29/06/17

l'antica vita quotidiana negli affreschi del castello di Issogne


Issogne è un piccolo borgo immerso nella tranquillità della Valle d'Aosta. Il paese è noto per il suo famoso castello, situato sulla destra idrografica della Dora Baltea. 

Da una rapida visione dell'esterno, il castello ci appare come una dimora signorile rinascimentale, in netto contrasto con l'austero castello di Verrès, posto sul lato opposto del fiume che attraversa la valle. La storia di questo luogo riporta ad un lontano passato. Il primo documento ove è citato il castello di Issogne è una bolla di Papa Eugenio III del 1151, che attesta la presenza di una casaforte di proprietà del vescovo di Aosta. Le prime attestazioni della presenza di edifici in questo luogo dovrebbero risalire al periodo dell'occupazione romana della valle. Con molta probabilità ad Issogne vi era una villa romana, simile a quella rinvenuta ad Aosta, fin dal I secolo.




La storia dell'edificio monumentale non può essere staccata da quella del luogo nel quale fu costruito. La casaforte di proprietà del vescovo conobbe le fiamme nel 1333 quando un assalto, da parte dei signori di Verrès, con il fuoco provocò seri danni alla struttura.
Issogne rimase sede vescovile sino al 1379, quando il vescovo infeudò il signore di Verrès, Ibleto di Challant. Questo passaggio diede il via ai lavori di rifacimento e ristrutturazione della casaforte, che nel breve volgere di qualche anno divenne una dimora elegante, improntata allo stile del gotico cortese. 


Ibleto morì nel 1409 lasciando feudo e castello al figlio Francesco, che ottenne, nel 1424, dai Savoia il titolo di primo conte di Challant. Non avendo figli maschi, alla morte di Francesco, avvenuta nel 1442, il castello passò nelle mani della figlia Caterina che dovette cedere i possedimenti, nel 1456, al cugino Giacomo, che ottenne il titolo di secondo conte di Challant. Gli anni che seguirono furono quelli dello splendore e dei lavori di sistemazione e ammodernamento del castello, le cui stanze videro ospiti illustri, tra i quali l'imperatore Sigismondo di Lussemburgo e il Re di Francia Carlo VIII. Il momento più elevato del luogo si ebbe con Filiberto di Challant, agli inizi del XVII secolo.


A partire dagli anni successivi iniziò un lungo declino che ebbe il suo massimo nel 1802 con la morte dell'ultimo conte di Challant. L'estinzione della casata provocò l'abbandono del castello, che fu spogliato dei suoi arredi. Nel 1872 l'allora proprietario, il barone de Vautheleret, fu costretto a cedere all'asta l'edificio, che fu acquistato dal pittore torinese Vittorio Avondo, che ebbe cura di restaurarlo e di cercare i mobili originali sul mercato antiquario. Avondo donò il castello allo Stato Italiano nel 1907.
Dal 1947 divenne di proprietà della Regione Valle d'Aosta.
Il motivo di maggior interesse risiede nei magnifici affreschi databili nel periodo a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento.
Le lunette del porticato sono decorate con affreschi raffiguranti le botteghe artigiane e scene di vita quotidiana del tempo. Sono pitture dense di realismo e le persone, e le scene nelle quali sono ambientate le loro vite, sono rappresentate con umorismo. Gli affreschi costituiscono un'importante testimonianza iconografica dell'epoca a cavallo tra XV e XVI secolo.


La lunetta del corpo di guardia mostra diversi soldati seduti a tavola intenti a giocare a carte in compagnia di alcune prostitute, mentre le loro armi sono appese alla rastrelliera addossata alla parete.


La lunetta del mercato mostra un'affollata vendita beni provenienti dagli orti. Accompagnano la scena numerosi clienti e venditori abbigliati nei costumi dell'epoca.
L'affresco che riguarda il fornaio è altamente interessante: il pane è infornato poco dopo aver completato l'impasto e il beccaio gira lo spiedo. L'umorismo della scena è dato dalla figura di un gatto intento a rubare la carne dallo spiedo. Il termine beccaio trae da becco ovvero il maschio della capra. Il beccaio è colui che macella e vende animali per la vendita al pubblico. Possiamo paragonarlo al moderno macellaio. Assunse importanza nel medioevo, sia il termine che l'attività, perché la carne di capra era la sola di cui si facesse uso comunemente.


Nella bottega del sarto vengono misurate e tagliate pezze di tessuto. Sugli scaffali, alle spalle dello speziale, sono raffigurati numerosi vasi di medicinali e altri medicamenti. Lo speziale nel medioevo era colui che si occupava della preparazione delle medicine. All'interno del suo negozio effettuava vendita anche delle erbe medicinali. Inoltre nella spezieria, la bottega dello speziale, si potevano trovare profumi, essenze, colori utilizzati per le pitture, cere, candele, carte e inchiostri. Questa attività era una delle più redditizie in epoca medievale, anche per la vendita di torte o altri preparati dolci, in cui lo speziale si dilettava.


Nella bottega del salumiere sono raffigurate alcune forme di formaggio della tipica forma della fontina, considerate la più antica raffigurazione del tradizionale formaggio valdostano.
L'intero ciclo di affreschi è attribuito ad una artista conosciuto come Maestro Colin, in virtù di un graffito nella lunetta del corpo di guardia che identifica il Magister Collinus come l'autore dell'opera e l'autore dei dipinti della cappella del primo piano del castello.
Una delle caratteristiche del castello di Issogne, oltre agli affreschi medievali, sono i numerosi graffiti lasciati nel corso dei secoli dai visitatori e dagli ospiti del castello.


I graffiti, incisi sulle pareti con punte metalliche, sono presenti in tutto il castello, ma in particolare nel porticato e nei corridoi. I graffiti più particolari riguardano i commenti alle opere del Magister Collinus e l'epitaffio per la morte del conte Renato di Challant, avvenuta nel 1565. Curiose le incisioni riguardanti massime sulla vita o sul denaro e le confessioni di innamorati.
Vi sono scritte di ospiti sollevati dalla loro partenza dal castello.

Questo non avviene nella nostra quotidianità poiché questo edificio rappresenta un dono delle epoche passate che deve essere preservato e visitato.  

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia

Enrico D. Bona, Paola Costa Calcagno, Castelli della Valle d'Aosta, Istituto geografico De Agostini-Serie Görlich, 1979


Omar Borettaz, I graffiti nel castello di Issogne in Valle d'Aosta, Priuli & Verlucca, 1995

Justin Boson, Le château d'Issogne, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1964.

Francesco Corni, Segni di pietra. Associazione Forte di Bard, 2008

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