21/03/17

PPP - 21 -

LUNEDÌ 2 NOVEMBRE 2015


Il delitto Pasolini: il movente esoterico



di Stefania Nicoletti

«I destinati a essere morti ti insegnano
a non splendere. E tu splendi, invece.»
– Pier Paolo Pasolini, 1975 –


Quest’anno ricorre il 40° anniversario dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Scelgo di pubblicare questo articolo proprio il 2 novembre, giorno della morte del grande intellettuale.

Nel 2008 scrissi un articolo dal titolo “Il delitto Pasolini. Siamo tutti in pericolo”: http://paolofranceschetti.blogspot.it/2008/05/il-delitto-pasolini-siamo-tutti-in.html

Analizzai tutte le cose che non quadravano nella notte del delitto e nelle indagini della polizia: le prove inquinate, le bugie del reo confesso Pino Pelosi, la rapida chiusura del processo. Affrontai poi il movente e i mandanti, da rintracciare nelle ricerche che Pier Paolo Pasolini stava compiendo sull’Eni, su Eugenio Cefis e sulla morte di Enrico Mattei; ricerche che fece poi confluire nel romanzo “Petrolio” uscito postumo. Ricerche che gli sono costate la vita.
Ma, come ben sa chi legge questo blog, spesso il movente del delitto di un personaggio scomodo non è uno solo, ma sono più moventi insieme, che non si escludono a vicenda ma anzi sono complementari, come sono complementari gli interessi e le entità che vogliono la morte di un determinato personaggio inviso al sistema. Nel caso di Pasolini, uno dei moventi è quello che scrissi in quell’articolo, ma non è l’unico. Ce n’è uno più occulto ed esoterico, che però riguarda sempre le organizzazioni di potere di cui ci occupiamo sul blog.
In questo articolo analizzerò le novità degli ultimi anni, e infine cercherò di spiegare qual è – a mio parere – la ragione più occulta per cui è stato ucciso Pasolini, oltre al movente già illustrato nel 2008.

1. Le novità investigative e processuali

Ma procediamo con ordine e cominciamo dagli aggiornamenti.
In questi 7 anni e mezzo, dalla data della pubblicazione del mio primo articolo su Pasolini, sono successe tante cose. Sono state annunciate svolte nelle indagini, sono emersi ulteriori particolari interessanti, sono usciti libri e film.

Nel 2009 è uscito per Chiarelettere il libro “Profondo nero” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, che porta avanti la tesi Eni-Cefis-Mattei e che contiene anche un’intervista a Pino Pelosi. A questa pista ha dato risalto, tra gli altri, anche il Blog di Beppe Grillo. In questi anni si è diffusa e finalmente ora se ne parla, molto più che nel periodo in cui scrissi il primo articolo. All’epoca infatti era ancora un argomento di nicchia, mentre invece dal 2008 in poi, pian piano, se ne parlò sempre di più.

Nell’agosto 2012 esce la sentenza della Corte d’assise di Palermo sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, ucciso nel 1970 perché stava indagando sulla morte di Enrico Mattei. E stavolta non si tratta di teorie del complotto, ma è proprio la sentenza a dirlo. Dopo oltre 40 anni, certo... ma meglio tardi che mai.
Queste le parole dei giudici: “La causa scatenante della decisione di procedere senza indugio al sequestro e all’uccisione di Mauro De Mauro fu costituita dal pericolo incombente che egli stesse per divulgare quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell’incidente aereo di Bascapè, violando un segreto fino ad allora rimasto impenetrabile e così mettendo a repentaglio l’impunità degli influenti personaggi che avevano ordito il complotto ai danni di Enrico Mattei, oltre a innescare una serie di effetti a catena di devastante impatto sugli equilibri politici e sull’immagine stessa delle istituzioni”.http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/08/07/news/la_sentenza_su_de_mauro_ucciso_per_lo_scoop_su_mattei-40542417/

Mauro De Mauro stava collaborando con il regista Francesco Rosi per il film “Il caso Mattei” e scomparve nel nulla poco prima dell’incontro previsto con Rosi. Cinque anni più tardi, Pier Paolo Pasolini stava indagando sulla stessa pista e aveva scoperto le stesse cose, venendo in possesso di documenti riservati su Eugenio Cefis; e fece la stessa fine di De Mauro.

Nel dicembre 2013 escono articoli di giornale che parlano di “svolta” nell’inchiesta per il delitto Pasolini. Dopo 38 anni gli inquirenti si accorgono che forse c’è qualcosa che non va nella versione ufficiale e riaprono le indagini. La notizia è che ci sono dei sospetti sui complici di Pino Pelosi: sono stati trovati degli elementi che confermerebbero che a partecipare all’omicidio sarebbero state più persone. Sono stati ascoltati 120 testimoni, di cui molti non erano mai stati sentiti in precedenza: http://www.iltempo.it/cronache/2013/12/03/pasolini-indagini-choc-interrogate-oltre-120-persone-al-ris-19-esami-dna-ecco-i-sospetti-sui-complici-di-pino-la-rana-1.1194818

Nell’articolo del Tempo – ma anche in altri che riportano la notizia – viene rimarcato più volte che i testimoni sono proprio 120. Addirittura nelle prime righe viene ripetuto per ben tre volte. Quando lessi l’articolo, questo particolare mi suonò strano, perché avrebbero anche potuto scrivere “un centinaio” oppure “oltre cento testimoni”. Quel 120 così preciso mi ha ricordato il titolo “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, film che Pasolini aveva ultimato pochi giorni prima di essere ucciso. È probabile che in questo articolo e nell’intera operazione sia celato qualche messaggio, dato che è proprio nel film in questione che si può trovare uno dei moventi dell’omicidio. In “Salò”, Pasolini aveva raccontato ciò che accade all’interno delle organizzazioni che detengono il potere. Ma questo lo approfondiremo più avanti.

Tornando alla notizia, oltre ai testimoni sentiti e alle indagini sui complici, nello stesso articolo si parla di “reperti esaminati in passato e ora recuperati dagli investigatori, per avviare nuove analisi utilizzando tecniche scientifiche che precedentemente non esistevano”. Non so di quali reperti si tratti, dato che risulta che all’epoca dei fatti venne cancellato o manomesso tutto ciò che poteva essere utile alle indagini. Non venne recintato il luogo del delitto, le prove e le tracce vennero cancellate, l’auto di Pasolini venne lasciata incustodita, in modo che chiunque avrebbero potuto mettere o togliere indizi. Dunque non si capisce quali “reperti” siano ancora validi e possano essere analizzati scientificamente.

Un anno dopo, nel dicembre 2014, si parla ancora di “svolta” nelle indagini: le analisi del DNA sugli abiti di Pasolini rilevano tracce di altre persone. Dalle macchie di sangue è stato estratto il codice genetico di altri possibili sospettati, complici quindi di Pelosi: http://messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2014/12/01/news/omicidio-pasolini-svolta-il-dna-rivela-tracce-di-altre-persone-1.10413653

Ma due mesi dopo, nel febbraio 2015, arriva subito un’altra notizia: il test del DNA non risolve il caso, perché il materiale biologico “non è attribuibile”: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2015/02/07/news/omicidio-pasolini-il-pm-il-test-del-dna-non-risolve-il-caso-1.10817729

Sui vestiti di Pasolini sono state trovate tracce di 5 DNA diversi. Ma per gli inquirenti, dopo le analisi, questi DNA non sono attribuibili a nessuno, né collocabili temporalmente. I magistrati hanno consegnato al gip la richiesta di archiviazione. E dunque l’inchiesta sul delitto Pasolini, riaperta nel 2010, dopo tutti questi annunci di presunte “svolte”, viene di nuovo archiviata.

Ma nel 2014, quando l’inchiesta è ancora aperta, Pino Pelosi continua a fare dichiarazioni e viene convocato dalla Procura di Roma per essere interrogato di nuovo. http://www.affaritaliani.it/roma/pasolini-chiedeva-aiuto-mentre-fuggivo-pelosi-si-confessa-c-erano-6-persone-01122014.html

Queste sono alcune delle sue affermazioni:

“Quella notte all’idroscalo c’erano tre automobili, una motocicletta e almeno sei persone, ma non sono in grado di dire chi fossero. Oltre all’Alfa GT di Pasolini, c’era una Fiat 1300 e un’altra Alfa identica a quella di Pier Paolo”.

“Era buio pesto e ho visto arrivare sul posto due automobili e una motocicletta. C’erano almeno sei persone e due individui hanno trascinato Pier Paolo fuori dall’abitacolo. In un primo momento sono riuscito ad allontanarmi, fuggendo. Da dove mi trovavo sentivo Pier Paolo gridare e chiedere aiuto, ma nulla di più”.

“Sotto al tappetino dell’automobile di Pier Paolo, c’erano 3 o 4 milioni di lire. Denaro che non venne ritrovato insieme alla vettura”.

“L’esame del radiale dell’Alfa di Pasolini, che avrebbe dovuto investirlo e schiacciarlo quando era già a terra, uccidendolo, non è stato mai effettuato”.

Il pubblico ministero Francesco Minisci gli domanda di chiarire alcuni aspetti relativi al possesso – all’epoca dei fatti – di una Fiat 850 Coupé. Automobile che, a detta di un testimone, sarebbe stata rubata e poi fatta circolare con targhe “buone”. E Pelosi risponde: “Dovrebbero andare a bussare alla porta della cugina di Pasolini, Graziella Chiarcossi, che denunciò il furto della macchina del regista, poi ritrovata a Fiumicino, e a quella di Ninetto Davoli che, a distanza di anni dai tragici eventi, fece distruggere l’Alfa GT del regista”.
In effetti l’auto di Pasolini è stata demolita da Ninetto Davoli nel 1987, come risulta anche alla motorizzazione di Roma.

Queste di Pelosi sono dichiarazioni importanti, che andrebbero quantomeno approfondite. Ma l’inchiesta, come abbiamo già visto, è stata archiviata.

2. I film, tra verità e depistaggi

Intanto, nel settembre 2014, esce il tanto atteso film “Pasolini” di Abel Ferrara, pubblicizzato come “film verità” sull’ultimo giorno di vita e sull’omicidio, con promesse di rivelazioni clamorose. Il regista americano dichiara alla stampa di conoscere la verità sul delitto Pasolini e di rivelare il vero autore dell’omicidio, con tanto di nome e cognome.
Promesse assolutamente disattese: infatti nel film non solo non viene fatto il nome del vero assassino, ma viene messa in atto una vera e propria azione di depistaggio. Nelle scene finali viene ricostruita la notte dell’omicidio. Secondo Abel Ferrara, a uccidere Pasolini non è stato Pelosi – e fin qui va bene – ma un gruppo di sbandati che lo ammazzano perché è ricco e vogliono derubarlo, e perché è omosessuale. Per tutta la sua durata, il film fa credere di voler dare un’ipotesi alternativa sulla dinamica dell’omicidio e sugli esecutori, citando anche brani del romanzo “Petrolio”. Si arriva alla fine del film con tante attese e speranze... E in effetti l’ipotesi alternativa viene data, ma essa è ancora più depistante di quella ufficiale.

Esiste invece un altro film, pronto già nel 2012 ma che non è mai riuscito a trovare una distribuzione. Si intitola “Pasolini, la verità nascosta” e il regista è Federico Bruno, che ha ricostruito l’ultimo anno di vita di Pasolini: la stesura del libro “Petrolio” e i capitoli mancanti sull’Eni e sul delitto Mattei, la preparazione del film “Salò” e il furto delle bobine di negativo, le ultime interviste alla tv francese e a Furio Colombo. Il film smentisce la tesi ufficiale, portando nuove inedite informazioni. E lo fa davvero, non come quello di Ferrara. Per questo motivo, il film di Federico Bruno è stato boicottato e non distribuito in Italia, rifiutato da tutti, anche dai parenti di Pasolini; mentre invece il film depistante di Abel Ferrara è stato finanziato dallo Stato, appoggiato dagli eredi di Pasolini, e persino presentato in concorso al 71° Festival del Cinema di Venezia.

Negli ultimi mesi è stato annunciato un altro film, che uscirà a febbraio 2016: “La macchinazione” di David Grieco, amico e collaboratore di Pasolini, e anche autore della memoria civile al processo Pelosi. Nel suo film racconterà gli ultimi tre mesi di vita di Pasolini.
In alcune interviste, Grieco afferma che Pasolini è stato ucciso dall’organizzazione che ha compiuto tutte le stragi italiane (che lo stesso Pasolini aveva denunciato nel suo celebre “Io so” e in altri articoli) e messo in atto la strategia della tensione, servendosi di uomini dei servizi segreti e di Gladio: http://ilpiccolo.gelocal.it/tempo-libero/2015/07/07/news/david-grieco-il-mio-film-svela-chi-uccise-pasolini-1.11740830

Queste è uno stralcio dell’intervista al Piccolo:

“Pasolini è stato ammazzato da quelli che hanno fatto tutto quello che è stato fatto dal ’69 in poi in questo paese: le stragi, la strategia della tensione, gli omicidi politici, le bombe sui treni, la stazione di Bologna, piazza della loggia, eccetera. L’organizzazione era molto vasta e quindi non parlo materialmente delle stesse persone. È un’organizzazione che nasce all’alba della Liberazione, quando gli americani arrivano in Italia, l’esercito tedesco è in rotta e loro già stanno pensando a come fronteggiare il nemico sovietico. Si crea uno Stay Behind che in Italia si chiama Gladio, organizzazione clandestina ma fino a un certo punto perchè in America è pienamente nota ed è presente in tutti i rapporti della Cia al congresso americano. Serve a fare qualsiasi cosa purché il comunismo non si espanda e non prenda piede nella parte occidentale o meridionale d’Europa. Qualunque mezzo è lecito”.

Leggendo queste dichiarazioni, mi sono chiesta: come mai David Grieco, amico storico di Pasolini, parla pubblicamente solo adesso? Come mai non l’ha detto prima, anziché aspettare 40 anni?
Forse è il segno che “qualcuno” ha deciso che certe verità devono emergere in questo momento storico.
Oltre al film che sta realizzando, Grieco ha pubblicato anche un libro: “La macchinazione. Pasolini, la verità sulla morte”, uscito da poche settimane, edito da Rizzoli.

Ma la particolarità è che David Grieco fu tra i primi a raggiungere il luogo in cui fu trovato il corpo senza vita di Pasolini, insieme al medico legale Faustino Durante. Anche se risultava, come ho scritto nell’articolo del 2008, che sul luogo del delitto non fosse mai stato convocato un medico legale.
Inoltre Grieco è stato il compagno di Bruna Durante, figlia del medico legale. Il giornalista e regista racconta che fu proprio la sua compagna, la mattina del 2 novembre 1975, a dargli la notizia della morte di Pasolini. Grieco si precipitò così a Ostia, dopo aver telefonato a Faustino Durante.

3. La simbologia e il contrappasso

Un aspetto che non affrontai nell’articolo del 2008 è quello simbolico.
A mio parere, nella scelta del luogo e nella modalità dell’omicidio, è stata applicata più volte la legge del contrappasso.

L’idroscalo è un aeroporto (per gli idrovolanti). Pasolini stava indagando e aveva scoperto la verità sull’omicidio di Enrico Mattei, morto in un incidente aereo. Abbiamo quindi il contrappasso per analogia.

Anche nella messa in scena del movente sessuale possiamo trovare un contrappasso: l’hanno ammazzato nei luoghi degradati e negli ambienti violenti che aveva sempre descritto nelle sue opere. Le borgate, i ragazzi di vita, l’omosessualità... Da un lato era un ottimo modo per avere una rapida risoluzione del caso e per poi continuare ad infangarne la memoria, dall’altro fu un omicidio per analogia: ti facciamo morire come uno dei tuoi personaggi. Stessi luoghi, stesse persone, stesse modalità.

Alla fine del 2013 è stata annunciata la pubblicazione di una sceneggiatura cinematografica del 1959 rimasta finora inedita, dal titolo “La Nebbiosa”, in cui Pasolini aveva descritto un omicidio uguale al suo: un gruppo di teppisti sequestra un omosessuale, lo conduce in uno spiazzo deserto e lo picchia a sangue fino alla morte. I giornali parlano di “visione profetica”, scrivendo che Pasolini “sapeva come sarebbe morto” e che “ha anticipato lo scenario” del suo omicidio: http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/pasolini-sapeva-bene-come-sarebbe-morto-pubblicata-dopo-45-anni-69193.htm

In realtà, non è che sapeva come sarebbe morto, e nemmeno ha anticipato o profetizzato la sua morte, come viene detto. Invece è il contrario: l’hanno ucciso come il personaggio di questa sua opera inedita ora pubblicata. E anche qui possiamo quindi trovare la legge del contrappasso. È la stessa operazione che fecero con Rino Gaetano e la sua canzone “La ballata di Renzo”, e infatti anche nel caso di Rino Gaetano si disse che aveva profetizzato la sua morte molti anni prima, quando invece fu il contrario: lo uccisero come in quella sua canzone.

L’articolo di Libero riportato da Dagospia si chiude così: “Fino all’epilogo: l’alba è vicina e i ragazzi caricano in macchina un omosessuale, lo portano in uno spiazzo isolato, lo spogliano e lo massacrano a sangue. Una scena che sconvolge perché ricorda molto da vicino proprio le modalità con cui Pasolini verrà ucciso nel 1975 al Lido di Ostia. Talmente da vicino che, se stessimo scrivendo un giallo e non un articolo, potremmo ipotizzare che chi ha ucciso Pasolini avesse letto il copione e avesse tutto l’interesse a farlo scomparire. Quasi che La Nebbiosa potesse contenere quei segreti sulla morte dello scrittore che nemmeno la magistratura è mai riuscita del tutto a chiarire...”

4. Il film “Salò” e il movente esoterico del delitto Pasolini

“Salò o le 120 giornate di Sodoma” è l’ultimo film di Pier Paolo Pasolini. Uscì postumo due mesi dopo la sua morte. Il regista terminò il montaggio proprio il giorno prima di essere ucciso.
Questo film è legato a doppio filo all’omicidio di Pasolini, per diversi motivi.

È noto l’episodio delle pizze di “Salò” rubate alla Technicolor: unico caso nella storia del cinema di furto di bobine con richiesta di riscatto (due miliardi di lire). Pasolini si rifiutò di pagare: disse al produttore che avrebbe ricavato un negativo da un positivo e che avrebbe fatto a meno degli originali. Poco dopo un personaggio oscuro della malavita romana – si dice che fosse un esponente della Banda della Magliana – andò dal regista Sergio Citti e gli disse di essere in possesso delle pellicole e di poterle restituire anche gratis se avesse organizzato un incontro con Pasolini. Fu lo stesso Citti, amico e collaboratore di Pasolini, a raccontare l’episodio nel 2005, dichiarando anche di non essere mai stato chiamato a testimoniare (ma invece, secondo il regista Federico Bruno, Citti è stato ascoltato dagli inquirenti).
Pasolini rifiutò l’incontro per la restituzione delle pizze, non fidandosi dell’ambiente da cui proveniva la proposta. Ma in un secondo momento accettò, convinto da Pino Pelosi, che conosceva da qualche mese. Pelosi fece quindi da esca – consapevole o meno – alla trappola tesa per portare Pasolini a Ostia e ucciderlo.

Il film “Salò” è ispirato al romanzo del Marchese De Sade “Le 120 giornate di Sodoma”, ma Pasolini colloca l’ambientazione tra il 1944 e il 1945, nel Nord Italia occupato dai nazi-fascisti durante la Repubblica Sociale Italiana (da cui il titolo “Salò”).
In una villa isolata, si riuniscono quattro rappresentanti del potere: il Duca, il Monsignore, l’Eccellenza (Giudice di Corte d’assise), e il Presidente (di una Banca). I quattro Signori fanno rapire decine di ragazzi e ragazze, e nella villa infliggono loro ogni tipo di violenza e tortura psicologica, fisica e sessuale. Con il passare del tempo, i giovani perdono la dignità umana e si abbandonano al loro destino, consegnano il proprio corpo e la propria anima ai Signori. Giunti quasi al termine delle 120 giornate, in cerca di una violenza sempre più intensa, i Signori decidono di passare alla forma più estrema di “piacere”: quello assassino, uccidendo la maggior parte dei ragazzi.

È un film scioccante, crudele, terribile. Ma è più di un film... Racconta la realtà. Una realtà che non si riferiva solo al periodo in cui è ambientato, ma che esisteva anche negli anni ’70 quando Pasolini ha scritto e girato il film, e che continua ad esistere anche oggi. Una realtà fatta di abusi atroci, di torture sessuali, di delitti rituali commessi da coloro che detengono il potere, i cosiddetti “insospettabili”, professionisti e persone rispettabili, i vertici del Sistema.
Nel 2011 abbiamo pubblicato in questo blog delle testimonianze di sopravvissuti a un sistema di abusi simili a quelli descritti da Pasolini nel film “Salò”. Qui potete leggere il documento: http://paolofranceschetti.blogspot.it/2011/06/sacrifici-umani-testimonianze-di.html

I quattro Signori del film rappresentano i rami del potere: nobiliare, ecclesiastico, giudiziario, economico-bancario. Da notare che Pasolini non inserisce il potere politico, a mio parere per due motivi: primo, perché la politica è implicita nell’ambientazione scelta ed è comunque presente come sfondo; secondo, perché forse ha voluto dirci che il potere politico è al di sotto rispetto agli altri quattro poteri, e che sono loro che governano veramente (e che commettono questi crimini perversi). Infatti nel film i quattro potenti assoldano dei giovani repubblichini di leva e delle SS, e li incaricano di rapire i ragazzi e portarli alla villa. Le milizie nazi-fasciste rappresentano sia il potere militare (ma a livelli bassi... non sono generali o comunque ufficiali) sia quello politico, che è subordinato agli altri poteri: i quattro Signori si servono dei repubblichini per raggiungere i loro scopi.

Il film è suddiviso in quattro parti, che richiamano nel titolo la geografia dantesca dell’Inferno: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue. Chi legge questo blog sa quanto sono importanti Dante e la Divina Commedia per le società segrete, sia quelle originarie che quelle deviate. Pasolini, che conosceva bene il sistema in cui viviamo, in questo film ha descritto proprio le organizzazioni massoniche ed esoteriche nere che compiono abusi e delitti rituali; e forse, con il richiamo all’Inferno, ha voluto darci un’ulteriore indicazione sulla natura di ciò che ha raccontato.

Un altro particolare che Pasolini ha preso dalla realtà è la modalità del rapimento. I giovani vengono scelti in base a determinate caratteristiche, e vengono strappati dalle proprie famiglie; ma talvolta sono invece i loro stessi familiari che li vendono.
Inoltre prendono parte alle sevizie anche le figlie dei quattro personaggi, trattate come schiave.

Significativo anche il fatto che, secondo il regolamento della villa, “i più piccoli atti religiosi, da parte di qualunque soggetto, verranno puniti con la morte”. Nel film come nella realtà, infatti, all’interno di queste organizzazioni occulte viene osteggiato qualunque tipo di religiosità o di spiritualità autentica, per lasciare spazio invece a quella deviata. Chi “tradisce” il regolamento viene ucciso, come la ragazza a cui nel film viene tagliata la gola davanti a un altare religioso, e il corpo viene mostrato a tutto il gruppo come monito.

Insomma, ad una lettura attenta e profonda, si può capire come Pasolini abbia usato l’espediente dell’ambientazione durante l’occupazione nazi-fascista per raccontare una realtà molto più grande e attuale. Una realtà fatta di violenze e di abusi rituali, di delitti e di sacrifici umani. Una realtà che coinvolge i vertici del potere, ma che viene sistematicamente occultata. Qualcosa di molto pericoloso che non avrebbe dovuto raccontare e che ha pagato con la vita.

C’è una battuta molto eloquente che viene pronunciata dal Duca quando “accoglie” le giovani vittime nella sua villa:

“Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illuse di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla terra sa che voi siete qui. Per tutto quanto riguarda il mondo, voi siete già morti.”

Esprime perfettamente quello che succede davvero all’interno delle organizzazioni di potenti che commettono abusi e delitti come quelli narrati.

Nella sua ultima intervista televisiva, concessa a una tv francese il 31 ottobre 1975 (due giorni prima della morte), in occasione dell’uscita del film, Pasolini affermò: “Il cannibalismo? In certi ambienti è un fatto politico reale, in certi ambienti è un fatto politico metaforico”.

A mio parere, il film “Salò o le 120 giornate di Sodoma” e la realtà in esso descritta sono il movente esoterico del delitto Pasolini.
E non è un caso che Pasolini sia stato adescato all’Idroscalo proprio con la scusa della consegna delle bobine rubate. Torniamo alla legge del contrappasso: era colpevole di aver rivelato la verità nel film “Salò”, e l’hanno ucciso utilizzando proprio la vicenda delle copie di “Salò”. Un contrappasso e allo stesso tempo una firma.
Una firma, quella della Rosa Rossa, che ritroviamo sul luogo del delitto, quasi a volerlo suggellare in modo definitivo. Nel 2005 è stato inaugurato un monumento dedicato a Pasolini a Ostia, proprio nel luogo esatto dove è stato ucciso. È stato realizzato dallo scultore Mario Rosati.

Il movente esoterico, però, non esclude la validità dell’altro movente, quello della pista Eni-Cefis-Mattei. I due moventi non si escludono a vicenda, ma anzi si completano. Si tratta solo di due livelli di lettura diversi, ma coesistenti.
Anche perché i gruppi di potere che hanno voluto la sua morte per il romanzo “Petrolio” sono gli stessi che hanno voluto la sua morte per il film “Salò”. Si tratta degli stessi personaggi, delle stesse organizzazioni, degli stessi poteri occulti. E molti di loro sono tra quelli che oggi, a 40 anni dalla sua morte, si riempiono la bocca con il suo nome e partecipano alle celebrazioni in suo onore.


«La morte non è nel non poter comunicare,
ma nel non poter più essere compresi»
– Pier Paolo Pasolini –


Con la speranza di avergli restituito un po’ di quella Verità che tanto amava, vorrei dedicare a Pier Paolo questa stupenda poesia scritta per lui da Alekos Panagulis nel dicembre 1975.
Pochi mesi dopo, anche Alekos fu ucciso perché scomodo al potere. Era amico di Pasolini ed era il compagno di Oriana Fallaci, anche lei molto amica di Pier Paolo, l’unica a indagare seriamente sull’omicidio di Ostia già nelle settimane successive, scrivendo diversi articoli in cui presentava una versione alternativa a quella ufficiale.

A PIER PAOLO PASOLINI

Voce umana
vestita di bellezza
era quella che ci davi
Umana e bella
anche se duramente accusava

Amore semplice umano
la tua vita
Amore e paura per l’Uomo
per il progresso fede
e lo sviluppo insopportabile per te

V’erano momenti in cui ascoltando
le parole scorrere dalle tue labbra
riudivo i versi di Rimbaud
“Sono nato troppo presto o troppo tardi?
Cosa sto a fare qui?
Ah, tutti voi,
pregate Iddio per l’infelice”

No Pier Paolo
non sei nato né presto né tardi
ma peccato che tu sia partito
mentre la verità si combatte
mentre tanti si scontrano
senza sapere perché
senza sapere dove vanno

Mentre le religioni cambiano faccia
e le ideologie diventano religioni
e molti vestono i paraocchi di nuovo
tu non dovevi andare via.

fonte: http://paolofranceschetti.blogspot.it/

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