13/09/17

Giovanna e Gaudenzina. Una storia di ordinaria follia nell'Italia del Cinquecento


Novara, ultimo giorno del maggio 1575. Pomeriggio di martedì. Il Tribunale della Curia e della Santa Inquisizione sono riuniti all’interno del Palazzo Vescovile.
Tra i presenti, esperti di giurisprudenza e di conduzione del gregge, spicca il nome di Domenico Buello, baccalaureato in Teologia, padre dei frati domenicani di Novara ed inquisitore generale presso il Sant’Uffizio. Molto ambizioso, come doveva essere il discepolo preferito del Cardinale Ghislieri, padre della controriforma e papa con il nome di Pio V.  Michele Ghislieri, nato a Bosco Marengo nel 1504, nel 1550 era inquisitore a Como, dove ebbe diversi contrasti con il clero locale a causa della sua innata intransigenza nei confronti delle eresie. Nel dicembre del 1550 si recò a Bergamo per sottoporre a giudizio il vescovo locale, Vittorio Soranzo. La visita inquisitoriale nella città orobica si concluse con una fuga disperata per sottrarsi ad un complotto armato ideato contro di lui.  L’elezione a Papa, avvenuta nel gennaio del 1566, fu caldamente favorita dal cardinale Carlo Borromeo, che nell’inquisitore Ghislieri vedeva l’incarnazione dell’ortodossia contro l’eresia che da Nord scendeva come il vento impetuoso che scuote le Alpi.


Il prediletto di Papa Pio V era, come affermato in precedenza, Domenico Buello. Il frate domenicano, venuto da Arona, era talmente convinto delle proprie idee che la Congregazione del Sant’Uffizio faticò non poco a tenere sotto controllo quest’uomo infervorato, sadico e torturatore. La sua follia inquisitoriale trasformò Novara in una delle principali macchine giudiziarie del tempo. La città, distesa nella pianura che dolce osserva il Monte Rosa, aveva bisogno, secondo la mente di Fra Domenico, di una serie di palazzi e carceri di nuova costruzione per affrontare il numero degli esaminati e degli incarcerati, che andavano aumentando in modo vertiginoso. Durante quel maledetto anno del Signore 1575, molte donne, provenienti dalla Valle Antigorio, furono inquisite ed assoggettate al rigoroso esame, sotto la supervisione del Buello. Molte di loro non conobbero il fuoco purificatore. 
Potremmo pensare ad un atto di pietà del grande inquisitore? 
Dobbiamo ricercare per comprendere.  La vita dell’inquisitore domenicano si compenetra a fondo con quella della città, nella quale operò, e con la storia dell’ordine al quale apparteneva. Scartata l’ipotesi della pietà, troviamo nelle parole del vescovo Bascapé, che non apprezzava particolarmente i modi rudi e sbrigativi del Buello, la verità. Con gran possibilità le donne, provenienti da Baceno e Croveo, salvarono la propria vita grazie alle ingenti somme che i parenti versarono per la costruzione della chiesa dedicata a San Pietro martire.


Torniamo a quel martedì del maggio 1575.
Due donne, provenienti dalla Valle Antigorio, sono inquisite con l’accusa di stregoneria.
Sono Giovanna, detta la Fiora, di Croveo e Gaudenzina Foglietta di Rivasco.
"Non dimentichiamo il fatto di sventurate donne che si sono offerte a Satana e, sedotte da incantamenti e fantasmi di origine diabolica, ritengono di aver cavalcato bestie durante la notte, al seguito della dea pagana, e di aver fatto ciò in compagnia di una moltitudine di altre donne, o di attraversare gran spazi di terre con la complicità del silenzio profondo della notte..".
I teologi, baccalaureati ed inquisitori convengono esser necessaria una condanna esemplare che serva da esempio per le masse ignoranti che mantengono commerci con uomini e donne provenienti dalle zone infettate dal germe eretico luterano e, nella mente malata degli inquisitori, dedite alle pratiche stregoniche.
Alle due donne deve essere inflitto il giusto e meritato supplizio del rogo.
Il fuoco sarà il doloroso finale di una vicenda terribile ed ingiusta nelle fondamenta. Gli inquisitori applicarono il rigoroso esame alle donne considerate streghe. Gli inquisitori usano nel loro gergo notarile la terminologia rigoroso esame per significare interrogatorio sotto tortura. Non erano nuovi a queste ingiustizie, ed il linguaggio assumeva una valenza particolare. Sempre negli atti relativi ai processi ai danni delle donne di Baceno e Croveo si potrà ritrovare diversa terminologia, che richiama sempre ed in ogni modo la tortura: evacuare l’interrogazione mettendo in necessità i superiori di venire contro ad altri termini oppure mettere in necessità di usare ogni rigore anco per il bene dell’anima.



Parlavano e torturavano.
Nascondevano e creavano dolore.
Scrivevano e consegnavano al braccio secolare per il giusto supplizio.
Nessuna pietà.
L’eresia andava sradicata da quelle terre di confine.
L’avvocato difensore delle donne, Giovanni Cattaneo, pronuncia una risicata e retorica arringa. Quale personaggio dell’epoca poteva assumersi il diritto di intralciare l’operato di Domenico Buello?
Certamente non questo piccolo uomo senza nerbo. La condanna era scritta ancora prima che iniziassero gli interrogatori. Qualcuna di queste donne deve pagare per tutti. Colpirne una per educarne mille.
La cultura femminile è in pericolo.
Attaccata.
Seviziata.
Umiliata nel profondo.
Conducono attività stregonica ed intrattengono rapporto con someggiatori, mercanti e formaggiai che discendono dalle valli invase dalle idee riformate.
La condanna deve essere il rogo purificatore.
"In realtà minimo era il valore della vita umana e minimo quello della sofferenza. Fondamentale, invece, il valore dell'esempio".
Il vescovo di Novara, Romolo Archinto, ed il cancelliere di Curia, Oliviero Barciocchi, sottoscrivono la sentenza di morte in qualità di testimoni.
Giovanna e Gaudenzina attendono il momento finale.
Dentro di loro il fuoco della paura le divora.
Il giorno della morte è giunto.
Le condannate sono legate ad un palo.
Sotto di loro, e tutto intorno, sono posti abbondanti fasci di legname.
Il fuoco giunge a cospetto delle donne.
Ultime preghiere.
Ultime parole senza senso.
Senza significato.
Le hanno condotte al rogo ed ora chiedono grazia al loro Dio.
Le hanno torturate e seviziate.
Chiedono grazia al loro Dio.
Hanno spogliato, rasato ed umiliato sia Giovanna sia Gaudenzina.
Chiedono grazia al loro Dio.



Le preghiere si stanno concludendo tra le acclamazioni della folla.
Folla e follia si differenziano per una semplice vocale.
“Arriva la strega”
“A morte!”
“Sia bruciata sul rogo”
Le ultime prediche devastano di paure la popolazione.
“Il maligno s’insinua tra voi”
“Il diavolo vi allontana da Dio, state attenti!”
Linguaggio semplice ma persuasivo.
Lunghi secondi di silenzio tra le prediche per far assimilare il timore di Dio al popolo ignorante e credulone.
Tutto sta finendo.
“Stella matutina!”[1]
“Rosa mystica!”[2]
“Turris davidica!”[3]
“Ora pro nobis”[4]
Il predicatore urla con tutta la voce che ha in corpo: 
“Consolatrix afflictorum”[5]
Le urla di giubilo dei presenti inducono il frate ad alzare ulteriormente la voce.
“Causa nostrae letitiae!”[6]
Queste le ultime parole udite dalle ragazze.
Il fuoco assale rapido le membra delle sventurate.
La morte sopraggiunge per le gravissime ustioni prodotte al corpo.
Si assiste all’annerimento della carne.
Le ragazze sono cenere. 
La folla indaga oltre le fiamme.
Cercano le streghe.
Sorridono.
Plaudono.
Il crocifisso riposa.
Il predicatore ritrova la voce.
La cenere si disperde nel vento della sera.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/


Bibliografia
- Gianbattista Beccaria Le streghe di Baceno-Domina et madonna. Antiquarium Mergozzo 1997.
- Giovanni RomeoPio V nelle fonti gesuite: le Epistolae generalium Italiae e le Epistolae Italiae, in Pio V nella società e nella politica del suo tempo, Il Mulino, Bologna 2005
- Ludwig von PastorStoria dei Papi dalla fine del Medio Evo: vol. VIII, Storia dei Papi nel periodo della Riforma e Restaurazione cattolica. Pio V. Desclée, Roma 1924
Natale Benazzi e Matteo D'AmicoIl libro nero dell'inquisizione. Edizioni Piemme 1998
- Sebastiano VassalliLa Chimera. Giulio Einaudi editore, Milano 1990

Illustrazioni
- Il rogo delle streghe
- Baceno, chiesa dedicata a San Gaudenzio. L'ingresso della chiesa.
- Baceno, chiesa dedicata a San Gaudenzio. La crocifissione di Antonio Zanetti, detto il Bugnate.
- Baceno, chiesa dedicata a San Gaudenzio. La colonna della preghiera.
- Baceno, chiesa dedicata a San Gaudenzio. La strage degli innocenti di Giacomo da Cardone.


[1] Stella del Mattino
[2] Rosa mistica
[3] Torre di Davide
[4] Prega per noi
[5] Consolatrice degli afflitti
[6] Origine della nostra gloria

Nessun commento:

Posta un commento