04/03/16

PPP - 14 -

Pasolini, “la verità nascosta” che l’Italia non vuole conoscere

Il regista Federico Bruno ricostruisce il suo ultimo anno di vita in un film che non ce l’ha fatta a uscire nel suo paese
Continua ad essere un mistero l’omicidio di , uno dei cineasti italiani più significativi della seconda metà del XX secolo, oltre che poeta, novellista e giornalista.
Il fatto è che il regista de “Il Vangelo secondo San Matteo” al momento della sua morte aveva un progetto tra le mani, “”, che era una vera e propria bomba politica: avrebbe reso pubblico il nome dell’assassino di Enrico Mattei, il presidente dell’ente statale idrocarburi del suo paese. Inolte stava per uscire “Salò o 120 giornate di Sodoma”, che non era certo “Bambi” e, come se non bastasse, aveva abbozzato un’opera contro la potentissima Chiesa Cattolica.
Nessuno avrebbe potuto accusarlo di mancanza di impegno e di audacia; aveva creduto che sarebbe stato possibile cambiare l’Italia. Tutto questo è raccontato in un film, nel film “Pasolini, la verità nascosta” che ricostruisce l’ultimo anno di vita di questo intellettuale appassionato di calcio. Il regista Federico Bruno attraverso  scrupolose ricerche sul campo ha il coraggio di mostrare cos’è successo veramente quel 2 di novembre sulla spiaggia di Ostia, dove (gli tolsero la vita a bastonate quaranta anni fa. Addirittura un’auto gli passo’ sopra più volte. In Italia il silenzio su questo argomento regna ancora sovrano, dice Bruno.
La versione iniziale sulla morte aveva indicato come colpevole Pino Pelosi, un giovane di 17 anni con il quale si ipotizza che avesse un appuntamento per intrattenere relazioni sessuali. Per due anni il regista del film si è documentato ed ha conosciuto tutti gli amici superstiti dell’autore di “Teorema”. Soprattutto è entrato in confidenza con il più importante di loro, il “non-assassino”, come lo chiama Bruno, cioè il noto Pelosi.
Era un ragazzo di strada, di periferia, che cercava di sopravvivere come poteva e che è rimasto traumatizzato dal periodo trascorso in carcere. “Per cinque anni l’ho visto tutti i giorni, confidava ciecamente in me. Gli ho chiesto molte volte di dire la verità, ma dice che se è solo lui a dirla, il giorno dopo lo ammazzano”. La tesi del film sostiene che a Pasolini sia stata tesa una trappola in modo molto teatrale non solo per farlo fuori, ma anche per insozzare la sua immagine.
Un piano, sottolinea Bruno, che richiede troppa intelligenza. “Abbiamo scoperto che non aveva conosciuto Pino quella notte, come era stato affermato dallo Stato nel 1975. Lo aveva conosciuto 3 mesi prima”, afferma il regista italiano, che denuncia: ”Abbiamo scoperto più cose noi in poco tempo che in 40 anni di indagini giudiziarie”.
Il regista è stato minacciato
L’Italia si vergogna di questo omicidio? “Non vogliono parlare di Pasolini, non vogliono rimestare nel passato. Con questo soggetto mi sono messo nei guai, mi sono arrivate minacce. Anonime, minacce poco serie. Pero’ cercano di isolarmi. Non mi hanno invitato né alla festa del cinema di Roma, né alla Mostra di Venezia. Il film è stato un flop, non è mai uscito in Italia, non è stato accettato”, racconta con rassegnazione il regista di questa pellicola lanciata nel 2013. Aggiunge con un sorriso amaro che, se non trova uno spazio nemmeno in occasione del quarantesimo anniversario, non sa quando diavolo lo possa trovare.
Condanna il film di Abel Ferrara sul regista : “Presenta un Pasolini disonesto e perverso”. Perché tanto interesse per questo cineasta? “Parlare di Pasolini è parlare dell’Italia. Molti italiani pensavano che fosse un pervertito e  un disonesto. Gli intellettuali sapevano che era un genio, ma l’opinione generale era molto negativa. Volevo riscattarlo” spiega.
“L’artista come denuncia vivente”, dice Pasolini per bocca di Alberto Testone, l’attore che gli somiglia enormemente e che lo interpreta nel film. Pasolini non si è mai rilassato? “Era molto libero, molto critico. Gli piaceva attaccare sempre il pensiero comune. Aveva un’intelligenza smisurata e vedeva le cose sempre in un altro modo. Sapeva che l’avrebbero ucciso. Aveva superato un limite, ma non gli interessava. Era molto coraggioso” racconta Bruno.
Ma questa libertà totale derivava da una certa solitudine, come commenta con tenerezza sua madre nel film: “Come sempre non ti hanno capito”. E Pasolini [ si intende Bruno, NdR] insiste: “ Tutta l’ intellighenzia e la borghesia l’hanno isolato. Le persone normali possono seguire sentieri battuti, ma le persone geniali non saranno mai accettate. Fellini non l’ha trattato bene. Un genio dà, è altruista. Tutti i geni arrivano troppo presto. La chiesa ha riconosciuto che “Il Vangelo secondo San Matteo” è il film più cattolico del mondo. Il tempo ha le sue regole. Solo dopo 40 anni iniziano a capirlo (si comincia a capire)”, spiega appassionatamente Federico Bruno.
http://www.tgvallesusa.it/2016/02/pasolini-la-verita-nascosta-che-litalia-non-vuole-conoscere/www.tgvallesusa.it
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

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