita ora è un disastro. Abbiamo distrutto la natura, abbiamo ucciso noi stessi». Tornare indietro? «E come? Tornando alla caccia? E’ più probabile che ci penserà la Terra stessa a Ratzingerripulire l’uomo. L’Apocalisse è la fine del mondo per ricominciare. L’Età dell’Oro è apocalittica. Ci sarà un’epoca di felicità futura perché la nostalgia e la speranza sono tutt’uno. Tutti gli Apparsi, tutti i Figli del Cielo parlano di questo momento, tutti».
Quindi, figure simili a Cristo esistono almeno da 5000 anni. «Nel Neolitico avviene la rivoluzione razionale, la ratio: il cognito prende il posto del mitema e sostituisce la poesis, l’invenzione, la poesia che è immediatezza e spontaneità, è ciò che sopravvive ancora nei bambini». Quindi le informazioni le abbiamo, ma a causa della nostra razionalità non riusciamo ad utilizzarle? «No, non riusciamo. Tutte le informazioni da cui siamo invasi nella nostra società sono composte da due parti: la prima è costituita da dogmi. Dogma è la fede e l’affermazione fideistica non ha nulla a che fare con la razionalità. La seconda parte dell’informazione è composta dalla giustificazione, la riprova. Il Vaticano, ad esempio, informa utilizzando la razionalità dell’informazione religiosa». Ratzinger ha detto di continuo che il Cristianesimo è razionale. «I preti non fanno altro che dare dimostrazione di Dio e delle sue manifestazioni hanno bisogno della riprova». Mentre la scienza «parte da ipotesi che debbono essere provate», la religione «al posto delle ipotesi mette delle certezze aprioristiche», cioè «dogmi che non possono essere smentiti perché smentire i dogmi significa essere degli eretici».
La storia dell’uomo è comunque piena di eretici, di uomini che hanno tentato con tutte le loro forze di smentire questi dogmi. Gente come Giordano Bruno, disposta a pagare con la vita. Oggi, domanda Sonia Fossi, un Giordano Bruno che tipo di opposizione incontrerebbe? «Incontrerebbe un padre Rosa che gli darebbe pubblicamente del bugiardo», risponde Saba Sardi. Ma la Chiesa «è in contraddizione con se stessa: ad esempio, dichiara Cristo una realtà storica, quindi non nega l’incarnazione, ma dell’incarnazione nega la sessualità». Infatti, “Il Natale ha 5000 anni” mostra le immagini di antichi dipinti in cui la sessualità di Cristo non viene negata, ma mostrata. Quei dipinti «sono esistiti fino al Concilio di Trento», poi sono stati occultati. «Il Concilio di Trento è da considerarsi l’antirinascimento», sostiene lo studioso. La copertina del libro sotto accusa, ad esempio, mostra la “Sacra Famiglia” di Hans Baldung Grien, datata 1511. «L’immagine che ha suscitato, a più riprese, Il Natale ha 5000 anniscandalo, mostra il Bambino Gesù sottoposto a manipolazioni genitali. A toccarlo è la nonna, sant’Anna, mentre il bambino tende una mano al mento della madre, Maria, e l’altra scopre l’orecchio dal quale è entrato il Verbo».
Da cattolici e protestanti «si è cercato in vari modi di spiegare, o meglio esorcizzare, l’atto erroneamente considerato un gesto di libertà senza precedenti nell’arte cristiana, ma le erezioni di Gesù sono illustrate da una folla di dipinti rinascimentali», afferma Saba Sardi. «In più di un dipinto l’erezione è talmente palese da aver indotto più volte i censori a mascherarla con pennellate o drappeggi, quando non si è arrivati a distruggere i dipinti “incriminati”». Eppure, aggiunge lo studioso, «la virilità di Gesù è una componente fondamentalissima nella concezione cristiana». Sicchè, «negare questa evidenza, negare la sessualità del Cristo, equivale a negare l’Ensarcosi, l’incarnazione del Figlio del Cielo, e dunque a negare il dogma stesso del Dio-uomo; questo equivale dunque a pronunciare una bestemmia».
Visto che l’esistenza stessa di questi dipinti testimonia il fatto che la Chiesa non ha da sempre negato la sessualità di Cristo – ragiona Sonia Fossi – come siamo arrivati alla negazione? Nel Cristianesimo, Saba Sardi distingue tre fasi: nella prima, la fase Agostiniana, «Dio è Padre, severo e unilaterale: concede la grazia ai suoi figli ma chi non è nelle sue grazie va all’inferno». La seconda è la fase del Rinascimento: «In questa fase Dio Padre viene sostituito dal figlio, che ha ha doti di spontaneità e umanità, ed è davvero di carne e sangue». Poi arriva il Concilio di Trento, che apre la terza fase del Cristianesimo, in cui si torna alla figura del Padre severo e indiscutibile. «Naturalmente un residuo del Dio che si incarna nel Figlio, della fase rinascimentale, ha continuato a sopravvivere resistendo fino a Giovanni XXIII, ma adesso si sta tornando a Pio IX, al Sillabo. Perché la concezione dell’uomo che può e deve scegliere è impossibile da conciliare per la Chiesa, quindi si torna al Sillabo: così si pensa, così si parla, così si scrive». La poesis è pericolosa, conclude Saba Sardi: «Il poeta è pericoloso perché non rispetta i dettami del potere, quindi, tutti devono essere ridotti al comune denominatore: il Sillabo e i suoi derivati. I giornali sono il Sillabo, la produttività è il Sillabo. Il poeta è la negazione del Sillabo».

fonte: www.libreidee.org

23/08/16

Google Arts & Culture

IL RESTYLING DEL PORTALE DEL GOOGLE CULTURAL INSTITUTE

e1177cab017d9b79710c09d922a35db8_XL
Google Arts & CultureSegnalo la nuova app di arte e cultura che Google ha messo on line raccogliendo opere di musei di tutto il mondo. Non solo. Questo nuovo portale conduce il fruitore attraverso percorsi a tema come Artisti, Mezzi Espressivi,, Movimenti Artistici, Eventi Storici, Personaggi Storici e Luoghi. E’ inoltre possibile immergersi in un tour virtuale dell’arte che da Stonehenge giunge sino alla street art romana. L’app Google Arts & Culture aiuta anche per la visita reale dei musei. Nella sezione “Visita” sulla pagina di un museo sono disponibili gli orari di apertura e gli eventi in programma ogni giorno, ed è possibile cercare le indicazioni stradali.
Ogni capolavoro può essere ammirato, centimetro dopo centimetro, a distanza ravvicinata. Ogni tratto, ogni pennellata, trama, strappo, imperfezione della tela così come solco, consistenza, corrosione o levigatezza di marmi e pietre prendono forma sotto i nostri occhi. Uno spettacolo. In questo senso quasi meglio di una visita reale dato che molto spesso non ti puoi avvicinare più di tanto alle opere esposte nei musei.
Un’altra funzionalità di Google, testata recentemente e per ora disponibile solo per la Dulwich Picture Gallery di Londra, l’Art Gallery of New South Wales di Sydney e la National Gallery of Art di Washington DC, è la app Art Recognizer. Puntando la fotocamera del proprio smartphone verso un dipinto in mostra si scoprono tutte le informazioni a riguardo.


fonte: https://passionarte.wordpress.com

lei vuole vaccinare il mio bambino? Nessun problema, basta firmare questo modulo

Devo ancora incontrare un medico che firmerà il modulo finora scaricato da centinaia di genitori. Il motivo per cui non firmeranno è duplice: in primo luogo, essi non vogliono porsi in una posizione vulnerabile di essere negligenti non fornendo il consenso informato, e la seconda, molti di loro si rendono conto dopo la loro vasta ricerca che i rischi sono non vale i benefici quando si tratta di vaccinazione.


E ‘passato più di un anno da centinaia di genitori hanno scaricato questo modulo e non ci sono ancora segnalazioni di eventuali firme. Molti medici nemmeno guardano il documento mentre respingono presa di posizione anti-vaccinazione di un genitore come ridicola. Questo comportamento è una chiara indicazione di un medico molto male informato che non ha interesse per il meglio del suo paziente nel cuore. Essi non sono disposti a informare i loro pazienti dei rischi, ma solo dei benefici che sentono come accettabili. Essi non sono aperti a qualsiasi altra parte del dibattito che il loro visione distorta tramandata attraverso il sistema medico.

Poi sono quei medici che hanno messo in dubbio i programmi di vaccinazione e porteranno avanti la propria ricerca. Molti di loro ora si stano risvegliando grazie alla ricerca e la pressione da parte dei genitori e anche dai altri colleghi a guardare altre prospettive oltre il proprio indottrinamento in corso. Se siete sotto la pressione da qualsiasi medico di vaccinarvi, si prega di scaricare e stampare questo modulo (e mandare a quel medico che lo firma in copia se possibile). Assertivo stato al tuo medico che è l’unico modo pienamente informati di prendere in considerazione la vaccinazione, e che un analisi dei rischi e dei benefici saranno meglio consentire di valutare la decisione.

100% dei medici hanno finora rifiutato di firmare questo modulo.


GARANZIA DI SICUREZZA DEL MEDICO RIGUARDO I VACCINI 
Io (nome del medico, laurea) _______________, _____ sono un medico autorizzato ad esercitare la professione medica nello Stato / Provincia di _________. 
Il mio Stato / Provinciale numero di licenza è ___________, e il mio numero di DEA è ____________. La mia specialità medica è _______________ 
Ho una conoscenza approfondita dei rischi e dei benefici di tutti i farmaci che io prescrivo o somministro ai miei pazienti. 
Nel caso di (nome del paziente) ______________, età _____, che ho esaminato, trovo che esistono alcuni fattori di rischio che giustificano le vaccinazioni raccomandate. 
Il seguente è un elenco di tali fattori di rischio e le vaccinazioni che proteggeranno contro di loro: fattore di rischio __________________________
Vaccinazione __________________________
fattore di rischio __________________________ 

Vaccinazione __________________________ fattore di rischio __________________________ Vaccinazione __________________________ 
Sono consapevole del fatto che i vaccini possono contenere molte delle seguenti sostanze chimiche, eccipienti, conservanti e cariche: 

* Idrossido di alluminio * fosfato di alluminio
* solfato di ammonio
* amfotericina B 

* tessuti animali: sangue di maiale, sangue di cavallo , cervello di coniglio, * arginina cloridrato
* rene di cane, rene di scimmia 
* fosfato di potassio bibasico
* embrione di pollo, uova di pollo, uova di anatra
* siero di vitello (bovino)
* beta propiolactone
* siero fetale bovino
* formaldeide
* formalina
* gelatina
* gentamicina solfato
* glicerina
* cellule umane diploidi (provenienti dai tessuti dei feti umani abortiti) * idrocortisone
* idrolizzato di gelatina
* mercurio thimerosal (thimerosal, Merthiolate (r))
* glutammato monosodico (MSG)
* monobasico di potassio fosfato
* neomicina
* neomicina solfato
* nonilfenolo etossilato
* ottilfenolo etossilato
octoxynol * 10
* indicatore rosso fenolo
* fenossietanolo (antigelo)
* cloruro di potassio
* difosfato di potassio
* monofosfato di potassio
* polimixina B
* polisorbato 20 
* polisorbato 80
* suina (maiale) idrolizzato pancreatico di caseina
* residua MRC5 proteine
* sodio deossicolato
* sorbitolo
* thimerosal
* tri (n) butilfosfato,
* cellule VERO, una linea continua di cellule di rene di scimmia, e di sangue di pecora 

e, con la presente, garantisce che questi ingredienti sono sicuri per l'iniezione nel corpo del mio paziente. Ho studiato relazioni al contrario, come i rapporti che il mercurio thimerosal provoca gravi danni neurologici e immunologici, e ho scoperto che non sono credibili. 
Sono consapevole che alcuni vaccini sono stati trovati per essere stati contaminati con Simian Virus 40 (SV 40) e che la SV 40 è causalmente collegata da alcuni ricercatori a linfoma e mesoteliomi non-Hodgkin negli esseri umani e in animali da esperimento. Con la presente garantisco che i vaccini che io impiego nella mia pratica non contengono SV 40 o qualsiasi altro virus vivo. (In alternativa, la presente garantisco che detto SV-40 di virus o di altri virus non comportano alcun rischio sostanziale per la mia paziente.) 
Con la presente garantisco che i vaccini che io consiglio per la cura di (nome del paziente) _______________ non contengono tessuto da neonati umani abortiti (noto anche come "feti"). 
Al fine di proteggere il benessere del mio paziente, ho preso le seguenti misure per garantire che i vaccini che userò non contengono sostanze contaminanti dannose. 
Misure adottate: 
_______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ 
Personalmente ho studiato le relazioni presentate ai VAERS (Vaccine Adverse Event Reporting System) e dichiaro che è la mia opinione professionale che i vaccini sto raccomandando sono sicuri per la somministrazione ad un bambino di età inferiore ai 5 anni. 
Le basi per il mio parere sono dettagliate in Reperto A, qui allegato, - "Basi del medico per il parere professionale di sicurezza del vaccino." (Si prega di dettagliare ogni vaccino consigliato insieme a parte con le basi per arrivare alla conclusione che il vaccino è sicuro per la somministrazione di un bambino di età inferiore ai 5 anni.) 
Gli articoli professionali giornale ho dedotti nel rilascio della garanzia di questo Medico di sicurezza di un vaccino sono dettagliate in Reperto B, qui allegato, - "Articoli scientifici a sostegno di garanzia del medico di sicurezza di un vaccino." 
Gli articoli delle riviste professionali che ho letto che contengono pareri negativi a mio parere sono dettagliate in Reperto C, qui allegato, - "Articoli Scientifici Contrariamente a parere del medico di sicurezza di un vaccino" 
Le ragioni della mia determinazione che gli articoli in Reperto C erano validi sono delineati nell'Reperto D, qui allegato, - "Ragioni del medico per determinare l'invalidità di pareri scientifici sfavorevoli." 
Epatite B 
Capisco che il 60 per cento dei pazienti che sono stati vaccinati per l'epatite B perderà anticorpi rilevabili per l'epatite B entro i 12 anni. Capisco che nel 1996 solo 54 casi di epatite B sono stati segnalati al CDC nella fascia di età 0-1 anni. Capisco che nei VAERS, c'erano 1.080 segnalazioni totali di reazioni avverse da vaccino contro l'epatite B nel 1996 nella fascia di età 0-1 anni, con 47 decessi segnalati. 
Capisco che il 50 per cento dei pazienti che hanno contratto l'epatite B sviluppano alcun sintomo dopo l'esposizione. Capisco che il 30 per cento si svilupperà solo sintomi simil-influenzali e avrà l'immunità a vita. Capisco che il 20 per cento svilupperà i sintomi della malattia, ma che il 95 per cento sarà recuperare pienamente e hanno l'immunità a vita. 

Capisco che il 5 per cento dei pazienti che sono esposti al virus dell'epatite B diventeranno portatori cronici della malattia. Capisco che il 75 per cento dei portatori cronici vivrà con una infezione asintomatica e che solo il 25 per cento dei portatori cronici svilupperà la malattia cronica del fegato o cancro al fegato, 10-30 anni dopo l'infezione acuta. I seguenti studi scientifici sono stati condotti per dimostrare la sicurezza del vaccino contro l'epatite B nei bambini di età inferiore ai 5 anni. 
____________________________________ _________________________________________________________________________ 
Oltre alle vaccinazioni raccomandate come protezioni contro i fattori di rischio sopra citati, ho raccomandato altre misure non-vaccino per proteggere la salute del mio paziente e hanno enumerato dette misure non-vaccino in Reperto D, qui allegata, "misure non vaccinali per la protezione contro i fattori di rischio "Sono il rilascio della garanzia di questo Medico di sicurezza di un vaccino nella mia capacità professionale come il medico curante a (nome del paziente) ________________________________. Indipendentemente dal soggetto giuridico in base al quale io normalmente la medicina pratica, rilascio della presente dichiarazione sia la mia attività e le capacità individuali e la rinuncia a qualsiasi, la legge statutaria Comune, costituzionale, UCC, trattato internazionale, e qualsiasi altro immunità legali da cause di responsabilità del caso di specie. Io rilascio tale documento di mia spontanea volontà dopo aver consultato un legale competente, il cui nome è _____________________________, un avvocato iscritto all'Albo degli Avvocati dello Stato di __________________. 
_________________________ (Nome del medico curante) ______________________ LS (Firma del medico curante)
Firmato il presente _______ giorno ______________ AD ________ Il testimone: _________________ Data: _____________________ 

Fonte http://preventdisease.com/news/13/080913_You-Want-To-Vaccinate-My-Child-No-Problem-Just- Sign-This-Form.shtml 

http://altrarealta.blogspot.it/

15/08/16

le sculture di Ron Mueck



Le sculture di Ron Mueck si concentrano sulla forma umana, ritratta nei momenti più intimi, isolati e vulnerabili. Un approccio iperrealista che non manca di descrivere i sentimenti più reconditi della psiche umana.

Il suo lavoro viene a tratti criticato e a tratti esaltato, sicuramente fa sempre parlare perché non si può restare indifferenti. Un piede gigante o un neonato piangente riprodotto dieci volte la sua grandezza naturale, ci portano di fronte sì sculture, ma anche persone in carne ed ossa e sentimenti veri, seppur raccolti in una smorfia di dolore, di paura....

Nato in Australia, Ron Mueck lavora a Londra. Ha iniziato la sua carriera come modellista e burattinaio per la televisione dei bambini, fino a diventare uno degli artisti più richiesti nel panorama contemporaneo.

Lo scultore iperrealista Ron Mueck passa centinaia di ore a perfezionare la forma umana, l'appropriato colore della pelle, la più giusta struttura dei capelli. I suoi sforzi culminano in sculture incredibilmente realistiche tranne per un piccolo particolare: le sue opere sono o gigantesche o in miniatura, generando sorpresa e un vago disagio..

Fonte: www.artsblog.it

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it

08/08/16

PPP - 17 -

Diavoli, bombe atomiche e mass media. Il punto di vista di Pasolini e Moravia.




Pier Paolo Pasolini-Philippe Séclier,

6 agosto 1945 alle 8:16, l'Aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica
"Little Boy" sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo
dal lancio dell'ordigno "Fat Man" su Nagasaki.

Diavoli, bombe atomiche e mass media.
Il punto di vista di Pasolini e Moravia
di Chiara Lombardi
Littérature et nouveaux mass médias - revues.org


Senza mezzi termini, né falsi pudori e nemmeno paure di essere «inattuale», nelle Lettere luterane Pasolini afferma di voler comporre un «trattato pedagogico». Nei primi capitoli di questa raccolta – dedicata al personaggio di Gennariello, da intendersi come una sorta di lettore implicito o lettore ideale – lo scrittore prende perciò in considerazione le «fonti educative» più immediate: dal «linguaggio pedagogico» delle cose, «mute, materiali, oggettuali, inerti, puramente presenti» (come le merci e i beni di consumo), a quello trasmesso dalla famiglia e dai genitori, «educatori ufficiali» anche se talvolta «diseducatori», a quello della scuola e della stessa «antiscuola» – la polemica politica contro la scuola, che impone un conformismo altrettanto angosciante. Nell’ultima parte del volume lo scrittore non trascura di prendere in considerazione anche i media: «la stampa e la televisione», che definisce «questi spaventosi organi pedagogici privi di alcuna alternativa» (LL, pp. 31-33).

1. In questa analisi che Pasolini rivolge ai mezzi di comunicazione e alle sue forme, ai canali privilegiati di trasmissione della contemporaneità con cui un ragazzo si trova a confrontarsi nell’Italia degli anni Settanta, è evidentemente centrale il linguaggio – segno e sintomo della vitalità di una cultura come del suo soffocamento. Si pensi alle acutissime osservazioni sul linguaggio degli slogan in Scritti corsari (dall’articolo apparso sul Corriere della sera, «Il folle slogan dei Jeans Jesus»), in cui si mette in evidenza non solo la forma irrigidita e stereotipata dello stesso slogan, «il contrario dell’espressività, che è eternamente cangiante» (SC, p. 14), ma anche la rivelazione di sé come segno duplice: nuovo valore, laico ma blasfemo, dell’«entropia borghese» che usa la religione come propulsore di enorme consumo e, al tempo stesso, pretesto per considerare la ridicola reazione della stampa religiosa (si allude a un articolo dell’Osservatore romano): «con il suo italianoccio antiquato, spiritualistico e un po’ fatuo, l’articolista dell’Osservatore intona un treno, non certo biblico, per fare del vittimismo da povero, indifeso innocente. È lo stesso tono con cui sono redatte, per esempio, le lamentazioni contro la dilagante immoralità della letteratura o del cinema» (SC, p. 15). La Chiesa (e i giornalisti che scrivono per tale istituzione), insomma, colpiscono laddove e nei termini in cui non dovrebbero colpire, senza comprendere come non si tratti di una semplice blasfemia, ma di quella espressione – fenomeno ormai irreversibile per la società italiana – del Neocapitalismo quale unico dio della borghesia.

2. Oltre alle considerazioni che dedica al linguaggio del potere consumistico, nelle Lettere luterane Pasolini esprime la propria indignata reazione alla parola dei politici, dei democristiani innanzitutto, tra i quali ravvisa «i diretti responsabili o mandanti della strategia della tensione e delle bombe». Di queste stragi essi non parlano, mentre si esprimono laddove non dovrebbero parlare:
non solo restano al potere, ma parlano. Ora è la loro lingua che è la pietra dello scandalo. Infatti ogni volta che aprono bocca, essi, per insincerità, per consapevolezza, per paura, per furberia, non fanno altro che mentire. La loro lingua è la lingua della menzogna. E poiché la loro cultura è una putrefatta cultura forense e accademica, mostruosamente mescolata con la cultura tecnologica, in concreto la loro lingua è pura teratologia. Non si può ascoltare. Bisogna tapparsi le orecchie. (LL, p. 29.)
3. In Scritti corsari, da un articolo uscito per il Corriere della sera («Il romanzo delle stragi», 14 novembre 1974), lo scrittore ribadisce:
i politici e i giornalisti, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi. […] Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici con il potere, ha escluso gli intellettuali liberi – proprio per il modo in cui è fatto – dalla possibilità di avere prove e indizi. (SC, p. 75.)
4. Quale soluzione, allora, di fronte a questa forma di mistificazione linguistica o di implicita censura operata all’interno della democrazia stessa? Nelle Lettere si mette in evidenza come il compito dell’educatore, comunque, sarebbe di insegnare a non ascoltare tali «mostruosità linguistiche». «In altre parole», precisa Pasolini, «il dovere degli intellettuali sarebbe quello di rintuzzare tutte le menzogne che attraverso la stampa e soprattutto la televisione inondano e soffocano quel corpo del resto inerte che è l’Italia» (LL, p. 30).

5. Tale è il motivo – ridare coscienza e vigore a quel «corpo», inerte, ma sempre da intendersi come tale, come composto di uomini fatti di parola e fisicità – per cui Pasolini non si rassegna a tacere, ma sceglie di smuovere questo acritico, atrofizzato ristagno intellettuale e corporale sia attraverso la poesia, ad esempio con voce friulana o romanesca (qui dichiara che vorrebbe parlare napoletano, se non fosse capace), sia nel cinema (si veda la Trilogia della vita, con Le mille e una notte, il Decameron e i Racconti di Canterbury, di cui parla nelle stesse Lettere), sia attraverso gli stessi media di cui inevitabilmente fa parte, senza risparmiarsi davvero di sprofondare all’interno di questi canali di comunicazione, come dimostra negli articoli per Il Corriere e Il Mondo pubblicati negli Scritti corsari. Un empito quasi biblico, un ferire di spada che di spada ferisce, ma anche una dichiarazione d’amore che esplode proprio nel momento della sua negazione (nel momento stesso in cui dichiara, verso i giovani, il suo disamore e la sua condanna, LL, p. 6). Un inno all’«Ombra sdegnosa» di De Sade piuttosto che all’«ombra mostruosa di Rousseau», le Lettere Luterane, scritto con la speranza che il libro non sia semplicemente preso tra i testi «leggibili» (LL, p. 33).

6. Particolarmente importante mi sembra questa allusione a Roland Barthes, al «bellissimo libro» Il piacere del testo (LL, p. 33), che si coglie non soltanto attraverso l’implicita distinzione tra testi «leggibili» – accondiscendenti, colti, piacevoli e confortevoli, ma non realmente innovativi né deflagranti – e testi «scrivibili», testi di godimento, in cui prorompe la jouissance e si dispiega la «natura asociale del piacere» (Barthes, 1999, pp. 85 e 104). Credo che ogni aspetto di questa scrivibilità del testo affermata da Barthes valga poi implicitamente per Pasolini come norma (l’unica, la più efficace) capace di contrastare quei meccanismi di appiattimento della cultura, dell’intelligenza, della corporeità stessa coinvolta nell’atto intellettuale generati dalla più banale comunicazione massmediologica. Il testo di godimento, per Barthes (e nella sua stessa citazione di De Sade), è quello che deriva da «certe rotture (o da certe) collisioni», ad esempio quelle tra «codici antipatici» che entrano in contatto (Barthes, 1999, p. 77), quello della perdita e della distruzione di quell’immaginario e di quel piacere strumentalizzato per creare delle condivisioni o delle gerarchie ideologiche (cfr. Žižek, 2006, pp. 139-169). Se il linguaggio capitalista è «implacabile invischiamento», doxa, ideologia, infatti, il testo letterario è quello del paradosso, dell’atopia, dell’indicibile, che fa a pezzi il piacere stesso, appunto, e con esso la lingua e la cultura, che «mostra il didietro al Potere Politico» (Barthes, 1999, p. 115). È il testo che rivive come corpo, «corpo anonimo dell’attore dentro il mio orecchio: qualcosa granula, crepita, accarezza, raspa, taglia: gioisce» (Barthes, 1999, p. 127).

7. Credo che sia attraverso questo immediato entusiasmo per la critica bartiana che vadano comprese molte prese di posizione, implicite (quindi letterarie) ed esplicite (giornalistiche) di Pasolini (su questa distinzione che può apparire un po’ vaga tornerò a parlare) rispetto alla comunicazione dei nuovi media, che andava e sarebbe andata (e lo dimostra il mondo di oggi, degli ultimi trent’anni) sempre più in direzione contraria rispetto a quella stessa forza del testo rivendicata da Barthes. Non si tratta soltanto, per Pasolini, di un problema letterario o critico. Per lo scrittore l’atteggiamento dei media è tra i primi responsabili della criminalità e del suo legame con le trasformazioni sociali dell’Italia. La televisione e la scuola media dell’obbligo sono provocatoriamente eliminate dal progetto educativo delleLettere Luterane, come è spiegato in Due proposte per eliminare la criminalità in Italia, in quanto principali responsabili di un’educazione di massa sempre più tendente alla criminalità. La scuola media dell’obbligo e la televisione danno l’illusione di un falso progresso della cultura (il sottotitolo delle Lettere è proprio Il progresso come falso progresso) e servono all’«iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese» (LL, p. 169). Sono, quindi, strumenti della mentalità piccolo borghese: non poca cultura perché è improduttiva, non troppa perché è scomoda. Quel tanto che basta a sviluppare una massa utile a soddisfare le esigenze della società italiana e ad aderire alla sua classe politica dominante senza dare troppo fastidio, insomma. È questa la «retorica progressista» della democrazia (cristiana) degli anni Sessanta e Settanta. A differenza della scuola, inoltre, la televisione gioca un ruolo ancora più incisivo, sotto certi aspetti, in quanto «esempio», i cui «modelli» non vengono parlati, ma rappresentati.
E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? È stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo) concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui i giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino all’infelicità (che non è una colpa minore). (LL, p. 170.)
8. Non si tratta soltanto di una forma di emulazione, ma di una connivenza nella degenerazione di certi meccanismi sociali. È molto interessante vedere come il concetto dell’«era dell’edoné» sia poi ripreso, in ambito sociologico, dal filosofo Slavoj Žižek, il quale ha scritto che «tutta la politica poggia su un certo livello di economica del godimento, che essa peraltro manipola» (Žižek, 2006, p. 143), e ha sviluppato questo concetto in gran parte dei suoi scritti (tra gli altri, cfr. Žižek, 2001, 2003, 2008).

9. Per Pasolini, uno degli esempi più significativi di questa emulazione popolare dei modelli televisivi, mediativi e del loro potere di manipolazione è rappresentato dal massacro del Circeo. Nell’ambito della «solita ondata di stupidità giornalistica» (LL, p. 166), l’episodio dà modo allo scrittore di confrontarsi con altri intellettuali italiani come Calvino (il quale si era espresso in un articolo del Corriere della Sera dell’8 ottobre 1975) e, appunto, Moravia, con i quali si trova a dissentire. In Lettera luterana a Italo Calvino, lo scrittore isola un’analisi – quella calviniana – perfettamente illuminante: la carneficina come qualcosa di «perfettamente naturale», la «permissività assoluta» che ha incoraggiato quel gesto; l’estendersi nella nostra società di «stati cancerosi»; l’atonia morale e l’irresponsabilità sociale, ecc. (LL, pp. 179-184). Secondo Pasolini la critica di Calvino non fa che incoraggiare un luogo comune trasmesso anche dai media, ossia che i responsabili sono dei neofascisti, i quali hanno trovato terreno fertile in quella atonia sociale, in quello stesso clima di permissività assoluta di cui si è detto, e così via:
Tu hai privilegiato i neofascisti pariolini del tuo interesse e della tua indignazione, perché sono borghesi. La loro criminalità ti pare interessante perché sono borghesi. La loro criminalità ti pare interessante perché riguarda i nuovi figli della borghesia. Li porti dal buio truculento della cronaca alla luce dell’interpretazione intellettuale, perché la loro classe sociale lo pretende. Ti sei comportato – mi sembra – come tutta la stampa italiana, che negli assassini del Circeo vede un caso che la riguarda, un caso, ripeto, privilegiato. (p. 182)
10. Aldilà della riflessione – mai troppo scontata – che la televisione rappresenti un modello efficacissimo di emulazione proprio attraverso i suoi meccanismi di fruizione e di rappresentazione, mi sembra che Pasolini abbia colto l’aspetto più sottile e tragico di questo episodio che (come l’attuale delitto di Cogne) si pone al centro dell’esperienza mediatica: l’interesse per la classe sociale in cui sono coinvolti i protagonisti della vicenda, «un caso che la riguarda», che coinvolge più da vicino la stampa e la società «bene» dell’Italia. Si tratta non solo di non comprendere questo meccanismo sociale, ma di incoraggiarlo. Interessarsi a un delitto perché compiuto in seno alla borghesia più che a un delitto tra borgatari e immigrati, individuare come capro espiatorio un male che deresponsabilizza (il neofascismo) vuole dire isolare come fenomeno di interesse un episodio descritto come proprio di una classe soggetta ad emulazione, quindi indirettamente farne un genere letterario. È, in fondo, la teoria aristotelica del protagonista della tragedia come chrestos, l’uomo nobile e ricco, e dell’esclusione del phaulos, l’uomo «dappoco» riservato allo stile comico. Ora essa si applica non al linguaggio sublime della tragedia stessa, ma al contagioso «verbalismo» di molti giornalisti, «complici degli uomini politici» (LL, p. 157) ed emuli a loro volta del linguaggio della politica, di cui rispecchiano la «caotica quotidianità» e la restituiscono in forma pericolosamente «mitizzata». Così avviene per il caso dei Circeo, che diventa – proprio attraverso la risonanza mediatica e il conformismo di certi intellettuali – un «genere di consumo». Se infatti i proletari e i sottoproletari italiani sono divorati dall’«ansia economica», non aspettano altro che di uniformarsi alla massa di piccolo borghesi, nell’emulazione di qualsiasi loro atto – e specie di quelli che salgono alla ribalta dei mass media.

11. Gli allettamenti del consumismo, la falsa retorica progressista hanno trasformato il «mondo reale» in «una totale irrealtà, dove non c’è più scelta possibile tra male e bene» (un fenomeno che, non a caso, è stato attribuito anche adArancia meccanica, di poco precedente e letto come segno di incapacità di distinguere tra bene e male). La falsa tolleranza soffoca le emozioni, le stempera, a vantaggio della superba indifferenza borghese, della riduzione dell’uomo a mezzo.

12. Sono concetti che attraversano anche la riflessione di Alberto Moravia, soprattutto nel saggio L’uomo come fine, dove lo scrittore individua nella società del Novecento «lo scadimento dell’umanesimo tradizionale; la sua immobilità, il suo conservatorismo; la sua ipocrisia di fronte agli eventi tragici della prima metà del secolo»:
L’uomo del neocapitalismo con tutti i suoi frigoriferi, i suoi supermarket, le sue automobili utilitarie, i suoi missili e i suoi set televisivi è tanto esangue, sfiduciato, devitalizzato e nevrotico da giustificare coloro che vorrebbero accettarne lo scadimento quasi fosse un fatto positivo e ridurlo a oggetto tra gli oggetti […] Sotto apparenza scintillanti e astratte, si celano, a ben guardare, la noia, il disgusto, l’impotenza, l’irrealtà. (UF, pp. 3-4.)
13. Sia Moravia sia Pasolini rivolgono la loro attenzione a quel mondo divenuto irreale, astratto, espressione di un antiumanesimo che ha privato l’uomo non di una presuntuosa centralità, ma che lo ha ridotto a mezzo, a «oggetto tra gli oggetti», interprete disgustato di una corsa cieca che ha il suo movimento e il suo approdo nella perdita del rispetto per il linguaggio più vicino alle cose e alle emozioni, per la corporeità propria e altrui e nella incapacità di riconoscere, di esaltare e, insieme, di contenere le proprie passioni fuori dal potere economico e da quello della ribalta televisiva e, in genere, mediatica. Penso che, in questo senso, il prezioso punto di vista di Pasolini e di Moravia ci aiutino anche a capire le dinamiche che reggono le attuali e quotidiane offerte di delitti e di massacri, nella loro cieca esecuzione e nella stessa risonanza mediatica.

14. Proprio la polemica di Pasolini con Moravia a proposito del massacro del Circeo, però, ha la funzione di chiarire le diversità delle posizioni e dell’espressione di entrambi sulla società contemporanea e sui suoi rapporti con la rappresentazione mediatica, ma anche la loro complementarietà. In Le mie proposte per scuola e tv, che segue allapars destruens delle Lettere Luterane di cui si è detto, Pasolini rimprovera a Moravia di non guardare «le cose stando in mezzo, ma da lontano. Perciò il suo interesse non può riguardare la concretezza o la fisicità» (LL, p. 173). Sempre rifacendosi a Barthes, lo scrittore iniziava il suo articolo dicendo che Moravia «prova il “piacere del testo” solo a patto, come ogni autore del resto, di romanzarlo» (LL, p. 172). Lo scrittore del romanzo Gli Indifferenti aveva infatti paragonato il massacro del Circeo al proprio racconto del 1927, Delitto al circolo del tennis. Nonostante le indubbie analogie, per Pasolini quest’ultimo rappresentava in realtà un episodio «idillico» rispetto alla verità dei fatti, così come il suo film Accattone (1961) era idillico rispetto all’analogo episodio dell’aggressione di Cinecittà.

15. Se per Pasolini il «delitto gratuito “gidiano”» è «diventato un genere di consumo» (pp. 172-173), per Moravia le stesse coordinate tratteggiano l’impossibilità del tragico nella letteratura contemporanea:
Mi si chiariva insomma l’impossibilità della tragedia in un mondo nel quale i valori non materiali parevano non avere diritto di esistenza e la coscienza morale si era incallita fino al punto in cui gli uomini, muovendosi per solo appetito, tendono sempre più a rassomigliare a degli automi. (UF, p. 48.)
16. Già nel periodo fascista, inoltre, Moravia individuava una «tristezza» di corporeità e di linguaggio simile a quella sottolineata da Pasolini. Come scriveva in La noia (1960):
Sono nato nel 1920, la mia adolescenza passò, dunque, sotto l’insegna nera del fascismo, ossia di un regime politico che aveva retto a sistema l’incomunicabilità così del dittatore con le masse come dei singoli cittadini tra di loro e con il dittatore. La noia, che è mancanza di comunicazione con le cose, era nell’aria stessa che si respirava. (N, p. 11.)
17. Spero di non essere andata troppo lontana nella mia analisi, che intendeva mettere in evidenza anche qui una forma di comunicazione distorta, inautentica, irreale e – per così dire – malata, la stessa che Pasolini diagnostica nella società a lui contemporanea. Non solo, ma lo scrittore vede nel «potere consumistico (con la sua pretesa tolleranza)» una degenerazione ancora peggiore della retorica fascista. Eppure, nonostante il diverso approccio con il problema (Moravia dava a Pasolini del «preraffaellita»; quest’altro, come abbiamo visto, accusava l’amico di stare ad eccessiva distanza, di filtrare tutto attraverso il romanzesco, di non avere compreso come i contorni delle cose non fossero più nitidi, ma «due confusi, magmatici, disordinati, irriducibili, sbavanti campioni di una qualità di vita»: LL, p. 174), entrambi, in fondo, arrivano a riconoscere di dire «quasi esattamente le stesse cose» (LL, p. 177). Entrambi, in particolare, ravvisano nel conformarsi della società di massa all’ideale consumistico e nella degenerazione del capitalismo – come rovesciamento dei rapporti mezzo-fine tra uomini e cose, come estensione del concetto simbolico di capitale a tutta la realtà – una forma di distruzione dell’umanità nei suoi aspetti più autentici come il linguaggio, la corporeità, considerati tramite di una corrispondenza libera, piena, felice tra gli uomini. Per Pasolini è ancora più feroce, come abbiamo visto, la critica alla risonanza mediatica di questo fenomeno. Cito ancora gli Scritti corsari, a proposito di questa diseducazione: «il ragazzo piccolo-borghese, nell’adeguarsi al modello “televisivo” che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale, diviene stranamente rozzo e infelice. Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati» (dall’articolo apparso sul Corriere della Sera il 9 dicembre 1973 con il titolo «Sfida ai dirigenti della televisione», in Scritti corsari intitolato Acculturazione e acculturazione, SC, p. 24). Moravia, è vero, privilegia le metafore per delineare la schiavitù dell’uomo al consumo: basti pensare alla Noia, alla grottesca riscrittura del giovane che si immola al vitello grasso (e non viceversa), alla proiezione della frenesia consumistica nella simbologia sessuale, in questo romanzo e altrove, ma anche alla ricerca di antidoti tratti dal mondo naturale e sempre metaforizzati in un’imagerie molto ricca e diversificata.

18. Vorrei dunque concludere considerando come i punti di vista dei due scrittori si avvicinino – pur usando talvolta un linguaggio e un immaginario diverso (più esplicito, almeno nelle pagine che vi ho letto, quello di Pasolini; più implicito, simbolico, quello di Moravia) – in due racconti di Moravia come Il diavolo non può salvare il mondo e C’è una bomba N anche per le formiche, tratti da La cosa e altri racconti (1983), in cui i cambiamenti e le aberrazioni che si collegano alle nuove forme di comunicazione (la televisione e i mass media), sono proposti in modo ancora più intenso e problematico grazie all’elaborazione letteraria con cui sono trasmessi. In entrambi i casi, le aporie della società vengono affrontate attraverso il paradosso. Attraverso un’amplificazione parossistica, il consumismo è degenerato nell’incubo nucleare. Nel primo racconto viene riproposto il tema topico del patto con il diavolo, che va da Marlowe a Mann, a Boito, a Valéry, ecc. Qui, come nel rovesciamento parodico del vitello grasso, non è più l’uomo – ormai completamente padrone di sé – a innamorarsi del diavolo, ma è quest’ultimo che si innamora di colui, tale Gualtieri, che rappresenta la saturazione (e dunque la resistenza) dell’uomo di fronte a ogni desiderio. Il diavolo assume tutte le forme e sembra assecondare tutte le perversioni, ma senza successo: soltanto quando assumerà la forma del sesso femminile, vero oggetto parziale per eccellenza, riuscirà a farsi possedere, per scomparire poi nel momento culminante del rapporto, lasciando soltanto come traccia di sé un «tenue fumo tremulo, che potrebbe benissimo essere uscito dal motore surriscaldato dell’automobile» (CR, p. 107). Anche nell’inedito I due amici, scritto nel 1953 e recentemente pubblicato – una sorta di palinsesto con tre redazioni differenti di una medesima storia (si racconta di Sergio, «intellettuale» e «comunista», e di Maurizio, «borghese» ricco e viziato ma carismatico, e molto restio a farsi «convertire» alla fede politica dall’amico) – soprattutto nella seconda redazione tutta la vicenda può essere letta come un patto con il diavolo. Tra i due amici si inserisce il personaggio di Lalla, la compagna di Sergio (che nelle altre due versioni si chiama Nella: appena introdotta nella prima, più remissiva e animalesca nella terza). La ragazza – paragonata a «quei rettili eleganti e goffi delle epoche antidiluviane» ma, insieme, «profondamente attraente» (DA, p. 106) – diventa oggetto del contendere tra i due amici, perché Maurizio promette che si convertirà al comunismo soltanto se Sergio gli concederà di andare a letto con lei. Il patto diabolico «messo in scena» da Maurizio, una trappola in cui l’«intellettuale» Sergio cade per troppa sicurezza, ha una funzione paradossalmente benefica: smascherare come un ideale politico non possa fare dell’uomo soltanto un mezzo per il raggiungimento del suo fine. La donna diventa per provocazione il simbolo di questo rovesciamento di valori: la mortificazione dell’amore e del corpo consacrati all’ideale e ridotti a merce di scambio e, al tempo stesso, la persuasione politica come mera conquista di voti, di anime vendute al demonio più che di autentiche e ponderate scelte. All’utopia si affianca così contemporaneamente l’antiutopia, con la ribellione della donna che si impone con intelligenza e in tutta la sua fiorente carnalità e si sottrae, alla fine, ai disumanizzanti esperimenti di entrambi.

19. Soggezione al potere politico, edonismo e consumo come nuove religione: due punti di vista che richiamano ancora una volta Pasolini. Un punto di vista che, per l’autore di Le ceneri di Gramsci, non risparmia anche il conformismo di sinistra, con la sua volontà di «sconsacrare e (inventiamo la parola) de-sentimentalizzare la vita» (LL, p. 21).

20. Naturalmente tra I due amici, scritto nel 1953 e i racconti di La cosa (1983) sono passati trent’anni e la società italiana non ha fatto che avverare le allarmate profezie «luterane» di Pasolini. In quest’ultima raccolta di racconti moraviani, il diavolo è veramente tra i simboli più ambigui della scrittura moraviana: segno di un’estenuante Wille che si perverte nel consumo, sua spietata rivelazione, figura di una provocatoria apocalisse che indica una via d’uscita (la sottrazione del consumo, del godimento ideologico) nel momento in cui mostra, rivela la più grande forza vitale dell’uomo e la sua più tragica perversione. In C’è una bomba N anche per le formiche l’astuzia mediatica è implicitamente richiamata fin dalle prime righe del racconto:
Alle sette del mattino, al mare, dopo avere spalancato la finestra, gli piace buttarsi tutto nudo sul letto, prendere il primo libro o rivista o giornale che gli capita sottomano e leggere per dieci, quindici minuti una cosa qualsiasi, per svegliarsi del tutto, per riprendere contatto con il mondo. Preferibilmente, qualche cosa di catastrofico, forse per equilibrare il senso di profonda tranquillità che emana dalla finestra piena di un cielo ancora freddo e vuoto, con vaghe tracce, qua e là, di rossori aurorali. Stamani tende la mano verso il pavimento, raccoglie a caso il giornale che la sera prima aveva lasciato cadere, vinto dal sonno, e lo spiega. Sì, ci vorrebbe qualche cosa di drammatico, magari di catastrofico. Ecco, su quattro colonne, il titolo che cercava, sul pro e il contro della bomba N. Benissimo, che cosa di più catastrofico della fine del mondo? Si accomodo meglio il cuscino sotto la testa, porta il giornale all’altezza degli occhi e legge. (CR, p. 235.)
21. C’è in questo scorcio la morbosa attenzione dell’uomo per la notizia catastrofica, come si dice diffusamente apocalittica, che la divulgazione di stampa e tv tende a sfruttare e ad esaltare in tutta la sua portata spettacolare. Il protagonista è però anche un uomo intelligente e capisce che sia l’attenzione per questi eventi sia la loro origine (l’evidenza di un orrore come la bomba N) deriva dalla premessa che «l’umanità vuole morire». Ne è spinta dalla sua voglia di vivere, da quella stessa Wille che induce le formiche ad andare in cerca di miele, a spingersi «sul sentiero di guerra» (CR, p. 236) e a farsi uccidere dall’insetticida (quello che è per loro la bomba N, di qui il titolo). L’osservazione della natura, la sua discreta, silenziosa presenza, è ancora una volta per Moravia un antidoto. La curiosità mediatica si fonde inevitabilmente, per il personaggio di questo breve racconto, all’osservazione del comportamento animale, al relativismo che ne deriva:
Ne avrà ammazzate, diciamo, mille. Ma questa strage si è svolta nel silenzio, lui non ha sentito nulla. Eppure, chissà, forse le formiche si lamentavano, gridavano, urlavano. E ancora chi ha mai visto l’espressione della formica nel momento che muore colpita dall’insetticida? Agli uomini appare un puntino nero, niente di più? (C, p. 238.)
22. L’interpretazione sociologica dei meccanismi di consumo si apre a una considerazione filosofica e letteraria più ampia, ambigua, polisemica, che va da Leopardi a Shopenhauer, dall’Ecclesiaste (citato) a Camus. Che il pensiero dell’Ecclesiaste sia vero («Nulla di nuovo sotto il sole») è valido fino al 1945, «fino, cioè, alla bomba atomica». Aldilà della sapienza antica e della presunzione umana, ma anche della spettacolarità mediatica, l’uomo dovrebbe arrendersi ancora una volta alla lezione dell’animale:
L’ultima di queste cose nuove è la bomba N. Puoi forse dire, a proposito della bomba N, niente di nuovo sotto il sole? Eh no, proprio no. E allora, forse, delle cose di cui non si può parlare, è meglio tacere. (CR, p. 239.)
23. Le formiche, le lucciole (siamo di nuovo a Pasolini, «L’articolo delle lucciole», 1 febbraio 1975, «darei l’intera Montedison per una lucciola»…) insegnano a tacere e, con buona pace di Pasolini, anche a spegnere la televisione. Nella convergenza di questa immagine, quindi, possiamo cogliere non solo la critica di questi due scrittori all’azione dei mass media nella società del tempo, ma anche il senso del loro profondo, rinnovato umanesimo.


Bibliographie

Opere di Pierpaolo Pasolini
- LL Lettere luterane. Il progresso come falso progresso, Torino, Einaudi, 2003 (1976).
- SC Scritti corsari, Milano, Garzanti, 1975.
Opere di Alberto Moravia
- DA I due amici, a cura di S. Casini, Milano, Bompiani, 2007.
- UF L’uomo come fine e altri saggi, Milano, Bompiani, 1972 (1963).
- N La noia, Milano, Bompiani, 1960.
- CR La cosa e altri racconti, Milano, Bompiani, 1983.

Altri testi citati
Barthes Roland, Variazioni sulla scrittura seguite da Il piacere del testo, Torino, Einaudi, 1999 [or. Le plaisir du texte, 1973].
Žižek Slavoj, In Defense of Lost Causes, London, Verso, 2008.
Žižek Slavoj e Daly Glyn, Psicoanalisi e mondo contemporaneo, Bari, Dedalo, 2006 [or. Conversations with Žižek].
Žižek Slavoj, Il soggetto scabroso: trattato di ontologia politica, Milano, Cortina, 2003 [or. The ticklish subject: the absent centre of political ontology, 1999].
Žižek Slavoj, Il godimento come fattore politico, Milano, Cortina, 2001 [or. For they know not what they do: Enjoyment as a political factor, 1991].
fonte http://pasolinipuntonet.blogspot.it/2013/10/diavoli-bombe-atomiche-e-mass-media-il.html

fonte: https://alfredodecclesia.blogspot.it